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1 INTRODUZIONE AL MOTORE AERONAUTICO 
La propulsione a reazione è una applicazione pratica del “terzo principio della dinamica”, il 
quale stabilisce che “ad ogni azione agente su un corpo, corrisponde una reazione uguale e 
contraria”. Il motore a reazione accelera un notevole flusso di aria che viene espulso ad 
altissima velocità; la reazione risultante o spinta , esercitata sul motore, è proporzionale alla 
portata in massa di aria che lo attraversa ed alla differenza di velocità esistente tra lo scarico 
del motore ed il suo ingresso. Lo stesso valore di spinta può quindi essere ottenuto sia 
imprimendo piccole accelerazioni a grandi masse di aria (come nel caso del motore ad elica), 
che imprimendo grandi accelerazioni a piccole masse di aria (come nel caso del motore a 
getto semplice).  
 
Figura 1.1 Schema rappresentativo del terzo principio della dinamica nel funzionamento di un motore a reazione 
Nel motore (a getto o ad elica) si imprime ad una portata di aria una variazione di energia 
cinetica; tale variazione si ottiene attraverso una compressione iniziale del fluido, a cui viene 
poi somministrata energia termica ottenuta dalla combustione, che viene poi riconvertita in 
energia cinetica attraverso un’espansione. Il ciclo di funzionamento del turboreattore è
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continuo, disponendo tale motore di singoli gruppi (compressore, camera di combustione, 
turbina), ciascuno dei quali compie una sola fase; il ciclo è composto da: aspirazione, 
compressione, combustione espansiva e scarico. Durante la compressione viene fornita 
energia all’aria, con conseguente aumento di pressione e temperatura, e diminuzione del 
suo volume. Nella fase di combustione si ha un aumento della temperatura e volume 
dell’aria, mentre la pressione rimane pressoché costante. Infine, nella fase di espansione, 
quando la turbina assorbe l’energia dei gas di scarico per l’azionamento del compressore, si 
verifica una diminuzione della pressione e della temperatura del fluido di lavoro, mentre il 
volume aumenta. L’energia sottratta ai gas in quest’ultima fase sarà quella necessaria al 
compressore per continuare il suo ciclo di lavoro.  
Durante la fase di compressione si ha una cessione di energia del compressore all’aria 
(energia passiva, ceduta dal motore al fluido) ma durante l’ espansione si ha una restituzione 
di energia superiore a quella ceduta precedentemente (energia attiva, ceduta dal fluido al 
motore). La differenza tra le due energie rappresenta la quantità effettiva di energia 
ottenuta all’albero ed è rappresentata dall’area del ciclo in figura. 
 
Figura 1.2 Schema rappresentativo del ciclo Brayton
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Il rapporto tra energia ottenuta (potenza del getto  
 
) e l’equivalente di energia bruciata 
nella combustione (potenza disponibile  
  
), rappresenta il rendimento del ciclo termico.
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Figura 1.3 Andamento di temperatura, pressione e velocità dei gas attraverso un motore a reazione 
                                                      
1
 Il rendimento termodinamico del ciclo è espresso tramite la seguente relazione:   
  
 
 
 
 
  
 .
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Le variazioni di velocità e pressione all’interno del flusso vengono ottenute mediante un 
appropriato disegno dei condotti di passaggio; infatti un condotto divergente provocherà 
una trasformazione di energia cinetica in incremento di pressione, mentre un condotto 
convergente avrà la funzione di trasformare l’energia contenuta nei gas in energia cinetica 
(aumento di velocità). Quanto detto è valido per velocità dell’aria uguali o inferiori a quella 
sonica
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. Occorre precisare che, a parità di lavoro fornito (cioè per un determinato aumento 
di temperatura dell’aria), l’aumento di pressione dipenderà dalla efficienza del compressore; 
analogamente, l’energia assorbita (per una determinata diminuzione di temperatura) 
dipenderà dall’efficienza della turbina nell’utilizzazione dei gas di scarico.  
Pur obbedendo ad un unico principio di funzionamento generale, esistono diversificazioni 
notevoli nel progetto di turboreattori. Una prima suddivisione viene fatta in base al numero 
di gruppi rotanti di un singolo motore; al più semplice turboreattore monoalbero infatti sono 
seguiti modelli bialbero o trialbero. Nel motore a più alberi, rispetto al monoalbero, ciascun 
gruppo rotante può ruotare al regime più conveniente per ogni particolare condizione. Nel 
bialbero si ha un gruppo turbina posteriore che trascina un compressore, detto di bassa 
pressione, ed una turbina più interna che trascina un compressore, detto di alta pressione. 
Ogni gruppo rotorico funziona indipendentemente dall’altro , in quanto tra i due non esiste 
un collegamento meccanicamente rigido. La turbina di bassa pressione è collegata al 
compressore di bassa pressione attraverso un albero che corre internamente e 
coassialmente all’albero che unisce il gruppo rotante di alta pressione. 
 
