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negli anni Settanta, sopravvive solamente in qualche caso, a volte un po’ 
contraddittorio. 
C’è chi porta una tesi su Kieslowski, il primo Kieslowski, perché dopo ne 
hanno già scritto in troppi; chi ha preparato qualcosa sull’espressionismo tedesco, 
chi analizza De Palma attraverso le citazioni e la ripresa dello stile tipico di 
Hitchcock e chi si chiede verso quale direzione sta andando il cinema francese. 
Quando spiego la mia idea, qualcuno non sa nemmeno chi sia Charlie Kaufman. 
Non so se questo sia un pregio o un difetto per la mia tesi. Faccio allora un elenco 
dei suoi film e qualcuno ne ha sentito parlare o ne ha visto uno, forse due, con un 
po’ di sufficienza. A salvarmi dall’imbarazzo, l’idea dell’ultimo di noi: una tesi 
sulla trasposizione del videogioco Doom al cinema. 
 
Questo incipit narrativo, letterario, come potrebbe essere trasposto in una 
sceneggiatura, che segua tutte le regole fondamentali nella stesura di un copione 
per un film? Come la scriverebbe un normale sceneggiatore, il cui lavoro termina 
alla consegna e all’approvazione del terzo atto e dopodichè può andare in vacanza 
o iniziare a dedicarsi ad un nuovo progetto? 
 
FEDERICO è seduto su una panchina in un corridoio della sua facoltà. E’ 
fuori l’ufficio di un professore e sta aspettando il proprio turno per poter entrare. 
Accanto a lui SIMONE, un ragazzo toscano, che canticchia sottovoce qualche 
canzone commerciale. Come loro, nel corridoio, in attesa, altri ragazzi. Federico 
tira fuori dalla borsa una busta di plastica con dentro i fogli della sua bibliografia 
per la tesi. 
 
 
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SIMONE 
(sottovoce) 
Oh, fa vedere 
 
Federico gli passa i fogli 
 
SIMONE 
(sottovoce) 
Charlie Kaufman!  
 
E ridendo inizia a dare un’occhiata alla bibliografia mentre Federico lo guarda 
 
SIMONE 
(sottovoce) 
   Pensi che te l’accetterà? 
 
FEDERICO 
 (sottovoce) 
   Spero. 
   Almeno la mia è originale (canzonandolo) 
   Non come la tua 
 
Un ragazzo (RAGAZZO #1) seduto di fronte a loro li interrompe 
 
RAGAZZO #1 
 
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   Scusate, venite anche voi qui per la tesi?  
 
Simone e Federico annuiscono 
RAGAZZO #1 
 
   Sapete mica di quante pagine va fatta lunga?  
 
SIMONE 
 
   Boh! Non sappiamo neanche se ci accetta i 
   nostri progetti.  
   Tu su cosa la fai? 
 
RAGAZZO #1 
 
   Kieslowski! 
 
Simone finge stupore e approvazione per la scelta 
 
RAGAZZO #1 
 
   Il primo Kieslowki, perché dopo ci hanno  
   già scritto in troppi 
 
Mentre anche Federico finge interesse, interviene un ragazzo vestito tutto di nero 
(RAGAZZO #2), seduto poco lontano, con un libro in mano 
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RAGAZZO #2 
 
   Ma gli fai anche un’analisi retrospettiva  
   della Polonia di quegli anni? 
 
RAGAZZO #1 
 
   Sì, pensavo di sì. Ma devo ancora  
   proporglielo 
 
RAGAZZO #2 
 
   Io la sto facendo sul cinema francese  
   contemporaneo, quello strettamente 
   francese, non Luc Besson… 
 
FEDERICO 
    (sottovoce a Simone) 
   Ma perché?  
 
RAGAZZO #2 
 
   …Gli ho messo dentro un’analisi sulla 
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   Francia di oggi ed è stato contento  
 
 
RAGAZZO #1 
 
   Ah, sì? Beh, grazie.  
    (a Simone e Federico) 
   Voi su cosa la fate?  
 
SIMONE 
 
   Io su come De Palma a volte ricalchi e citi 
   apertamente Hitchcock 
 
Il ragazzo #1 commenta piacevolmente soddisfatto; il ragazzo #2 fa una smorfia e 
scuote un po’ la testa, perplesso.  
 
