3
Il delitto è innanzitutto un mistero, in cui l’unico dato certo è quello 
concernente la presenza, anche se delicatamente celata, della vittima. 
Il terrore che dovrebbe scaturire da un atto estremo quale la privazione della 
vita di un essere umano, lascia immediatamente il posto ad un’angoscia 
molto più terrificante, l’angoscia di non sapere. 
La caratteristica degli omicidi di cui ci narra Agatha Christie risiede nel 
fatto che essi vengono sempre compiuti, tranne qualche eccezione, nel 
contesto familiare. Splendide dimore vittoriane immerse nel verde della 
campagna inglese costituiscono lo sfondo ideale di intricate trame aventi 
per soggetto i componenti della medio-alta borghesia inglese degli inizi del 
XX secolo. 
Amore, odio, vendetta, gelosia, ricatto sono gli ingredienti che la scrittrice 
manipola con consumata abilità e maestria nella costruzione di sapienti 
intrecci che tendono a rendere tutti sospetti in egual misura sino alla 
soluzione del caso. 
Hercule Poirot è l’uomo deputato da Agatha Christie allo scioglimento del 
mistero. Egli è un piccolo, anziano, belga ex- funzionario di polizia. Ordine 
e metodo sono le due parole chiave che contraddistinguono il suo 
particolarissimo metodo investigativo, non basato sulla ricerca di indizi 
materiali, ma sulla psicologia e sulle sue little grey cells.  
 4
La metodologia del crimine, la deduzione logica, la sequenza degli 
avvenimenti e soprattutto l’aspetto psicologico del caso preso in esame, 
unitamente alla conoscenza dell’uomo, definito da Poirot un animale privo 
di originalità, sono gli elementi che conducono il detective belga alla 
scoperta della verità, rimossa prima di tutto dall’assassino, e poi da tutti gli 
altri personaggi coinvolti nella vicenda. 
Il romanzo giallo, nato ufficialmente in America nel 1841 ad opera di Edgar 
Allan Poe, altro non è che l’arte di raccontare il falso: 
 
Dal principio alla fine del libro, lo scopo, l’obiettivo principale è dunque di ingannare il 
lettore, di indurlo a credere il falso. Far credere che il vero assassino sia innocente, che 
una persona innocua abbia commesso il delitto; far credere che il detective sia nel vero 
mentre invece è in errore e che sbagli quando vede giusto; far apparire fondato un alibi 
falso, presente chi era assente; [...]; in breve, far credere tutto, qualsiasi cosa, fuor che la 
verità
2
. 
 
Al romanzo di tipo scientifico di cui Poe, e successivamente Conan Doyle, 
col suo Sherlock Holmes si fanno portavoce, Agatha Christie contrappone il 
giallo di tipo psicologico.  
                                                          
2
 Cfr. Doroty Leigh Sayers, Il racconto poliziesco secondo la “Poetica” di Aristotele, ovvero 
l’arte di raccontare il falso, in Renzo Cremante, Loris Rambelli ( a cura di), La trama del 
delitto, Teoria e analisi del racconto poliziesco, Parma, Pratiche Editrice, 1980, 
pp. 72-73. 
 
 5
L’osservazione della natura umana, analizzata in base all’intuito e 
all’esperienza di vita, è la costante delle sue opere. L’epoca in cui vive la 
scrittrice è la stessa che abbraccia i nomi di scrittori quali Joyce, Henry 
James, Eliot, Virginia Woolf, in un periodo in cui: 
la tendenza psicoanalitica o comunque psicologica influenza fortemente la narrativa e si 
afferma nello stream of consciousness novel. La presenza del delitto, del male in agguato, 
del perenne contrasto tra apparenza e realtà, si ricollega a quel sentimento di instabilità, di 
smarrimento che accompagna la visione della vita e delle cose che nasce con la crisi 
spirituale degli inizi del secolo.
3 
 
