4
 
Nel corso del 2000 almeno 25 milioni di persone hanno visitato Roma. Sarebbe stato 
impossibile per i 310 mila fedeli di Padre Pio o per i due milioni di giovani della Giornata 
Mondiale della Gioventù (GMG), godere delle celebrazioni, partecipare serenamente ai 
momenti di riflessione e comunione, se non ci fossero state le condizioni materiali per farlo. 
Se ognuno di loro non avesse saputo esattamente cosa aspettarsi a Roma, come muoversi, 
quali servizi aveva a disposizione se, in sostanza, “c’era posto per lui?”. Tutti i fedeli 
andarono a Roma con la speranza di vedere “da vicino” il Santo Padre, eppure quasi nessuno 
lo vide diversamente da come lo avrebbe visto da casa sua, cioè sui dei televisori, grandi 
quanto vogliamo, chiamati “maxischermi”, ma sempre dei mezzi elettronici 
2
.  
 
Eppure la gioia e la partecipazione erano tante. I cittadini romani, fedeli e non, 
avevano invece ben altri problemi: dovevano recarsi a scuola, al lavoro, al mercato e per quasi 
due anni sono stati in parte limitati di fatto nel loro vivere quotidiano. E’ stato, per i romani, 
indubbiamente un periodo difficile. E poi le minacce terroristiche, le polemiche su Roma città 
inadatta ad accogliere grandi folle, città fatta di vicoli e fatta per essere percorsa da carrozze e 
non certo dai grandi pullman turistici.  
 
La città invece ha retto, e ne ha beneficiato negli anni successivi; i fedeli sono arrivati, 
le scuole hanno funzionato e gli uffici pure. In tutto il Giubileo non si è contato nemmeno un 
incidente nella movimentazione di quei 25 milioni di persone. Questo è avvenuto, si sostiene 
in questa sede, certamente grazie ad una organizzazione materiale ben fatta, ma anche grazie 
al coinvolgimento di tutti attraverso una comunicazione ed informazione capillare che ha 
                                                 
2
 La venuta a Roma aveva comunque un insostituibile valore religioso, in quanto “la partecipazione televisiva ad una 
celebrazione sacra non può sostituire la partecipazione al rito liturgico [...] poiché la televisione non è altro in fondo che 
rappresentazione di un evento”, come ha efficacemente spiegato Juan Javier Flores Arcas, presidente del Pontificio 
Istituto Liturgico in un recente convegno dal titolo “Evento religioso, evento televisivo. Giovanni Paolo II” svoltosi 
presso l’Università Gregoriana di Roma il 6 e 7 aprile 2006, i cui atti non sono ancora pubblicati. 
 5
aiutato ad accogliere collaborando anche a gestire i flussi, spiegando quali erano i limiti di 
capacità di accoglienza e come invece comportarsi una volta a Roma. Si è spiegato quanto 
importante era l’evento, per la cristianità e per la città, e si sono aiutati i cittadini romani a 
tollerarlo come i pellegrini a goderlo. Senza una informazione che aiutasse quindi la 
comprensione, la partecipazione a quanto andava accadendo, l’evento non avrebbe potuto 
avere il successo che ha avuto. Il sapere, l’essere informati, forse anche il subire qualche 
condizionamento, è stato insomma elemento pratico dell’accoglienza ricevuta e della 
partecipazione spirituale.  
 
Di un certo rilevo è anche l’aspetto più “politico” di una vicenda come il Giubileo, con 
un sindaco di Roma che, a ridosso della fine dell’Anno Santo, si sarebbe presentato agli 
elettori come candidato leader di una delle due coalizioni in gara per le elezioni politiche, e 
che lasciava quindi Roma di fronte ad elezioni amministrative che potevano, con il Giubileo 
alle spalle, essere molto difficili per il suo schieramento.  
 
Come si è realizzato il lavoro di comunicazione durante il Giubileo, e cosa ne è restato 
e cosa se ne può trarre per futuri eventi simili è il tema di questa tesi. 
 
Il primo capitolo si occuperà di definire il ruolo del media nella società, in particolare 
sull’aspetto dell’agenda setting, di come contribuiscono a formare l’opinione pubblica e di 
come ne colgono gli “umori”, dei rischi e i limiti della comunicazione, la questione etica; si 
affronterà anche il ruolo di servizio della comunicazione pubblica. Nel secondo capitolo si 
illustrerà il lavoro svolto durante il Giubileo sul fronte della comunicazione, le scelte fatte, i 
risultati raggiunti, il lavoro di coordinamento tra l’Agenzia per il Giubileo e gli enti locali. Il 
terzo capitolo è dedicato a come i media hanno seguito la preparazione e lo svolgimento del 
 6
Giubileo, e di come ne hanno parlato dopo la conclusione. Seguono poi le conclusioni, che 
contengono anche una proposta di “best practices” per altri grandi eventi. 
 
