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L'attività sportiva violenta

La concezione dello sport come attività che coinvolge le abilità umane di base, fisiche e mentali, con lo scopo di esercitarle costantemente e di migliorarle, suggerisce che l’attività sportiva è probabilmente antica quanto lo sviluppo dell'intelligenza umana.
Nella società contemporanea, lo sport come lo conosciamo oggi è una “invenzione” abbastanza recente: le moderne olimpiadi risalgono al 1896. In Italia solo nel 1907 è istituito il Comitato olimpico nazionale italiano (C.O.N.I.) con la limitata ed esclusiva finalità di promuovere l’organizzazione per la partecipazione degli atleti italiani alle olimpiadi.
Oggi la diffusione della pratica sportiva in quasi tutte le società del mondo contemporaneo è il segno evidente dell'importanza che lo sport ha assunto dal secondo dopoguerra fino a questo inizio di nuovo millennio.
Esso non è più, o non è solo, un “fenomeno” sportivo in quanto tale; ha un peso specifico notevole da un punto di vista sociale, economico e politico, per non parlare del “fenomeno” mediatico che si sviluppa in occasione di determinati eventi.
Affrontare il tema dell’ “attività sportiva violenta” nella moderna società del diritto dal punto di vista della scienza giuridica – penalistica in questo caso – implica necessariamente interrogarsi se esiste e quale sia la relazione tra le norme che presidiano l’attività sportiva e come essa si concilia con i principi sui quali si regge la nostra società.
È opinione comune che a fronte di un illecito “sportivo” la competenza è esclusivamente quella riservata alla giustizia sportiva; una competenza piena in quanto la materia sarebbe relativa a profili esclusivamente interni dell’ordinamento sportivo.
Ciò non esclude la possibilità di sovrapposizioni o addirittura conflitti di norme tra ordinamento giuridico statale e quello sportivo in diversi ambiti compreso quello attinente le responsabilità delle fattispecie di illecito sportivo, civile e penale.
Ma è altrettanto vero che il fenomeno sportivo e l'ordinamento giuridico generale non possono essere considerati due entità assolutamente distinte e separate perché inevitabilmente presentano zone di reciproca permeabilità.
Il nostro codice penale, nato in un’epoca che incoraggiava e diffondeva quanto più possibile la pratica sportiva, non si preoccupò di disciplinare la materia. Oggi nessuno dubita della liceità dell’attività sportiva in quanto tale: il contrasto riguarda il suo fondamento ed i limiti di questo. E la disputa si fa più accesa, quando si tratta di tracciare il delicato confine tra attività sportiva lecita e attività sportiva illecita nell’esercizio di sport che per la loro “fisicità”, nonché componente competitiva, implicano o possono implicare, in modo più o meno evidente, una componente violenta.
Se è vero che lo sport gode di unanime consenso sociale, proprio in questo contesto contemporaneo piuttosto che in altre epoche, la violenza sportiva come analizzata in questo lavoro, in sé giustificata, ha ripercussioni anche in fenomeni di violenza del tutto gratuita che si rapporta con la prima solo in chiave strumentale.
La violenza delle tifoserie è fenomeno divenuto talmente fisiologico da necessitare risposte risolutive sia in termini fattivi, sia in termini normativi.
Lungo questo percorso culturale, sociale e giuridico, il presente lavoro, dopo una presentazione del dibattito giuridico sviluppatosi prevalentemente nella seconda metà del secolo scorso, analizza i principali e più significativi "casi" che la giurisprudenza si è trovata a dirimere.

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Informazioni tesi

  Autore: Adriano Caretta
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze Giuridiche
  Relatore: Paolo Patrono
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 83

FAQ

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