SIMONE 
    (indicando Federico) 
   Lui su Charlie Kaufman 
 
RAGAZZO #1 
 
   Ma chi? Il personaggio di Jim Carrey in  
   Man on the Moon?  
 
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FEDERICO 
    (timidamente) 
   E’ lo sceneggiatore di Essere John Malkovich,  
   Il ladro di orchidee, Se mi lasci, ti cancello… 
 
  RAGAZZO #1      RAGAZZO #2 
 
Ah, carino quello, l’ho visto      Sì, ha scritto i primi due film di 
Gondry 
 
Il ragazzo #2 commenta continuando la lettura, senza alzare lo sguardo dal libro.  
 
SIMONE 
    (a ragazzo #2) 
   Ma Gondry glielo metti nella tesi?  
 
Il ragazzo #2 sospende la lettura, fa qualche smorfia sbuffando prima di iniziare a 
rispondere.  
 
RAGAZZO #2 
 
   Mah……ecco, vedi….non è che Gondry (sia proprio 
da considerare totalmente inserito nella….) 
 
Viene però interrotto da un terzo ragazzo (RAGAZZO #3) che in quel momento 
esce dallo studio del professore. La sua voce che si saluta con l’insegnante sulla 
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soglia della porta sovrasta tutte le altre. Dopodichè il ragazzo #3 scambia un 
saluto con Simone e se ne va per il corridoio 
 
RAGAZZO #1 
 
   A chi sta?  
 
Mentre una ragazza (RAGAZZA #4) che non aveva partecipato alla discussione 
entra nell’ufficio del professore.  
 
SIMONE 
    (indicando il ragazzo #3 uscito dal corridoio) 
   Oh, lui fa una tesi su Doom, il videogioco 
 
RAGAZZO #1 
 
   Doom? 
 
SIMONE 
 
   Sì! 
 
Il ragazzo #1 ride; il ragazzo #2 sospira fra sé tornando a leggere il suo libro, 
mentre Simone, divertito, da una pacca sulla schiena a Federico 
 
FEDERICO 
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    (sottovoce a Simone) 
   Ma come riesce a riempire cento pagine  
   solo di Doom?  
 
