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        Si Ł pertanto proceduto ad individuare alcune zone della Valle d Aosta in cui il castagno 
fosse abbondante, in collaborazione con l Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali ed il 
Consorzio Apistico della Valle d Aosta, ed utilizzando un protocollo sperimentale per la 
produzione in campo di mieli uniflorali messo a punto da Ferrazzi e Porporato (1994)  
comprensivo di 8 punti importanti: scelta di idonee zone di produzione; scelta e preparazione 
degli alveari (almeno 5 per ogni postazione); esame continuo delle produzioni (controlli delle 
famiglie 40 giorni prima della data presunta per la fioritura del castagno, per ogni anno della 
sperimentazione); verifica del regolare andamento della famiglia una settimana prima della 
fioritura; trasporto degli alveari nella zona di fioritura del castagno quando questa era gi  
iniziata, in modo che le api non fossero attratte da altre piante; posa del melario sugli alveari 
da effettuare il giorno successivo all insediamento della postazione; smelatura, eseguita non 
appena il miele fosse opercolato o comunque maturo; confezionamento di sei campioni di 
miele in vasi di vetro da 500 ga a chiusura ermeticaa e conservazione degli stessi in 
frigorifero a +4  C, fino al momento della consegna . 
        Le localit  utilizzate dagli apicoltori val dostani per produrre miele di castagno sono 
quelle presenti all imbocco della valle del Lys, la valle di Champorcher, l intera bassa valle 
con il versante  all envers  e la valle centrale fi no ad Avise. 
Sono state prese in esame le produzioni di due stazioni: Lillianes, situata nella valle del Lys,  
a 655 m s.l.m.,  e Ussel, 605 m s.l.m., sita nei pressi di Chatillon.  Inoltre, ho analizzato un 
campione proveniente da alveari di mia propriet  si tuati nella localit  di Gressan, a 600 m 
s.l.m., a circa 4 km da Aosta, caratterizzata da frutteti, in prevalenza meleti, e da boschi misti. 
        I campioni di miele sono stati prelevati dai tecnici del Consorzio e consegnati ai 
laboratori dell Universit  negli anni che vanno dal  1994 al 2001, per un totale di tredici 
campioni. 
        I campioni sono stati conservati nella cella frigorifera del Di.Va.P.R.A.  Entomologia e 
Zoologia applicate all Ambiente  Carlo Vidano  dest inata al miele, per poter, una volta 
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coperto un arco di tempo tale da rendere significativo lo studio, essere sottoposti ad analisi 
melissopalinologiche e, quindi, ad una valutazione quantitativa e qualitativa dei pollini 
presenti, che costituiscono la traccia che lega la produzione delle api alla flora visitata.  
        Attraverso le analisi melissopalinologiche si Ł giunti alla definizione dello spettro 
pollinico dei mieli analizzati, ottenuti in modo da essere rappresentativi dei mieli di castagno 
della Valle d Aosta. Per approfondire ulteriormente alcuni aspetti dei mieli di castagno, in 
particolare la scarsit  di granuli pollinici rileva ta di recente a livello nazionale e 
internazionale, e analizzare le attuali produzioni valdostane ho analizzato 5 campioni di miele, 
prodotti sperimentalmente nel 2006 dal Consorzio Apistico della Valle d Aosta come 
prosecuzione ideale della sperimentazione sui mieli di castagno effettuata in precedenza.  
Questi campioni sono stati analizzati presso l Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali della 
Valle d Aosta con l ausilio del dottor Corrado Adam o, Dirigente del Servizio Sviluppo delle 
Produzioni Agroalimentari. 
        La presente tesi ha quindi consentito di ampliare le conoscenze relative ai mieli prodotti 
in Valle d Aosta e di certificare l effettiva esist enza di produzioni uniflorali tipiche quale il 
miele di castagno, molto apprezzato e ricercato, negli ultimi tempi, per le sue propriet  
organolettiche, in particolare per il gusto e l aroma, poco dolci e differenti dalla grande 
maggioranza degli altri mieli. 
