INTRODUZIONE 
 
4 
INTRODUZIONE 
 
 
 
 
 
 
I. Perché parlare di comunicazione? 
 
 
 
 
«Siamo nell'epoca della comunicazione, ma ogni anima onesta 
fugge e sguscia via ogni qual volta le si proponga una piccola 
discussione, un convegno o una semplice conversazione. [...] La 
filosofia della comunicazione si esaurisce nella ricerca del 
consenso attraverso una libera opinione universale, sotto cui si 
ritrovano le percezioni e affezioni ciniche del capitalista in 
persona» 
(Gilles Deleuze, Félix Guattari, Che cos'è la filosofia?) 
 
 
 
 
 Queste le parole dei due filosofi francesi Deleuze e Guattari
1 
per indicare la 
tragicità e allo stesso tempo la comicità dell'epoca moderna, definita “della 
comunicazione”, ma in cui, in realtà, la comunicazione non esiste. Viviamo in un 
epoca di morte e di immobilità, in cui ogni messaggio è privo di senso, vuoto e 
slegato da ogni riferimento e da ogni componente: la comunicazione è solo consenso 
e accettazione passiva di ciò che viene proposto; essa è ridotta a “brandelli” di 
informazione, a dati privi di legami, che portano l'azzeramento di ogni pensiero e di 
ogni creatività umana. È una comunicazione patologica quotidiana e ritenuta 
normale, ma che in realtà nasconde un anello fondamentale di cui ignoriamo 
l'esistenza e l'importanza: la metacomunicazione, ossia l'analisi della comunicazione 
stessa e delle relazioni che si sviluppano all'interno di essa. Una delle conseguenze 
                                                 
1
. Gilles Deleuze (1925-1995), filosofo francese, è ritenuto uno dei pensatori più influenti del 
Ventesimo secolo. Pierre-Félix Guattari (1930-1992) è stato medico, psicanalista, politico e filosofo 
francese. Il testo preso in considerazione è Che cos'è la filosofia?, in cui i due filosofi definiscono la 
filosofia come arte di costruire concetti.  
Gilles Deleuzue, Fèlix Guattari, Qu'est-ce que la philosophie?, Les Éditions de Minuit, Parigi, 1991, 
trad. it. di A. De Lorenzis, Che cos'è la filosofia?, a cura di C. Arcuri, Einaudi, Torino, 1996.
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5 
principali a questa mancanza di ricerca del senso è la rinuncia totale alla scoperta di 
qualsiasi significato e all'adeguazione passiva a qualsiasi messaggio. È una 
comunicazione egocentrica, come sostiene Marina Mizzau, professoressa in 
psicologia della comunicazione all'università di Bologna, ossia «una comunicazione 
che non tiene conto dell'altro in quanto rigidamente legata ad un codice semantico, a 
uno schema di riferimento, a un ruolo»
2
. Tutto è comunicabile e alla portata di tutti, 
tutto ci è noto, tutto è reso semplicemente notizia: viviamo in un’epoca di 
comunicabilità illimitata, dove ogni discorso è ridotto ad un’indefinibile comprensione 
dei media, dove la parola in sé viene meno e dove essa diventa mero “strumento di 
passaggio di informazione”. La comunicazione non è più una possibilità d’esistere 
per l’uomo, ma è semplicemente una trasmissione di parole e suoni che non 
coinvolge più nessuno nel gioco comunicativo. La parola viene a mancare per 
lasciare spazio ad un’insieme di lettere il cui unico scopo è quello di comandare dei 
comportamenti. Al contrario, la comunicazione vera esiste quando c’è comunanza 
dell’uno con l’altro, quando c’è quella relazione nella quale l’uno è per l’altro ma nella 
misura in cui ognuno rimane altro nel rispetto della propria identità; la comunicazione 
vera è un rapporto multi direzionale con ogni parte del sistema in cui siamo inseriti; la 
comunicazione vera è attenzione al senso delle parole, è capacità di interpretazione, 
è capacità di analisi del messaggio stesso; la comunicazione vera è manifestazione 
dell’essere uomo.  
 
