2 
e l’art 24/1 (tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti o interessi 
legittimi) in relazione all’art.113 (contro gli atti della P.A. è sempre ammessa la 
tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi davanti agli organi di 
giurisdizione ordinaria o amministrativa, tutela che non può essere esclusa o 
limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti; la 
legge determina anche quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti 
della Pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge). Da 
esso discende il principio di tipicità che a sua volta fonda l’esecutorietà del 
provvedimento amministrativo. 
Il principio di imparzialità che secondo la dottrina più evoluta va inteso come 
esigenza di considerare e contemperare tutti gli interessi al fine di armonizzare 
l’interesse pubblico con le altre posizioni soggettive tutelate dall’ordinamento
2
 è 
stato arricchito di contenuti particolari dalla legge 241/90 sul procedimento 
amministrativo e viene in questione in questo contesto soprattutto come divieto di 
favoritismi. 
Il principio di buona amministrazione (o buon andamento), anch’esso 
specificato dalla legge 241/90, si collega a finalità di efficacia, economicità, 
efficienza, speditezza, contemperamento degli interessi. 
Il principio di legalità individua limiti negativi all’attività di diritto privato della 
Pubblica Amministrazione
3
; limiti positivi derivano dalla necessità di perseguire 
interessi pubblici definiti dalla legge ma legati anche alla discrezionalità della 
Pubblica Amministrazione, che tra diversi comportamenti leciti può scegliere il 
più adatto al perseguimento di tali interessi: può cioè adattare la propria attività 
alla realizzazione dell’interesse pubblico di cui è attributaria. 
                                                                                                                                                                
1
 M.S. Giannini, “Diritto amministrativo”, vol. II, Milano, 1993, p.351 ss. 
2
 R. Marrama, “L’attività consensuale della P.A.”, in “Diritto amministrativo” (AA.VV.), Bologna, 
1998, p.405. 
3
 M.S. Giannini, “Diritto amministrativo”, vol. I, Milano, 1993, p. 89. 
 3 
Si può dunque sostenere, come ritiene la maggior parte della dottrina, che 
obbiettivi di pubblico interesse possano essere perseguiti, oltre che con atti 
amministrativi, anche con atti giuridici disciplinati dal codice civile: la Pubblica 
Amministrazione potrebbe infatti, in esercizio del proprio potere discrezionale, 
sostituire il procedimento amministrativo e il provvedimento conclusivo con 
negozi di diritto privato ogniqualvolta ne ravvisi l’utilità
4
. 
Questo tipo di attività è molto diffuso e presenta indubbi vantaggi collegati alla 
maggiore flessibilità degli strumenti di diritto privato rispetto a un’azione basata 
sull’impiego di atti unilaterali che sono espressione di poteri giuridici 
normativamente previsti e sottostanno a vincoli procedimentali e teleologici. 
Esistono tuttavia diverse critiche e riserve in dottrina che riguardano vari aspetti di 
questo fenomeno. In primo luogo si sottolineano gli inconvenienti della c.d. 
attività “provvedimentale concertata” (es.: accordi procedimentali previsti dalla 
L.241/90, la quale contempla anche un obbligo di risarcimento in capo alla 
Pubblica Amministrazione che non rispetti le condizioni previste; accordi 
sostitutivi, accordo di programma ex art 27 l.142/90, convenzioni di lottizzazione 
ecc.), ritenuta fonte di confusione di situazioni giuridiche soggettive non 
omogenee (diritti soggettivi e interessi legittimi). 
Più in generale, con riferimento all’attività propriamente negoziale, vengono 
ipotizzati rischi di elusione dei controlli sulla rispondenza dell’agire della 
Pubblica Amministrazione ai suoi fini istituzionali che non hanno contenuto 
patrimoniale come la realtà regolata da norme di diritto privato, e sul rispetto del 
principio di legalità, nonché rischi di compromissione della correttezza 
dell’operare della Pubblica Amministrazione con conseguente possibilità di 
                                                           
