statunitensi, si compirà un’indagine più approfondita per comprendere come si possano 
essere create condizioni tali da favorire una simile condotta.  
Se è vero, infatti, che la crisi si è manifestata negli Stati Uniti in modo eclatante solo 
alla fine del 2007, per poi diffondersi in maniera endemica a livello globale, è anche 
vero che le sue radici affondano molto più indietro nel tempo. Si evidenzierà come la 
struttura che l’intero settore dell’intermediazione finanziaria aveva assunto sia il 
risultato di un profondo processo di cambiamento, che ha coinvolto il sistema 
finanziario nelle  le sue componenti fondamentali: gli strumenti finanziari, i mercati 
(monetari, mobiliari e creditizi) e gli intermediari. Focalizzando l’attenzione su elementi 
quali la progressiva deregolamentazione del settore bancario e creditizio, l’aggiramento 
delle normative, la globalizzazione e l’integrazione delle relazioni finanziarie, 
l’innovazione delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni e la creazione di 
strumenti finanziari sempre più strutturati e complessi, si sottolineerà come tali elementi 
siano stati in grado di favorire un notevole sviluppo, ma che allo stesso tempo, 
agevolando comportamenti altamente rischiosi, abbiano generato un aumento 
dell’opacità dei bilanci, la mancanza di trasparenza nelle informazioni e nelle operazioni 
eseguite, un radicale cambiamento della propensione al rischio e della sua stessa 
percezione, minando l’effettiva solidità del sistema finanziario. Dietro un’apparente 
facciata di solidità  si nascondevano, in verità, numerosi elementi di fragilità che, con 
l’esplosione della crisi, hanno manifestato la propria effettiva pericolosità. In 
particolare, l’attenzione verrà focalizzata sugli elementi ritenuti particolarmente 
influenti nella determinazione dei discutibili comportamenti attuati dagli operatori 
statunitensi, ossia problemi di governance bancaria, distorti sistemi d’incentivazione, 
conflitti d’interesse, mancanze nei quadri regolamentari e di vigilanza, punti di 
debolezza dell’intero apparato di supervisione e controllo. Questi elementi verranno 
analizzati, in maniera esaustiva, nel corso dell’elaborato, effettuando in particolare uno 
studio del modello di corporate governance delle banche statunitensi, della loro 
strutturazione e dell’articolazione dei poteri all’interno di essi, sottolineando come 
abbiano giocato un ruolo chiave nella crisi e come le carenze ad essi ascrivibili siano 
state ulteriormente accentuate dalle carenze a livello regolamentare e di vigilanza. 
Dopo avere individuato la nascita e lo sviluppo della crisi e le cause che ne hanno 
portato alla generazione, si proseguirà la trattazione analizzando le ripercussioni che 
2 
 
 
  
