6 
 
I. 1.  Dalle origini alla Negritudine 
La nascita di letterature africane in lingue europee è strettamente legata alla    
colonizzazione. Denominate letterature “negro-africane” , “neo-africane” e, più 
recentemente, “postcoloniali” , esse emergono in una societ{ in transizione, 
come reazione alla cultura coloniale.  
Come afferma J. P . Makouta-Mboukou: 
 
 
Ce sont les désastres et les malheurs de la colonisation qui ont donné  
naissance à la littérature noire.
1
 
 
 
Si tratta di letterature giovani che, pur utilizzando l’ idioma dell’ ex 
colonizzatore, affondano le loro radici nell’ immaginario della cultura di 
origine.
2
 
Il sorgere delle letterature africane è legato ad una presa di coscienza culturale 
e razziale da parte di una élite di intellettuali delle colonie francesi residenti a 
Parigi che, nel 1930, sfociò nella nascita di un movimento chiamato 
Negritudine. Il movimento risultò dal fallimento della politica di assimilazione 
praticata dalla Francia nelle sue colonie. In teoria l'assimilazione doveva 
portare gli abitanti delle colonie a condividere la stessa cultura dei cittadini 
francesi; in pratica anche i più “assimilati” si resero ben presto conto di essere 
sempre trattati come esseri inferiori e di trovarsi nella drammatica situazione 
di aver perso la loro cultura originaria senza essere riusciti a farsi accettare 
dall'ambiente di adozione. Il movimento fu un mezzo per riscoprire e 
rivalutare i valori tradizionali africani e per rigettare la nozione di superiorità 
della cultura europea. Paradossalmente i fondatori del movimento cercarono 
                                                 
1
 J. P. Makouta-Mboukou, Introduction à la littérature noire, Yaoundé, CLE, 1970, p. 140. 
2
 L. Bottegal, Noci di cola, vino di palma: Letterature dell’ Africa subsahariana in un’ ottica interculturale, Lavoro,               
Roma, 1997, p. 111.
7 
 
ispirazione e insegnamento in fonti europee quali il marxismo, il surrealismo e 
l'esistenzialismo; il marxismo in quanto poneva l'accento sui concetti di 
eguaglianza, il surrealismo in quanto propugnava una concezione non 
convenzionale dell'universo, l'esistenzialismo in quanto valorizzava 
l'individuo. Altre fonti di ispirazione furono il movimento Harlem 
Renaissance che sorge nelle Antille Francesi intorno al 1920, il movimento Pan 
Africano di  W. E. B. Du Bois e le idee di Alain Locke espresse in “The New 
Negro” nel 1925.  
Harlem Renaissance fu la manifestazione di una nuova autocoscienza tra i 
negri americani espressa in tutti gli aspetti della vita. Dopo secoli di 
accettazione del rapporto di schiavitù e sottomissione alla razza bianca, i neri 
d’ America, consci delle discriminazioni sofferte, passano dalla rassegnazione 
alla denuncia scoprendo l’ efficacia della parola e della letteratura come arma 
per sensibilizzare l’ opinione pubblica sulle ingiustizie commesse dai bianchi. 
Appartengono a questo movimento artisti, musicisti come Louis Amstrong e 
scrittori come Langhston Hughes e Claude McKay.
3
 
Il movimento politico promosso da Du Bois, denominato Panafricanismo 
rappresentava un tentativo autoctono di reazione alla politica delle potenze 
coloniali, inteso a contrastare la dominazione europea mediante una stretta 
collaborazione fra tutti gli Stati e i popoli dell'Africa; La prima conferenza 
panafricana si tenne a Londra nel 1900 per iniziativa di S. Williams; quindi Du 
Bois organizzò fra il 1919 e il 1945 vari congressi panafricani i quali fornirono 
un prezioso contesto per la crescita del moderno nazionalismo nero 
anticoloniale.  
Le frustrazioni comuni degli Africani a Parigi e nelle Antille Francesi furono i 
motivi ispiratori che spinsero gli scrittori africani a “cantare” come moderni 
griot
4
 le ingiustizie e la mutilazione culturale subite,  ma soprattutto la 
volontà di riconquistare la propria dignità africana. Infatti, nel 1921, viene 
                                                 