L’irrazionale si sostituisce alla fede nella ragione e al credo scientifico, 
ambedue in declino. La vena creativa di Agatha Christie si ispira alla realtà 
personale, all’armonia e al fascino di un piccolo mondo antico. Nelle sue 
opere rivive intatto lo splendore di un’Inghilterra vittoriana che la fanciulla 
Agatha ha vissuto gioiosamente e serenamente in prima persona. 
L’omicidio familiare appare in questa cornice sfarzosa e perbenista un atto 
dissacrante, fuori posto, una inopportuna incursione nei salotti borghesi. I 
legami di sangue che vincolano un ampio nucleo familiare non combaciano 
quasi mai con un altrettanto forte sodalizio affettivo.  
                                                          
3
 Cfr. Emma Ercoli, Agatha Christie, Firenze, La Nuova Italia, 1978, p. 44 
 6
Colui che detiene il potere patrimoniale costituisce in genere la molla 
scatenante di una ridda di sentimenti negativi che esplodono nei 
componenti della famiglia secondo modalità differenti. L’impazienza, la 
frenetica smania di possesso - di denaro, di amore, di potere - si rivelano 
nell’istante in cui la barriera dell’autocontrollo è divenuta talmente fragile 
da crollare. E con essa frana anche la maschera di rispettabilità che ognuno 
indossa nella società. 
Poirot è l’infallibile, o quasi, trionfatore del Bene sul Male. Quando ogni 
singola tessera del mosaico si incastra perfettamente, si delinea il volto, 
insospettabile, del colpevole, puntualmente consegnato alla giustizia. 
Spesso però accade che l’assassino, narcisista e ben adattato, non si penta 
del suo atto, né di fronte alla sua coscienza, né tanto meno al cospetto della 
società, optando piuttosto per il suicidio. Altre volte l’investigatore, 
sostituendosi alla legge, falsa il risultato dell’indagine, non a scapito di altri 
esseri umani, ovviamente, agendo in nome della pietà e della comprensione 
umana. Infine Agatha Christie ci prospetta una soluzione decisamente più 
inquietante, attribuendo la colpa di un omicidio - l’ultimo della serie 
poirottiana - all’insospettabile, allo smascheratore per eccellenza, a colui 
che ha fatto della ricerca della verità e della giustizia la sua ragione di vita: 
 7
Qualunque sia l’ingegnosità dell’intrigo che viene scoperto, o eventualmente confermato 
a posteriori, l’impressione che “era solo questo” predomina e il lettore si affretta a 
ripartire per nuove emozioni col “Christie” seguente, esattamente come il puzzle 
terminato non costituisce una conquista, ma all’inverso, una perdita rispetto al piacere che 
si prova innanzitutto ed essenzialmente nello spazio dell’indagine
4
. 
 
Agatha Christie ci descrive un mondo in cui il male non è presente negli 
organismi sociali ma nei nostri parenti, nei nostri amici, nella tranquilla 
cerchia di cui facciamo parte, e, probabilmente, anche in noi stessi: 
 
Quest’idea della vita, pessimistica e iconoclastica, della Christie non ammette ‘eroi’ o 
‘eroine’, ma solo personaggi umani. Priva di ogni sentimentalismo e aderente alla 
mutevole realtà della commedia umana, l’opera della Christie risulta non solo 
anticonformista e spregiudicata, ma lievitata di una genuina e dolente umanità: i misteri 
delle sue vicende si risolvono in definitiva nell’unico mistero della creatura umana, 
fragile e corrotta, ma anche illuminata di una indistruttibile vitalità
5
.
 