 Questo lavoro di tesi nasce da un interesse personale riguardo i temi inerenti 
all'ambito della comunicazione umana. Nella lettura delle opere di Bateson, Laing, 
Watzlawick, per citare i più importanti, ho notato come nella società moderna manchi 
veramente una ricerca del senso di ciò che vogliamo esprimere: ogni discorso si 
                                                 
2
. Marina Mizzau, Prospettive della comunicazione interpersonale, Mulino, Bologna, 1974, p. 11.
INTRODUZIONE 
 
6 
riduce ad una trasmissione del linguaggio in maniera rituale, ad una semplice 
espressione ed affermazione del Sé. Diversamente, tali autori indirizzano l’uomo 
verso una comunicazione efficacie e reale, insegnando i meccanismi della 
comunicazione e puntando l'attenzione sulla necessità di un'analisi 
metacomunicativa e, va da sé, sul bisogno di accettare e promuovere il rapporto con 
l'altro.  
 Non possiamo farne a meno... coscientemente o non, comunichiamo con gli 
altri interagendo. Viviamo attraverso la comunicazione, verbale e non verbale, ed 
esprimiamo il nostro essere nel rapporto con gli altri. Le nostre parole e azioni 
modificano l'altro e noi stessi; uno stesso messaggio può assumere mille sfumature 
diverse a seconda del contesto e l'ambiente in cui è collocato, oltre che dalla 
relazione che si intrattiene con l'interlocutore. Un messaggio scherzoso può 
potenzialmente diventare fonte di conflitto e rimprovero, così come una 
comunicazione seria può essere presa come una burla. A volte, senza rendercene 
conto, poniamo gli altri e noi stessi in un circolo vizioso patologico, in cui non si ha 
più niente da comunicare e lo scopo dell'interazione si rivolge all'affermazione o 
negazione del proprio e altrui Sé. Una comunicazione efficacie richiede quindi la 
consapevolezza che sono in gioco molte varianti in ogni nostra espressione, sia essa 
vocale o fisica.  
 Ma quanto si è consapevoli di questi elementi necessari, eppure ignorati, della 
comunicazione? Conoscerli potrebbe veramente aiutare ad avere una 
comunicazione efficiente e attenta al rapporto con l'altro? Avere consapevolezza di 
ciò che diciamo e di come ogni nostra parole agisce sull'altro, può evitare conflitti, 
rimproveri e recriminazioni?
INTRODUZIONE 
 
7 
II. Argomento e struttura della tesi  
 
 
 
 
 Rintracciando il filo rosso accennato nelle righe precedenti, questo breve 
lavoro cercherà di offrire al lettore una risposta alla domanda Che cos'è la 
comunicazione? A colpo d'occhio, sembra di poter dare una risposta veloce e 
semplice: la comunicazione è uno scambio di parole fra due o più persone. In realtà, 
questo concetto nasconde sotto la sua semplicità e usura un mondo ricco e 
sfaccettato, difficilmente delimitabile e definibile con poche parole. Tale lavoro si 
prende il compito di dare uno sguardo d'insieme, seppur parziale e limitato, sulla 
comunicazione e sui processi fondamentali ad essa collegati, per mostrare come sia 
necessaria un'analisi attenta del processo comunicativo per poter capire a fondo il 
senso, non solo di ciò che viene detto, ma dell'esistenza umana stessa.  
 
 I capitoli sono disposti “a scala”: ogni gradino (capitolo) rappresenta un 
ulteriore passo verso una conoscenza più profonda, attenta e completa della 
comunicazione, della sua struttura interna e dei  meccanismi che si attuano quando 
si parla, sottolineando, infine, cosa può accadere nei momenti in cui qualche 
elemento all'interno del sistema si rompe e porta ad uno squilibrio generale.  
Il primo capitolo, a carattere fortemente introduttivo, ha il compito di mettere a fuoco 
alcuni presupposti teorici fondamentali, quali lo studio del concetto e delle varie teorie 
della comunicazione susseguitesi nel corso degli anni, per preparare il campo 
all'analisi successiva, incentrata sui meccanismi interni della comunicazione. Il 
secondo capitolo è incentrato sul “tema” sistema, inteso come interazione sia con 
l’altro che con l’ambiente circostante, mentre il terzo capitolo illustra i cosiddetti 
“cinque assiomi della comunicazione umana”, che regolano il funzionamento della
INTRODUZIONE 
 