3
 Idem, p. 114. 
4
 Nella cultura di alcuni popoli dell’ Africa Occidentale il termine griot designa un poeta o un cantore che svolge 
il ruolo di conservare e tramandare il patrimonio storico-letterario della propria terra d’origine. In alcuni 
contesti storici pre-coloniali aveva anche il ruolo di interprete e ambasciatore. Cfr. Cap. I Paragr. 1.4.
8 
 
pubblicato Batouala, véritable roman nègre, opera di René Maran, un nero 
delle Antille, che denuncia lo sfruttamento e la repressione coloniale, e più 
tardi, nel 1929 viene pubblicato Banjo di Claude MacKay. Lo scrittore, arrivato 
in Francia nel 1923, in questo romanzo scritto a Marsiglia esortava l’ élite negra 
assimilata a resistere alla cultura europea, dimostrando che il destino del negro 
istruito non è fondamentalmente diverso da quello dei fratelli analfabeti, per il 
fatto che non può mai «superare la linea di demarcazione» 
5
. 
Nello stesso periodo nascono riviste animate e organizzate da neri.                       
A Parigi nasce nel 1931 «La Revue du Monde noir» fondata dal Dott. Sajous  e 
da Paulette Nardal – cui collaborarono personalità come René Maran o Claude 
Mackay e fu punto di incontro di intellettuali neri dell’ epoca come Aimé 
Césaire, Léopold Senghor, Léon Damas, Étienne Lero, René Ménil, ecc. – che 
esorta a «une réflexion sur la nécessité de dénoncer une ethnocentrisme 
occidental et de créer une littérature authentiquement noire»
6
.  
Gli interessi della rivista non sono solo letterari ma riguardano anche i 
problemi politici, etnici ed economici; il fenomeno letterario è quindi visto in 
rapporto alla realtà sociale. La rivista, bilingue (francese e inglese), sottolinea 
inoltre quanto vi è di comune in uomini neri appartenenti a Paesi diversi 
svolgendo quindi anche un ruolo di comunicazione e di relazione, facendo 
conoscere, ad esempio, ai francofoni gli autori della Négro-Renaissance.
7
 
 Scrive Bernard Mouralis: 
 
 
La rivista rivelava agli scrittori neri i due grandi campi che dovevano ormai 
esplorare per concretizzare e approfondire questa «coscienza di razza»: l’ 
esperienza vissuta dal nero e le manifestazioni della cultura nera, aprendo 
così la via al movimento della Negritudine. Ma essa non traeva tutte le 
conseguenze implicite nella sua posizione iniziale. Infatti, sul piano politico, 
                                                 
5
 J. Chevrier, Letteratura negra di espressione francese, Coll. La Nuova Africa, Sei, Torino, 1986, p. 43. 
6
 C. Chevallier-Chambet, La Parole Revoltée : Aux origines de la littérature négro-africaine francophone, Centro 
Editoriale e Librario Università degli Studi della Calabria, Rende, 2006, p. 89.  
7
  L. Bottegal, op.cit., p. 114.
9 
 
andava nella stessa direzione del riformismo coloniale  [ …] e sul piano 
culturale escludeva ogni idea di rottura con la «cultura latina» prefigurando 
l’ avvenire come una sintesi culturale tra l’ apporto negro-africano e l’ 
apporto europeo.
8
 
 
 
In particolare i fondatori della rivista sostengono che dichiarare guerra alla 
cultura e al mondo bianco può provocare un «ritorno all’ oscurantismo». Tutto 
questo causa dei dissensi in seno alla rivista e ne determina la fine.
9
 Nel 
giugno del 1932 alcuni collaboratori danno vita a una nuova rivista chiamata 
«Légitime Défense» a cui seguì due anni dopo la rivista «L'Étudiant Noir», alla 
quale collaborarono Léopold-Sédar Senghor, Birago Diop, Ousmane Soucé e 
gli antillani Aimé Césaire, Léon Damas. Fu in questa rivista che apparve per la 
prima volta il neologismo “négritude” , coniato da Aimé Césaire, per descrivere 
una dottrina che esprimeva un malessere condiviso da tutti i colonizzati e la 
coscienza della propria cultura africana, contrapposta a quella occidentale. 
Infatti, le due riviste costituiscono i manifesti della rivolta nera di espressione 
francese, della rottura col mondo occidentale, capitalista, borghese e cristiano 
attraverso l'adesione al comunismo e al surrealismo, oppure attraverso il 
ritorno all'autenticità africana, cioè la riscoperta e rivalutazione dei valori 
della propria civiltà ancestrale. In particolare la rivista «L'Étudiant Noir»  
diventa punto di riferimento per l’ emancipazione politica e culturale degli 
intellettuali africani a Parigi e si propone di coinvolgere tutti i popoli di colore 
nel rinnovamento culturale. 
Scrive Léopold-Sédar Senghor 
 
