5Cap. I
Cos’è l’autismo
Il medico-psichiatra  svizzero Bleuler
2
 (1857-1939) che,  nel  lontano 1911
3
,  per
primo, utilizzò il termine “autismo”
4
 non poteva di certo immaginare che il significato con
il  quale l’aveva proposto avrebbe contribuito a provocare incomprensioni,  dispute nel
mondo  scientifico,  e  frenato  la  ricerca  di  terapie  efficaci  nella  riabilitazione
neuropsicologica. Il termine veniva utilizzato da lui in forma di ‘aggettivo’.
 Secondo  Bleuler  l’autismo,  con  riferimento  al  concetto  di  “schizofrenia
precocissima”
5
, poi nominata “schizofrenia infantile” (Bender, 1947), rappresentava un
“sintomo” del  “ritiro  in  sé  stessi”  presente  nei  soggetti  giovani  affetti  da  ‘presunta’
psicosi.  Scrivono  Barale  e  Ucelli,  (2006):  “...uno  dei  fenomeni  fondamentali  (ma
secondari)  della  schizofrenia…La  nozione di  Bleuler  rimandava  dunque  direttamente
all’idea di una fisiologica fase autoerotica  dello sviluppo e al tentativo di comprensione
delle psicosi (infantili)…Siamo dunque esattamente alle fonti originarie delle concezioni
psicodinamiche delle  psicosi,  vale  a dire  del  tentativo di  intenderle,  sul  modello già
elaborato per le nevrosi, come condizioni in cui si ripresenterebbero (per regressione e/o
mancata evoluzione) aspetti e configurazioni di fasi primitive dello sviluppo.” 
Gli studi di Bleuler rappresentarono una tappa nel percorso che lo studio della
malattia  mentale  infantile
6 
aveva  iniziato  con  la  psichiatria  dell’infanzia  e
dell’adolescenza,  diventata  disciplina  autonoma  a  cavallo  dell’Ottocento.  I  precursori
furono, tra gli altri, Haslam
7
 (1764-1844) in Inghilterra, Itard
8
 (1775-1838) ed O. Seguin
9
2
Nel  1885 inizia  a lavorare per  il  Burghölzli,  il  celebre ospedale psichiatrico di Zurigo.  Ne divenne
Direttore nel 1898 carica che conservò per quasi trent'anni. In quella sede ebbe tra i suoi allievi: Carl
Gustav Jung, Karl Abraham, Ludwig Binswanger, Hermann Rorschah.
3
Bleuler  E.,  nel  1911  pubblica  l'importante  lavoro  clinico  “Dementia  Praecox  oder  Gruppe  der
Schizophrenien.”
4
Sulla  base  della  parola  greca  “autos”  che  significa  “sé”.  Derivava  direttamente  dall’“autoerotismo”
freudiano depurato di eros.
5
Termine  già  utilizzato  nel  1905  dallo  psichiatra  infantile  Sante  De  Sanctis  (1862-1935)  in  Italia,  si
ricollega a quello di “dementia praecox” proposto da Emil Kraepelin (1856-1926). Questo termine nella
sua accezione venne poi ripreso dal pedagogista austriaco Heller (“demenza infantile di Heller”) e dal
tedesco Weygandt  (1870-1939) che inventò l’espressione “dementia infantilis.”
6
  Considerato come esordio della malattia.
7
  Scrisse: “Considerazioni sulla cura morale degli alienati”, 1817.
8
Incaricato  dell’educazione  di  Victor  dell’Aveyron,  il  “piccolo  selvaggio”.  Scrisse:  “Memoire  sur  les
premiers développements de Victor de l’Aveyron''  (1801). 
9
  Scrisse: ‘Traitement moral, hygiéne et éducation des idiotes et des autres enfants arrierés’, Paris, 1846.  
6(1812-1880) in Francia, Maudsley
10
 (1835-1918) sempre in Inghilterra. Tutti questi autori
insieme  a  Heller  (1869-1938),  educatore  di  Vienna,  cominciarono  a  sottolineare  la
presenza,  in  alcuni  bambini,  di  comportamenti   particolari  come  l’alienazione,  una
profonda regressione funzionale  e  una deviazione dello  sviluppo dopo alcuni  anni  di
sviluppo normotipico, che potevano far pensare alla, poi classificata, sin-drome
11 
autistica,
“Il termine  autismo  viene  quindi  utilizzato  originariamente  per  definire  una
caratteristica di una patologia, e non una patologia a sé stante. La confusione fra autismo
e psicosi e fra sindrome e sintomo (quindi fra un segno o un insieme di segni) andrà
avanti per tutto il secolo.” (Caretto, 2007). 