8 
comunicazione stessa. Già nel terzo capitolo, si sottolinea la necessità di dover 
prendere coscienza della metacomunicazione come elemento fondamentale per una 
comunicazione vera ed efficacie: il quarto capitolo è dedicato interamente all'analisi 
della capacità metacomunicativa e della sua importanza nella possibilità e necessità 
di riconoscere i diversi livelli della comunicazione. La mancanza di questa capacità di 
analisi metacomunicativa, per incapacità o problemi medici, porta all'analisi compiuta 
nel quinto capitolo, in cui vengono analizzati i principali conflitti interni alla 
comunicazione, non solo in ambito patologico, ma nella normalità quotidiana; in 
particolare, verrà dato risalto alla teoria del doppio legame e al suo stretto rapporto 
con la schizofrenia. Infine, nel sesto ed ultimo capitolo, si “tirano le somme” di quanto 
stato detto precedentemente, cercando di mettere in risalto la necessità, per ogni 
individuo, di conoscere la comunicazione e come essa funzioni, al fine di avere un 
buon dialogo e rapporto con l'altro, ed evitare inutili e spiacevoli paradossi o conflitti.
LA COMUNICAZIONE 
 9  
CAPITOLO I 
 
LA COMUNICAZIONE 
 
 
 
 
 
 
1.1 Il concetto di comunicazione  
 
 
 
 
 Karl Erik Rosengren, docente di Media and Communication Studies 
all'Università di Lund in Svezia, nello scritto Introduzione allo studio della 
comunicazione illustra l'etimologia del termine comunicare:  
 
«Il termine comunicare è storicamente collegato alla parola comune, che deriva 
dal verbo latino communicare (condividere, rendere comune), a sua volta 
correlato alla parola latina communis (comune). Quando comunichiamo, 
incrementiamo la nostra conoscenza condivisa, cioè il “senso comune”, la 
precondizione essenziale per l’esistenza di qualsiasi comunità»
3
.  
 
Il termine comunicazione assume tradizionalmente due significati principali, i quali 
entrambi mettono in evidenza la creazione di un certo tipo di comunanza fra le 
persone: da un parte abbiamo il primo significato, più antico, legato al mettere in 
comune oggetti o al partecipare a qualche evento riferito ad una comunità, ad un 
insieme di persone; dall'altra parte, il secondo significato legato all'idea di rendere 
comune pensieri e idee, considerando l'interlocutore singolarmente. Con il passare 
degli anni, la seconda accezione ha acquisito sempre maggiore importanza, tanto 
che al giorno d'oggi è il significato primario del termine comunicare. La 
comunicazione viene quindi definita come un atto attraverso cui si porta qualcosa a 
                                                 
3
. Karl Erik Rosengren, Communication: an Introduction, Sage publication Ltd, London, 2000, trad. it. 
di D. Cardini, Introduzione allo studio della comunicazione, Mulino, Bologna, 2001, p. 11.
LA COMUNICAZIONE 
 10  
conoscenza di altri; è un comportamento intenzionale di un individuo verso altri con 
lo scopo di provocare dei cambiamenti e delle reazioni nel destinatario del 
messaggio, cambiamento che può essere cognitivo (nuove idee), emotivo (curiosità) 
o comportamentale (azione). Credo sia importante, a questo punto, sottolineare la 
differenza fra il termine comunicazione e informazione, che spesso, in maniera 
errata, vengono usati come sinonimi. Informazione indica il passaggio di  messaggi 
scelti dal mittente e interpretati dal destinatario; è un processo di acquisizione di 
nuove idee e conoscenze. La comunicazione, invece, non riguarda solo ciò che 
viene detto, ma sottolinea e analizza anche il come, ossia il contesto, i codici, le 
interferenze, la relazione interpersonale fra gli interlocutori. Sono variabili che devono 
essere prese in considerazione quando si parla di comunicazione, che, tirando le 
somme, è «uno scambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti, dotato di 
intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far 
condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali 
di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento»
4
. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                 
4
. Luigi Anolli, a cura di, Psicologia della comunicazione, Mulino, Bologna, 2002, p. 26.
LA COMUNICAZIONE 
 11  
1.2 I diversi approcci alla teoria della comunicazione 
 
 
 
