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INTRODUZIONE 
La scelta di dedicare il lavoro di tesi ad un libretto d’opera è motivata da un mio 
particolare interesse per questa forma letteraria ritenuta spesso secondaria e di scarsa 
dignità artistica, opinione radicata anche in ragione dei numerosi libretti 
effettivamente di basso livello letterario, stereotipati, prodotti quasi “in serie” per fare 
esclusivamente da appoggio alla musica. Al contrario Die Frau ohne Schatten è 
senz’altro uno fra quei libretti d’opera di alto spessore artistico e di notevole 
consapevolezza del proprio ruolo. Hofmannsthal è stato spesso definito come il poeta 
austriaco più raffinato di quella particolare fase di passaggio dal decadentismo 
impressionistico all’espressionismo dei primi del Novecento. Accanto alla 
produzione poetica egli dedicò molto spazio anche alla riflessione estetica in senso 
ampio, in particolare molta attenzione fu dedicata proprio a problemi relativi al 
teatro, alla messinscena e all’opera. Tra i libretti hofmannsthaliani mi è sembrato 
subito interessante quello della favola simbolica e orientaleggiante per i suoi evidenti 
e numerosi agganci con la tradizione letteraria e operistica tedesca e specialmente per 
la spiccata somiglianza con un altro libretto di fondamentale importanza culturale, 
non solo per l’opera e non solo per la scena austriaco-tedesca: Die Zauberflöte. Il 
progetto iniziale del mio lavoro si basava sul confronto intertestuale tra i due libretti e 
avrebbe voluto evidenziare i punti di contatto ma anche le molte differenze tra il 
lavoro tardo settecentesco di un librettista di indubbia sensibilità teatrale ma di 
mediocre capacità letteraria e quello del coltissimo poeta attivo nella stessa Vienna 
più di un secolo dopo. Tuttavia durante la fase di studio e di messa a fuoco dei 
problemi è emerso con sempre maggiore forza il carattere peculiare dell’opera Die 
Frau ohne Schatten che, sebbene la sua ispirazione al modello mozartiano sia del 
tutto evidente e dichiarata da subito dallo stesso autore, è poi cresciuta in altra 
direzione. Il confronto con il libretto settecentesco si è pertanto ridotto allo spazio di 
un solo paragrafo mentre ha preso sempre più corpo l’esigenza di indagare altri 
aspetti del libretto di Hofmannsthal: la profondità e le ragioni del messaggio etico 
celato dietro un’affascinante simbologia di caratteri, oggetti e azioni di provenienze
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diverse e gli intenti puramente formali del poeta che usa il genere del libretto d’opera 
per realizzare una forma di comunicazione originale e più efficace con il pubblico, 
interessandosi ad ogni forma d’arte performativa alternativa alla poesia, in 
concordanza con le istanze moderniste di inizio secolo in ambito teatrale. Tutto il 
presente lavoro si sviluppa su questi due binari, essenzialmente contenuto e forma, 
che rispondono entrambi all’intento comunicativo del poeta. L’interpretazione del 
libretto e dei suoi simboli e la ricostruzione del suo messaggio morale prende le 
mosse dal confronto del testo con il suo folto ipotesto, le variegate suggestioni 
letterarie che forniscono a Hofmannsthal sfondo e materiali altamente evocativi e 
prosegue con l’analisi dei contributi di altri testi hofmannsthaliani in prosa, 
drammatici e saggistici al fine di evidenziare la rifunzionalizzazione di quei materiali 
tradizionali.  
