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Introduzione 
Nel corso di questi tre anni di studio sono state tante le materie che mi 
hanno appassionato e incuriosito. Dai vari argomenti trattati sono 
scaturiti diversi interrogativi, ai quali ho cercato di dare delle risposte 
attraverso il seguente lavoro di tesi. 
La prima domanda che mi sono posto e alla quale non di rado mi capita 
di rispondere è la seguente: “Che cosa fa il sociologo?”. In particolare, 
mi sono chiesto come è possibile applicare in ambito lavorativo le 
conoscenze che ho acquisito in questi tre anni di studio. La formazione 
universitaria cade proprio su questo punto, riesce a dare conoscenza agli 
studenti senza farli troppo riflettere sull’utilità. Se una persona non trova 
il modo di organizzare e mettere a fuoco ciò che sa, si trova in grande 
difficoltà, la conoscenza infatti ha senso solo se utile a qualcosa. La 
sociologia inoltre è una disciplina molto ampia ed il rischio è proprio 
quello di perdersi senza riuscire a specializzarsi in una determinata 
materia, magari consona alle singole caratteristiche personali e utile in 
ambito lavorativo. 
A questa mia prima domanda sono riuscito a rispondere. Tra gli esami 
del mio percorso formativo c’è stata una materia, “Principi e metodi di 
socioterapia”, che mi ha profondamente colpito, tanto che, nonostante sia 
una disciplina a scelta dello studente, ho deciso di sostenere l’esame e di 
approfondire tutte le tematiche inerenti la stessa. La socioterapia è una 
disciplina che studia a livello macro la società e le sue trasformazioni e a 
livello micro permette la decodifica di dinamiche di tutti i giorni. Certo, 
per diventare socioterapeuta occorrono due anni di master ma il 
sociologo può essere il più indicato per l’applicazione di tale 
metodologia. La socioterapia è applicabile in ogni campo della vita
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quotidiana e permette l’utilizzo delle conoscenze sociologiche al fine di 
aiutare persone con problemi sociali. Inoltre,  allo stesso modo in cui può 
essere utile per aiutare una persona in stato di disagio, può essere utile 
per educare un bambino.  La scoperta di questa nuova metodologia è 
stata per me ancora più entusiasmante avendo una passione particolare 
per i più piccoli (adoro stare in loro compagnia); vorrei continuare ad 
approfondire l’argomento e la scelta di utilizzare questa disciplina come 
filo conduttore di tutto il presente elaborato non è stata affatto casuale.  
Trovata la risposta alla mia prima domanda e precisata quale sia la mia 
aspirazione dopo la laurea, torniamo alle altre domande che mi sono 
posto in questa tesi.       
Non so se a qualcuno è mai capitato nella vita di tutti i giorni di riflettere 
su alcune cose che sembrano così scontate  ma lo sono solo 
apparentemente. A me dopo questi anni universitari succede molto 
spesso. Osservando le persone che incontro per strada, i conoscenti, gli 
amici, ho notato per esempio che sono davvero pochi i gesti di affetto tra 
di loro e mi sono chiesto come mai la nostra società sia così 
profondamente anaffettiva. 
Ho notato inoltre una forte incapacità di intrattenere relazioni che non 
siano individualistiche. Sarà questo il motivo per cui ci sentiamo tanto 
soli? Perché sembra che nella società attuale non riusciamo a stabilire 
relazioni stabili? Sarà perché siamo troppo egoisti e autocentrati? Forse, 
ma poi perché siamo tanto egoisti e autocentrati? 
Altro interrogativo: “Perché nella società attuale, la competizione permea 
ogni aspetto della nostra vita quotidiana?”. È come se vi fosse un 
costante bisogno di autoaffermazione, come mai?  
Osservando le nuove generazioni, ho potuto constatare le tante differenze 
tra il loro modo di vivere e quello dei loro genitori; nati in un’epoca di
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sviluppo neomediale, sempre a contatto con i nuovi mezzi di 
comunicazione (pc, iphone, ibook), i giovani di oggi  sembrano non 
riuscire più a relazionarsi con chi dovrebbe aiutarli a crescere, come se 
l’unico punto di riferimento e, di conseguenza, l’unica referenza sia il 
gruppo dei pari. Anche l’ atteggiamento verso la scuola non è dei 
migliori; la maggior parte di loro non sono interessati allo studio e lo 
stesso disinteresse si riflette in tanti campi della vita in generale. Mi sono 
chiesto perché accada questo, come riuscire a coinvolgere dei ragazzi 
nati digitali, quali metodologie socio-educative si possono utilizzare per 
suscitare interesse nelle nuove generazioni. I genitori poi sono spesso 
scoraggiati e si sentono impotenti di fronte al difficilissimo compito di 
dover educare i propri figli. Come mai?  