 
L’epicentro dell’universo christiano risiede dunque nell’indagine, 
affascinante, inquietante e sempre attuale dell’enigma umano. 
                                                          
4
 Cfr. Sophie De Mijolla Mellor, op. cit,.p.145 
 
5
 Cfr. Alberto Del Monte, Breve storia del romanzo poliziesco, Bari, Edizioni Laterza, 1962, p. 
181. 
 8
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1°   C a p i t o l o 
 9
Lady Agatha : una storia di classe medio-borghese 
 
 
La luminosa carriera letteraria di Agatha Christie, “una borghesissima 
signora inglese, timida, e, per molti aspetti estremamente convenzionale”
6
,
6 
maestra indiscussa del romanzo giallo, prende l’avvio nel 1920, anno di 
pubblicazione del suo primo crime novel, Poirot a Styles Court . 
Il libro è frutto di una scommessa lanciata alla scrittrice dalla sorella 
Madge, la quale l’aveva sfidata a scrivere un’opera che fosse pubblicabile. 
Da allora fino al 1975, la creatrice del celeberrimo detective belga, Hercule 
Poirot, e della simpaticissima vecchietta, Miss Jane Marple, produrrà in 
media due opere all’anno, tra romanzi, racconti, mystery e detective stories, 
commedie gialle, senza poi tener conto dei numerosi film tratti dalle sue 
opere. 
Nei “parti”
 
letterari della Christie, tradotti in oltre 100 lingue straniere, 
convivono il “romance of manners” di ambiente provinciale (il ciclo di Miss Marple), il 
“whodonit” puro (il ciclo di Poirot), il racconto psicologico e d’atmosfera (ad es. Endless 
Night , “Nella fine è il mio principio”, 1967), il gusto dell’esperimento scientifico alla 
Freeman (ad es. in Murder on the Orient Express, “Assassinio sull’Orient Express”, è 
descritto con minuzia il metodo per leggere un documento bruciato), l’avventura 
                                                          
6
 Cfr. Julian Symons, Prefazione e Postfazione in Agatha Christie, La parola alla difesa, Milano, 
Mondadori, 1940, p. V. 
 10
spionistica (il ciclo dei coniugi Beresford), e quello fantapolitico (Passenger to Frankfurt, 
“Passeggero per Francoforte”,1970), sino al giallo metafisico (The Mysterious Mr. Quin, 
“ Il misterioso Mr. Quin”, 1930)
7
. 
 
Per completare il quadro sono da aggiungere i sei romanzi sentimentali 
pubblicati con lo pseudonimo di Mary Westmacott, due raccolte di versi e 
due volumi autobiografici. Uno di questi ultimi, La mia vita, viene 
pubblicato nel 1977, ad un anno dalla scomparsa di Agatha Christie nella 
sua villa dell’epoca della regina Anna, Winterbrook House, a Wallingford. 
Nel lungo racconto autobiografico la Christie ripercorre amorevolmente il 
tracciato di una vita incredibilmente attiva, iniziata il 15 settembre 1890 a 
Torquay, Devonshire, nella meravigliosa villa denominata Ashfield, che la 
vide trascorrere una infanzia felice e spensierata. 
Agatha Mary Clarissa Miller era la terzogenita di un’agiata famiglia della 
buona società, quella frazione di società che la scrittrice tratteggerà con 
naturalezza e familiarità nella maggior parte delle sue opere, rievocando 
l’atmosfera tradizionale dell’Inghilterra della prima metà del XX secolo. 
Il padre americano, Frederick Alvah Miller, morto quando la scrittrice era 
appena undicenne, animato da un carattere gaio e sereno, era un uomo 
molto amato dalla famiglia e dagli amici.  
                                                          
7
 Cfr. Ernesto G. Laura, Storia del giallo, da Poe a Borges, Roma, Edizioni Studium, 1981,  
p. 168. 
 11
Con questi ultimi trascorreva  mattine e pomeriggi al Cricket Club, oziando 
piacevolmente (viveva di rendita), comparendo in casa giusto il tempo di 
gustare gli squisiti pasti di villa Ashfield. Il cibo, simbolo delle riunioni 
familiari attorno alla tavola, in particolar modo nei periodi festivi, costituirà 
uno dei perni attorno a cui Agatha Christie farà ruotare le sue trame 
intricate. 
La madre inglese, Clara Bohemer, invece, 
 
era tutto l’opposto. Dotata di una personalità eccezionale e vagamente enigmatica, molto 
più forte di quella di mio padre, era creativa ed originale, anche se timida e molto insicura 
e, forse, afflitta da un fondo di malinconia.
8
 