La considerazione dell'autismo considerato come sintomo di un blocco (nucleo
profondo) nello sviluppo psicomentale, prodotto da un naturale meccanismo di difesa ad
un 'trauma'  infantile ancora presente nel profondo, e per questo inferibile ed elaborabile
attraverso la psicoanalisi, è ancora presente ai giorni nostri:
“…Tutto ciò ha una ricaduta significativa sull’approccio terapeutico nei confronti
di  questi  infelici  piccoli  pazienti  che vengono quasi  sempre sottoposti  a rieducazioni
funzionali  o  comportamentali,  che  non  possono  incidere  sul  ‘nucleo  profondo’
patologico.” (Mazzoncini, 2007). 
L'idea  dell'autismo  come  sintomo  di  un  trauma  psichico,  è  alla  base  della
spiegazione  eziopatogenetica  dell'autismo,  ed  è  il  prodotto  di  alcune  teorie  ad
impostazione psicodinamica derivate dalle analisi di importanti psichiatri e/o psicoanalisti
successivi  a  Bleuler,  tra  cui  i  più  significativi  sono:  Klein  (1930),  Mahler  (1968),
Bettelheim (1967), Tustin (1994), ed inoltre il famoso etologo Tinbergen (1984) (premio
Nobel nel 1973).
Niko  ed  Elisabeth  Tinbergen,  partendo  dai  concetti  propri  dell’osservazione
etologica, ipotizzano che il bambino autistico viva in una situazione di quasi continuo
conflitto motivazionale in cui sono contemporaneamente presenti sia la tendenza a ritirarsi
ed evitare le situazioni sociali,  sia il  desiderio di avvicinarsi per stabilire un contatto.
L’autismo sarebbe il risultato di una serie di fattori sia costituzionali sia ambientali, tra cui
anche condizioni esterne che possono aver influito negativamente sui genitori (Arduino,
2007).
Nel 1972, Tinbergen e Tinbergen affermarono che la causa dell’autismo era da
ricercarsi  in un’anomalia nel  normale processo di creazione del  legame (bonding) tra
madre  e  bambino.  Nonostante  il  numero  crescente  di  testimonianze  scientifiche  che
10
 Scrisse: “The pathology of mind”, 1895.
11
 Qualcosa che va insieme, che si organizza attorno a certi aspetti nucleari. 
7provavano il contrario, essi dichiararono che la loro ipotesi etologica forniva le basi per la
cura  dell’autismo.  I  due  autori  idearono,  inoltre,  una  pratica  di  cura  (holding),  che
prevedeva un forte abbraccio contenitivo e prolungato da parte della madre,  anche di
fronte al rifiuto del bambino di ricambiare l'abbraccio. Le conseguenze negative della
holding comportavano un carico di rabbia e l'allontanamento del bambino, il cui rapporto
era nel breve difficilmente recuperabile. Questa pratica fu, fortunatamente, abbandonata in
tempi rapidi anche per le critiche circostanziate di Frith (1984) e Wing (1986).
La visione dei Tinbergen risulta molto chiara nel seguente passo: “…E’ chiaro da
ciò che abbiamo scritto nel capitolo precedente che noi pensiamo l’autismo in primo
luogo come un disturbo funzionale e non organico (anche se possono esservi implicati
aspetti  organici come conseguenza di una disfunzione psichica, e viceversa) e che lo
consideriamo una disfunzione non periferica, ma centrale, cioè emotiva e motivazionale.
…Fra  questi  agenti  esterni  riteniamo  responsabili  dell’autismo  soprattutto  i  fattori
‘psicogeni’ ” (Tinbergen, 1989). 
Secondo  Mineo,  et  al.,  (1998)  la  Klein  ha collocato  i  bambini  autistici  nella
sindrome schizofrenica,  senza indentificarli  propriamente con essa (cfr., il caso Dick,
Klein, 1930). Infatti, secondo la Klein, l’autismo è un sintomo del blocco nel processo di
“identificazione  proiettiva”  con  l’oggetto  ‘madre’,  blocco  che  produce  una  grave
disintegrazione psichica.