 
Nous étions alors plongés (entre 1932 et 1935), avec quelques autres étudiants 
noirs, dans une sorte de désespoir panique. L’horizon était bouché. Nulle 
réforme en perspective, et les colonisateurs légitimaient notre dépendance 
                                                 
8
Citato in L. Bottegal, Noci di cola, vino di palma: Letterature dell’ Africa subsahariana in un’ ottica interculturale, 
op.cit., p. 114. 
9
 L. Bottegal, op.cit., p. 115.
10 
 
politique et économique par la théorie de la table rase. Nous n’avions, 
estimaient-ils, rien inventé, rien créé, ni sculpté, ni chanté... Pour asseoir une 
révolution efficace, il nous fallait d’abord nous débarrasser de nos vêtements 
d’emprunt, ceux de l’assimilation, et affirmer notre être, c’est-à-dire notre 
négritude. [ …] 
L’histoire des Nègres est un drame en trois épisodes. Les Nègres furent 
d’abord asservis (des idiots et des brutes disait-on)... Puis on tourna vers eux 
un regard indulgent. On s’est dit. : ils valent mieux que leur réputation. Et on 
a essayé de les former. On les a assimilés. Ils furent { l’école des maîtres, « de 
grands enfants » disait-on. Car seul l’enfant est perpétuellement { l’école des 
maîtres. Les jeunes nègres d’aujourd’hui ne veulent ni asservissement, ni 
«assimilation». Ils veulent l’émancipation.
10
 
 
 
Il poeta senegalese condensa nella formula di “négritude” la rivolta del mondo 
nero contro i bianchi, il rifiuto di una politica di assimilazione volta ad 
eclissare la cultura africana, il tutto in funzione dell’ affermazione della 
propria identità. E a tal proposito dichiara: 
 
 
Il en est de l'indépendance comme de la Négritude. C'est d'abord une 
négation, je l'ai dit, plus précisément l'affirmation d'une négation. C'est le 
moment nécessaire d'un mouvement historique : le refus de l'Autre, le refus 
de l'assimiler, de se perdre dans l'Autre. Mais parce que ce mouvement est 
historique, il est du même coup dialectique. Le refus de l'Autre, c'est 
l'affirmation de soi.
11
 
 
 
Le dichiarazioni di Se1nghor non differiscono dal pensiero di Thomas Melone 
il quale afferma che: 
 
La négritude se présente tout d’ abord comme une prise de position, { la fois 
                                                 
10
 Citato in Lilyan Kesteloot, Histoire de la littérature négro-africaine, Karthala, Paris, 2001, p. 106. 
11
 Idem, p. 107.
11 
 
une négation et une affirmation. Elle a toutes les caractéristiques d’ une 
«situation existentialiste». Le négro-africain «se situe» par rapport à la 
durée et { l’ espace, il prend con science de ce qu’ il est ou mieux de ce qu’ il 
n’ est pas, c’ est { dire de ce qu’ il veut devenir. Il refuse sa situation d’ être-
chose, d’ être-néant et, s’ affirme «être-existant», «je veux être, donc je 
suis», un veritable cri d’ espérance.
12
 
 
 
La “négritude” è un movimento di rivendicazione, dunque, e di protesta che 
vuole riaffermare l’ identit{ del mondo nero, difendere i valori culturali dell’ 
Africa nera utilizzando come strumento la lingua francese. La scelta di 
adottare una lingua europea come idioma veicolare di idee anticoloniali e 
razziste è giustificata dal fatto di volerla elevare ad arma di lotta contro il 
colonizzatore al fine di comunicare il loro diritto di esistere come neri, in 
sostanza per esaltare la propria “essenza era”. 
Nel 1948 Senghor pubblica  Anthologie de la nuovelle poesie nègre et malgache 
de langue francaise, che raccoglie lo spirito della Negritudine e ne determina la 
sua affermazione in modo definitivo. 
Famosa è la prefazione di Jean Paul Sartre al volume, nel quale sottolinea un 
importante aspetto della Negritudine. Lo scrittore espone la sua riflessione 
affermando: 
 
