lyrique in Italia); promotrice, nel 1883, di un concorso di composizione operistica
che vede (alla sua seconda edizione) il successo di un’opera genuinamente
verista
3
, la Cavalleria Rusticana, fonda un proprio teatro nel 1894, il Lirico di
Milano. Ed a proposito della Cavalleria, manifesto del verismo italiano, il suo
padre letterario, Verga, vive non a caso a Milano, creando anch’egli fecondi
impulsi per la vasta produzione che seguirà (da Capuana, alla Deledda, sino a
D’Annunzio e Pirandello). Sempre a Milano opera l’imponente figura di Verdi,
ma anche quella dell’amico poeta, compositore e librettista Arrigo Boito, il quale
aveva collaborato in Simon Boccanegra, Otello e Falstaff, a sua volta innovatore
in senso europeista della cultura italiana e vicino all’ambiente della scapigliatura
nel sostegno della reciprocità di influenze tra poesia e musica e nella polemica
antiborghese; come è importante l’attività del compositore Amilcare Ponchielli, il
cui linguaggio tardo-verdiano sfocia talvolta, come ne La Gioconda, in
un’accorata enfasi verista; Ponchielli è oltretutto maestro di Mascagni e Puccini al
Conservatorio di Milano. Sempre al capoluogo lombardo, teatro di vive dispute
politiche tra un’aristocrazia legata ancora al romanticismo tedesco, un ampio ceto
medio borghese o democratico-francofilo, che guarda al realismo sentimentale, ed
un’estrema ala socialista che necessita di linguaggi ben più urgenti e sovversivi
4
,
fanno riferimento e conoscono la fama internazionale gli altri protagonisti della
“giovane scuola” provenienti dal ricco contesto napoletano, Leoncavallo,
Giordano e Cilea.
Va doverosamente considerato, tuttavia, come questa che noi siamo giunti a
qualificare come scuola verista, non abbia goduto di unanimi consensi da parte
della critica, fino ad essere valutata come periodo buio della storia della musica o
addirittura a non poter assurgere nemmeno al titolo di scuola, movimento,
fenomeno o periodo. Lo stesso Rinaldi
5
, sulla base di un discorso coerentemente
impostato sull’inimitabile modello verdiano, preferisce ricondurre il movimento
verista ad un ambito librettistico-teatrale, al quale la musica fatica ad adeguarsi,
3
L’intera “squadra” verista, tranne Puccini, è edita dalla Casa Musicale Sonzogno.
4
Moschino Ettore : Sulle opere di Francesco Cilea, 1932, p.10.
5
Rinaldi Mario, op. cit., p. 23.
2
tendendo a rimanere ancorata a formule romantiche; spingendosi oltre, il Rinaldi
6
giunge persino a negare una qualsiasi valenza estetica che possa globalmente
connotare la produzione operistica verista, in questo probabilmente costretto, oltre
che dalla già denunciata varietà di scrittura musicale che caratterizza il periodo,
anche dalla sconfortante consapevolezza dell’impossibilità del linguaggio della
musica di tradurre fedelmente, pena il suo stesso scadimento, i contenuti e gli
eccessi d’enfasi del verismo letterario. Questa precisa posizione critica ci sprona
ulteriormente nella nostra analisi dell’opera Adriana Lecouvreur, proprio per
enucleare quelle specificità compositive che maggiormente svelano semplicità e
sincerità di espressioni sentimentali e che ebbero l’entusiasta riscontro del
pubblico su scala internazionale.
Lungi dall’inutile pretesa di fondare in questa sede un’estetica musicale
onnicomprensiva della tendenza verista, poiché consapevoli delle diverse
direzioni stilistiche che hanno contraddistinto la carriera di ogni singolo operista
dell’epoca, consideriamo la nostra Adriana con un criterio di logica
consequenzialità rispetto al primo, acceso e inimitato verismo di Cavalleria
Rusticana; se si considera, infatti, che lo stesso Mascagni non saprà (o non vorrà)
più giungere ad accenti così realisticamente pregnanti, possiamo dunque
ipotizzare una presa di coscienza generale dei compositori, riguardo la necessità di
salvaguardare la propria musica da possibili scadimenti, attraverso il
mantenimento di una sensibilità lirica e melodica tipica del filone pucciniano, nel
quale è possibile, orientativamente, includere Francesco Cilea, nell’adesione ad un
sentimentalismo verista spesso dolce e manierato.
Se l’eccezionalità di Cavalleria Rusticana va indubbiamente ascritta alla felice
scelta del libretto da parte di Mascagni, il quale vede così facilitarsi il compito di
rappresentarne realisticamente gli accenti in musica, il successivo allontanamento
del maestro livornese, come dei suoi colleghi, dal verismo letterario, sembra far
emergere nuovamente l’inafferrabilità del dramma da parte della musica; di
conseguenza, all’assoggettamento del compositore alla trama, viene ad assumere
adesso una certa rilevanza anche la sudditanza ad uno stile manierato, frutto delle
rigide prescrizioni compositive che la traduzione di un limitato ambito di affetti
6
Ibidem, p. 94.