 
La scrittrice crebbe immersa nel verde della bellissima villa, libera di 
spaziarvi fisicamente e mentalmente, parlando sottovoce con delle figure 
immaginarie, compagne virtuali dei suoi giochi; osservata da Nursie, la sua 
amatissima bambinaia, e circondata dall’affetto di “ due genitori
 
che si 
volevano molto bene e che avevano fatto del loro matrimonio e del loro 
ruolo di educatori un vero successo”
9
.
9 
La sorella Madge ed il fratello Monty erano più grandi di lei, 
rispettivamente di undici e di dieci anni.  
                                                          
8
 Cfr. Agatha Christie, La mia vita, Milano, Mondadori, 1978, p.14 
9
 Ivi, p. 13 
 12
La “lenta” Agatha venne sempre messa a confronto con la brillante sorella, 
confronto, che sicuramente non la favoriva. Infatti, già da piccola, nella 
futura scrittrice si andava delineando un carattere abbastanza timido. Questa 
sua ritrosia la porterà, non ancora diciottenne, a concludere una alquanto 
improbabile carriera di pianista e cantante, in favore di un approccio, 
sempre artistico, ma decisamente meno angosciante, con la carta. La 
ragazza si era recata, infatti, a Parigi, per perfezionare i suoi studi, peraltro 
abbastanza irregolari, essendo ella stata istruita in casa dalla madre e da 
alcune governanti. 
In tal modo riuscì ad evitare un contatto diretto con il pubblico, tendenza, 
questa, che contraddistinse la Christie in tutto il corso della sua vita, privata 
e pubblica. 
Della sua mancata carriera lirica e concertistica la giallista affermò:  
 
Se qualcosa che si desidera disperatamente si dimostra impossibile da raggiungere, è 
meglio riconoscerlo e andare avanti piuttosto che fermarsi a piangere sui propri rimpianti 
e sulle illusioni perdute
10
.
 
 
Non così doveva essere per il cammino successivamente intrapreso, che 
Agatha Christie commentò in termini sempre modesti.  
                                                          
10
  Ivi, p. 169. 
 13
In un passo della sua autobiografia ella si contraddice però clamorosamente, 
quando afferma:  
 
Un’idea ci appassiona, cominciamo a lavorare pieni di speranza e di fiducia, e per quanto 
mi riguarda sono forse gli unici momenti in cui ho avuto davvero fiducia in me stessa. 
Troppa modestia ci impedirebbe di scrivere; dev’esserci, quindi, il momento meraviglioso 
in cui un pensiero si affaccia alla mente, con tanta chiarezza che ci pare quasi di vederlo 
scritto. Ci precipitiamo a cercare una matita e ci immergiamo nel lavoro, sorretti da una 
strana esaltazione
11
.
 
 
E, sempre a proposito della proverbiale modestia sulle sue qualità di 
scrittrice, confermata anche dalle sue interviste, e reiteratamente evidenziata 
da diversi critici e scrittori, potrei giungere alla conclusione che, non solo 
nella finzione letteraria, ma anche nella realtà della vita quotidiana, Agatha 
Christie abbia voluto adoperare una delle sue tecniche devianti preferite : 
the red herring. Distoglie, cioè la nostra attenzione dall’ evidente, ovvio 
dono di cui è dotata, come vedremo in seguito, conducendoci su una pista 
falsa, e convincendoci addirittura della bontà e veridicità della sua 
affermazione. 
                                                          
11
 Ivi, p. 206 
 14
L’indizio probante, che dissolve una volte per tutte il dilemma, ce lo 
fornisce la Christie stessa: 
 
Mi chiedo da dove nascano questi impulsi interiori a creare e a volte penso che siano i 
momenti in cui ci si sente più vicini a Dio, perchè ci è stato concesso di provare la gioia 
della creazione. Siamo riusciti a fare qualcosa di diverso da noi, in una specie di unione 
ideale con l’Onnipotente, perché, arrivati alla fine, al nostro settimo giorno, possiamo 
anche noi dire che quello che abbiamo fatto è buono
12
.
 
