7
radicale idrossilico (OH
·
), il perossido d’idrogeno (H
2
O
2
) e il
singoletto d’ossigeno (
1
O
2
) che danneggiano molti componenti
cellulari attraverso l’ossidazione di proteine, lipidi e acidi nucleici.
La reattività dell’ossigeno molecolare (O
2
) e delle sue specie
parzialmente ridotte può essere spiegate analizzando la struttura dei
loro orbitali molecolari e il valore dei potenziali di riduzione.
O
2
è un diradicale stabile che presenta due elettroni spaiati negli
orbitali π di antilegame (Fig. 1); una importante conseguenza di ciò è
che le molecole organiche con elettroni appaiati possono trasferire
solo un elettrone alla volta all’ossigeno. Poichè l’O
2
è un accettore di
elettroni relativamente debole e molte molecole organiche sono
donatori di elettroni deboli, l’O
2
non è capace di ossidare in maniera
efficiente gli amminoacidi e gli acidi nucleici tuttavia reagisce
facilmente con gli elettroni spaiati di metalli di transizione e di
radicali organici. Al contrario i potenziali di riduzione di O
2
·-
, H
2
O
2
e
OH
·
mostrano come essi siano ossidanti molto più forti dell’O
2
(Fig. 2).
8
Figura 1. Diagramma degli orbitali molecolari dell’ossigeno (O
2
), del
radicale superossido (O
2
·-
), del perossido di idrogeno (H
2
O
2
) e del
singoletto d’ossigeno (O
2
·-
).
Figura 2. Potenziali di riduzione dell’ossigeno molecolare e delle sue
specie.
9
1.2 Formazione dei ROS
I ROS sono generalmente prodotti durante il normale metabolismo
cellulare, ma la loro formazione può essere incrementata da particolari
condizioni dell’ambiente esterno quali ad esempio l’esposizione a
radiazioni ionizzanti, l’incremento della pressione dell’ossigeno o la
presenza nel mezzo di agenti ossidanti.
La tossicità del O
2
·-
dipende soprattutto dall’interazione di
quest’ultimo con l’H
2
O
2
. Infatti secondo la reazione di Haber-Weiss
(Haber F & J. Weiss, 1934) l’interazione tra O
2
·-
e H
2
O
2
può portare
alla formazione del OH
·
, la più reattiva delle specie parzialmente
ridotte dell’O
2
:
222 2
OHO OHHOO
−−
+⎯→++
E’ stato dimostrato che la costante di questa reazione in soluzione
acquosa è vicina allo zero (Richmond et al., 1981) ed essa non può
avvenire alle basse concentrazioni di O
2
·-
e di H
2
O
2
presenti in vivo.
Tuttavia la presenza in vivo di Fe
+2
può catalizzare la formazione del
OH
·
. In presenza di un donatore di elettroni il Fe
3+
viene ridotto a Fe
2+
(1) e l’ossidazione di questo ione mediante O
2
porta alla formazione di
O
2
·-
(2); quest’ultimo, in seguito ad una reazione di dismutazione,
forma H
2
O
2
(3) che a sua volta può reagire con Fe
2+
mediante la
reazione di Fenton
per formare OH
·
(4):
rid 3+ ox 2+
2+ 3+
22
+
22
2+ 3+
22
1) Donatore Fe Donatore Fe
2) Fe O Fe O
3) O 2H H O O
4) Fe H O Fe HO HO
−
−
−
+⎯→+
+⎯→+
⎯→ +
i
i
i
ZZX
YZ
10
Il Fe
2+
potrebbe essere prodotto, come era stato dimostrato da studi
preliminari (Imlay, 2003), dalla reazione inversa a quella mostrata
nell’equazione (2), tuttavia in vivo questa reazione ha poca importanza
a causa della bassa concentrazione di O
2
·-
(~ 10
-10
M) (Imlay e
Fridovich, 1991). La riduzione del Fe
3+
in vivo, come dimostrato da
Rowley e Halliwell (1982), potrebbe essere dovuta all’azione di agenti
riducenti intracellulari come il NAD(P)H e il glutatione che sono
molto più abbondanti anche se meno reattivi del O
2
·-
(Winterbourn,
1979). Recenti studi hanno mostrato che sia il FADH
2
che i residui di
cisteina riescono a ridurre velocemente il Fe
3+
in vitro (Park e Imlay,
2003 e Woodmansee e Imlay, 2002), inoltre trattamenti che
incrementano i loro livelli in vivo, aumentano i danni derivati dalla
formazione di OH
·
anche di un ordine di grandezza.
Come mostrato dall’equazione (3), O
2
·-
, in seguito ad una reazione di
dismutazione, forma O
2
e H
2
O
2
. Quest’ultimo è capace di ossidare
alcuni composti organici come residui di cisteina e metionina ma
l’ossidazione avviene solo quando in vivo sono presenti alte
concentrazioni di questo composto. Perciò la tossicità dell’H
2
O
2
dipende dalla sua capacità di generare OH
·
in presenza di O
2
·-
e di
Fe
2+
.
1.3 Produzione dei ROS all’interno della cellula
I ROS sono generati durante molte attività cellulari. Sicuramente uno
dei meccanismi che in vivo genera O
2
·-
e H
2
O
2
è la perdita di elettroni
da parte dalla catena di trasporto respiratoria. Il sito più probabilmente
coinvolto nella produzione di queste specie è il complesso bc1 nel
quale sono presenti componenti che facilmente vanno incontro ad
autossidazione come il citocromo b
566
e l’ubichinone.