4
 R. Marrama, “L’attività consensuale della P.A”, in “Diritto Amministrativo” (AA.VV.), 
Bologna, 1998, p.1563. 
 4 
compromissione di valori costituzionalmente garantiti come il principio di 
uguaglianza
5
. 
Infatti l’atto di diritto privato non può essere condizionato nella sua validità alla 
rispondenza a pubblici interessi né questa validità può collegarsi al procedimento 
amministrativo, se non con riferimento alla disciplina dei vizi della volontà., la cui 
presenza rende il contratto annullabile. 
Peraltro da questo punto di vista non c’è assoluta unanimità: è stata infatti 
prospettata la possibilità di fondare sull’art 1418 del c.c. il principio di invalidità 
del contratto concluso da un ente pubblico in violazione dei fini ad esso imposti 
dalla legge, in quanto questa norma permetterebbe di attribuire rilevanza, anche in 
campo privatistico, al carattere di “funzione” dell’attività amministrativa
6
,dal 
momento che stabilisce la nullità per contrarietà a norme imperative. Si sostiene 
anche la possibilità di verificare in ogni caso la rispondenza dell’atto allo scopo, 
che  prescinde dai singoli motivi
7
. 
In realtà, se si vuole pervenire alla soluzione dei dubbi prospettati circa l’idoneità 
di soggetti di diritto pubblico a porre in essere attività di natura privatistica, 
bisogna considerare aspetti ulteriori e più generali discostandosi da uno studio 
incentrato sull’atto amministrativo, per evidenziare l’aspetto dinamico della 
realizzazione del pubblico interesse, che può avvenire secondo schemi e categorie 
risultanti da una commistione di pubblico e privato funzionale alla necessità di 
comporre specifici assetti di interessi e realizzare esigenze contingenti
8
. 
                                                           
