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Dal collasso ad una lenta rinascita. La Georgia dal 1989 al 2000


Attraverso questa mia ricerca ho cercato di portare alla luce la storia e le cronache del periodo più recente della Georgia. Un decennio che ha segnato, profondamente, nel bene e nel male, la vita dei georgiani.
A conclusione del lavoro è possibile fare un breve bilancio e vedere quali possano essere le prospettive per questo piccolo ma tenace ed orgogliosissimo tassello del delicato mosaico caucasico.
Il 1991, l’anno dell’indipendenza, poteva essere per i georgiani l’inizio di un periodo fecondo, ritrovavano la loro libertà e la loro indipendenza dopo settant’anni. Tragicamente il 1991 e gli anni a seguire sono una rapida discesa agli inferi. Guerre, morti, rancori etnici, profughi, fame, povertà, disperazione. La Georgia, che nel periodo sovietico ospitava migliaia di turisti e visitatori di tutta l’Unione, che aveva a Tiblisi un’èlite politico-culturale avanzata, terra di convivenza pacifica tra popoli e religioni differenti, nel biennio 1991-93 viene completamente travolta e trascinata in un triste medioevo. Con l’arrivo di Shevarnadze assistiamo ad una risalita, lenta ma costante, senza tentazioni nostalgiche. La seconda metà degli anni novanta vede finalmente il silenzio delle armi, la nascita di un dialogo con le minoranze e il rafforzarsi della democrazia nel paese.
La situazione economica è migliorata, nonostante ci siano ancora molti problemi, senza dubbio si può affermare che il paese è uscito dall’emergenza e può pensare più serenamente al suo avvenire.
Ho riportato, a seguire, due prospettive alternative del futuro della nazione georgiana, due diverse concezioni della politica estera e del collocamento del paese che dividono la politica georgiana.
La prima prospettiva è quella incarnata dal Presidente Shevarnadze e dalla stragrande maggioranza del ceto politico-intellettuale: l’avvicinamento e l’ingresso in Europa, l’alleanza con l’Occidente. L’altra prospettiva è completamente opposta: è portata avanti dal Presidente dell’Adiarija Abasidze che propone un nuovo patto con la Russia. Una rilettura della storia e la volontà di stringere un patto “democratico” con Mosca.
Shevarnadze fin dal suo insediamento ha cercato un contatto positivo con i paesi europei e gli Stati Uniti. Gli aiuti economici del Fmi e della Bm hanno vincolato la Georgia ad un completo passaggio ad una economia liberista. Fin dal 1994 i governi che si sono succeduti hanno portato avanti alleanze, partenariati, accordi economici con l’occidente. L’èlite al potere nel paese crede fermamente che il benessere economico e la stabilità del paese possano venire solo da ovest, la classe dirigente incarna il sentimento anti-russo che è strisciante tra i georgiani.
Ovviamente il processo di occidentalizzazione è molto lungo e complesso, la ricerca di una qualche alleanza militare con la Nato è già in corso, ma la prospettiva di un ingresso nell’Unione Europea è un traguardo, ad oggi, quasi irraggiungibile o comunque non a facile portata di mano.
Fino a qualche anno fa pareva impensabile che nella politica georgiana si riaffacciasse l’ipotesi, seppur minoritaria, di un nuovo patto politico, economico e militare con Mosca.
Il governo Gamsakurdjia come abbiamo avuto modo di vedere, in nome di un nazionalismo tenuto represso per troppi anni, isolò il paese ma soprattutto ruppe in maniera profonda ogni legame con la Russia.
Shevarnadze ha creato le condizioni per un ristabilimento di relazioni civili con Mosca, i rapporti tutto sommato sono tornati normali.Allo stato attuale la Georgia sembra molto più propensa ad indirizzarsi sulla prima prospettiva.
A differenza del passato però, questa volta sarà il popolo georgiano a scegliere il proprio futuro. Infatti, a piccoli passi la democrazia georgiana si sta rafforzando. La dialettica politica si fa sempre più vivace, si manifesta un vivo pluralismo, la magistratura tende a smarcarsi dal potere politico, lentamente si sta formando una coscienza civile condivisa.
Pace democrazia e benessere non si raggiungono di colpo, abbisognano anzi di un paziente, talvolta defatigante, impegno quotidiano.
“Nel farsi di ogni avvenimento che poi grandemente si configura c’è un concorso di minuti avvenimenti, tanto minuti da essere a volte impercettibili, che in un moto di attrazione e di aggregazione corrono verso un centro oscuro, verso un vuoto campo magnetico in cui prendono forma: e sono insieme, il grande avvenimento appunto. In questa forma, nella forma che insieme assumono, nessun minuto avvenimento è accidentale, incidentale, fortuito: le parti, sia pure molecolari, trovano necessità -e quindi spiegazione- nel tutto, e il tutto nelle parti” (L. Sciascia, L’affaire Moro, Sellerio, Palermo, 1978, pag. 31.)
La lunga marcia della Georgia è appena iniziata,
a piccoli passi.

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4 Introduzione La Georgia tra storia e leggenda La Georgia, situata all’estremità meridionale del Caucaso a cavallo tra l’Europa e l’Asia, è oggi uno stato indipendente. A nord è delimitata dalla catena del Grande Caucaso, la più alta d’Europa; a ovest dal Mar Nero, che i greci chiamavano Mare Ospitale; a est dalla pianura di Mtkvari-Araxe; e a sud dalla catena del Piccolo Caucaso. I georgiani lo chiamano Sakartavelo che significa paese dei Georgiani. Kartavelo (il georgiano) viene dalla parola Kartly che era l’antico nome, di uno dei regni formatisi sul territorio della Georgia che si trovava nell’attuale zona di Mtseketa. Più tardi solo la regione centrale ha conservato questa denominazione. Gli antichi Greci chiamarono questo regno con il nome di Iberia e la Georgia occidentale con il nome di Colchide. Dal tredicesimo secolo il nome Georgia è utilizzato dalle fonti storiche europee per designare la Georgia unificata. Giacomo da Vitri, vescovo di S.Giovanni d’Acri (1216-1228), è il primo a menzionare questo popolo con la denominazione “georgiani”. Egli scriveva: “C’è un popolo in Oriente, un popolo di cristiani estremamente bellicosi, vivi nei combattimenti, robusti come delle catene e potenti di un gran numero di guerrieri. Terrorizzano i saraceni e frequentemente nelle spedizioni vinsero i Persiani e gli Assiri, così come i popoli infedeli da cui sono circondati da tutte le parti. Questi uomini sono chiamati Georgiani perché essi riveriscono con grande rispetto, onorando ed adorando più di altri santi: S.Giorgio, che essi tengono come difensore e patrono nei loro combattimenti contro gli infedeli e i miscredenti.”

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Trecci
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Marta Petricioli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 169

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Parole chiave

abasidze
caucaso
democrazia
gamsakurdjia
georgia
guerra
occidente
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