 
 Per comprendere pienamente la comunicazione e il suo meccanismo interno è 
necessario volgere lo sguardo verso un'analisi più approfondita, seguendo le tappe 
degli studi sul processo comunicativo compiute nel corso degli anni attraverso la 
presentazione di diverse teorie che, in linea generale, prendono le mosse dalla 
contrapposizione fra due paradigmi: trasmissivo e interattivo.  
 Il paradigma trasmissivo identifica la concezione tradizionale della teoria della 
comunicazione, nella quale la comunicazione viene vista come un passaggio di 
informazione da un mittente ad un destinatario: in questo caso possiamo parlare di 
un rapporto di similarità con il termine informazione, lasciando quindi molti dubbi 
sulla correttezza di tale teoria. Proprio per ovviare a tale errore, al paradigma 
trasmissivo subentra quello interattivo, dove la comunicazione non è più vista come 
trasmissione di informazioni, ma come interazione intenzionale fra due, o più, 
interlocutori in dipendenza delle loro aspettative. Il paradigma interattivo può essere 
quindi considerato in parte un miglioramento e in parte un superamento di quello 
precedente, di cui discute e risolve alcune incongruenze dovute all’inadeguatezza 
dell'assunto di considerare sempre la comunicazione come trasmissione di 
informazioni. Lo schema base di un sistema della comunicazione rimane 
sostanzialmente lo stesso per entrambi i paradigmi, ma mutano le spiegazioni del 
processo comunicativo, ossia che cosa succede nei passaggi intermedi che vi sono 
fra la sorgente, che sceglie il messaggio da inviare, e il destinatario, che riceve ed 
elabora le informazioni ricevute. 
 Il meccanismo della comunicazione è stato riassunto in diversi modelli, i quali 
necessitano di alcune condizioni fondamentali affinché si realizzi la comunicazione
LA COMUNICAZIONE 
 12  
stessa: vi devono essere un linguaggio e un codice comune di decodifica fra mittente 
e destinatario ed è necessario che le fonti di rumore e distrazione siano ridotte al 
minimo. Tali modelli sono tre, ed essi si integrano e si completano a vicenda, proprio 
a sottolineare la complessità del processo comunicativo, in cui è necessario 
considerare innumerevoli fattori.  
 
 
 
 
 
 
 
 
1.2.1 Il modello meccanico 
 
 
 
 
 Il modello meccanico (o tradizionale) rappresenta la prima teoria in ambito 
comunicazionale, ove la comunicazione è definita come trasferimento di informazioni 
sotto forma di segnali da una sorgente ad un destinatario. Tale modello è stato 
concettualizzato negli anni Quaranta da Shannon e Weaver nell'opera La teoria 
matematica della comunicazione
5
, allo scopo di analizzare e risolvere alcune 
problematiche legate al campo delle telecomunicazioni e della trasmissione dei dati. 
Entrambi matematici e fisici, il loro studio cercava di individuare le migliori condizioni 
per il trasferimento dei segnali attraverso apparati fisici, e nel fare questo hanno 
creato un modello del funzionamento del processo comunicativo. É quindi un  
modello meccanico e fisico, in cui però sono stati individuati alcuni elementi 
fondamentali: la fonte (emittente) produce un messaggio che, attraverso un apparato 
                                                 
5
. «Il problema fondamentale della comunicazione consiste nel riprodurre in un punto, esattamente o 
approssimativamente, un messaggio selezionato in un altro punto». Questa citazione riassume 
perfettamente il lavoro svolto da Claude E. Shannon e Warren Weaver nel testo The Mathematical 
Theory of Communication, University Of Illinois Press, Illinois, 1949, trad. it. di P. Cappelli, La teoria 
matematica della comunicazione, Etas Kompass, Milano, 1971.
LA COMUNICAZIONE 
 13  
trasmettitore, viene trasformato in un segnale che si adatta al canale utilizzato, e 
successivamente, attraverso quest’ultimo giunge al ricettore che inverte 
specularmente il processo, convertendo di nuovo il messaggio e facendolo giungere 
infine a destinazione.  
Con un esempio pratico tale schema risulta più comprensibile: il termostato. Esso è 
un dispositivo che serve a regolare la temperatura dell'acqua di una caldaia, o 
dell'aria all'interno di un forno, e l'informazione vincolante è sapere se la temperatura 
ha raggiunto o no un “livello T”. Riprendendo lo schema sopra esposto della 
comunicazione, la fonte di informazione, in questo caso, è il contenitore dell'acqua o 
dell'aria, dotato di un sensore (il termometro). Il sensore è collegato ad un apparato 
trasmettitore, che, attivato quando viene raggiunto il “livello T” di temperatura, invia il 
messaggio “temperatura T raggiunta” attraverso un segnale sotto forma di impulso 
elettrico. Tale impulso elettrico viaggia attraverso un canale, il filo di rame, fino al 
ricettore al quale è collegato il destinatario, che in questo caso è un meccanismo di 
accensione o spegnimento del bruciatore.  
 In questo modello l'emittente del messaggio ordina le sue conoscenze in 
funzione delle informazioni che vuole trasmettere al ricevente, che viene visto come 
una macchina di decodifica, passivo e muto. In tale elaborazione viene sottolineato il 
ruolo giocato dal rumore, inteso come una qualsiasi forza che interferisce con il 
processo di “trasmissione dell'informazione” creando dei disturbi e delle distrazioni. Il 
rumore può essere: 
a) esterno, legato quindi a tutti i fattori esterni al ricevente che compromettono la 
comprensione del messaggio; 
b) fisiologico, ossia problemi biologici quali una malattia o la perdita dell'udito; 
c) psicologico, legato quindi alle capacità del soggetto di comprendere ed esprimersi.
LA COMUNICAZIONE 
 14  
 Tale modello fu poi ripreso e sviluppato dal linguista Roman Jackobson
6
, 
secondo il modello stimolo-risposta
7
. Secondo lo studioso russo, 
  