5
 Johansen, “La società contrattuale e l’inefficienza della contrattazione”, in Marrama, “L’attività 
consensuale della P.A.”in “Diritto amministrativo” (AA.VV.), Bologna, 1998, p.1560. 
6
 Dugato, “Atipicità e funzionalizzazione nell’attività amministrativa per contratti”, Milano, 1996, 
p.65 ss. 
7
 Marzuoli, “Principio di legalità e attività di diritto privato della P.A.”, Milano, 1982, p.164. 
8
 F. Caringella, “I contratti della P.A.”, in Marrama, da “Diritto amministrativo”, Bologna, 1998, 
p.553. 
 5 
Così, con riferimento all’attività definita “provvedimentale concertata” si può 
constatare come il raggiungimento di intese, anche con soggetti che non sono 
favoriti dal provvedimento, si collegano a una prospettiva sociologica di 
accettazione degli atti da parte dei soggetti amministrati e a una prospettiva di 
composizione di interessi che trova una sede nel procedimento amministrativo, 
considerata anche la crescente frammentazione dell’interesse pubblico. 
Quanto alla possibilità di perseguimento di interessi pubblici con attività 
contrattuale e ai relativi controlli, affinchè venga di fatto rispettato il disposto 
dell’art 97 Cost. è necessario che la scelta del contraente sia caratterizzata da una 
fase di evidenza pubblica, che è un particolare modo di formazione e conclusione 
dell’accordo contrattuale applicabile a diversi tipi di contratti che la pubblica 
amministrazione può concludere, e che può anche assumere l’aspetto della 
“piccola evidenza”. L’evidenza pubblica consta di quattro fasi: deliberazione a 
contrattare; scelta del contraente e conclusione del contratto (aggiudicazione); 
approvazione (fatto costitutivo dell’efficacia del contratto, che ne rende possibile 
l’esecuzione). 
Segue quindi una fase ulteriore, detta di esecuzione, condizionata dal corretto 
svolgimento delle fasi precedenti e disciplinata da norme di diritto privato ma che 
contempla la presenza di speciali poteri della P.A.. 
Di conseguenza, anche l’attività contrattuale è condizionata al rispetto di norme di 
diritto pubblico, essendo caratterizzata dalla contemporanea presenza di due 
“serie” parallele
9
: la serie negoziale, in cui si svolgono i rapporti reciproci tra 
contraenti, e la serie procedimentale, in cui si svolgono rapporti di controllo 
interorganico o intersoggettivo. 
Gli atti delle due serie sono reciprocamente indipendenti quanto a validità, ma 
presentano un raccordo dal punto di vista dell’efficacia nel senso che alcuni atti 
 6 
della serie procedimentale risultano permissivi o impeditivi rispetto a quelli della 
serie negoziale, che risultano quindi regolati da norme di diritto civile per quanto 
riguarda la perfezione, la validità e l’efficacia inter partes, mentre sono 
condizionati da provvedimenti amministrativi per quanto concerne le 
modificazioni e l’estinzione del rapporto costituito (fase di esecuzione). 
In questa sede alla pubblica amministrazione sono riconosciuti poteri collegabili a 
una situazione di doverosità per il perseguimento di obiettivi di pubblico 
interesse. 
Gli atti della serie procedimentale sono invece veri e propri procedimenti 
amministrativi autonomi e che producono diversi effetti e tutelano diversi 
interessi: la deliberazione svolge un ruolo organizzatorio perché evidenzia gli 
obiettivi della P.A. e i percorsi prescelti per la loro realizzazione, produce tuttavia 
effetti giuridici nei confronti dei terzi solo in casi prefissati, mentre le procedure 
concorsuali servono a garantire il rispetto del principio di uguaglianza e 
producono effetti nei confronti dei privati che hanno partecipato alla gara. 
Nel rispetto di queste procedure i soggetti di diritto pubblico possono porre in 
essere qualunque tipo di contratto, attivo o passivo; di organizzazione (es.: 
contratti di lavoro, contratti di società) o attinente alla sfera patrimoniale 
(es.:compravendita); di somministrazione, di opera o rivolto all’utilizzazione di 
servizi ecc. 
Pertanto, mentre il rispetto del principio di legalità può considerarsi, come già 
detto, un limite “negativo” all’operare della Pubblica Amministrazione in campo 
privatistico, l’evidenza pubblica ne rappresenta un limite “positivo”e teleologico, 
perché esprime il vincolo della Pubblica Amministrazione al perseguimento del 
pubblico interesse. 
                                                                                                                                                                
9
 M.S. Giannini, “Diritto amministrativo”, Milano, 1993, vol. II, p.364. 
 7 
Lo schema dell’evidenza pubblica serve ad assicurare la trasparenza del 
comportamento della P.A., che in questo modo viene reso pubblico allo scopo di 
permettere il controllo sulla congruità di questo comportamento al pubblico 
interesse e il rispetto del principio di legalità. 
La compresenza di situazioni giuridiche differenziate rappresenta un elemento di 
notevole diversità rispetto al regime semplicemente privatistico di questi contratti, 
e questa circostanza ha portato una parte della dottrina a rifiutare il concetto di 
capacità giuridica generale di diritto privato della Pubblica Amministrazione 
(affermando l’esistenza di un principio di specialità o funzionalità
10
), dal 
momento che essa giunge alla definizione di un rapporto contrattuale con i privati 
mediante decisioni assunte con procedimenti pubblicistici e sottoposte alla 
disciplina degli atti amministrativi. 
In effetti esistono differenze indubbie tra negozi di diritto privato conclusi tra 
privati in condizione di parità e corrispondenti negozi in cui interviene un 
soggetto pubblico, che comunque andrebbero precisate anche quando si voglia 
parlare di “doppia capacità giuridica”, tenendo presente che la c.d. attività di 
diritto privato della Pubblica Amministrazione è una fattispecie normativa 
complessa e originale. 
                                                           