Inquadrando la visione estetica e gli intenti programmatici dell’autore in campo 
teatrale ed operistico è emersa una figura interessante di librettista. Attraverso i suoi 
libretti e la collaborazione artistica con Richard Strauss, Hofmannsthal cerca di 
concepire una sua personale forma di arte totale che aspiri a comunicare direttamente 
ai sensi del pubblico l’interiorità umana, aprendosi in questo modo alle innovative 
concezioni registiche dell’epoca. Questo aspetto del librettista è particolarmente 
interessante in una personalità artistica così profondamente legata alla tradizione, ai 
valori e all’idealizzazione del passato.  Dopo essermi chiesta come l’attenzione alla 
regia e al ruolo delle diverse parti di un’opera d’arte complessa prendesse forma non 
solo sulla scena ma già nel testo, ho ricercato all’interno del libretto della Frau ohne 
Schatten lo spazio che Hofmannsthal aveva creato per le arti sceniche e per la musica, 
nonché la ricerca di equilibrio tra queste e il testo poetico. Questo il punto di partenza 
delle considerazioni successive che arrivano a rendere una interpretazione 
dell’efficacia comunicativa del libretto, tenendo presente l’impianto drammaturgico e 
l’intreccio dei mezzi semantici.
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Nel tentativo di individuare una organicità tra le motivazioni che spinsero l’autore a 
formulare un messaggio umano universale e la ricerca di una forma teatrale moderna 
mi sono infine interrogata sulla possibile contraddizione di fondo che coinvolge il 
destinatario dell’opera.
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PRIMA PARTE 
1. IL TEATRO NELLA CULTURA VIENNESE TRA OTTOCENTO E 
NOVECENTO 
A cavallo tra Ottocento e Novecento l’Impero austriaco visse un periodo di crisi 
politica e sociale che lo avrebbe portato ad una fine imminente ed epocale. Il vasto 
territorio imperiale, coacervo di culture, lingue e religioni, era scosso da sempre più 
importanti fermenti irredentisti mentre la monarchia, priva di una effettiva autorità e 
strategia politica, mal si destreggiava tra repressioni e concessioni e non riusciva più 
a garantire la pacifica unità tra popoli diversi. Le spinte sociali verso il disgregamento 
e il presagio della fine di tutto ciò che era quotidianamente tangibile e riconoscibile 
generava negli intellettuali un senso diffuso di smarrimento, un disorientamento di 
fronte agli eventi che però non riusciva a scuotere costruttivamente gli animi ma li 
atterriva, lasciandoli in un passivo immobilismo. La dissoluzione della compagine 
imperiale a seguito della guerra e la seguente crisi economica furono un vero e 
proprio shock per tutti coloro che erano ancora legati alle vecchie tradizioni e ai 
vecchi assetti sociali. Primo fra questi Hofmannsthal, il quale proprio durante gli anni 
di guerra ultimò il libretto della Frau ohne Schatten. 
Tra i due secoli Vienna passò, sul piano artistico,  da un periodo di puro edonismo 
estetico, di eclettismo stilistico teso alla sola decorazione e alla rimozione borghese e 
conservatrice del brutto, che tradiva tra l’altro un sostanziale vuoto di valori, 
all’individuazione di nuovi strumenti suggestivi per comunicare il senso disorientante 
dell’epoca, scegliendo molto spesso il teatro. Nell’affresco della civiltà viennese di 
quegli anni che Stefan Zweig ha dipinto in Die Welt von Gestern (1942) si legge che 
“la scena non era soltanto luogo di divertimento, ma anche guida parlata e plastica del 
buon contegno, della miglior pronuncia, così che un nimbo di rispetto circondava al 
pari di aureola tutto quanto avesse anche i più remoti rapporti col teatro di corte”
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. A 
Vienna si era sviluppata una vera civiltà del teatro che risaliva al XVIII sec. 
                                                             
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 S. Zweig, Il mondo di ieri, trad. L. Mazzucchetti, Mondadori, Milano 2011, pag 19.
