definitivamente ogni legame col passato e auspicano un rinnovamento
radicale, non solo in ambito artistico. I Futuristi col loro inneggiare
alla guerra, i Crepuscolari col vagheggiamento delle “buone cose di
pessimo gusto”
1
sono solo alcune delle tante voci che testimoniano
nell’artista il desiderio di uscire da una solitudine, che invece pare
non avere sbocchi; essa avvolge inevitabilmente l’uomo moderno,
portando spesso ad un’alienazione del suo stesso modo di essere, ad
un’oggettiva difficoltá nell’uscire da una situazione di isolamento o
ad essere compresi dagli altri.
Il merito di scrittori come Kafka e Pirandello é dunque quello di aver
fornito nella loro opera un’ampia panoramica di tale stato d’animo,
che é proprio non solo di quest’epoca, ma che puó fornire spunto di
riflessione al lettore di ogni tempo. L’angoscia esistenziale che
traspare dalla loro opera é stata da loro sicuramente vissuta in modo
molto intenso; in seguito all’analisi delle cause che l’hanno
determinata, sono emersi temi che da sempre asffscinano la coscienza
dell’uomo, quali la difficoltà di comunicare agli altri il nostro modo di
essere, o di non venire da essi condizionati al punto di annullare la
nostra personalitá.
1
G. Gozzano, L’amica di Nonna Speranza, in : S. Guglielmino, Guida al Novecento, pg. 155/II,
verso 12.
Nel primo capitolo della nostra ricerca si é cercato di analizzare,
tramite la lettura di alcuni romanzi, come i due scrittori abbiano
espresso tale stato d’animo, di quali termini si siano avvalsi nel
delineare le figure dei protagonisti e nel confrontarli con le idee di chi
vive accanto a loro.
Non emergono degli eroi, ma degli uomini semplici, che si
mantengono lavorando e che hanno una vita affettiva piú o meno
soddisfacente. É proprio dal loro rapportarsi con gli altri che deriva
un senso di inquietudine, conseguente alla scoperta che ognuno tende
a farsi dell’altro un’immagine il piú possibile rispondente ai propri
desideri su quella persona. Nel momento in cui si cerca di eliminare la
maschera, mostrando le nostre vere attitudini, si rischia di venire
fraintesi o considerati dei folli. Ció accade ad esempio a Vitangelo
Moscarda, protagonista del romanzo “Uno, nessuno, centomila”, il
quale viene considerato un pazzo quando cerca di smentire la sua
fama di usuraio donando una casa ad un giovane del quartiere, o
quando decide di liquidare la banca del padre.
La vita dei personaggi pirandelliani, dunque, non ha alcuna
caratteristica particolare; sono avvenimenti a volte banali a
sconvolgere la loro esistenza (la moglie fa notare che il naso pende da
un lato, la suocera é troppo invadente, l’amico piú caro va a letto con
la propria moglie), innescando un processo interiore di riflessioni, che
porta l’uomo ad una maggiore consapevolezza di sé, ma lo rende al
tempo stesso piú incompreso e piú solo.
L’individuo pirandelliano vive un drammatico sdoppiamento di
personalitá, destinato a sfociare nell’estraniamento dalla societá. Non
a caso molti personaggi pirandelliani termineranno la loro esistenza in
solitudine: per non venire a patti con ció che gli altri si aspettano da
loro, trascurando il loro vero modo di essere. È questa la ragione per
cui Mattia Pascal decide, una volta tornato al suo paese, di non far
valere i suoi diritti di marito e padre nei confronti della moglie, che si
é risposata, e termina i suoi giorni aggirandosi come un fantasma tra
la biblioteca dove lavorava, e il cimitero, dove si trova la sua presunta
tomba.
Lo stesso Vitangelo Moscarda va a vivere per sempre nell’ospizio da
lui stesso fondato, unico luogo dove si sente veramente se stesso, a
contatto con la natura e lontano dall’immagine che gli altri hanno di
lui:
Muojo ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza
ricordi: vivo e intero, non piœ in me, ma in ogni
cosa fuori.
2
Se l’angoscia dell’uomo pirandelliano nasce dalla sua
contrapposizione al mondo esterno, nell’individuo kafkiano essa
appare come una caratteristica congenita, innata, una sorta di
condanna alla perenne esclusione dalla vita. L’uomo kafkiano é il
primo a sentirsi in condizione di inferioritá rispetto agli altri, il mondo
gli appare come una sorta di grande mistero, che condanna l’uomo
all’eterna solitudine:
Immerso nella vita, l uomo Ø immerso nel mistero.