                                                      
2
 Caso valido per tutti i motori commerciali di interesse nella relazione
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Figura 1.4 Schema generale di un motore a reazione bialbero 
Come visto precedentemente, la spinta generata da un motore a reazione è proporzionale 
alla portata in massa di aria che lo attraversa, ed all’aumento di velocità che il motore  
imprime a tale massa. Occorre tuttavia tener presente che al di sopra di certe velocità del 
getto si ha un peggioramento del rendimento propulsivo
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,  con conseguente riduzione del 
rendimento totale ed aumento del consumo specifico, dovuto essenzialmente a perdite di 
attrito e dissipazioni termiche, nonchè incremento del rumore generato. Per contenere 
entro limiti convenienti la velocità di uscita dei gas, senza che la spinta diminuisca, viene 
                                                      
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 Il rendimento propulsivo di un generico esoreattore è espresso tramite la seguente equazione:  
 
 
 
 
 
 
 
   
 
 
 
  
 
, dove  
 
 rappresenta la potenza propulsiva,  
 
 la potenza del getto,  
 
 la velocità di volo ed  
 
 la 
velocità del getto.
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impiegato nella maggior parte delle applicazioni commerciali il turboreattore a doppio flusso 
(turbofan), nel quale si ha, rispetto al semplice motore a getto, un incremento della massa di 
gas passante nel motore e quindi, a parità di spinta generata, una diminuzione di velocità dei 
gas di scarico. 
Si dicono turbofan tutti quei turboreattori a doppio flusso nei quali la massa d’aria 
secondaria, che non partecipa al ciclo compressione-combustione-espansione, è 
mediamente maggiore della massa di aria componente il flusso primario; in essi 
l’accelerazione del flusso secondario solitamente è ottenuta mediante ventole (fan), le quali 
hanno il solo scopo di accelerare l’aria, assorbendo dalla turbina l’energia per il moto. Su tale 
motore la riduzione della velocità dei gas di scarico viene ottenuta facendo cedere, da parte 
della turbina, una percentuale dell’energia dei gas combusti al fan, in aggiunta alla 
percentuale necessaria per la compressione dell’aria che raggiunge la camera di 
combustione; in tal modo l’energia residua dei gas disponibile nel cono di scarico, quindi la 
velocità del getto, risulta inferiore a quella di un motore a singolo flusso. Non essendo l’aria 
del flusso secondario interessata dalla combustione, ne consegue che, a parità di spinta, il 
consumo del turbofan è inferiore a quello di un motore a singolo flusso. Un dato 
caratteristico dei motori turbofan è il “rapporto di bypass”, dato dal rapporto tra la quantità 
di aria che passa nel condotto fan (flusso secondario) e quella che viene interessata dalla 
combustione (flusso primario); detto rapporto può raggiungere valori superiori a 5:1. 
Un’ulteriore vantaggio del motore turbofan è rappresentato dalla minore vulnerabilità ai 
danneggiamenti dovuti all’ingestione di corpi estranei, che vengono centrifugati verso la 
periferia dal rotore fan ed escono quindi all’esterno attraverso il flusso secondario, senza 
provocare danni all’interno del motore. 
Riassumendo quanto detto precedentemente: l’aria è risucchiata all’interno del motore dalle 
pale del fan e successivamente scissa in due flussi, flusso primario e flusso secondario; è 
importante sottolineare la presenza di un terzo flusso di aria, definito flusso interno o 
parassita, che viene utilizzato per  il raffreddamento, la pressurizzazione dei pozzi, la camera 
di bilanciamento di spinta e per i vari usi nel velivolo. Il flusso primario passa attraverso l’ 
area interna della sezione del fan e viene diretto prima nel booster (LPC), poi nel 
compressore di alta pressione (HPC) e quindi nella camera di combustione, dove viene
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miscelato con il carburante ed acceso, così da poter fornire energia alla turbina di alta 
pressione (HPT) ed alla turbina di bassa pressione (LPT). Il flusso secondario passa attraverso 
la parte esterna della sezione  fan, poi attraverso le Outlet Guide Vanes (OGV), ed infine 
viene incanalato e condotto verso l’esterno attraverso le cappotte motore, fornendo circa 
l’80% della spinta totale e prendendo parte anche al meccanismo di inversione di spinta. Una 
parte di aria spillata da differenti stadi del compressore di alta pressione del motore 
supplisce a diverse funzioni del velivolo quali il sistema anti ghiaccio delle cappotte 
all’ingresso del motore, il sistema di condizionamento e di pressurizzazione della cabina, il 
sistema anti ghiaccio delle ali e il sistema di rimozione della pioggia. L’aria spillata dallo 
scarico del fan viene utilizzata dagli scambiatori di calore del sistema di condizionamento, 
per fornire aria fredda in cabina. 
 
Figura 1.5 Suddivisione del flusso all’interno di un motore Turbofan 
Nel presente lavoro verranno analizzate, in termini di entità dell’usura e dunque di necessità 
di riparazione, le parti principali di due diversi motori turbofan: il CFM56 ed il CF6-80.