 7
CAPITOLO PRIMO 
Il ruolo dei media nella società e nell’agenda setting 
 
 
1) I media contribuiscono a definire un evento 
 
Il Grande Giubileo del 2000 è stato, fuori dal piano spirituale, anche un evento di 
comunicazione unico al mondo per dimensioni e pratiche, che poi negli anni successivi e per 
manifestazioni successive hanno “fatto scuola”,  generando procedure organizzative e di 
comunicazione all’interno ed all’esterno dell’evento stesso che sono diventate patrimonio di 
ogni grande evento, dal punto di vista della sua “orchestrazione” e del suo stesso significato. 
I media in realtà contribuiscono in modo fondamentale a definire un evento, nel senso 
che lo possono caratterizzare e far recepire anche diversamente da come si è svolto. Ne  è 
esempio la cronaca di una grande manifestazione a Londra contro la guerra nel Vietnam nel 
1968 che ebbe una copertura mediale studiata a tavolino per un evento che i media stessi 
avevano predefinito potenzialmente violento e drammatico. Nonostante che le cose fossero 
andate diversamente, le cronache non si spostarono da quella posizione. Una ricerca dedicata 
a questo evento concluse che il pubblico l’aveva vissuto, a dispetto dei fatti, così come era 
stato “costruito” televisivamente 
3
.  In questo quadro è stato più volte scritto quanto il 
trattamento effettuato dai media di un evento o di un tema influisca sui cittadini, costruendo 
proprio il “senso” dell’evento: “la gente tende ad includere o escludere dalle proprie 
conoscenze ciò che i media includono od escludono dal proprio contenuto. Il pubblico inoltre 
tende ad assegnare a ciò che esso include un’importanza che riflette da vicino l’enfasi 
attribuita dai mass media agli eventi, ai problemi, alle persone”
4
. In questo senso si esprimeva 
                                                 
3
 Halloran J.D., Elliot P. e Murdock G., “Communications and Demonstration”, Harmondsworth, Penguin, 1970 
4
 Shaw E. “Agenda setting and Mass Communication Theory” Gazette (International journal for Mass Communication 
Studies) vol. XXV, n°2, 1979 
 8
anche Robert Park, ex giornalista e poi tra i fondatori della Scuola di sociologia di Chicago: 
“Il giornale è il grande mezzo di comunicazione...L’opinione pubblica poggia sulla base delle 
informazioni che esso fornisce” 
5
. 
 
L’importanza del ruolo dei media nell’agenda setting non è una scoperta recente, se 
come affermava Cohen già nel 1963 (ed il valore di questa citazione è ancora più grande in 
questo contesto specifico, poiché l’autore si occupa di stampa e politica estera, quindi di 
eventi in grado di travalicare i confini fisici nei quali si svolgono), la stampa “può non riuscire 
per la maggior parte del tempo nel dire alla gente cosa pensare, essa è sorprendentemente in 
grado di dire ai propri lettori intorno a quali temi pensare qualcosa” 
6
. 
 
Questo ruolo la stampa prima e durante il Giubileo del 2000 lo ha avuto. Su molti 
fronti, non solo su quello spirituale, ma anche, e su questo si concentra il presente lavoro, su 
quello dell’impatto organizzativo e di coinvolgimento di tutta la società nell’evento che si 
andava svolgendo. Il Giubileo, visto dalla Santa Sede, doveva “scuotere gli animi” doveva 
essere, “una nuova occasione per cercare l’Uomo, per meditare sul senso della nostra 
esistenza...occasione di dialogo fra credenti e non credenti” 
7
  ma anche, e questo era l’aspetto 
laico più complesso, doveva essere un evento accettato in particolare dai cittadini romani che 
tante “pene” dovettero sopportare per l’organizzazione. Mi riferisco qui alle “migliaia di 
cantieri aperti per l’occasione”, come ha recentemente ricordato il sindaco di Roma pro 
tempore Francesco Rutelli 
8
; i cittadini dovettero poi capire come convivere con i milioni di 
pellegrini e visitatori giunti a Roma nell’arco di circa 13 mesi. Anche questi pellegrini e 
visitatori avevano bisogno di “capire” gli aspetti organizzativi dell’evento, tollerare le 
                                                 