Ogni suo passo Ø un errore. Sempre e dappertutto
v Ø un tribunale che giudica.
3
Ció che colpisce il lettore kafkiano é la precisione con cui lo scrittore
descrive situazioni assurde o paradossali, che tuttavia coinvolgono
l’individuo a tal punto da diventare quasi la sua unica ragione di vita.
Nell’opera di Kafka l’incredibile assume tal consistenza da sembrare
2
L. Pir., Uno, nessuno, centomila, pg. 225.
3
S. Benco, Franz Kafka,in : “Il Convegno”/ 1928, pg. 381.
piú vero della stessa realtá; molto spesso esso diventa per l’uomo una
minaccia, un attentato alla serenitá e all’equilibrio interiore.
Perché Joseph K. viene arrestato? Perché K. é stato chiamato a
lavorare al Castello, se in realtá non c’é alcun bisogno della sua
opera? Non esiste risposta plausibile. Nel mondo kafkiano si viene
posti di fronte all’eterno conflitto tra l’uomo e il destino; una lotta
impari per l’uomo, che non potrá mai essere in grado di comprendere
l’assoluto con misure umane:
Nel mondo di Kafka i personaggi non accettano mai
il mondo in cui l uomo vive, ma in esso vedono
agire una forza inaccessibile e misteriosa, cui
l uomo non pu sottrarsi, perchØ Ø la forza
stessa di un irrevocabile destino.
4
Sarebbe riduttivo dunque considerare Kafka solo come scrittore
dell’assurdo: le situazioni che egli presenta non sono altro che
espedienti per evidenziare la crisi esistenziale dell’essere umano,
l’angoscia nel non riuscire a trovare un proprio posto nel mondo, la
difficoltá di raggiungere un equilibrio interiore.
4
P. Rossi, Franz Kafka poeta della sconfitta in: “Il Pensiero Critico”/ 1953, pg. 40.
Il secondo capitolo ha avuto come oggetto di indagine alcuni racconti
dei due scrittori. Essi costituiscono un necessario complemento alle
tematiche espresse nei romanzi e, nel caso di Pirandello, molte sue
novelle daranno spunto alla sua attivitá di drammaturgo (La Patente,
L’imbecille, Tragedia di un personaggio).
I racconti kafkiani forniscono un’incisiva espressione dell’angoscia
esistenziale che attanaglió lo scrittore stesso durante tutta la vita:
un’incapacitá di vivere dentro e fuori casa, la sensazione di essere
sempre un parassita e dunque di meritarsi la solitudine e l’abbandono
da parte degli altri, un senso di estraneitá nei rapporti col prossimo
che gli impediva di essere veramente se stesso. In un certo senso egli
sembrava appartenere ad un altro mondo, esattamente opposto a
quello reale:
Anche lui, come tutte le cose, era irreale:
soltanto una silhouette ritagliata nella carta
velina gialla, che frusciava sottilmente ad ogni
gesto e ad ogni passo; soltanto un ombra che non
faceva rumore, che nessuno vedeva, che saltellava
lungo le case, scomparendo talvolta nei cristalli
delle vetrine, e non si poteva esporre allla luce,
perchØ si sarebbe dissolta al primo raggio del
cielo.
5
Indubbiamente questo senso di inferioritá gli derivava in grande
misura dalla difficoltá nei rapporti col padre, che con la sua severa
educazione aveva allontanato ogni traccia di umanitá nei rapporti col
figlio. L’angoscia conseguente e il senso di inadeguatezza di
quest’ultimo trovano inevitabilmente espressione tramite la scrittura,
che pare un estremo e disperato tentativo di Kafka di riaffermare il
suo diritto alla vita.
Georg Bendemann, il protagonista di “Das Urteil”, dopo aver tentato
ogni possibile stratagemma per far accettare al padre il suo
matrimonio, finirá annegato in un fiume gridando: “Liebe Eltern, ich
habe euch doch immer geliebt”.
6
Gregor Samsa, protagonista di “Die Verwandlung”, al risveglio nel
suo letto si ritrova tramutato in un enorme insetto e ció non lo
stupisce per nulla, lo considera un fatto naturale. Dopo un periodo
trascorso in tale nuova situazione, morirá tramortito dal padre a colpi
di mele. Dopo la sua morte la famiglia partirá per le vacanze.
5
P. Citati, Kafka, pg. 18.
6
F. Kafka, Sämtliche Erzählungen, pg. 32. “Cari genitori, eppure vi ho sempre amato!”: F.
Kafka, Racconti, pg. 76.
