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Odio i Pink Floyd - il punk inglese in un pugno di documentari

"Odio i Pink Floyd" esamina il punk inglese, prima come sottocultura e poi come stile musicale, soffermandosi in particolare sui documentari che ne hanno testimoniato le gesta. Lo studio presenta nella prima sezione la storia del movimento nel contesto politico della Londra di fine anni Settanta, e i suoi rapporti con l'industria musicale, la moda e le droghe. Un capitolo si focalizza poi sulle due posizioni contrastanti di Stewart Home e Greil Marcus riguardo al "modo" in cui trattare il punk, se trattarlo come materia accademica o "di strada". Il fulcro del lavoro è però l'analisi di nove documentari punk che coprono l'arco temporale dal 1976 al 2007. L'intento è, da una parte, quello di (ri)dare valore a opere dimenticate o sottovalutate ma testimoni fondamentali della scena, e dall'altra quella di approfondire i film più noti. Il "punkumentary", così viene definito per l'occasione il documentario punk, necessita di studi come questo.

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71 CAP. 4 DOCUMENTARIO PUNK IERI E OGGI È arrivato il momento di soffermarci sull’opera documentaristica e su come questa ha testimoniato da un lato lo svolgersi della scena punk e utilizzato dall’altro la logica e l’estetica del movimento per creare un tipo di cinema che potremmo definire esso stesso “punk”. Ho scelto di concentrarmi su nove opere che considero imprescindibili per una definizione di “documentario punk” e che permettono inoltre di capire come il documentario ha cambiato il suo approccio all’argomento in tre periodi differenti: il primo è quello contemporaneo al movimento inglese, quindi del triennio ’76-’79; il secondo momento è quello della fase intermedia e riguarda film realizzati negli anni ’80 quando i registi volgono lo sguardo ad un passato prossimo per cercare di tirarne le somme; il terzo e ultimo lasso di tempo è quello più vicino a noi, con tre opere degli anni zero che hanno riacceso il fuoco del punk accedendo ai recessi della memoria e del repertorio. Le opere riguardano tutte il punk inglese del triennio nevralgico e la selezione dei documentari si basa sul radicamento dell’opera nell’immaginario punk, sulla sua importanza nella costruzione dell’immagine dei musicisti e come icona del movimento stesso, e, infine, sull’originalità e innovazione nel linguaggio. Ho voluto focalizzarmi inoltre sulle due band fondamentali della scena e sulle opere a loro dedicate per costruire un discorso coerente che permetta di far scaturire le differenze e lo omologie nelle opere dei vari periodi. Queste due band sono, ovviamente, i Sex Pistols e i Clash. Oltre a questi abbiamo dei documentari non biografici che presentano in linea generale la sottocultura e che servono da spunto per comprendere come è stata coperta dai media la scena, sia a livello esterno che interno, con un’opera realizzata dalla televisione inglese. Di questi film tre sono, per ovvi motivi, del cineasta punk per eccellenza, Julien Temple, e due del dj Don Letts, che ha vissuto a stretto contatto con i Clash e il Roxy Club. Si cita qui en passant un’ulteriore opera, non propriamente documentaristica, ma definita dal regista un “documentario di fantasia”, ovvero Jubilee, film punk per eccellenza che abbiamo scelto di non approfondire per non allontanarci troppo dal fulcro del nostro lavoro.

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Informazioni tesi

  Autore: Davide Marino
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere
  Corso: Cinema, Televisione e Produzione Multimediale
  Relatore: Gino Scatasta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 137

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Parole chiave

cinema
punk
documentari
derek jarman
sex pistols
julien temple
clash
punkumentary
rockumentary
don letts

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