Secondo  la  Mahler,  l’autismo  infantile  propriamente  detto,  consiste  in  una
regressione,  naturalmente  patologica,  alla  fase  fisiologica  di  autismo  ‘normale’,  visto
come precursore del processo di separazione-individuazione. L'opinione che esista una
'fase'  fisiologica  autistica  normale,  è  stata  poi  rivista  negli  anni  '80,  quando  è  stata
riconosciuta sempre più l’importanza che ha ‘la dotazione individuale del bambino’.
La Tustin passò dalle posizioni della Klein a quelle della Mahler, per poi definire
l’autismo come uno sviluppo in senso patologico prodotto da una somma di fattori tra cui
una predisposizione innata su base genetica che condiziona i rapporti primari con le figure
genitoriali,  e  il  particolare  rapporto  che  si  instaura  con  una  “madre  depressa”,  cioè
incapace di aiutare il bambino nel suo sviluppo:
“Il capezzolo e la bocca hanno avuto una storia piena di rischi: non si sono mai
realmente incontrati e ciò può essere dovuto in parte al fatto che la madre era depressa
nel suo modo di dare il seno o il poppatoio. Era un modo molle e rilasciato; teneva il
bambino in modo stanco e il bambino si è sentito come abbandonato. Ecco perché il
capezzolo gli scivolava spesso fuori dalla bocca.” (Tustin, 1998).
8Questo  approccio,  che  vede  l’autismo  come  il  prodotto  del  fallimento  delle
primitive fasi della costruzione della ‘relazione d’oggetto’ (madre o care giver), produsse
il concetto di madre schizofrenogena
12
 o, più popolarmente, di madre frigorifero.
Per  correttezza,  è  necessario  ricordare  che  una  voce  molto  autorevole  si  levò
all'interno  di  questo  coro  per  contestare  la  semplicistica  e  meccanica  relazione  tra
privazione affettiva ed autismo. A. Freud e S. Dann (1951) pubblicarono un’indagine sui
bambini  usciti  vivi  dai  campi  di  concentramento  nazisti  alla  fine  della  guerra,  e
dimostrarono che neppure quelle condizioni estreme di privazione di affetto potevano
indurre la patologia autistica.
 All’interno di questo dibattito, l'‘autore’
13
 più conosciuto e controverso è senza
dubbio  Bettelheim  che  fin  dagli  anni  ’40  parlò  di  autismo  come  psicosi  infantile,
utilizzando  concetti  psicoanalitici  e  focalizzando  l’origine  del  disturbo  nelle  prime
relazioni  madre-bambino  (Caretto,  2007).  Bettelheim  pubblica  nel  1967  “La  fortezza
vuota”, che è una sintesi del suo lavoro presso l’Università di Chicago
14
. Il suo modello
viene evidenziato dalla seguente citazione:
“Nell’affrontare l’origine delle situazioni-limite nella prima infanzia, si può subito
dire  che  la  patologia  della  madre è  sovente  assai  grave  e  che  in  molti  casi  il  suo
comportamento verso il figlio offre un esempio particolarmente significativo di rapporti
interpersonali  anomali…Dal  canto  suo  la  madre,  o  perché  frustrata  nei  sentimenti
materni o a cagione della propria ansia, può reagire, invece che con dolce insistenza, con
la collera o con l’indifferenza proprio in ragione del fatto che si sente ferita…Questo, a
sua volta, si presta a creare nuova angoscia nel bambino… Ogni rifiuto in questo senso
tende ad indebolire l’impulso del neonato ad osservare l’ambiente che lo circonda e ad
agire  su  di  esso,  e  in  assenza  di  tale  impulso  la  personalità  non  può  svilupparsi.”
(Bettelheim, 1990).
Le incomprensioni fra genitori e professionisti create in seguito alla diffusione del
testo di Bettelheim apparvero devastanti, e, secondo alcuni autori, le teorie che vedono
l'autismo  come  dovuto  a  carenze  affettive  materne  sono  ancora  diffuse  nell'opinione
pubblica e tra i professionisti, e continuano a produrre nei bambini  e nei loro familiari
12
  Concetto introdotto nel 1948 da Frieda Fromm-Reichman
13
Per alcuni un genio della psicanalisi e un pioniere della psicologia infantile, per altri solo un grande
mistificatore e millantatore. Studiò a Vienna, dove si laureò in filosofia con una tesi in Storia dell'arte.
Oggetto di due biografie che ne stroncarono il lavoro:  “La Creazione del Dr. B.” di Pollack, R. (1997);
“Bettelheim, A Life and Legacy”, Sutton, N. (1996).