Vediamo nel dettaglio come è strutturato il mio elaborato. 
Con l’aiuto della socioterapia, che sarà il collante di tutta la tesi, ho 
provato a rispondere a tutti i quesiti. 
Nel primo capitolo ho introdotto delle riflessioni sul ruolo del sociologo 
nella società contemporanea, troppo spesso tenuto ai margini della stessa. 
Nel secondo capitolo ho descritto i concetti cardine della socioterapia, 
ripresi nei capitoli successivi.  
Nel terzo capitolo ho approfondito i cambiamenti comunicativi che si 
sono verificati nello sviluppo filogenetico della specie umana. L’ipotesi 
socioterapeutica è che le conseguenze degli sviluppi comunicativi 
sarebbero possibile fonte di disagio, soprattutto per quelle persone che 
non hanno gli strumenti adatti per adeguarsi ai cambiamenti culturali 
indotti dai nuovi medium comunicativi. Analizzarli in dettaglio mi ha 
permesso di comprendere come l’uomo evolva, quali siano le sue 
caratteristiche principali e come modifichi la sua organizzazione in 
seguito ai cambiamenti comunicazionali.
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Comprendere come l’uomo è organizzato, come vive, quali siano i suoi 
valori di riferimento è fondamentale per provare a rispondere alle 
domande. 
Nel quarto capitolo ho approfondito il cambiamento di medium che ha 
imposto la più grande trasformazione nell’essere umano; il passaggio 
dalla cultura orale alla cultura tipografica. Passaggio che secondo un’ 
ipotesi socioterapeutica ha portato alla nascita del soggetto e della 
soggettività (una nuova organizzazione dell’uomo). Il nuovo modo di 
vivere introdotto dalla società tipografica porterebbe l’uomo a poter agire 
privilegiando o la dimensione cognitiva (razionale), l’ideal-tipo è 
l’intellettuale, o la dimensione affettiva, in questo caso l’ideal-tipo è 
l’artista. Nella parte finale ho cercato di reinterpretare in termini 
socioterapeutici l’opera “L’uomo a una dimensione” di Herbert Marcuse.  
Nel quinto capitolo ho analizzato nel dettaglio come nasce l’uomo a una 
dimensione (il soggetto) e come la sua organizzazione (la soggettività) 
sia in forte declino a causa del nuovo cambiamento mediale in atto. Oggi 
infatti siamo nel bel mezzo di un ulteriore cambiamento  comunicativo 
(passaggio dalla cultura tipografica alla cultura neomediale) introdotto 
dai nuovi mezzi di comunicazione (pc, iphone) e l’uomo di conseguenza 
è in una ulteriore fase di evoluzione che lo porterà ad un nuovo modo di 
organizzarsi. 
La prima parte del titolo dell’elaborato, “Crisi dell’uomo a una 
dimensione”, viene fuori proprio a conclusione di questo capitolo;  
l’uomo a una dimensione è proprio l’uomo tipografico (il soggetto) in 
crisi per il nuovo cambiamento comunicativo in atto che darà vita 
all’uomo “neomediale”.  
La parte finale del titolo, “Prospettive socio-educative per l’uomo che 
verrà”, si riferisce alla seconda parte del presente elaborato e nasce dalle
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riflessioni dei prossimi capitoli; in essi ho creato delle ipotesi sulle 
possibili  prospettive educative adottabili sull’uomo che verrà, chiamato 
per convenzione “uomo neomediale”. 
 Il sesto capitolo è dedicato pertanto agli educatori; mi sono soffermato 
in particolare su cosa significhi educare oggi e quali metodi è possibile 
applicare per educare “l’uomo neomediale”. Il nuovo cambiamento 
comunicativo in atto infatti non ha solo messo in crisi il soggetto, ma 
sembra che abbia, di conseguenza, portato all’obsolescenza dei metodi 
educativi tipici della soggettività. 
Il settimo capitolo riguarda il gioco. Tale concetto molto spesso viene 
collegato al divertimento, ma in realtà, approfondendo il discorso, ci si 
rende conto che il gioco non serve solo per divertirsi. L’attività ludica 
può infatti diventare una nuova metodologia socioeducativa, alquanto 
pertinente per educare dei ragazzi “nati digitali”. 