«il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante, il messaggio 
richiede in primo luogo il riferimento a un contesto che possa essere afferrato dal 
destinatario, e che sia verbale, o suscettibile di verbalizzazione; in secondo luogo 
esige un codice interamente, o almeno parzialmente, comune al mittente e al 
destinatario (o, in altri termini, al codificatore e al decodificatore del messaggio); 
infine un contatto, un canale fisico e una connessione psicologica fra il mittente e 
il destinatario, che consenta loro di stabilire e di mantenere la comunicazione. 
[…] Ciascuno di questi fattori dà origine ad una funzione linguistica diversa. 
Sebbene distinguiamo sei aspetti fondamentali del linguaggio, difficilmente 
potremmo trovare messaggi verbali che assolvano soltanto una funzione. La 
diversità dei messaggi non si fonda sul monopolio dell'una o dell'altra funzione, 
ma sul diverso ordine gerarchico fra di esse»
8
. 
 
 In base al modello elaborato da Roman Jakobson la comunicazione verbale 
può avere sei diverse funzioni, denominate referenziale, emotiva, conativa, fàtica, 
metalinguistica e poetica, le quali caratterizzano e differenziano tra loro i diversi 
enunciati. 
● La funzione referenziale (o denotativa) è orientata verso il contesto: i messaggi 
                                                 
6
. Roman Jackobson (1896-1982) è stato un linguista russo naturalizzato statunitense. È considerato 
uno dei principali iniziatori della scuola del formalismo e dello strutturalismo. A lui si deve lo studio 
della teoria della comunicazione linguistica. 
7
. Ivan Pavlov (1849-1936) è stato un fisiologo, medico ed etologo russo, il cui nome è legato alla 
scoperta del riflesso condizionato (meccanismo stimolo-risposta), da lui scoperto nel 1903. Nei 
suoi studi sulla regolazione delle ghiandole digestive, Pavlov diede particolare attenzione al 
fenomeno della “secrezione psichica”: mediante l'uso di fistole notò infatti che facendo vedere ad 
un animale del cibo, tali ghiandole iniziavano il loro funzionamento, mentre se lo stimolo visivo 
veniva tolto, esse cessavano la loro secrezione. Tali ricerche lo portarono a definire una vera e 
propria scienza sul riflesso condizionato, detto anche condizionamento classico. L'esperimento più 
significativo in questo senso è quello che è passato alla storia come “Il cane di Pavlov”. In questo 
esperimento Pavlov fa precedere all'azione di dare del cibo a un cane il suono di un campanello; 
nella prima fase dell'esperimento Pavlov fa suonare il campanello e non rileva nessuna secrezione 
salivare nel cane, in seguito gli fornisce la carne e lo stimolo viene attivato; nella fase successiva il 
campanello viene fatto suonare mentre al cane viene dato il cibo. Infine nella terza fase viene 
rilevato uno stimolo salivare già al solo suono del campanello: il cane associa al suono del 
campanello l'arrivo cibo e ciò provoca in lui una secrezione salivare. Il campanello diventa quindi lo 
stimolo condizionato. 
8
. Roman Jakobson, Essais de linguistique générale, Minuit, Paris, 1963; trad. it. di L. Grassi, Saggi di 
linguistica generale, Feltrinelli, Milano, 1966, pp. 185-186.