5
 Citato in Scandaletti P. “Storia del giornalismo e della comunicazione”, Ellissi, 2004 
6
 Cohen B.C. “The Press and Foreign Policy”, Princeton Unvirsity Press, Princeton, 1963 
7
  De Bortoli F. “Giubileo: spettacolo o riflessione critica?”, in Desk, Rivista di cultura della comunicazione, n°2, 2000 
8
 Intervento al seminario di studio “Il Giubileo che ha annunciato il terzo millennio”, organizzato dalla Fondazione Don 
Sturzo nella propria sede romana, 26 gennaio 2006, atti al momento della stesura del presente lavoro non pubblicati, 
appunti dello scrivente. 
 9
limitazioni ai loro entusiasmi, ma anche sfruttare le tante opportunità civili loro offerte dalla 
città di Roma accanto all’evento sacro.  
 
 
2) I mezzi di comunicazione contribuiscono a “formare” l’opinione pubblica ma ne 
colgono anche gli “umori” 
 
Il Giubileo doveva quindi assumere una dimensione che potremmo definire laica 
insieme a quella spirituale, per essere accettato e svolgersi con successo. Qui rientrano in 
gioco i media, che “enfatizzano un evento, un’azione, un gruppo, una personalità (e qui, per 
inciso, ricordiamo il ruolo avuto dalla personalità principale del Giubileo, Giovanni Paolo 
II, nda) così che passa in primo piano” 
9
. Spesso, cioè, superando i disagi o i problemi veri del 
quotidiano. 
 
In altro contesto, ma con un valore generale, è stato anche affermato che “...i mezzi di 
comunicazione di massa danno espressione alle opinioni, ma soprattutto controllano, 
incanalano e spremono dal popolo gli umori di cui è capace, dando così abbrivio incessante 
alla grande macchina della democrazia, con ciò di autentico e falso in essa c’è” 
10
. 
 
Quindi due (almeno) gli aspetti da considerare in questo contesto: il ruolo dei mass 
media nel “formare” l’opinione pubblica, nel prepararla ad accettare e comprendere l’evento e 
quell’altro ad esso connesso in una sorta di circolo dal quale non si può uscire, il ruolo degli 
stessi mezzi nel cogliere il pensiero, le pulsioni, i desideri dei cittadini nei confronti del fatto 
che accade. Non dimenticando che “dovunque i media dipendono dal resto della società, 
                                                 
9
 Lang G.E., Lang K. “Watergate and explorations of agenda setting building process”, in Wilhoit G., “Mass 
communication review yearbook”, vol 2, Sage Beverly Hills, 1981 
10
 Zagrebelsky G. “Principi e voti”, Einaudi 2005 
 10
reagiscono a spinte più profonde e sono subalterni alle fonti del reale potere economico e 
sociale”, come anche “quasi ovunque i pubblici poteri hanno mostrato di volere controllare le 
notizie, pur senza arrivare alla censura brutale. Di solito le possibilità di controllo sono 
maggiori nel caso della televisione che non della carta stampata” 
11
.  
 
Anche in tempi più recenti questo circolo è stato ben descritto “...ci permettiamo di 
evidenziare un altro punto di osservazione: vedere la comunicazione pubblica e politica come 
prodotto dell’interazione fra il sistema istituzionale e politico, il sistema dei media, il sistema 
sociale del cittadino-elettore (tema di estremo interesse in questo contesto: il Giubileo si 
concluse pochi prima delle elezioni politiche nazionali ed amministrative a Roma, nda), 
guardare al teorico e al vissuto, al sussurrato e allo scambio, al confronto dinamico e spesso 
competitivo fra gli attori; guardare soprattutto a ciò che i vari protagonisti vogliono far 
apparire, ma anche agli omissis, alle manipolazioni, ai depistaggi e alle autocensure tipiche 
dei poteri” 
12
. 
 
Il ruolo dei media nel “preparare” un evento è oramai accertato in dottrina, come 
anche è riconoscibile come il “potere” possa influenzare l’atteggiamento della stampa e le 
stesse informazioni che la stampa acquisisce e diffonde. Su questo aspetto nel caso che ci 
interessa torneremo nella seconda parte del presente lavoro. Quello che è certo è che “pochi di 
noi possono ricordare un caso in cui si sono formati un’opinione o hanno ottenuto 
un’informazione importante senza i media” 
13
. 
                                                 
11
 McQuail D. “Mass Communication Theory. An Introduction”, Sage Publications, Londra, 1994 
12
 Scandaletti P. “Come parla il potere”, Sperling e Kupfer, 2003 (qui citata iv ed., 2005) 
13
 McQuail, op. citata, 1994