Al di lá della trasposizione dell’ambiente familiare di Kafka stesso,
che doveva rappresentare per lui una vera e propria tortura, é
racchiuso in molti racconti il paradigma della tragedia dell’uomo
contemporaneo, che ha perso fiducia in se stesso e vive sentendosi
sempre come una sorta di esule.
Non a caso molti racconti kafkiani sono ricchi di figure di animali (lo
scarafaggio in cui si tramuta G. Samsa, la scimmia di “Ein Bericht für
Akademie”); é un espediente dello scrittore per esprimere la
confusione dell’uomo immerso in una realtá che inevitabilmente lo
coinvolge, ma che spesso delude le sue aspirazioni.
La contraddittorietá dell’esistenza contemporanea viene ribadita con
forza anche nei racconti pirandelliani, tramite la rappresentazione di
piccoli casi della vita quotidiana e di una galleria di personaggi
piccolo - borghesi alle prese con essi.
Sarebbe riduttivo considerare le novelle solo come espressione
dell’insoddisfazione esistenziale di un determinato ceto sociale
(quello appunto di impiegati o piccolo - borghesi). C’é in esse
qualcosa di piú: spesso i protagonisti vivono in conflitto non solo con
ció che gli altri pensano di loro, ma col loro stesso modo di essere,
scoprendo in sé atteggiamenti del tutto inaspettati, anche se forse da
sempre latenti (Cinci, protagonista dell’omonima novella, arriva ad
uccidere un altro ragazzo per difendere il suo cane). In tal senso
dunque le sensazioni che qui vengono espresse sono emblematiche di
stati d’animo propri ad ognuno di noi: dalla scoperta dei diversi strati
della coscienza di ognuno, che possono affiorare in momenti
inaspettati e rendere consapevoli della superficialitá della vita
quotidiana, deriva l’alienazione dell’individuo, che si sente sempre
più insicuro e acuisce in tal modo la sua angoscia. Puó essere utile a
tale proposito leggere un brano di R. Barilli sul fenomeno della
coscienza:
La coscienza Ø stratificata; ci sono degli strati
di superficie, corrispondenti ai nostri abiti
quotidiani; e ci sono degli strati profondi,
inattuali, che possono essere evocati solo per
intervento di stimoli esterni e contingenti. Il
fatto tragico del mondo pirandelliano, da cui
discende per gran parte l incomunicabilitÆ, la
solitudine dei personaggi che vi si muovono, Ø che
gli eventi accidentali capaci di far entrare in
risonanza gli strati psichici inattuali sono
diversi di caso in caso. Due persone possono
essere passate attraverso le stesse esperienze, ma
gli abiti e le memorie contratti in quelle
occasioni riemergeranno in tempi diversi, con
netta sfasatura tra l uno e l altro recupero.
7
Pare molto interessante l’analisi proposta da Barilli, secondo cui le
novelle rappresenterebbero vari momenti della Weltanschauung
pirandelliana, espressa in vari stadi, dal comico al tragico. Dalla
constatazione di ció che é anomalo nasce l’elemento comico,
destinato peró ad evolvere in qualcosa di più, nella consapevolezza
che non esiste più un sistema fisso di valori e che quindi tutto é
possibile. Dal rifiuto di ogni idea preconcetta nasce in Pirandello una
volontá di adesione totale alla realtá, sia essa positiva o negativa, a tal
punto da poter essere considerato uno dei più grandi interpreti della
crisi metafisica dell’uomo contemporaneo:
L impossibilitÆ di aderire alle forme, ai valori
costituiti si traduce in un totale abbandono alla
vita, e infine nel recupero della comprensione e
della compassione verso tutti gli aspetti e le
forme che pu assumere di volta in volta la
condizione umana. In questo senso l uomo solo
pirandelliano Ø assai vicino all Ulisse joyciano,
7
R. Barilli, La barriera del Naturalismo,: Introd. a “La Rallegrata”, pg. LII.
all Uomo senza qualitÆ di Musil, ai personaggi di
Kafka.
8
Sono state da noi prese in esame le novelle in cui, oltre all’elemento
comico, subentra il dato della coscienza, a rendere piú evidente il
distacco tra realtá e apparenza, tra Vita e Forma; riteniamo tali
novelle piú inerenti al nostro discorso, in quanto é proprio il
“sentimento del contrario”a far sorgere nell’uomo il senso di
alienazione e solitudine oggetto delle nostre riflessioni.