3
presuppone (è l’uomo stesso a indulgere verso limitate categorie affettive).
Proseguendo oltre, gli operisti si piegano ben volentieri anche alle esigenze del
pubblico
7
, in questo però supportati da una precisa scelta professionale, con
l’intento di parlare di vicende umane con mezzi teatrali intenzionalmente
divulgativi e, come sottolineato da Puccini più volte, ricercando la piena e sincera
comunanza di affetti con la gente comune; soprattutto da Verdi in poi, la ricerca di
autenticità acquista un indiscusso valore nell’espressione musicale, e
l’apprezzamento del vero ed il coinvolgimento popolare aiutano l’affermazione
spontanea di un melodismo tutto italiano (pensiamo al modello belliniano) che
veristi come Puccini ed il nostro Cilea manterranno così vivo da poter apprezzare
essi stessi il dominio pubblico dei loro brani più felici (il progressivo espandersi
dei mezzi di diffusione della musica fa il resto). Con questo tipo di qualità, cui si
unisce uno spiccato senso teatrale e di resa scenica (Adriana Lecouvreur ne è un
esempio) assieme alla varietà dei soggetti e degli ambienti, la corrente verista, pur
non apportando decisivi conseguimenti musicali in senso stretto, si pone, a cavallo
dei secoli diciannovesimo e ventesimo, come espressione operistica apprezzabile
dai più, sobria, misurata, e di respiro internazionale.
Guardare al verismo come categoria generale di volontà di rappresentazione
artistica del reale ci porterebbe senz’altro molto lontano nel tempo e nello spazio,
considerata la caratteristica dell’uomo di interrogarsi e riflettere su ciò che lo
circonda, giungendo a continui, spontanei confronti e accostamenti tra
manifestazioni della natura e del proprio contesto sociale e determinate tipologie
sonore, mimico-coreutiche e figurative; un obbligato salto da epoche più remote ci
consente almeno di soffermarci su quella esigenza post-rinascimentale di cogliere
l’elemento transitorio, irregolare e imperfetto, a discapito della concezione
idealizzata e immutabile della natura della classicità di ogni epoca; questa
attrazione per una oggettività cruda e talora sgradevole viene accolta nei soggetti
di drammi civili, opere buffe (ricordiamo volentieri Lo cecato fauzo e Le zite
‘ngalera del napoletano Vinci) e comiche, ricche di freschezza, simpatia ed
attenzione alla contemporaneità. Con il Romanticismo e gli sviluppi del “lungo”
Ottocento questa attenzione al dato realistico giunge a compimento; dalla pittura
7
Ibidem, pp. 86 e segg.
4
di Gros, Delacroix, Gericault, Courbet, Goya e dei macchiaioli italiani, alla
produzione letteraria del naturalismo francese di Zola
8
(derivato da Balzac e
Flaubert), del realismo spagnolo di López de Ayala, Tamayo y Baus, de Alarcón e
Pereda, fa riscontro, in Italia, soprattutto l’opera di Verga, figlia a sua volta della
verità di alcuni personaggi manzoniani. L’opera italiana si è, nel frattempo,
glorificata dell’immenso valore di Verdi, del quale è anche possibile apprezzare il
tono drammatico e autentico di certi personaggi e circostanze
9
(si pensi a I Vespri
Siciliani e a Don Carlos, oltre alle già menzionate Otello e Falstaff); ma è
francese il primo lavoro teatrale esplicitamente verista, la Carmen di Bizet (1875),
seguita dalla Manon di Massenet, maestro a sua volta dei veristi più ortodossi,
Bruneau e Charpentier.
La morte precoce di Bizet ci ha privato di possibili fruttuosi sviluppi, e, del resto, i
difetti denunciati dalla critica del tempo nelle opere di Bruneau e Charpentier,
rendono ancor più tangibile un mutamento, se non un fraintendimento, del nuovo
e fortunato linguaggio bizettiano; la sua forza viene felicemente recepita dal
Mascagni di Cavalleria Rusticana, che sembra poter avviare un filone altrettanto
energico e diretto da contrapporre all’ala pucciniana, più dolce e sentimentale.
8
La figura di riferimento di questa rivoluzione letteraria è quella del medico-fisiologo Claude
Bernard, che con la sua Introduzione allo studio della medicina sperimentale (1865) elabora le
teorie cardine dell’osservazione della realtà in senso empirico e sperimentale.
9
È interessante rilevare come il compositore di Busseto avesse pensato ad Adriana Lecouvreur
come soggetto per un’opera.
5