L’avvento della prima guerra mondiale coincise con tre avvenimenti 
decisivi nella vita di Agatha Christie: il primo matrimonio con un giovane 
ufficiale di artiglieria, Archibald Christie, da cui la Christie avrà la sua 
unica figlia, Rosalind. La scrittrice divorzierà da lui nell’aprile del 1928, 
conservandone il cognome per i suoi lettori.  
In secondo luogo il suo lavoro di infermiera presso l’ospedale di Torquay, 
dove lavorò due anni in chirurgia e due anni in medicina. Infine, la genesi 
del suo primo giallo, Poirot a Styles Court, lievitato tra le pareti del 
dispensario, dalle cui vetrine occhieggiavano allusivi i flaconcini di 
medicinali e veleni. Delle proprietà di tali pozioni e dei relativi effetti, 
salutari, se ingeriti nelle giuste proporzioni, letali se, “per caso”, si 
sbagliavano le dosi, l’infermiera Christie era perfettamente a conoscenza . 
                                                          
12
 Ivi, p. 513. 
 15
La vittima inaugurante è una donna ricca, Emily Inglethorp, “una bella 
signora con i capelli bianchi e l’aria autoritaria”
13
,
13
 che ha commesso 
l’errore di sposare un uomo molto più giovane di lei. A stroncare la sua 
esistenza sarà naturalmente un veleno, del bromuro aggiunto ad una 
soluzione contenente stricnina. 
Oltre al veleno compare per la prima volta il “detective” Hercule Poirot, le 
cui prodezze si estendono in un lungo arco temporale circoscritto in 
trentatré romanzi e in una serie di racconti, più o meno brevi. 
 
La creazione di questo personaggio causò ad Agatha Christie non pochi 
problemi. Ella ammetteva di sentirsi molto legata alla tradizione 
holmesiana. Sherlock Holmes, insieme al dr. Watson, fedele compagno di 
avventure, famosissime figure nate dalla penna di Conan Doyle, 
costituivano per la scrittrice in erba, appassionata lettrice delle loro 
avventure, dei modelli di investigazione estremamente affascinanti e validi. 
Agatha Christie non avrebbe però potuto commettere errore più grave nel 
voler instillare nel “suo” investigatore una pedissequa imitazione delle 
caratteristiche, tecniche investigative ed aspetto fisico scherlockiani. 
                                                          
13
 Cfr. Agatha Christie, Poirot a Styles Court, Milano, Mondadori, 1974, p. 8 
 16
Scartato Sherlock,  
c’era Arsenio Lupin, ma non era forse un criminale? Comunque non era il mio genere. 
C’era il giovane giornalista Rouletabille, eroe del Mistero della camera gialla: ecco, mi 
sarebbe piaciuto creare qualcosa del genere, un personaggio nuovo, a cui nessuno aveva 
ancora pensato. E chi, dunque?
14 
 
Dopo lunghe elucubrazioni mentali, l’illuminazione:  
 
Poi mi vennero in mente i rifugiati belgi, quelli che vivevano nella parrocchia di Tor [...]. 
E perché non un investigatore belga? Dopo tutto gli espatriati erano persone di vario 
genere, tra cui avrebbe potuto benissimo esserci un ufficiale di polizia, un ufficiale in 
pensione, non troppo giovane. E qui feci un grosso errore perché, stando ai calcoli, il mio 
investigatore dovrebbe essere ormai più che centenario
15 
 
Stabilite nazionalità ed età, nella fervida immaginazione della Christie 
iniziò a profilarsi la configurazione mentale della sua creatura:  
                                                          
14
 Cfr. Agatha Christie, La mia vita, op. cit,. p. 263 
15
 Ibidem