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L’istituzione del Wiener Burgtheater e gli altri teatri più popolari avevano svolto 
un’azione formativa su tutti gli strati della popolazione e resero Vienna città di 
tradizione teatrale e musicale come Parigi. Questa tradizione aveva poi attraversato 
l’Ottocento senza assimilarne l’eclettismo, mantenendosi in qualche modo legata al 
passato, modellata sulle corti principesche. Nella stagione più ricca della cultura 
austriaca, molte voci si rivolsero al teatro con drammi che rispecchiavano la cultura 
decadentista dell’epoca. Dai primi anni del Novecento in  poi il teatro non catalizzò 
più l’attenzione dei soli scrittori ma anche, e forse soprattutto, di musicisti, pittori e 
scultori ed a Vienna si iniziò a concepire, in linea con la tendenza europea, il teatro 
come forma capace di unire discipline diverse. Esso divenne il punto di incontro per 
tutti quegli artisti che provavano insofferenza verso le pratiche naturaliste e i 
melodrammi romantici e che auspicavano una rifondazione della prassi teatrale 
attraverso una commistione tra arti diverse in senso simbolista, per cercare di 
comunicare attraverso parola, musica, colore e movimento del corpo insieme non più 
la realtà visibile ma le profondità dell’interiorità umana. Il nuovo secolo vide la 
nascita della danza libera, i primi esperimenti di musica atonale e una vera 
rivoluzione nel campo della pittura con l’esperienza della Sezession a Vienna, 
Monaco e Berlino. Influenzati da questi impulsi extraletterari nascono le prime 
sperimentazioni moderne in ambito teatrale, volte alla ricerca di una comunicazione 
più diretta di istanze profonde, per le quali le forme codificate della tradizione come 
il melodramma o il balletto erano sentite insufficienti. Non è un caso che tale sentiero 
sia stato percorso inizialmente da pittori o scultori come Kandinsky e Ernst Barlach. 
Nella capitale austriaca i primi esempi di drammaturgia espressionista sono 
rappresentati dai lavori di Oskar Kokoschka, in particolare i drammi “Sphinx und 
Strohmann” del 1907 e “Mörder Hoffnung der Frauen” del 1908 in cui vennero usati 
effetti pittorici quali volti dipinti come sorta di maschere sui volti degli attori e una 
scenografia costituita da un paesaggio altamente simbolico e privo di riferimenti al 
reale. Anche nell’ambito del teatro musicale nuove collaborazioni artistiche come 
quelle fra Maeterlinck e Debussy in Francia, Kandinsky e Schönberg in Germania,
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D’Annunzio e Pizzetti in Italia cercarono di creare una forma d’arte nuova in 
opposizione sia alla pratica wagneriana sia alla tradizione melodrammatica 
precedente nel segno di una più pregnante armonia di parole, musica, gesti, colori e 
forme. 
 
2. IL TEATRO DI HOFMANNSTHAL COME LUOGO DI FUSIONE DELLE 
ARTI 
Se volessimo dare una definizione al teatro di Hofmannsthal potremmo dire che abbia 
accolto le intenzioni artistiche espressioniste ma che sia rimasto essenzialmente 
simbolista-impressionista nella prassi. Egli infatti condivise con gli artisti più radicali 
il desiderio di rifondare una forma d’arte totale all’interno del teatro lirico attraverso 
uno scambio proficuo fra arti diverse, ma non arrivò mai negli allestimenti a rompere 
traumaticamente con la tradizione, al contrario, concepì con essa un dialogo del tutto 
particolare e originale. 
E’ noto il suo rivolgersi al teatro, e in special modo al teatro musicale, dopo la 
personale crisi artistica che viene letta dalla critica come momento di spartiacque 
all’interno della sua produzione e che segnò il contestuale e definitivo quanto 
repentino abbandono della produzione lirica. La profondità di tale crisi è documentata 
dall’opera che ne scaturì, Ein Brief del 1902, ed è dovuta alla completa perdita di 
fiducia nella capacità della parola di comunicare l’interezza e la compiutezza della 
realtà. E’ pertanto naturale credere che Hofmannsthal abbia visto nel teatro l’unico 
mezzo artistico in grado di rappresentare davvero, in quanto la parola è coadiuvata 
dalla scena, dalla musica e dal gesto. 
Come tutti gli intellettuali dell’epoca che si confrontarono con il teatro musicale 
Hofmannsthal fu influenzato dall’estetica di Wagner. Ne condivise l’antinaturalismo, 
e l’antidescrittivismo, ma soprattutto l’idea che l’essenza del Gesamtkunstwerk non 
sia né nella musica né nella poesia, considerate entrambe come frammentarie, ma