questa ha avuto al di là dei confini statunitensi. Considerando il differente grado di 
vulnerabilità dimostrato dai diversi Paesi, si considereranno i fattori che hanno 
determinato tale maggiore o minore resistenza all’impatto. In particolare, l’analisi verrà 
circoscritta al contesto italiano, individuando tra i punti di forza del sistema economico-
finanziario, la configurazione assunta dal nostro sistema bancario negli ultimi dieci 
anni. Inoltre per riuscire a coglierne al meglio le peculiarità ed i punti di forza, verrà 
realizzata una panoramica sulle caratteristiche del sistema bancario italiano, 
individuandone la strutturazione e gli organismi di vigilanza e controllo, le novità in 
esso introdotte per assumere maggiore competitività a livello internazionale, i diversi 
modelli di corporate governance adottati e l’articolazione delle funzioni dei diversi 
organi bancari all’interno di essi. Delineando l’assetto dei modelli di corporate 
governance adottati si vuole sottolineare come, difficilmente, comportamenti 
assimilabili  a quelli del management bancario statunitense sarebbero stati attuabili nel 
nostro Paese, non essendo presenti nei modelli italiani i fattori di fragilità ravvisabili nei 
modelli americani. Volendo sottolineare questa differenza, si evidenzierà il ruolo 
giocato dalle  autorità di regolamentazione e di vigilanza nel determinare l’attuale 
struttura del sistema bancario italiano, evidenziando come non siano presenti zone 
d’ombra scarsamente disciplinate sfruttabili per l’attuazione di pratiche opportunistiche. 
Pur emergendo nel corso del lavoro, mediante il confronto tra i diversi assetti di 
governance bancaria, come molti dei fattori di debolezza delle grandi banche americane 
non siano ravvisabili all’interno dei nostri modelli, ciò non implica la perfezione del 
sistema bancario italiano. Così, nella seconda parte dell’elaborato, si constaterà come 
anche il sistema di governance bancaria italiana, in concomitanza alla crescita 
dimensionale, operativa e funzionale che l’ha coinvolto, in seguito all’inserimento nei 
circuiti finanziari internazionali, abbia inevitabilmente sviluppato dei fattori di 
distorsione, seppure in misura minore rispetto agli altri Paesi.   
Queste debolezze verranno analizzate e verranno anche individuate le possibili 
ripercussioni che  possano avere sulle performance conseguite  e sulla rispondenza di 
queste  ai criteri di sana e prudente gestione. 
Alla luce di ciò, verrà quindi rimarcato, come non soltanto il sistema bancario 
americano, in quanto epicentro della crisi, debba essere considerato l’unico tassello 
debole nel quadro finanziario mondiale, ma viceversa, come alterazioni nella corporate 
3 
 
 
  
governance siano diffuse a livello globale e come questa comune debolezza, in 
concomitanza con la crescente integrazione dei mercati ed interdipendenza dei sistemi, 
richieda e renda necessaria una coordinata attività di correzione da parte delle autorità 
delle diverse nazioni. L’obiettivo è sanare le cause della crisi e non rimediare solamente 
alle conseguenze della stessa, riuscendo così ad evitare che eventi di tale gravità 
possano nuovamente ripetersi. 
Inoltre, per riuscire a comprendere in maniera ancora più incisiva l’articolazione dei 
poteri e delle funzioni all’interno delle strutture bancarie in Italia e negli Stati Uniti, e le 
differenze che caratterizzano gli assetti nei due Paesi,  all’interno dell’ultimo capitolo, 
verranno analizzati i modelli di corporate governance adottati da tre dei maggiori 
gruppi bancari in essi operanti.  
4 
 
 
  
 
CAPITOLO 1  
LA CRISI FINANZIARIA DEL 2007-2008 
 
1.1 PROLOGO ED EPILOGO DELLA CRISI FINANZIARIA  
 
    La crisi finanziaria esplosa nell’estate del 2007 negli Stati Uniti e diffusasi poi a 
livello globale, è stata definita da Nouriel Roubini
1
 come "la peggior crisi immobiliare, 
bancaria e finanziaria dai tempi della Grande Depressione". Effettivamente a due anni di 
distanza, le conseguenze della crisi ancora si avvertono e probabilmente incideranno 
ancora a lungo sull’andamento dell’economia globale. Ovviamente le misure poste in 
atto dalle diverse autorità politiche ed economiche ne hanno in qualche modo arginato il 
dilagare, ma una simile attività dovrà continuare, per riuscire non solo a correggere le 
conseguenze della crisi ma estirparne alla base le cause originarie. 
Il primo segnale si ebbe nel Febbraio  2007, quando la californiana New Century 
2
 fu la 
prima grande società ad annunciare difficoltà finanziarie legate al mercato dei mutui, 
che presto la portarono alla bancarotta. Il tracollo della New Century non rimase 
circoscritto alla singola società e tantomeno al solo territorio statunitense, al contrario 
coinvolse anche società europee come le svizzere UBS e Credit Suisse, le inglesi 
Barclays e HSBC, Deutsche Bank, BNP, che avevano acquistato gli asset in cui la 
finanziaria aveva "rimpacchettato" i crediti che vantava preso la propria clientela. 
L’esposizione di queste società non era di ampia entità, e le conseguenze non furono poi 
così gravi, ma l’intera vicenda sembrò preannunciare le dinamiche del disastro che da lì 
a poco si sarebbe manifestato su larga scala e con ripercussioni molto più pesanti. 
 Ovviamente la vicenda della New Century, molto nota oltreoceano, ma praticamente 
sconosciuta al pubblico europeo, non ha avuto una grossa eco al di fuori dei confini 
statunitensi.   
Solo dal giugno 2007 la crisi cominciò a far pesare le proprie conseguenze in Borsa, l’8 
giugno Wall Street perse l’1,5%, fu l’inizio di una discesa inarrestabile che a marzo 
                                                          