Nel terzo capitolo si é delineato il clima socio - culturale di un’epoca,
il Novecento, che si presenta sí come un momento di crisi, ma ricco di
stimoli culturali, che avranno tanto fecondi effetti sull’arte stessa. La
nascita delle prime organizzazioni operaie, che si contrappongono ad
una classe borghese dalla mentalitá ormai arretrata e convinta di
essere l’unica depositaria dell’egemonia del paese, il sorgere delle
riviste, punto d’incontro di giovani intellettuali desiderosi di
esprimere le loro idee, un malcontento generale che sfocerá nella
Prima Guerra Mondiale, la scoperta della psicoanalisi da parte di
Freud sono tutti elementi che contribuiscono a definire il clima
dell’epoca, il distacco che si crea tra l’essere umano e la societá.
8
Introd. a “La Rallegrata”, pg. XXIX.
L’uomo decadente appare completamente avulso dal mondo che lo
circonda, non si sente compreso dalla societá e finisce egli stesso per
considerarsi un reietto, un incapace che non merita di vivere. In un
momento di tanto rapide trasformazioni nel mondo esterno, l’essere
umano subisce una vera e propria crisi d’identitá. L’arte decadente
consta non a caso anche di epistolari e di materiale autobiografico in
genere: l’artista esprime tutto il suo disagio e la sensazione di
inadeguatezza, la solitudine e lo sconforto. L’arte diventa in questo
contesto un rifugio, un modo per evadere, ma anche una condanna
alla solitudine da parte di chi non si sente in grado di condividere la
sensibilitá dell’artista. L’uomo decadente appare dunque come
sospeso tra due mondi diversi, senza riuscire a far parte
concretamente di nessuno dei due.
Sia Kafka che Pirandello hanno vissuto in prima persona tale senso di
abbandono e di solitudine: Kafka stesso era sempre incerto sul suo
talento di scrittore e desiderava che tutti i suoi scritti venissero
distrutti dopo la sua morte.
L’opera di entrambi gli scrittori é permeata non solo delle sensazioni
proprie di ogni artista dell’epoca; essa appare inevitabilmente
influenzata dalla loro dolorosa esperienza di vita, che per l’uno segna
una colpa perenne e l’inevitabile condanna all’impossibilitá di
condurre una vita serena, per l’altro costituisce la scoperta che la
realtá si presenta ad ognuno in forme diverse, ciascuna delle quali ha
la pretesa di essere piú vera delle altre.
L’autorevolezza del padre di Kafka è in parte alla base degli
atteggiamenti di alcuni protagonisti delle sue opere, letteralmente
ossessionati dal desiderio di trovare un equilibrio interiore e sempre
in lotta contro le difficoltá del mondo esterno.
Pirandello stesso, sentendosi incolpato dalla moglie di azioni
inesistenti prodotte dalla mente malata di lei, é indotto a riflettere
sull’impossibilitá di racchiudere in forme fisse l’immagine che
ognuno ha dell’altro.
Come l’uomo decadente si sente irreparabilmente separato dal mondo
esterno, allo stesso modo Arte e Vita in questo periodo appaiono in
costante dialettica, due elementi molto diversi, ma che in fondo si
completano a vicenda. Nonostante sia impossibile per l’Arte ridurre in
forme fisse la Vita, essa trae alimento proprio dall’incapacitá di
vivere; in questo insanabile contrasto é racchiuso il fascino
inesplicabile di tale arte.
CAPITOLO PRIMO
JOSEPH K. E K.; MATTIA PASCAL E VITANGELO
MOSCARDA: L’ALIENAZIONE DELL’INDIVIDUO NELLA
SOCIETA’ MODERNA
1.1 Der Prozeß: l’uomo e la colpa
L’esordio del romanzo ci introduce immediatamente nel tema:
Jemand mu te Joseph K. verleumdet haben, denn
ohne da er etwas B ses getan h tte, wurde er
eines Morgens verhaftet .
9
Perchè Joseph K. viene arrestato? non si capisce con chiarezza. Le
due guardie inviate a prelevarlo sono espressione di un’ autorità che
viene attirata dalla colpa presente in ognuno. K. qui commette il suo
primo passo falso: ammette di non conoscere la Legge di cui si parla.
Ciò provoca la reazione immediata di una delle due guardie :
9
F. Kafka, Der Prozeß, pg. 7.
“Qualcuno doveva aver diffamato Joseph K. , perché, senza che avesse fatto nulla di male, una
mattina venne arrestato”: F. Kafka, Il Processo, pg. 17.