10
 Tra i sostenitori più recenti di questa teoria Dugato, “Atipicità e funzionalizzazione nell’attività 
amministrativa per contratti”, Milano, 1996, p 65 ss. 
 8 
CAPITOLO I 
 
LE FONTI E IL PROBLEMA DEL LORO COORDINAMENTO  
 
Nell’esaminare le fonti della disciplina degli appalti pubblici di servizi, si può 
senz’altro constatare come esse siano molteplici ed eterogenee, cioè individuabili 
non solo nel diritto amministrativo interno, ma anche nel diritto comunitario e 
internazionale, nonché nella normativa civilistica, a conferma del fatto che la 
disciplina complessiva di questo tipo di contratti risulta da una commistione di 
schemi e categorie e che non può essere compresa nella sua sostanza se non si ha 
riguardo agli aspetti dinamici e al concreto atteggiarsi del pubblico interesse. 
Va subito segnalato che questa stratificazione genera alcuni problemi di 
coordinamento, sia dal punto di vista teorico (problemi relativi alla compatibilità 
dei principi) che pratico. 
 9 
 
1. La normativa comunitaria 
 
La normativa comunitaria degli appalti consta prevalentemente di direttive, che 
non sono immediatamente applicabili, essendo atti normativi che vincolano lo 
Stato membro cui sono rivolte circa il risultato da raggiungere senza 
compromettere la sua competenza circa la forma e i mezzi di ricezione (art. 189/3 
Trattato di Maastricht del 7.02.1992, ratificato con legge 454/92 e entrato in 
vigore il primo novembre 1993), a differenza dei regolamenti, direttamente 
applicabili, e di pareri e raccomandazioni, privi di effetti vincolanti. 
Questo sistema, reso opportuno dalla necessità di concedere un adeguato margine 
di tempo per favorire il ravvicinamento graduale delle legislazioni, presenta 
inconvenienti legati alla circostanza che non sempre gli atti normativi interni sono 
idonei ad assicurare la realizzazione degli scopi della normativa europea, nonché 
al ritardo nell’emanazione degli atti medesimi. Proprio a causa di questo ultimo 
inconveniente è più volte intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione europea. 
Va comunque precisato che in alcuni casi l’applicabilità in via immediata delle 
direttive sussiste e discende dal fatto che esse impongono meri comportamenti 
negativi o si limitano a ribadire obblighi imposti dal Trattato, ovvero appaiono 
talmente dettagliate e particolareggiate da escludere ogni forma di discrezionalità 
degli Stati membri (principio dell’effetto diretto, che verrà esaminato più 
analiticamente in seguito). 
 10 
 
2. Il concetto di appalto di servizi nella direttiva 92/50, nel decreto di 
recepimento 157/95 e nel codice civile 
 
Nelle direttive comunitarie l’appalto in generale viene definito come un contratto, 
stipulato in forma scritta, tra un imprenditore o prestatore di servizi o fornitore, 
avente per oggetto un’opera pubblica, un servizio o una pubblica fornitura. Per 
quanto concerne l’appalto di servizi, la più importante direttiva comunitaria è la 
19 giugno 1992 n. 50, contenente “Norme per il coordinamento delle procedure di 
aggiudicazione degli appalti di servizi”. 
L’art. 1 di questa direttiva qualifica come appalti di servizi “i contratti a titolo 
oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di servizi e un’amministrazione 
aggiudicatrice”, esclusi i contratti di appalto di forniture ex art. 1/a della direttiva 
77/62/CEE e di lavori ex art.1/a della direttiva 71/305/CEE, nonchè altri tipi di 
contratti, che verranno presi in considerazione in seguito. 
Emerge dunque il carattere residuale
11
 di questa definizione, nel senso che 
rientrano tra gli appalti di servizi tutti i contratti non riconducibili agli appalti di 
lavori o di forniture o ad altri contratti ivi indicati. 
Anche il quarto “considerando” della stessa direttiva conferma tale residualità in 
quanto fa riferimento al fatto che gli appalti di servizi sono compresi nel Libro 
bianco sul completamento del mercato interno (contenente un programma 
d’azione e un calendario per l’apertura dei mercati pubblici) nella misura in cui ad 
essi non siano applicabili le norme sulle procedure di aggiudicazione degli appalti 
di lavori e di forniture
12
. 
                                                           