 
Qu'est-ce donc que vous espériez, quand vous ôtiez le bâillon qui fermait ces 
bouches noires ? Qu'elles allaient entonner vos louanges ? Ces têtes que nos 
pères avaient courbées jusqu'à terre par la force, pensiez-vous, quand elles se 
relèveraient, lire l'adoration dans leurs yeux ? Voici des hommes noirs 
debout qui nous regardent et je vous souhaite de ressentir comme moi le 
saisissement d'être vus. Car le blanc a joui trois mille ans du privilège de voir 
sans qu'on le voie ; il était regard pur, la lumière de ses yeux tirait toute chose 
de l'ombre natale, la blancheur de sa peau c'était un regard encore, de la 
lumière condensée. L'homme blanc, blanc parce qu'il était homme, blanc 
                                                 
12
 Thomas Melone, De la Négritude dans la littérature négro-africaine, Paris, Présence africaine, 1965, p.25.
12 
 
comme le jour, blanc comme la vérité, blanc comme la vertu, éclairait la 
création comme une torche, dévoilait l'essence secrète et blanche des êtres. 
Aujourd'hui ces hommes noirs nous regardent et notre regard rentre dans 
nos yeux ; des torches noires, à leur tour, éclairent le monde et nos têtes 
blanches ne sont plus que de petits lampions balancés par le vent.
13
 
 
 
Sartre subisce il fascino delle poesie dei neri francofoni, profondamente 
intrise di sofferenza e ribellione e nel suo saggio intitolato Orphée Noir
14
, 
polemizza contro l’ ideologia coloniale che privava l’Africa di una storia, di 
una civiltà, di una cultura per giustificare la sua missione “civilizzatrice” 
procedendo ad un’ esaltazione della creativit{ della razza nera e delle sue 
qualità peculiari che, secondo il filosofo, risiedono in uno specifico «modo di 
esistere» nel mondo e di concepire la realtà. Sartre distingue una «negritudine 
oggettiva», espressione delle varie culture tradizionali africane, da una 
«negritudine soggettiva», derivante da una ritrovata identità africana da parte 
del poeta  attraverso l’ atto poetico stesso, viaggio orfico alle radici dell’ essere. 
La negritudine è quindi paragonata ad Orfeo alla ricerca di Euridice; 
metaforicamente il poeta nero compie un intimo viaggio alla ricerca di sé 
stesso nello sforzo di risalire alle proprie radici attraverso la propria storia, i 
propri difetti, le proprie trasformazioni. 
Ma Sartre vedeva anche in tale scoperta dell’ «essenza nera» un atto 
rivoluzionario attraverso cui un intero popolo si affrancava dall’ asservimento 
all’ Europa. 
Il movimento della Negritudine durò fino al 1950. Il suo scopo era stato quello 
di riconquistare la dignità all'Africa ed agli Africani; una volta che lo scopo fu 
raggiunto fu chiaro che il movimento non era in grado di andare oltre. L'altra 
ragione che portò alla fine del movimento fu il tono razzista insito nelle sue 
argomentazioni e che doveva portare ad una discussione sfociante in 
                                                 
13
 Léopold Sédar Senghor, Anthologie de la nouvelle poésie nègre et malgache, PUF, Parigi, 1948/1972, p. 2. 
14
 Per una versione integrale del saggio si può vedere «Orphée Noir» in Anthologie de la nuovelle poesie nègre et  
malgache de langue francaise, op. cit, p. 9.
13 
 
un’abolizione del razzismo sia bianco che nero; il successo del movimento 
doveva quindi fatalmente portare alla sua morte. La reazione a questo 
movimento da parte dei paesi africani di lingua inglese non fu favorevole.
15
  
