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Da Wojtyla a Bergoglio: analogie e differenze negli Angelus degli ultimi tre papi

La presente tesi di laurea è incentrata sull'analisi del linguaggio degli ultimi tre papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, con particolare riferimento alle differenze e analogie nella strutturazione del discorso e nelle scelte tematiche, sintattiche, morfologiche, lessicali e retoriche. Lo studio condotto per la stesura della tesi ha preso in esame un campione di discorsi pronunciati da questi papi durante le principali festività cristiane. L’attività di ricerca è stata circoscritta a 63 Angelus: 21 per ogni papa. Di essi è stata fatta l’analisi linguistica, svolta in chiave contrastiva, che ha permesso di evidenziare le differenze e analogie nella costruzione del discorso, nonché nel loro modo di servirsi del linguaggio per rapportarsi ai fedeli. Si è dimostrato che sul piano retorico e tematico tanti sono gli espedienti che accomunano i tre pontefici, che si servono di numerosi artifici retorici, in particolar modo di ripetizioni di parole o gruppi di parole, rendendo così ritmico e ridondante il discorso, di antitesi, che contribuiscono a invogliare il fedele a prendere una netta posizione, e di metafore, che riescono ad accrescere la carica emotiva delle loro parole. Il lavoro di analisi ha permesso di delineare che i tre pontefici risultano, invece, diametralmente opposti sotto il profilo testuale, morfosintattico e lessicale. Papa Giovanni Paolo II e in Papa Francesco fanno ricorso a termini appartenenti alla sfera dell’affetto, che è invece un elemento del tutto assente in Papa Benedetto XVI. I discorsi di quest’ultimo sono non solo i più lunghi, ma anche i meglio costruiti e i più formali. Dei tre, è Papa Francesco a servirsi di un linguaggio più semplice e facilmente comprensibile, quasi quotidiano, con solo qualche attestazione di termini meno comuni, di cui viene comunque immediatamente spiegato il significato. Interessante è, infine, il fatto che Papa Giovanni Paolo II parli di sé alcune volte in terza persona e utilizzi profusamente il pronome di prima persona singolare “io” a discapito di quello di prima persona plurale “noi”, preferito in particolare da Papa Francesco. Attraverso quest’analisi è stato possibile racchiudere le personalità dei papi e il loro rapporto con i fedeli in tre distinti ruoli, ai quali ciascuno di essi assurgerebbe. Così, Papa Giovanni Paolo II è un papa-pastore, che guida il suo “gregge” grazie alla sua personalità carismatica e senza mai dimenticare nemmeno una pecorella. Papa Benedetto XVI, invece, appare più algido, rigoroso e imperturbabile. Pronuncia i suoi Angelus come un professore e incanta la folla per la bellezza ed il rigore dei suoi discorsi. Infine, Papa Francesco è un papa-maestro, che non solo ammonisce i suoi alunni, ma addirittura assegna loro i compiti a casa. Troppo umile per essere un professore, ha preferito essere uomo tra gli uomini, un semplice peccatore come loro.

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8 Introduzione Il lavoro di tesi a conclusione del mio percorso universitario è incentrato sull’analisi del linguaggio degli ultimi tre papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Papa Francesco. In particolare, si pone l’attenzione su differenze e analogie nella strutturazione del discorso e nelle scelte tematiche, sintattiche, morfologiche, lessicali e retoriche. Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale tema hanno una triplice natura: in primo luogo, sono da sempre affascinata dal modo in cui gli esseri umani si servono del mezzo lingua per ottenere molteplici scopi, giocandoci e plasmandola a seconda delle circostanze e del ruolo che il parlante riveste in quel momento; in secondo luogo, le parole dei papi accompagnano la vita di un po’ tutti noi che, volenti o nolenti, da cristiani o da atei, vi entriamo in contatto e che, proprio attraverso di esse, giungiamo a conoscere la personalità di una delle figure più importanti al mondo; in terzo luogo, la nomina di Papa Francesco come successore di un pontefice così diverso da lui, ha suscitato in me alcune curiosità e la volontà di approfondire i cambiamenti intervenuti nel ruolo del vicario di Dio, dall’arrivo del “rivoluzionario” Papa Giovanni Paolo II sino al presente. La scelta è ricaduta su questi ultimi tre papi perché le loro figure mi hanno accompagnata durante la mia crescita e di esse ho testimonianza diretta e vivo ricordo. Per svolgere la mia ricerca ho preso in esame un campione di Angelus pronunciati durante le principali festività cristiane che, seppure esiguo rispetto alla moltitudine di discorsi proferiti dai pontefici, risulta tuttavia esemplificativo del loro eloquio. La tesi è articolata in quattro capitoli: i primi tre sono dedicati ciascuno a un papa, ne illustrano le informazioni biografiche essenziali (utili a cogliere le radici delle differenze) e ne descrivono gli Angelus; il quarto riguarda l’analisi linguistica vera e propria, la quale è stata svolta in chiave contrastiva, ponendo in luce le caratteristiche più evidenti che rendono questi papi di volta in volta molto simili o diametralmente opposti l’uno all’altro sotto il profilo dello stile comunicativo. Così facendo, è possibile penetrare nelle trame dei discorsi papali e comprendere in maniera più profonda alcune loro scelte, mai casuali, bensì sempre dettate da precisi scopi e intenzioni. Ciò ci consente di capire come il linguaggio del papa strutturi e modelli il rapporto stesso del pontefice con coloro a cui giungono le sue parole.

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Informazioni tesi

  Autore: Laila Onnis
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature europee e americane
  Relatore: Maurizio Trifone
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 75

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Parole chiave

comunicazione
sociolinguistica
chiesa
linguistica
retorica
papa giovanni paolo ii
papi
papa francesco
papa benedetto xvi
angelus

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