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CAPITOLO 1:   IL NETTARE
        Il nettare Ł la fonte  principale dalla quale trae  origine il miele.   Esso  Ł secreto da   
organi specializzati   della pianta, detti   nettarii, situati generalmente alla base della 
corolla (nettarii florali), ma in qualche   caso posti in parti diverse (nettarii extraflorali). 
Sono delle ghiandole specializzate nella secrezione degli zuccheri e si rinvengono in 
numerose piante sia monocotiledoni che dicotiledoni, e nelle ife fungine (Beutler, 
1953). 
        Numerosi  fattori  influiscono sulla  secrezione   nettarifera: alcuni  interni, 
collegati     alla pianta (anatomia, fisionomia,  caratteri genetici); altri  esterni come  
temperarura,    umidit  relativa dell aria, vento, irragiamento solare, altitudine, 
latitudine, umidit  e  natura del  suolo (in partic olare il contenuto in minerali e 
l eventuale uso di fertilizzanti). 
        Il nettare consiste  in una   soluzione   di   acqua e zuccheri, con   piccole quantit    
di  altre sostanze come aminoacidi, minerali,vitamine, acidi organici, enzimi, olii 
essenziali.  
        Il contenuto in acqua pu  variare tra il 40 % e l 80% (Brewer et al., 1974) mentre 
il  tenore  zuccherino pu  oscillare dal 4% al 60% (Wykes, 1952; Percival, 1961), in 
funzione della specie botanica e delle condizioni  pedo-climatiche : il nettare di 
tarassaco contiene il 60% di zuccheri mentre quello di pero solo il 30%. Nella maggior 
parte dei nettari  lo zucchero predominante Ł il saccarosio, ma vi sono nettari che 
presentano quantit   pressochŁ uguali di saccarosio, glucosio e fruttosio. 
        Nell attivit   di   raccolta  l ape  per  e ffettuare un   carico di  circa 40 mg., che 
rappresenta appena  una   goccia,   visita da pochi a   moltissimi   fiori, restando   fedele 
a  una sola specie botanica. Quando ne ha possibilit , sceglie fra nettari a elevata 
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concentrazione   zuccherina  e preferisce  quelli che  contengono, insieme  al 
saccarosio, i   due   monosaccaridi   glucosio  e fruttosio.  La percentuale di zuccheri 
presente nel nettare Ł influenzata  dall umidit  de ll aria, dalla temperatura e dal vento, 
che pu  rendere piø concentrato il nettare. 
        Tutti questi fattori sono importanti in  quanto influiscono poi  sulla scelta da parte  
dell ape  delle  piante su cui andare a bottinare 
  
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CAPITOLO 2:  IL POLLINE
        Il polline Ł accanto al miele la base dell alimentazione dell ape, apportando soprattutto 
sostanze azotate (proteine), grassi, sali minerali. La sua importanza per l apicoltura Ł 
fondamentale in quanto, oltre ad essere utilizzato direttamente dall ape per la nutrizione delle 
larve, Ł alla base delle secrezione della   gelatina reale . 
        Il polline Ł anche importante per l impollinazione , per l alimentazione dell uomo e per 
la caratterizzazione del miele. 
        Il polline Ł l elemento germinale maschile delle piante superiori e viene prodotto dalle 
antere che inizialmente contengono un tessuto indifferenziato dal quale si differenziano 
particolari cellule (madri) che danno origine ciascuna ad altre quattro cellule (tetradi). Le 
tetradi possono, a seconda della specie, rimanere unite o scindersi, si hanno cos  4 granuli 
pollinici diversi e semplici.  Queste cellule singole ancora indifferenziate prendono il nome di 
microspore. Con la maturazione le cellule vengono rivestite di una robusta parete (con due 
strati: endina ed esina). Si hanno inoltre modificazioni interne: la divisione del nucleo, che da 
luogo a 3 nuclei germinativi e uno generativo. 
        Le antere durante questi processi di maturazione sono chiuse e al momento della 
maturazione si aprono e i granuli pollinici sono liberi di uscire all esterno. 
2.1  Struttura e composizione del granulo pollinico
        Nelle angiosperme il granulo pollinico Ł un unit  cellulare costituita da uno strato di 
rivestimento e dal citoplasma da cui trae origine il tubulo pollinico durante il processo di 
fecondazione dell ovulo.