Il popolo africano di area anglofona non aveva subito una  politica di 
assimilazione come è accaduto, invece, per le colonie francesi e portoghesi. 
Di conseguenza, mentre gli assimilati sono esseri divisi, sradicati dall’ universo 
che li ha generati, le élite anglofone non provano quel complesso di inferiorità, 
quel senso di isolamento e di alienazione. Ciò spiega perché l’ ideologia della 
Negritudine resti sostanzialmente estranea all’ area anglofona e aspramente 
criticata, come nel caso di  Wole Soyinka. Lo scrittore nigeriano sostiene che 
la Negritudine nasce dalla frustrazione culturale subita dai conterranei di area 
francofona a causa della politica di assimilazione e ritiene inutile proclamare 
quello che è un dato di fatto incontrovertibile, come se la tigre dovesse 
affermare a ogni momento la sua «tigritudine». Così, giocando sui termini 
négritude-tigritude afferma: «la tigre non grida la propria tigritudine – la mette 
in atto».
16
 La visione che la Negritudine incarna – sostiene ancora Soyinka – 
non deve essere sottovalutata o sminuita. Lo scopo che si prefigge, ovvero 
ristabilire i valori neri, è lodevole ma i «suoi punti di riferimento si sono 
colorati di idee europee, anche se i suoi messia si dichiaravano fanaticamente 
africani. Nel tentativo di confutare la valutazione a cui la realtà nera era stata 
sottoposta, la Negritudine ha adottato la tradizione manichea del pensiero 
europeo e l’ ha imposta a una cultura che è radicalmente antimanichea». 
17
 
Fondamentalmente Wole Soyinka accusa il movimento della Negritudine di 
evadere, in un’ idealizzazione del passato, dai problemi e dagli impegni della 
realtà attuale. In una sua opera teatrale degli anni Sessanta, intitolata The 
Dance of the Forest 
18
, egli mostra che gli uomini del passato non erano più 
felici di quelli che vivono nel presente e che la violenza e la guerra sono 
                                                 
15
 M. Toscano, S. Baldi, E. Bertoncini, Panorama delle Letterature dell'Africa Subsahariana, UNIOR, Napoli, 1984, 
p. 103. 
16
 L. Bottegal, op.cit., p. 117. 
17
 W. Soyinka, Mito e letteratura. Nell’ orizzonte culturale africano, Jaka Book, Milano, 1995, p. 130. 
18
 W. Soyinka, The Dance of the Forest, Oxford University Press, Oxford, 1963.
14 
 
sempre esistite. Il passato, perciò, va accettato così com’è senza glorificarlo o 
idealizzarlo. Quindi la letteratura non deve offrire i mezzi per esaltare il 
passato, ma la “plume” dello scrittore deve informare il pubblico africano dei 
problemi attuali che affliggono la società senza per questo dimenticare la 
tradizione e i miti. E infatti, in quest’ opera teatrale, Soyinka integra miti 
youruba, accompagna l’ azione con canti e pantomime che ne permettono la 
comprensione anche agli africani che non conoscono l’ inglese. 
Ovviamente la Negritudine, come ogni movimento letterario, non trova solo 
ammiratori all’ interno della sua sfera d’ azione. Infatti non mancano voci 
critiche anche all’ interno dell’ area francofona e lusofona. Ad esempio, Yambo 
Ouologuem, con il suo romanzo Le Devoir de Violence 
19
, si scaglia contro l’ 
immagine di un’ Africa idealizzata e astorica situandosi sulle posizioni di 
Soyinka. Anche l’ angolano Pedro Miguel rivolge alla Negritudine alcune 
critiche. Sintetizzando il pensiero di Senghor – sostiene Miguel – si ha che la 
razionalità è dei bianchi mentre la sensualità, il ritmo, il senso del magico e 
del mistero appartengono ai neri. Ma riservare al nero solamente l’ emozione, 
il sentimento come elementi costitutivi 
Vuol dire rafforzare e ribadire l’ imperialismo metafisico dell’ occidentale, 
riservandogli il monopolio della ragione e della logica. Vuol dire anche aver 
escluso ogni possibilità di esistenza di una ragione e di una logica non 
occidentali, e Senghor in questo modo si allinea con i vari Ludwig, Hume ed 
Hegel […], Senghor è forse l’ africano più conosciuto nel resto del mondo, 
molte nazioni africane si sono organizzate tenendo presente il suo pensiero 
e, non a caso, sono quelle laddove più fiorente alligna il neocolonialismo 
occidentale o dove più feroce la dittatura spadroneggia.
20
 
 
 
 
                                                 
19
 Y. Ouologuem, Le Devoir de Violence, Le Serpent à Plumes, Paris, 2003. 
20
 P. Miguel, Continua il mito del buon selvaggio, in «Nigrizia», febbraio, 1987, p. 57. I riferimenti dell’ autore  a 
Ludwig, Hume ed Hegel, riguardano le convinzioni di questi pensatori circa l’ incapacit{ dei neri alla 
riflessione.