11
 G. Morbidelli, “Appalti pubblici”, in “Trattato di diritto amministrativo europeo”, 1997,p.230. 
12
 E. Picozza, “Gli appalti pubblici di servizi”, Rimini, 1995, p.49. 
 11 
La definizione assume anche carattere formale
13
. La direttiva contiene infatti una 
classificazione dei servizi che corrisponde alla classificazione comune dei prodotti 
(CPC) delle Nazioni Unite, e distribuisce l’elenco dei servizi in due allegati 
individuando per ciascuno di essi i numeri identificativi di tale classificazione. 
L’allegato I A comprende 16 categorie di servizi: 
1) manutenzione e riparazione di alcuni beni contrassegnati da categorie CPC 
(es.: veicoli, motocicli, caldaie, apparecchi elettrici per la casa ecc..); 
2) trasporto terrestre inclusi i servizi con furgoni blindati e di corriere,escluso il 
trasporto di posta; 
3) trasporto aereo di passeggeri e merci, sempre escluso il trasporto di posta; 
4) trasporto di posta per via aerea e terrestre( ma non per via ferroviaria); 
5) telecomunicazione (esclusi telefonia vocale, telex, radiotelefonia, radioavviso 
senza trasmissione di parola, trasmissione via satellite); 
6) finanziari: 
6a)assicurativi; 
6b)bancari e finanziari; 
7) informatici e affini; 
8) ricerca e sviluppo; 
9) contabilità, revisione dei conti e tenuta di libri contabili; 
10)ricerca di mercato e sondaggio dell’opinione pubblica; 
11)di consulenza gestionale e affini(esclusi arbitrato e conciliazione); 
12)attinenti all’architettura e all’ingegneria(anche integrata),all’urbanistica e alla 
paesaggistica e affini di consulenza scientifica e tecnica, di sperimentazione 
tecnica e analisi; 
13)pubblicitari; 
                                                           
