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Il palazzo Cito dei Marchesi di Torrecuso - Storia di una residenza aristocratica napoletana

Chiarirò in questi brevi cenni introduttivi, le premesse metodologiche e gli scopi dell’attività di ricerca compiuta, per delineare il disegno urbano, architettonico e sociale di un edificio ubicato nella città di Napoli: il Palazzo Cito dei Marchesi di Torrecuso, oggetto di studio del presente saggio.
“Sotto certi aspetti, l’indagine storica presenta un’analogia con la caccia: bisogna snidare la selvaggina – cioè i documenti – dalla fitta boscaglia degli archivi.” Pur rispettando la posizione di Egon Corti, vorrei andare oltre, poiché come ha affermato Cesare De Seta “quando ci si accosta alla storia lo si fa in primo luogo, perché si desidera capire, con tutta l’onestà intellettuale di cui si è capaci, come siano andate effettivamente le cose. In questo senso la ricerca storica non si esaurisce nella paziente e minuziosa ricostruzione del passato; lo sforzo erudito e la raccolta del materiale documentario forniscono semplicemente lo strumento che ci permette di cogliere i nessi tra i vari frammenti di realtà, consentendoci di formulare giudizi di valore e di tentare un’opera di sintesi.”
E’ da sprovveduti imbattersi in documenti antichi senza indagare la storia precedente e contemporanea degli stessi: questa la prima premessa su cui ho costruito la ricerca. Sarebbe come leggere il de re ædificatoria di Leon Battista Alberti senza conoscere il periodo rinascimentale; il de architectura di Virtuvio senza cognizione dell’architettura antica.
Ciò che ho appena affermato diventa ancora più chiaro se si analizza il significato etimologico della parola “Storia”; i latini chiamavano res gestæ i fatti e gli eventi storici, historia rerum gestarum, invece, la conoscenza, l’interpretazione, la valutazione e la narrazione di tali eventi. Da questo punto di vista, concordando con le osservazioni fatte da George Kubler nel saggio La forma del Tempo, lo storico si differenzia dal cronista poiché “mette in luce un disegno che non era visibile a coloro che ne furono parte e che precedentemente alla sua scoperta era ignoto ai suoi contemporanei.”
Una tale definizione di storia non mi ha spaventato né mi ha impedito di proseguire, poiché essa è e rimane, in questa ricerca, una premessa metodologica da perseguire. Dimostrerei scarsa lungimiranza se avessi la pretesa di aver fatto storia. Al contrario, tenendo ben in mente che tale ricerca è legata indissolubilmente all’Università, essa non ha la pretesa di essere un acquisto per l’eternità, bensì aspira ad essere uno strumento didattico idoneo a far acquisire al lettore il giusto mental habit per studiare e fare storia. Del resto solo leggendo e commentando le altrui storie, e tenendo presenti il metodo e la linea politica di ciascun storico, si può ottenere la giusta organizzazione formale della mente e l’acquisizione del sapere culturale, così indispensabili quando si indaga la materia storica. Così facendo, spero di non aver riesumato l’ideale scolastico dei filosofi del XII e XIII secolo, che, secondo il Panofsky, “accettavano all’unanimità le Autorità ed erano più orgogliosi della loro abilità di comprenderle ed utilizzarle che dell’originalità del proprio pensiero.”
La seconda premessa inerisce il carattere particolare di questa tesi, legato all’oggetto da analizzare. Esso é rappresentato da un edificio – il palazzo nobiliare napoletano – che, di fatto, non raffigura un monumento inteso come una “dichiarazione d’amore e di ammirazione in rapporto alle mete superiori che gli uomini hanno in comune” ; tuttavia – anche se non lo si può considerare un’opera d’arte o un monumento – è ugualmente possibile analizzarlo e, seguendo la definizione di arte come linguaggio simbolico, ricollegarlo al resto della storia. Una simile interpretazione è possibile solo se si superano delle impasse, poiché “l’osservazione individuale assume il carattere di fatto unicamente se la si può porre in relazione con altre osservazioni analoghe, così che l’intera serie abbia senso. Questo senso è del tutto applicabile come controllo all’interpretazione di una nuova singola osservazione, entro la medesima gamma di fenomeni.”

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4 Premessa Chiarir in questi brevi cenni introduttivi, le premesse metodologiche e gli scopi dell attivit di ricerca compiuta, per delineare il disegno urbano, architettonico e sociale di un edificio ubicato nella citt di Napoli: il Palazzo Cito dei Marchesi di Torrecuso, oggetto di studio del presente saggio. Sotto certi aspetti, l indagine storica presenta un analogia con la caccia: bisogna snidare la selvaggina — cio i documenti — dalla fitta boscaglia degli archivi. 1 Pur rispettando la posizione di Egon Corti, vorrei andare oltre, poich come ha affermato Cesare De Seta quando ci si accosta alla storia lo si fa in primo luogo, perch si desidera capire, con tutta l onest intellettuale di cui si capaci, come siano andate effettivamente le cose. In questo senso la ricerca storica non si esaurisce nella paziente e minuziosa ricostruzione del passato; lo 1 E. Corti, Ercolano e Pompei, Torino 1957, p. 15

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Informazioni tesi

  Autore: Christian Arpaia
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1999-00
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Architettura
  Corso: Architettura
  Relatore: Leonardo Di Mauro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 150

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Parole chiave

architettonico
architettura
marchesi di torrecuso
palazzi nobiliari
palazzo cito
residenze aristocratiche

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