Nell’ottavo ed ultimo capitolo infine ho descritto le attività svolte 
durante il tirocinio curriculare in una scuola. Nel corso di questa 
esperienza ho potuto verificare a livello pratico tutte le potenzialità della 
nuova metodologia socioeducativa, la quale è venuta fuori proprio grazie 
a riflessioni socioterapeutiche sull’educazione dei più giovani.
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Il Sociologo oggi 
 
La figura del sociologo, soprattutto in Italia,  non è molto conosciuta. 
Non di rado è capitato di sentirmi chiedere quale fosse, precisamente, il 
ruolo che ricopre nella società, a cosa realmente servisse il suo 
intervento, e  per quale motivo una persona avrebbe dovuto decidere di 
chiedere il suo aiuto.  
Anche la materia di studio sulla quale viene a formarsi il sociologo è 
spesso sottovalutata: molti accostano la sociologia allo studio della 
società (cosa assolutamente riduttiva e tautologica), altri la considerano 
una facoltà adatta a tutti gli studenti svogliati, senza grandi aspirazioni, 
poiché è ritenuta facile e relativamente inutile.  Il senso comune, sul 
quale la società odierna poggia, suggerisce, di iscriversi a corsi più 
difficili e con sicuri sbocchi professionali quali lingue, farmacia, 
psicologia, medicina, economia etc.  
Sarebbe opportuno, invece, che certe costruzioni culturali, certi 
preconcetti, fossero messi da parte e fosse riconosciuta la legittima 
importanza a questa disciplina anche in Italia, come già sta avvenendo in 
Francia e negli Stati Uniti.  
Un altro errore ricorrente è quello di confondere l’immagine  
professionale del sociologo, con quella dello psicologo e  dell’assistente 
sociale. Al contrario, la sociologia e la psicologia, sono discipline 
diverse, con diversi oggetti e ambiti di studio. Ad esempio, considerare il 
singolo, da un punto di vista sociologico, non significa valutarlo come 
una persona isolata, ma come un appartenente organico ad un contesto 
dal quale trae tutte le risorse per arrivare a dare forma soddisfacente alla 
propria identità. Solo una conoscenza sociologica permette alle persone 
di acquisire gli strumenti per affrontare situazioni collettive, per
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analizzare e cercare di capire tutto ciò che riguarda la vita quotidiana, le 
relazioni, i disagi derivati da problemi sociali, quali la difficoltà di 
decodifica di se stessi, del proprio ambiente o delle persone a 
quest’ultimo appartenenti
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. 
La sociologia è una materia ampia e forse, proprio per questo motivo, 
dare una precisa definizione del sociologo risulta complesso. Nei nostri 
termini un laureato in questo campo ha il compito, a seconda delle sue 
specializzazioni, di indirizzare ogni persona alla gestione ottimale dei 
vari ruoli che essa assume all’interno delle diverse istituzioni e degli 
specifici gruppi di appartenenza. Ognuno di noi, quotidianamente, è 
chiamato a svolgere ruoli diversi a seconda dell’istituzione o del gruppo 
di riferimento: ad esempio, un uomo può essere marito e padre 
all’interno della propria famiglia, produttore di reddito in campo 
lavorativo, un fedele all’interno della comunità religiosa, un condomino 
nel proprio condominio e così via. Ciascun ruolo implica un preciso 
comportamento sociale all’interno del gruppo che, inevitabilmente, 
influenza gli altri membri dello stesso. E’ chiaro che, ogni persona, in 
base al suo bagaglio culturale, alle sue esperienze pregresse, alla sua 
indole, adotta un determinato comportamento sociale all’interno dei vari 
gruppi di appartenenza creando così un complesso reticolo di relazioni 
primarie e secondarie. Il sociologo è precisamente colui che studia e 
comprende i meccanismi che sostengono e regolano questo reticolo di 
relazioni sociali, attraverso l’analisi dei gruppi, delle istituzioni e delle 
organizzazioni sociali. Ovviamente la conoscenza profonda delle 
interrelazioni fra singoli e società permette a questo professionista di 
intervenire laddove sorgano conflitti fra singolo e gruppo sociale o fra 
gruppi sociali diversi e gli permette, inoltre, di ricercare soluzioni 
                                                             
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 Cfr. Benvenuti L., Lezioni di Socioterapia, Baskerville, Bologna, 2008, p. 10