11
Il O
2
·-
e H
2
O
2
vengono formati anche dall’autossidazione di diverse
flavoproteine come ad esempio la NADH deidrogenasi, la succinato
deidrogenasi, la xanthina oxidasi.
Anche l’ossidazione di piccole molecole come flavine, catecolamine e
tetraidrofolato può portare alla formazione di queste specie reattive
dell’ossigeno.
Inoltre è stata messa anche in evidenza la produzione di O
2
·-
e H
2
O
2
in
cellule che attivano la fagocitosi come ad esempio neutrofili,
monociti, macrofagi ed eosinofili al contatto con un corpo estraneo o
con l’immuno complesso.
1.4 Danni generati dai ROS
Il danno maggiore procurato dal O
2
·-
è diretto ad alcune classi di
proteine. E’ stato dimostrato che il radicale è capace di inattivare
enzimi che contengono un cluster Ferro-Zolfo (4Fe-4S) esposto al
solvente come l’aconitasi B (Gardner e Fridovich, 1991), la fumarasi
A e B (Liochev e Fridovich, 1993) e la diidrossiacido deidratasi di E.
coli (Kuo et al., 1987). Il cluster 4Fe-4S è formato da tre atomi di Fe
coordinati da 4 legami con lo zolfo e da un quarto atomo di Fe
coordinato da 3 legami con lo zolfo e responsabile della catalisi. Il
Ferro catalitico che presenta una carica positiva attrae
elettrostaticamente il O
2
·-
e tale interazione determina l’ossidazione
del cluster ed il rilascio dell’atomo di ferro (Fig. 3).
I cluster Ferro-Zolfo degli enzimi respiratori non sono danneggiati
invece da O
2
·-
perchè vengono protetti dalla catena polipeptica della
proteina e quindi non si trovano esposti al solvente.
12
Anche l’H
2
O
2
può creare dei danni diretti ad alcune biomolecole
sebbene l’energia di attivazione per la rottura del legame O-O sia alta
e limiti la sua reattività.
L’H
2
O
2
ossida i residui di cisteina delle proteine generando acidi
sulfenici che possono a loro volta formare legami crociati con altre
cisteine o essere ulteriormente ossidati ad acidi sulfinici. L’H
2
O
2
può
ossidare anche i residui di metionina sebbene questa reazione avvenga
ad una efficienza ancora più bassa di quella dell’ossidazione della
cisteina.
Inoltre H
2
O
2
è capace di ossidare direttamente i cluster Ferro-Zolfo
delle proteine. L’interazione dell’H
2
O
2
con gli orbitali d dei metalli di
transizione indebolisce il legame O-O provocando l’ossidazione del
ferro del cluster.
Ma come sottolineato in precedenza la specie che in maniera diretta
provoca la maggior parte dei danni alle biomolecole è OH
·
e la
maggiora tossicità dell’H
2
O
2
e del O
2
·-
è proprio determinata dalla loro
capacità di generare OH
·
. I danni provocati nelle cellule da questo
radicale sono molti poichè esso reagisce con quasi tutti i tipi di
molecole organiche presenti nelle cellule viventi. La reattività del OH
·
è così alta che esso reagisce immediatamente con qualsiasi molecola
biologica nelle sue vicinanze producendo radicali secondari di
variabile reattività.
Oltre all’ossidazione e carbonilazione dei residui amminoacidici e alla
perossidazione dei lipidi di membrana, uno dei danni maggiori che
questo radicale induce nelle cellule è dovuto alla sua interazione con il
DNA. OH
·
è capace sia di sottrarre elettroni alle basi azotate e al
deossiribosio sia di aggiungere elettroni alle basi con la conseguente
produzione di radicali che possono determinare diversi tipi di danni
come la rottura dei filamenti o la generazione di mutazioni.
13
Figura 3. Ossidazione dei cluster Ferro-Zolfo da parte di O
2
·-
14
1.5 Ruolo del Ferro nel danno alle molecole biologiche
Il coinvolgimento nel danno alle molecole biologiche del Fe
+2
,
catalizzatore della formazione di OH
·
nella reazione di Fenton, è
supportato dagli esperimenti di Imlay e Linn (1988), in cui agenti
chelanti sono in grado di proteggere il DNA, e dai risultati di Touati et
al. (1995) nei quali è mostrato che i danni al DNA sono incrementati
da mutazioni in geni deputati al trasporto di ferro. Inoltre molti batteri
rispondono all’ H
2
O
2
inducendo Dps, una proteina simile alla ferritina
in grado di rimuove il ferro (Ilari et al., 2002).
La presenza intracellulare di ferro non legato può dipendere sia da un
alterato trasporto, che da processi spontanei di perdita dello ione da
parte di alcune proteine (Varghese et al., 2003), ma anche da processi
ossidativi del cluster Ferro-Zolfo degli enzimi.
In figura 4 è mostrata una delle vie che possono portare al
danneggiamento del DNA: H
2
O
2
e O
2
·-
, prodotti dall’autossidazione di
flavoproteine, ossidano le deidratasi contenenti il cluster 4Fe-4S
determinando il rilascio di Fe
2+
nel citosol; quest’ultimo catalizza, in
presenza H
2
O
2
, la formazione OH
·
.