14
Dal  1944  al  1973  fu  incaricato  dall’Università  di  Chicago  di  assumere  la  direzione  della  Scuola
Ortogenica Sonia Shankman, struttura a lei collegata. Struttura residenziale per bambini con problemi
affettivi.
9sofferenze artificialmente costruite e perfettamente evitabili (Bressan, in Hanau e Mariani
Cerati, 2003, p. 207). Pur considerando queste tesi all’interno di un contesto culturale
particolare, come quello degli Stati Uniti, dominato dalla scuola psicoanalitica classica, il
torto maggiore che viene imputato a Bettelheim è quello di essersi  ostinato a portare
avanti  le  sue  tesi  anche  quando,  ormai,  il  mondo  scientifico  aveva  compreso  che
l'eziopatogenesi dell'autismo doveva essere molto più complessa.
Infatti la tesi psicogena aveva cominciato a vacillare già nel 1943 con gli studi di
Leo Kanner
15
, che scrisse: “…La combinazione di estremo autismo, ossessività, stereotipia
ed ecolalia avvicina il quadro globale di questa forma ad alcuni dei fenomeni di base
della schizofrenia…Ma nonostante le notevoli somiglianze, questa condizione differisce
sotto molti aspetti da tutti gli altri tipi di schizofrenia infantile. L’isolamento dei bambini
datante all’inizio della vita rende difficile attribuire esclusivamente l’intero quadro al
tipo di relazioni precoci con i genitori da parte dei nostri pazienti.  Dobbiamo dunque
supporre che questi bambini siano venuti al mondo con una innata incapacità a dar luogo
al  normale contatto affettivo, biologicamente fornito,  con le persone,  così  come altri
bambini vengono al mondo con degli innati handicap fisici o intellettuali…Perché qui
sembriamo davanti a dei casi puri di disturbo autistico congenito del contatto affettivo.”
Per dovere di cronaca è bene ricordare che proprio alcune riflessioni di Kanner
riguardo ai genitori dei bambini da lui osservati, diedero forza alle teorie di impronta
psicoanalitica.  In un articolo sul Time (25 Luglio 1960), Kanner affermò:  “…Nell’intero
gruppo  c’erano  pochissimi  padri  e  madri  veramente  affettuosi.  I  bambini  affetti  da
autismo infantile precoce nascevano da genitori estremamente efficienti, professionali,
freddi e razionali, che riuscivano a scongelarsi per il tempo strettamente necessario a
produrre un figlio.” Inoltre, Kanner arrivò a criticare la cecità dei colleghi (Van Krevelen
1952;  Brenda  e  Melchior,  1959)  che  ricercavano  le  cause  fisiologiche  dell’autismo,
anzichè concentrare l’attenzione sul comportamento dei genitori. 
Ma il 17 luglio del 1969, di fronte all’assemblea dell’Associazione americana dei
genitori  dei  bambini  autistici,  fugando  ogni  dubbio,  Kanner  disse:  “So  ancora  poco
dell’autismo. Ne so poco perché c’è ancora molto da scoprire. Dobbiamo essere prudenti,
dobbiamo cercare di acquisire nuove conoscenze con una curiosità ponderata, dobbiamo
seguire varie piste per migliorare tali  conoscenze, dobbiamo verificare diverse teorie
riguardanti  le  possibili  cause,  e  a  questo  punto  dichiaro  che  vi  assolvo  in  quanto
genitori.” Nel 1943,  Kanner pubblicò il suo articolo “Autistic disturbances of affective
15
 Pediatra di origine austriaca immigrato negli Stati Uniti nel 1923.
10
contact”
16
, sulla rivista 'The Nervous Child'. L'articolo riportava i risultati di 5 anni di
studio e osservazione, durante i quali l'autore aveva esaminato il comportamento di 11
bambini  (8 maschi  e 3 femmine),  presso il  Johns Hopkins  Hospital  di  Baltimora nel
Maryland. In questo articolo si definì per la prima volta l’autismo come una ‘sindrome’
(autismo infantile precoce) a sé stante con carattere evolutivo e congenito, consistente in
una costellazione specifica di sintomi,  deficit selettivi e abilità preservate. La sindrome
viene descritta come composta da nove caratteristiche fondamentali: 1) peculiarità nelle
relazioni  sociali,  2)  disturbi  del  linguaggio,  3)  buone  capacità  di  memoria  e
apprendimento, 4) disturbi dell’alimentazione, 5) reazioni emotive eccessive, 6) aderenza
alle routine, 7) buone relazioni con gli oggetti fisici, 8) impaccio motorio, 9) provenienza
da genitori intellettualmente dotati. Usando le parole stesse di Kanner:  “A partire dal
1938,  la  nostra  attenzione  è  stata  attirata  da  un  certo  numero  di  bambini  i  cui
comportamenti si distinguono nettamente da tutto quanto ci è noto, al punto che ogni caso
merita  –  e  otterrà,  io  spero  –  un  dettagliato  esame  di  tutte  le  sue  affascinanti
particolarità.”