 
Il medesimo incipit di sceneggiatura, invece, come verrebbe scritto da 
Charlie Kaufman? Francamente, non lo so. Ma tenendo sottomano le 
sceneggiature di Kaufman, posso dire con quasi assoluta certezza quali elementi 
vi troverei dentro e quali sicuramente no. Innanzi tutto Simone sarebbe eliminato. 
Il timido Federico, che si relaziona poco con gli altri, sarebbe da solo. Questo 
perché tutti i personaggi principali di Kaufman, timidi come il protagonista di Se 
mi lasci, ti cancello o esuberanti come il Barris di Confessioni di una mente 
pericolosa, sono tutti dei personaggi soli e/o dei solitari. Hanno pochi amici, 
sempre che ne abbiano qualcuno. La rimozione di Simone, inoltre, permetterebbe 
di aggiungere al mio elaborato un’altra caratteristica tipica di Kaufman, la voce 
fuori campo. Un voice-over dello stesso Federico che ci racconta le idee sulle altre 
comparse, le proprie insicurezze, i propri timori prima del colloquio col 
professore. Una tecnica caldamente sconsigliata in tutti i manuali di 
sceneggiatura, fiacca e che appesantisce il racconto cinematografico, specialmente 
se adoperata maldestramente. I personaggi di un film non possono pensare, i loro 
pensieri li dobbiamo leggere sul volto degli attori; devono parlare e compiere 
delle azioni per potersi relazionare; devono relazionarsi per far nascere un 
conflitto; devono avere un conflitto per generare una storia. Un personaggio che si 
siede e riflette, oppure che ogni volta ci informa dei propri pensieri riguardo 
quello che gli sta succedendo intorno, magari fermandosi imbambolato sulla 
scena, mentre intorno a sé tutto si muove, è un personaggio senza storia, che non 
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andrà da nessuna parte, specialmente nel cinema hollywoodiano. Eppure i 
protagonisti di Kaufman lo fanno, e la scena dell’imbambolato che ho appena 
descritto è l’inizio di Confessioni di una mente pericolosa, con la medesima 
situazione che ritornerà all’interno dello stesso film.  
Molto probabilmente il Federico di Kaufman avrà gli stessi problemi del 
mio a partorire la propria tesi di laurea: magari il mio riuscirà a scriverla dopo una 
stramba avventura e con l’aiuto di qualche amico o ragazza che lo distrarranno dal 
blocco a cui è andato incontro; il suo potrebbe trovare l’ispirazione attraverso 
un’esperienza onirica o riflettendo su un personaggio che come lui è chiamato a 
scrivere qualcosa che lo appassiona, ma non riesce a trascrivere a parole la 
confusione dei pensieri che ha in testa, come avviene per Nicolas Cage in Il ladro 
di orchidee. Sicuramente dovrà superare un processo di maturazione dopo il quale 
tutto gli sembrerà più chiaro. Nel suo delirio immaginario, potrebbe anche 
inscenare nella mente di Federico una discussione fra Francois Truffaut e Claude 
Autant Lara (o Ado Kyrou oppure lo stesso Godard) riguardo l’identità di un 
autore o di un semplice mestierante, che potrebbe sfociare in una rissa violenta 
con libri lanciati da tutte le parti e dita spezzate dentro i ciak. E infine sarebbe 
l’ennesimo script di Kaufman che parla dell’atto di narrare 
Ripeto, francamente non so come la scriverebbe, ma già il fatto di 
chiedersi come potrebbe scriverla e l’elencare con naturalezza la presenza di 
alcuni elementi narrativi e la sicura assenza di altri, investe la figura di Kaufman 
di una certa autorialità, o, sotto un altro punto di vista, ne contraddistingue in 
certo qual modo lo stile.  
E’ questo in realtà che stavo pensando seduto sulla panchina, fuori 
dall’ufficio del professore. Normalmente uno sceneggiatore, dopo che ha 
consegnato la sua ultima stesura, viene pagato, ringraziato e fatto accomodare nel 
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salotto nell’attesa che il film sia finito. E al momento della proiezione scopre un 
mucchio di elementi nuovi all’interno del suo copione. Per questo motivo quando 
andiamo ad analizzare un film non ci chiediamo mai di chi è la sceneggiatura o 
chi ha pensato il soggetto, dando così l’avvio al processo creativo che passa solo 
successivamente attraverso la regia e culmina col montaggio. Ci soffermiamo 
solamente a chiederci chi è il regista. Dell’esistenza di uno sceneggiatore 
tendiamo a dimenticarcene; non pensiamo che anche il regista è partito basandosi 
sull’attività di qualcun altro.  
Charlie Kaufman, a differenza di quasi tutti gli sceneggiatori, invece, dopo 
essere stato pagato e ringraziato per le pagine consegnate, non viene fatto 
accomodare in salotto, ma viene invitato sul set, prima ancora nell’ufficio di 
produzione, dove viene pianificato tutto il film, e, soprattutto in post-produzione, 
durante il montaggio, per andare a ricoprire quel ruolo un po’ astratto di 
produttore esecutivo, che, detto banalmente, è colui che supervisiona le scelte del 
regista e col quale questi si può consultare, in merito anche al piano di lavoro 
preparato in fase di pre-produzione.  
In realtà la presenza di Kaufman sul set non è così frequente, a meno che 
non si stia registrando una scena complicata o ci sia qualcosa da cambiare al volo. 
Rispetta il desiderio del regista di avere la più completa libertà. Il produttore 
esecutivo (ce ne sono sempre più di uno), in questo caso, controlla che il regista 
non sfori il budget stabilito, sottopone le sue scelte all’analisi dei costi, stabilendo 
se un dolly è realizzabile o è preferibile ricorrere ad un altro espediente. Come ci 
conferma la citazione iniziale, il rispetto di Kaufman per la libertà del regista 
viene contraccambiato dall’altra parte da un continuo coinvolgimento dello 
sceneggiatore all’interno del processo creativo, di modo che, al momento di 
ritrovarsi sul luogo delle riprese, tutto (o quasi tutto) è stato già ampiamente