1
  Nouriel Roubini, professore alla Stern School of Business della New York University, ha rilasciato la 
seguente dichiarazione sulle pagine del proprio blog nel settembre del 2008. 
2
  Fondata nel 1995 e con sede a Irvine, California, New Century Financial Corporation, il secondo 
prestatore subprime degli Stati Uniti, svolge la propria attività acquistando e vendendo mutui ed 
5 
 
 
  
2009 portò a perdite per 9000 miliardi di dollari sulle borse di tutto il mondo.  
Per comprendere ulteriormente l’impatto della crisi, è utile considerare un altro 
indicatore, il VIX, il Chicago Board Options Exchange Volatility Index, un indice della 
volatilità
3
 attesa sullo S&P500
4
, considerato indicativo degli atteggiamenti degli 
investitori, misura le aspettative di volatilità del mercato nei successivi trenta giorni; un 
valore elevato viene considerato un indicatore di tensioni e tendenze al ribasso. 
Tenendone presente la valida capacità segnaletica delle dinamiche borsistiche, è utile 
considerare il valore assunto nei periodi caldi della crisi. Il 10 ottobre 2008 toccò quota 
70 punti,  e il 22 novembre 2008 raggiunse il picco di 81 punti, il dato assume ancora 
più rilevanza se si considera che questi valori sono praticamente il doppio di quelli 
immediatamente successivi all’11 settembre 2001. In situazioni caratterizzati da simili 
andamenti di borsa, nessuno si fida, e nonostante le quotazioni molto basse, non 
esistono investitori di medio periodo, nessuno vuole affrontare il rischio di acquistare 
titoli per detenerli in portafoglio, appunto per questo il VIX è definito l’indice, o il 
"termometro della paura”.
5
 
 Se è vero che la crisi, di cui abbiamo brevemente indicato il punto d’inizio, è stata 
principalmente legata alle vicende del settore subprime, è anche vero che le cause 
primarie sono molto più articolate, cercheremo quindi di svolgerne una breve analisi. 
 
                                                                                                                                                                          
elargendo prestiti coperti da ipoteche immobiliari. 
3
 La volatilità, misura la correlazione esistente tra la variazione del rendimento di un titolo rispetto al 
mercato di riferimento, sostanzialmente indica il grado di variazione dei prezzi di un’attività finanziaria in 
un determinato lasso di tempo. È un importante indicatore, che deve essere considerato nella fase di 
valutazione del rischio di un investimento, un valore elevato indica infatti che il prezzo di un titolo ha la 
tendenza ad ampie oscillazioni nel tempo, per cui l’investitore può registrare elevati guadagni od elevate 
perdite.  
4
 Lo S&P500, è un indice elaborato nel 1957 dalla Standard and Poor’s, concernente l’andamento di un 
paniere di titoli azionari facenti capo alle 500 aziende con maggiore capitalizzazione quotate sulla borsa 
statunitense. Quest’indice viene, infatti, utilizzato per calcolare l’andamento del mercato azionario. 
5
  Marco Liera, "Il termometro della paura", Il Sole24ore, 13/10/2008. 
6 
 
 
  
1.1.1 Le origini: la politica monetaria della FED e la bolla immobiliare 
Per prima cosa analizzeremo le politiche monetarie attuate dalla Federal Reserve
6
, la 
Banca Centrale statunitense, per mettere  al riparo l’economia nazionale dalle 
conseguenze legate allo scoppio della bolla della New Economy e agli eventi dell’11 
settembre 2001. 
Per scongiurare il rischio di una recessione economica, Alan Greenspan, Presidente 
della Fed dal 1987 al 2006, attuò una politica monetaria espansiva. Temendo un 
rallentamento dell’economia, per facilitare il funzionamento del mercato interbancario, 
l’accesso al credito da parte dei consumatori ed innescare  un meccanismo virtuoso che 
mediante un incremento degli investimenti portasse ad un aumento del PIL, dal 2000 in 
netta flessione, la Fed attuò una drastica riduzione del federal funds rate 
7
.  
 