13
 C. Galtieri, “La nozione di appalto di servizio”, in “Appalti pubblici di servizi” (AA.VV.), 
Milano, 1998, p.48. 
 12 
14)di pulizia degli edifici e di gestione delle proprietà immobiliari; 
15)di editoria e di stampa in base a tariffa o contratto; 
16)di eliminazione di scarichi di fogna e rifiuti, di disinfestazione e analoghi. 
In base all’art 8, che richiama le disposizioni contenute nei titoli da III a VI, tutte 
le disposizioni della direttiva risultano applicabili agli appalti aventi ad oggetto 
questi tipi di servizi. In base all’art 9 sono invece applicabili solo gli art 14) e 16), 
rispettivamente in tema di specificazioni tecniche e pubblicità, agli appalti aventi 
ad oggetto i servizi indicati nell’Allegato IB, che sono: 
1) servizi alberghieri e di ristorazione; 
2) trasporto per ferrovia; 
3) di trasporto per via d’acqua; 
4) di trasporto e sussidiari per il settore dei trasporti; 
5) legali; 
6) di collocamento e reperimento del personale; 
7) di investigazione e sicurezza eccettuati i servizi con furgoni blindati; 
8) relativi all’istruzione anche professionale; 
9) sanitari e sociali; 
10)ricreativi,culturali e sportivi; 
11)altri servizi. 
La direttiva 92/50 è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 
17 marzo 1995, n.157. 
Anche in questo decreto si riscontra la presenza di una definizione di appalto 
pubblico di servizi inteso come contratto a titolo oneroso, concluso per iscritto tra 
un prestatore di servizi e un’amministrazione aggiudicatrice ed avente ad oggetto 
la prestazione dei servizi elencati negli allegati 1 e 2 del decreto (che riproducono 
gli allegati della direttiva), ma per questi ultimi e per quelli il cui valore prevalga 
rispetto ai servizi indicati nell’Allegato 1, si applicano solo gli art. 8/3, 20 e 21 
 13 
rispettivamente in tema di pubblicità, prescrizioni tecniche e deroghe in tema di 
prescrizioni tecniche. 
Anche gli appalti che insieme alla prestazione di servizi comprendono 
l’esecuzione di lavori, secondo il disposto dell’art. 3, possono essere considerati 
appalti di servizi qualora i lavori assumano funzione accessoria rispetto ai servizi, 
siano complessivamente di importo inferiore al 50  per cento del totale e non 
costituiscano l’oggetto principale dell’appalto. Questa disposizione risulta oggi 
modificata dall’art. 9, comma 75, della legge 415/98, che nel riformulare l’art. 2 
della legge 109/94 ha incluso nell’ambito di applicazione della normativa sui 
lavori pubblici tutti i contratti in cui i lavori, anche se accessori, assumano un 
rilievo economico superiore al cinquanta per cento. 
Dunque qualora si riscontri la presenza di tale percentuale il criterio quantitativo 
della prevalenza oggettiva mette in secondo piano quello qualitativo 
dell’accessorietà
14
, come emerge anche dalla nuova formulazione dell’art. 2 della 
legge 109/94 (“nei contratti misti di lavori, forniture e servizi o nei contratti di 
forniture e servizi quando comprendano lavori accessori, si applicano le norme 
della presente legge qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 
cinquanta per cento”). 
Agli appalti che includono forniture e servizi  si applica la disciplina degli appalti 
di servizi quando il valore totale dei servizi è superiore al valore delle forniture 
comprese nell’appalto. 
Il D.Lgs 157 si applica anche agli appalti di servizi sovvenzionati in misura 
superiore al 50 per cento da una amministrazione aggiudicatrice, aggiudicati 
dall’ente o soggetto sovvenzionato e collegati agli appalti di lavori di cui 
all’art.3/2 del d.p.r. 19. dicembre 1991, n. 406. 
                                                           
14
 G. Turco Livieri, “Appalti di forniture e servizi”, Milano, 1999, p. 102. 
 14 
Va segnalato che dalla lettura dell’art 3 del D.Lgs 157/95 emerge una prima 
disarmonia tra normativa comunitaria e normativa interna di recepimento in 
quanto in quest’ultima scompare il carattere residuale della definizione, e 
risultano sottoposti alla normativa in questione tutti i servizi indicati negli allegati, 
che recepiscono integralmente i corrispondenti allegati della norma comunitaria. 
In via interpretativa si può cercare di comporre questa apparente contraddizione 
assegnando al generale riferimento agli “altri servizi” il significato di contratti 
aventi ad oggetto la prestazione di utilità di qualunque genere per cui il 
committente presta un corrispettivo, esclusi quelli ricadenti in altre tipologie 
specifiche di forniture e lavori
15
. 
Questa soluzione interpretativa appare preferibile anche perchè può trovare 
corrispondenza nell’art 60 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, che 
adotta, analogamente alla direttiva, una nozione residuale di “servizi”, 
considerando come tali le “prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in 
quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle 
merci, dei capitali e delle persone”, e comprende nel concetto sia attività di 
carattere industriale e commerciale, sia attività artigiane e delle libere professioni.. 
Ad ogni modo, nè dal decreto 157/95, nè dalla direttiva 92/50 si può desumere il 
riferimento a una tipologia negoziale determinata, dato che entrambi si limitano a 
richiamare genericamente i contratti che hanno per oggetto attività economiche 
individuate negli allegati. 
Questa genericità appare conforme al concetto di appalto presente nella normativa 
comunitaria, comprensivo di tutti i rapporti contrattuali tra un’amministrazione 
aggiudicatrice e un imprenditore, a prescindere dal loro contenuto. 
                                                           