17
  
Quasi contemporaneamente, nel 1944, lo psichiatra Asperger pubblicò in Germania
la sua tesi
18
 di dottorato per l’abilitazione alla docenza, nella quale propose l’esistenza di
una ‘psicopatia autistica’, ovvero “il disturbo della psicopatia/personalità autistica della
fanciullezza”
19
. Ciò che attualmente è noto come 'Disturbo di Asperger
20
' (DSM-IV-TR),
era in realtà già stato descritto nel 1920 da un neurologo russo, che lo definiva “il disturbo
da personalità schizoide” (Sucharewa, 1926).
Attualmente  si  discute  se  l’autismo  di  Kanner  e  il  disturbo  di  Asperger
rappresentino affezioni sovrapponibili o distinte (Schopler  et al., 1998; Gillberg, 1998).
La tesi più diffusa è che essi facciano parte dello stesso spettro, in cui l’autismo di Kanner
è posto all’estremo inferiore (soggetti a basso funzionamento
21
), ed il disturbo di Asperger
a quello superiore (soggetti ad alto funzionamento), (Frith, 1991). 
16
 “Disturbi autistici del contatto affettivo”.
17
 Frase presente nell’articolo citato.
18
H. Asperger, Die autistichen Psychopathen in Kindersalter, Archive fur Psichiatrie und Nervenkrankheit. 
19
Denominazione  originariamente  proposta  da  H.  Asperger.  “In  quanto  segue,  descriverò  un  tipo  di
bambino particolarmente interessante e facilmente riconoscibile.  I  bambini  che presenterò hanno in
comune un disturbo fondamentale che si manifesta nella loro apparenza fisica, nelle funzioni espressive e,
in  effetti,  nella  totalità  del  loro  comportamento.  Questo  disturbo  risulta  in  gravi  e  caratteristiche
difficoltà nell'integrazione sociale. In molti casi, i problemi sociali sono così profondi che adombrano
qualsiasi altra cosa. In alcuni casi, comunque, i problemi sono compensati da un alto livello di pensiero
ed esperienza originale.”
20
 Quando si definisce un autistico 'Asperger' si pensa ad un autistico ad alto funzionamento. 
21
Valutato  come  livello  di  QI  e  adattamento.  E'  legato  al  costrutto  del  Ritardo  Mentale  ed  alla  sua
misurazione. 
11
E’ curioso pensare a come i due psichiatri, pur non conoscendosi e da sponde
opposte dell’Atlantico, facendo entrambi riferimento agli scritti di Bleuler, si siano accorti
dell’esistenza di una patologia specifica, o sindrome. E’ bene sottolineare come ambedue
gli scritti, pubblicati durante il periodo bellico, abbiano visto la loro divulgazione molto
ostacolata,  ed  è  oltremodo  emblematico  che,  in  Italia,  l’articolo  di  Kanner  sia  stato
pubblicato nell’89
22
 e lo studio di Asperger nel 2003
23
. Entrambi gli autori, basandosi
sull’osservazione  del  comportamento  dei  pazienti  in  esame,  proposero  descrizioni
estremamente  dettagliate  che  sono  diventate  poi  la  base  per  i  criteri  diagnostici  del
disturbo. Grazie al contributo di Kanner ed Asperger,  i  termini  autismo e autistico si
trasformano da aggettivi in sostantivi e furono utilizzati per denominare una patologia.
I due filoni di ricerca, quello a base psicogena/relazionale (psicoanalisi e terapia
sistemico-familiare),  e  quello  che  cominciava  ad  intravedere  una  causa
congenito/organica/biologica del disturbo, mantennero forte ed inalterata la loro capacità
di condizionare il dibattito, ed anche la tipologia dell’intervento, per molto tempo. La
prima ipotesi, che l’autismo possa essere determinato da una relazione disturbata con la
madre ed abbia un'origine psicogena (peraltro mai confermata da alcuna ricerca EBM
24
),
viene ormai considerata 'errata' dalla Comunità Scientifica (Arduino, 2007). Nel 1975 il
NIMH (National Institute of Mental Health), proprio a proposito dell’origine psicogena
dell’autismo,  si  pronunciò  anche  sulla  psicoterapia  psicodinamica  nell’autismo,
affermando che  “non ha dato prova di  efficacia e alla luce delle  conoscenze attuali
sull’autismo  è  improbabile  che  possa  averne”.  L'approccio  prettamente  organico-
biogenetico, al di là delle grandi speranze suscitate fin dalla scoperta di Down
25
 della
trisomia 21, e dei molti dati acquisiti con le nuove tecnologie, oggigiorno segna il passo,
come vedremo.
