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Prospezioni geoelettriche dipolari nell’area archeologica di Fratte (SA)

Negli ultimi anni, i metodi geofisici hanno avuto un rapido incremento nella loro applicazione nell’esplorazione ad alta risoluzione del sottosuolo prossimo alla superficie, di conseguenza anche l’archeologia può avvalersi di tecniche capaci di individuare e definire la geometria di strutture sepolte in modo rapido, relativamente poco costoso e, innanzitutto, non invasivo.
Si è sviluppata così, nel corso degli anni, una naturale collaborazione tra geofisico e archeologo, grazie alle informazioni di interesse archeologico che il geofisico è in grado di fornire.
Dalle anomalie di resistività attese, e, con il supporto di informazioni storico-archeologiche della zona oggetto di studio, si cercherà di delineare la tipologia di materiale o di struttura che ha prodotto tali anomalie.
La campagna geofisica deve comunque partire da una preliminare e dettagliata indagine geologica, per definire la tipologia di terreno al di sotto del quale si deve indagare.
L’occasione per la realizzazione di questo lavoro di tesi è stata fornita dal Centro Regionale di Competenza per lo Sviluppo ed il Trasferimento dell'Innovazione Applicata ai Beni Culturali e Ambientali, presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Federico II di Napoli, responsabile scientifico dell’Unità Operativa 1I: Prof. Maurizio Fedi.
Questa Unità, su proposta della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Salerno, sta realizzando indagini multimetodologiche di prospezioni geofisiche nell’area archeologica di Fratte (SA) per la individuazione e la localizzazione di eventuali strutture antropiche presenti nel sottosuolo.
Nella ricerca geofisica è indispensabile eseguire più misure per ogni presunta zona dove è probabile l’esistenza dell’anomalia; meglio ancora se sono utilizzate diverse metodologie geofisiche. Il dato isolato, non è da considerare attendibile.Nell’ambito delle metodologie geofisiche correntemente utilizzate per l’indagini geoarcheologiche, le prospezioni di tipo geoelettrico ricoprono un ruolo primario. Queste si basano sulla determinazione sperimentale della resistività attraverso misure congiunte della intensità di corrente elettrica inviata nel sottosuolo mediante una coppia di elettrodi fissati nel terreno stesso, e della tensione che si determina ai capi di una seconda coppia di elettrodi, anch’essi in contatto col terreno.Il lavoro di tesi ha evidenziato la buona efficacia dei metodi geoelettrici bidimensionali utilizzati nella individuazione all’interno del sottosuolo di strutture murarie.
E’ interessante considerare che la presentazione dei risultati mediante le pseudosezioni si rivela estremamente efficace nel fornire anche ai non esperti geofisici una chiara e immediata visione delle discontinuità del sottosuolo investigato. Una interpretazione delle anomalie di resistività in termini di strutture murarie, cunicoli, tombe, cavità, ecc…, deve essere suffragata dall’esperto archeologo che, studioso dell’area oggetto della ricerca, dovrebbe fornire tutte quelle informazioni necessarie affinché si possano ipotizzare le tipologie delle reali strutture presenti nel sottosuolo.

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Dario Cuollo - Corso di Laurea Triennale - Tesi sperimentale in Geofisica Applicata Prospezioni geoelettriche dipolari nell’area archeologica di Fratte (SA) 1 Premessa Negli ultimi anni, i metodi geofisici hanno avuto un rapido incremento nella loro applicazione nell’esplorazione ad alta risoluzione del sottosuolo prossimo alla superficie, di conseguenza anche l’archeologia può avvalersi di tecniche capaci di individuare e definire la geometria di strutture sepolte in modo rapido, relativamente poco costoso e, innanzitutto, non invasivo. Si è sviluppata così, nel corso degli anni, una naturale collaborazione tra geofisico e archeologo, grazie alle informazioni di interesse archeologico che il geofisico è in grado di fornire. Il presente lavoro di tesi espone i risultati ottenuti mediante indagini geoelettriche effettuate in località Fratte (SA) su proposta della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Salerno al fine di individuare reperti archeologici in parte già rinvenuti in alcune aree durante lavori di scavo. I reperti si riferiscono ad un periodo compreso fra il VI secolo a.C., con tutte le sue modificazioni nel tempo fino al 194 a.C., anno della fondazione di Salernum. I primi ritrovamenti risalgono all'anno 1879. In accordo con gli archeologi, esperti delle tematiche, degli oggetti della ricerca e dell’ambiente in cui tali oggetti si trovano, si è progettato di svolgere nella zona di interesse uno studio integrato con diversi metodi di prospezione geofisica al fine di fornire le giuste indicazioni per il proseguo degli scavi. Per questo motivo, oltre al metodo geoelettrico in corrente continua si è utilizzato anche metodo magnetico e il metodo elettromagnetico (GPR). Dalle anomalie di resistività attese, e, con il supporto di informazioni storico-archeologiche della zona oggetto di studio, si cercherà di delineare la tipologia di materiale o di struttura che ha prodotto tali anomalie. In tal modo sarà possibile circoscrivere dalla ricostruzione bidimensionale del sottosuolo, eventuali aree di interesse archeologico. La tesi, infatti, tratta essenzialmente i rapporti tra geofisica e archeologia; in particolare nel Capitolo 1 verranno illustrati i metodi di prospezione geofisiche

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Informazioni tesi

  Autore: Dario Cuollo
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Scienze Geologiche
  Relatore: Nicola Roberti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 77

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Parole chiave

fratte
geoelettrica
geofisica
geologia
res2dinv
salerno
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