15
 G. Morbidelli, “Appalti pubblici”, in “Trattato di diritto amministrativo europeo”, Milano, 1997, 
p. 234. 
 15 
Esiste pertanto una seconda disarmonia tra le fonti normative nella definizione di 
questo istituto, desumibile dal rapporto con la normativa privatistica. 
L’art. 1655 del codice civile considera infatti come appalto il contratto con cui 
una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio 
rischio il compimento (di un’opera o) di un servizio verso un corrispettivo in 
denaro. 
Trattasi dunque di un contratto (e cioè, ex art 1321 c.c., di un accordo tra due o 
più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico 
patrimoniale) sinallagmatico, a effetti obbligatori, che si distingue dai contratti di 
prestazione d’opera professionale in quanto questi ultimi hanno tradizionalmente 
carattere personale e sono caratterizzati dall’ intuitus personae inteso come 
particolare rilevanza dei soggetti che li stipulano sotto il profilo delle loro qualità 
personali . La fiducia personale che li caratterizza implica che la parte in senso 
sostanziale debba essere sempre determinata e li rende intrasmissibili e annullabili 
in caso di errore sulla persona. 
Inoltre, l’appalto di servizi si distingue dalla prestazione d’opera professionale in 
quanto il primo concerne prestazioni rese da un’impresa, mentre il mero incarico 
di prestazione d’opera professionale è conferibile a professionisti iscritti in albi, 
soggetto all’obbligo di rispetto della tariffa professionale, nonché caratterizzato da 
un particolare sistema deontologico che impone comportamenti sanzionabili sotto 
il profilo disciplinare. 
Gli allegati contenuti nella normativa comunitaria e in quella di recepimento 
indicano diversi tipi di prestazioni, ma non tutti sono riconducibili al concetto di 
appalto di servizi ex art 1655 c.c. Vi rientrano senz’altro i servizi di 
manutenzione, finanziari, di pulizia, di trasporto, ma non quelli di architettura, di 
ingegneria, legali, sanitari, di contabilità e revisione dei conti, le cui caratteristiche 
permettono di qualificarli come contratti di prestazione d’opera professionale. 
 16 
In base a queste considerazioni si possono dunque trarre due conclusioni, una a 
carattere generale e una riferibile specificamente agli appalti di servizi. 
In primo luogo il riferimento al contratto di appalto presente nella normativa 
comunitaria ha valore solo descrittivo se rapportato all’art. 1655 del codice civile 
(anche perché questo non comprende le forniture). Il concetto di appalto pubblico 
è infatti più ampio e indica qualunque contratto di rilevanza pubblica 
caratterizzato soggettivamente dal fatto che uno dei contraenti è un soggetto 
pubblico o un ente assimilato, oggettivamente dal fatto di essere rivolto alla 
prestazione di un servizio (o prestazione di una fornitura o realizzazione di 
un’opera pubblica) nei confronti di uno di questi soggetti
16
. 
In secondo luogo, emerge una nozione di “servizio” intesa come categoria aperta 
che si presta a comprendere diversi generi di utilità prestate dietro corrispettivo e 
suscettibili di assumere rilievo ai fini dell’assoggettamento alla disciplina della 
concorsualità e della trasparenza, e che si presta ad essere ampliata nel tempo, 
man mano che determinate attività, fino a un certo momento di scarso rilievo, 
acquistino importanza sia dal punto di vista della loro utilizzazione e della loro 
connessione con altre attività, sia dal punto di vista dell’importanza economica nel 
quadro generale dell’economia degli Stati membri
17
. 
                                                           
16
 G. Morbidelli, “Appalti pubblici”, in “Trattato di diritto amministrativo europeo”, Milano, 1997, 
p.216. 
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