A partire dalla fine degli anni ‘60, prima il cognitivismo
26
 e poi le neuroscienze
27
,
tentarono di spiegare le cause e i deficit dell'autismo, considerandolo come il prodotto di
22
 Psicoterapia e Scienze Umane, 1989, n.2 e n.3.
23
 Tipi della Erikson, 2003.
24
Evidence Based Medicine: "le evidenze riguardano l'accuratezza dei test diagnostici (inclusi la storia e
l'esame  fisico),  la  potenza  dei  fattori  prognostici,  l'efficacia  e  sicurezza  dei  trattamenti  preventivi,
terapeutici e riabilitativi", "la EBM costituisce un approccio alla pratica clinica dove le decisioni cliniche
risultano dall'integrazione tra l'esperienza del medico e l'utilizzo coscenzioso, esplitico e giudizioso delle
migliori evidenze scientifiche disponibili, mediate dalle preferenze del paziente", David Sackett (1996).
25
J. Langdon-Down, descrisse nel 1866 una specifica malformazione genetica dovuta alla presenza di un
cromosoma in  più  nella coppia 21, responsabile del fenotipo comportamentale o sindrome Down.
26
Corrente  della  psicologia  contemporanea  di  cui  parleremo  approfonditamente  in  altro  capitolo.  U.
Neisser ne ha dato la prima formulazione teorica nel suo testo:  “Psicologia cognitivista” (1967).
27
Sistema integrato di discipline che ha per oggetto lo studio del cervello e del sistema nervoso a livello
molecolare, biochimico e genetico.
12
disfunzioni a base neuropsicologica. La ricerca di queste cause ha prodotto molte ricerche
empiriche e diverse teorie, anch'esse, ad oggi, non esaustive.
A  partire  dagli  anni  '90  fu  accettato  dalla  comunità  scientifica  e  dalle
classificazioni internazionali (DSM-IV-TR
28
 e ICD 10
29
) che:
“L'autismo  è  un  disturbo  pervasivo  dello  sviluppo  di  natura  biologica,
conseguenza di diversi tipi di danni di origine neurologica, che si manifesta entro il terzo
anno  di  età  con  gravi  deficit nelle  aree  della  comunicazione  (turbe  qualitative  e
quantitative del linguaggio), dell’interazione sociale (turbe qualitative e quantitative delle
capacità  relazionali,  con  tendenza  evidente  all’isolamento),  dell’immaginazione  (uso
inappropriato e stereotipato di oggetti) e con problemi di comportamento (auto ed etero
aggressività,  iperattività  fisica  accentuata,  ipersensibilità  alle  variazioni  dell’ambiente
circostante o delle figure di riferimento affettivo); e pur accompagnandosi ad un aspetto
fisico normale,  perdura  per  tutta  la  vita.”  (Arduino,  2007).  Cohen e Volkmar  (2004)
scrissero: “Oggi la convinzione che l’autismo sia un disturbo evolutivo che rappresenta,
insieme  con  le  patologie  ad  esso  associate,  le  manifestazioni  comportamentali  di
disfunzioni  sottostanti,  di  eziologia  generalmente  non  definita,  nella  maturazione
neurobiologica  e  nel  funzionamento  del  sistema  nervoso  centrale  è  largamente
riconosciuta.” 
Questa non è certo una risposta esaustiva alla domanda su che cos'è l'autismo,
soprattutto perché si ferma ad una descrizione del disturbo, mentre è necessaria una buona
teoria, come ha scritto Surian (2002).
28
Diagnostic  and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) pubblicato dall'American Psychiatric
Association (APA),  tenta  di  rendere  più  omogenei  i  criteri  diagnostici  in  psichiatria  con  metodi  di
classificazione, la quarta edizione rivista (IV-TR) è stata pubblicata nel 2000.
29
ICD-10. Decima revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie e dei Problemi di Salute
Correlati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), pubblicata nel 1992.