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Un nuovo Postmoderno: riscontri ed analisi nella cinematografia di Alejandro Gonzales Iñarritu

Il primo giorno dell’anno 2000 entravo nei 19 anni e nonostante la mia giovane età anche all’epoca ero molto attento a tutto quello che mi accadeva intorno. Ovviamente le mie prese di posizione erano sicuramente influenzate dalle stesse abitudini e dall’occhio critico di un tardo adolescente nonché futuro uomo.
La società mi appariva al tempo molto disordinata e con delle profonde ferite difficili da rimarginare in breve tempo, ma nonostante ciò era palpabile il desiderio da parte di tutti, dalle gente comune e non, di poter iniziare il nuovo millennio con uno spirito nuovo, come un voltar pagina nella storia dell’uomo lasciandosi alle spalle i lati più oscuri .
Il novecento è stato segnato indelebilmente da fatti tragici, guerre, pregiudizi razziali, intolleranza, e troppo spesso ha visto l’uomo schierarsi l’uno contro l’altro per stabilire situazioni di dominio.
Negli occhi di tutte le care persone che mi hanno raccontato le esperienze passate, si scorgeva un’indecifrabile sofferenza causata da diversi motivi come ad esempio le semplici difficoltà economiche (del “tirare a campare”) oppure le perdite tragiche di familiari, amici, oppure ancora dalla sostanziale impossibilità di agire, in quanto non è sempre stata così accessibile la conoscenza di ciò che accade nel mondo.
Alle soglie del 2000 i mass-media hanno reso la comunicazione universale e le distanze si sono notevolmente accorciate.
Proprio dai media potevo facilmente cogliere quel desiderio di cambiamento, quella generale presa di coscienza rispetto agli errori del passato e un buon proposito per cercare di volgere le cose in positivo.
Anche da personalità influenti come Giovanni Paolo Secondo era frequentissimo il monito ad iniziare il cammino del nuovo millennio in pace e armonia, animati da una tolleranza universale e dal reciproco rispetto nelle diversità.
Il mondo politico appariva più propenso a regolare nella trasparenza il suo modo di agire, di dirigere lo sguardo verso i più bisognosi e meno verso se stesso.
Il panorama artistico, da sempre vigile e attento alla realtà, ha promosso numerose iniziative volte a sensibilizzare l’interesse popolare verso situazioni critiche come quelle ambientali, o a promuovere campagne a favore delle popolazioni più bisognose (il buon proposito della cancellazione del debito dei paesi del terzo mondo ebbe una grande eco pur ottenendo alla fine risultati modesti) oppure ancora ai numerosissimi eventi mediatici creati ad hoc per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di fenomeni delicati (e poco approfonditi) come ad esempio l’AIDS.
Da buon sognatore e da ragazzo sensibile anch’io avevo creduto nella possibilità di un cambiamento.
Siamo nel 2007 e le pagine nere già scritte sono purtroppo molte.
I vecchi problemi riaffiorano come sempre e ogni giorno ne nascono di nuovi.
La società, nella sua frenetica ricerca di benessere, sembra incapace di svoltare, rendendosi impassibile di fronte alle quotidiane ingiustizie.
Nessuno fino ad ora credo si sia mai sbilanciato ad affermare se la tanta studiata società postmoderna sia migliore o peggiore di quella moderna.
Certo è che i presupposti finora presi in considerazione non lasciano molto spazio a giudizi postivi.
Ho cercato di tracciare un percorso di analisi della postmodernità che toccasse i vari aspetti del panorama artistico ma anche e soprattutto sociale, basandomi sull’analisi della cinematografia di un regista postmoderno a tutti gli effetti, nelle tematiche, nello stile, e nella “collocazione sociale” .

La visione della realtà nel cinema di Inarritu è molto dolorosa e vicina alla tesi da me espressa fin qui, ma che partendo dal generale pessimismo e catastrofismo auspica una più profonda percezione di quel che ci circonda e una sostanziale voglia di reagire.
Dice Inarritu citando Oscar Wilde :«Un pessimista è un ottimista ben informato» e continua: «Nei miei film è costante la rappresentazione della sofferenza per rendere poi maggiormente quella della felicità, e dell’ingiustizia per accentuare l’attaccamento a ciò che è giusto.»

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1 INTRODUZIONE Il primo giorno dell’anno 2000 entravo nei 19 anni e nonostante la mia giovane età anche all’epoca ero molto attento a tutto quello che mi accadeva intorno. Ovviamente le mie prese di posizione erano sicuramente influenzate dalle stesse abitudini e dall’occhio critico di un tardo adolescente nonché futuro uomo. La società mi appariva al tempo molto disordinata e con delle profonde ferite difficili da rimarginare in breve tempo, ma nonostante ciò era palpabile il desiderio da parte di tutti, dalle gente comune e non, di poter iniziare il nuovo millennio con uno spirito nuovo, come un voltar pagina nella storia dell’uomo lasciandosi alle spalle i lati più oscuri . Il novecento è stato segnato indelebilmente da fatti tragici, guerre, pregiudizi razziali, intolleranza, e troppo spesso ha visto l’uomo schierarsi l’uno contro l’altro per stabilire situazioni di dominio. Negli occhi di tutte le care persone che mi hanno raccontato le esperienze passate, si scorgeva un’indecifrabile sofferenza causata da diversi motivi come ad esempio le semplici difficoltà economiche (del “tirare a campare”) oppure le perdite tragiche di familiari, amici, oppure ancora dalla sostanziale impossibilità di agire, in quanto non è

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Informazioni tesi

  Autore: Pietro Paolo Lofrano
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2005-06
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze tecniche delle arti dello spettacolo
  Relatore: Francesco Casetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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