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         Come in ogni elemento cellulare il citoplasma contiene il nucleo, un reticolo 
endoplasmatico deputato alla sintesi proteica, l apparato del Golgi in grado di operare la 
sintesi dei carboidrati, mitocondri e plasmidi destinati alle varie funzioni metaboliche della 
cellula, depositi di proteine, amido e grassi necessari ad alimentare il tubulo pollinico durante 
il suo sviluppo. Il nucleo Ł avvolto dalla membrana nucleare, nella quale sono presenti 
numerose aperture che mettono in comunicazione la parte interna costituita da cromatina e 
nucleoli con il reticolo endoplasmatico. 
        Il rivestimento del polline maturo Ł caratterizzato da una struttura di complessa 
costituzione e mostra una elevata variabilit  morfo logica dovuta alla presenza di rilievi 
spinosi, depressioni e altre informazioni caratteristiche delle varie specie, utilizzabili negli 
studi tassonomici.   
        La composizione chimica del polline Ł data da un alta percentuale di proteine (dal 7 a 
oltre il 26%, a seconda della specie vegetale da cui deriva), grassi (da un minimo dell 1% ad 
un massimo  del 14,5%),  da steroidi, dalle sostanze minerali (1-7%), da zuccheri (24-48%) e 
da acqua (7-16%). 
        L ampia variabilit  riscontrata nei diversi  componenti del granulo pollinicoŁ legata al 
livello evolutivo delle diverse specie. Il tenore piø basso in grassi (0,9%) Ł presente nei 
granuli di Tarassacum officinalis, mentre il piø elevato (14,50%) Ł contenuto in quelli delle 
piante del genere Brassica.
        Il granulo pollinico contiene anche numerosi enzimi indispensabili per lo svolgimento 
dell attivit  metabolica durante il processo germin ativo (ossiduratasi, transferasi, idrolasi, 
lipasi, enzimi proteolitici come la pepsina, tripsina, fosfatasi acida, invertasi, liasi, isomerasi e 
ligasi) e cofattori legati a gruppi vitaminici (Vivino et Palmer, 1944). 
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2.2  Morfologia 
     
        Il citoplasma Ł avvolto da una sottile membrana di derivazione citoplasmatica 
rappresentata dal plasmalemma e dalla intina, di natura simile a una parete cellulare. L intina, 
di spessore uniforme, Ł costituita da numerosi poliuronidi o da una miscela poliuronidi e 
polisaccaridi e, nella parete piø interna, anche da cellulosa. In questo strato sono presenti 
composti proteici con funzione enzimatica e di riconoscimento durante i processi di 
fecondazione. L intina facilmente deteriorabile, Ł principalmente deputata alla formazione del 
budello pollinico. 
       L intina Ł a sua volta rivestita dall esina, lo strato piø esterno del granulo pollinico 
prevalentemente costituito da sporopollenina, un composto analogo alla cutina e alla suberina, 
presente anche nelle pareti delle spore fungine. Le caratteristiche chimiche di questo 
riferimento conferiscono al granulo pollinico una elevata resistenza alle alte temperature (fino 
a 300  C) e agli ambienti acidi o basici, permetten do a molti pollini di mantenersi integri ed 
essere riconoscibili anche dopo diverse migliaia di anni dalla loro formazione. 
        L esina e l intina costituiscono nell insie me lo strato denominato sporoderma. Nella 
porzione esinica sono individuabili due strati: uno a contatto con l intina denominato 
endoesina, l altro piø esterno e chiamato ectoesina, caratterizzato da un aspetto variamente 
corrugato e di architettura regolare. 
        Il granulo pollinico, nel caso non raggiunga la sua destinazione, si devitalizza 
rapidamente a causa della degradazione del suo interno citoplasmatico dei composti 
dell intina, lasciando inalterato solo lo strato esinico. 
        I rilievi della ectesina, denominati sculture, sono determinati dalla diversa presenza di 
caratteristici elementi strutturali costituita dalla columella e dal tectum. La columella Ł una 
struttura di forma colonnare (bastoncello) che funge da elemento di sostegno del tectum.