                                                          
6
 Il Federal Reserve System, più comunemente noto come Federal Reserve, è articolato in diverse 
strutture: il consiglio direttivo del Federal Reserve System con sede a Washington D.C.; il Federal Open 
Market Committee; dodici Federal Reserve Bank; altre banche private; altri consigli consultivi.  
Le funzioni attribuite alla Fed possono essere sintetizzate in quattro macroaree di intervento:  
1) Deve stabilire la politica monetaria del Paese, determinando la quantità di moneta in circolazione 
e le condizioni creditizie dell’economia.  
2) Deve svolgere un’attività di supervisione e regolazione delle istituzioni bancarie per assicurare la 
sicurezza e la stabilità del sistema bancario e finanziario, garantendo in questo modo che 
vengano protetti i diritti dei consumatori.  
3) Deve mantenere la stabilità del sistema finanziario, attraverso un contenimento del rischio 
sistemico che può nascere all’interno dei mercati finanziari.  
4) Deve fornire servizi di tesoreria per le istituzioni depositanti, per il Governo o altre istituzioni 
ufficiali.  
7
  Il Federal Funds Rate, è il tasso utilizzato dalle banche nel compiere le operazioni di rifinanziamento 
interbancario overnight. I Federal Funds, sono i fondi di riserva che le banche statunitensi sono obbligate 
a detenere sotto forma di depositi presso la Federal Reserve, l’eccedenza del deposito rispetto al limite 
prescritto per legge può essere oggetto di prestito a banche le cui riserve siano, invece, al di sotto del 
limite stabilito; tali prestiti avvengono, appunto, usando come tasso di riferimento il federal funds rate, e 
si aprono e si chiudono nell’arco di una giornata. Dall’andamento di tale tasso interbancario dipendono 
anche i tassi d’interesse applicati dalle banche e dalle altre istituzioni finanziarie alla propria clientela 
nell’erogazione di prestiti, mutui, crediti al consumo. 
7 
 
 
  
 
Fonte: Tradingeconomics.com 
 
Il primo taglio fu annunciato dal FOMC
8
  il 17 settembre 2001, con una riduzione del 
federal funds rate che passò dal 3.50% al 3%. Nella dichiarazione rilasciata in seguito 
all’attuazione di queste politiche, il Comitato della Fed dichiarò, infatti, che: 
"occupazione, produzione e spese dei produttori erano deboli e quanto è accaduto la 
settimana scorsa
9
 ha il potenziale di indebolire ulteriormente la spesa. Ciononostante le 
prospettive di lungo termine di crescita della produttività e dell’economia restano 
favorevoli e ciò dovrebbe diventare evidente una volta che si ridurranno le inusuali 
forze che frenano la domanda."
10
 La dichiarazione rilasciata era indicativa degli scopi 
                                                          
8
  Il Federal Open Market Committee è un organismo della Federal Reserve incaricato di sorvegliare le 
operazioni di mercato negli Stati Uniti, è lo strumento primario per le politiche monetarie nazionali degli 
Usa: fissa gli ambiti di crescita degli aggregati monetari e dirige le operazioni avviate dalla Federal 
Reserve nei mercati borsistici stranieri. Il report che risulta dalle riunioni semestrali, ha un’importanza 
fondamentale, in quanto contiene tutte le indicazioni necessarie riguardo all’inflazione e alle mosse 
attuabili nell’ambito della politica monetaria. 
9
  L’attacco al World Trade Center l’11 settembre 2001.  
10
  Di seguito riportiamo l’andamento dei tassi interbancari dal 1990 al 2001:  
(data -variazione -valore del tasso ): 
13-12-01 -0,25 1,75; 06-11-01 -0,50 2,00; 02-10-01 -0,50 2,50;17-09-01 -0,50 3,00; 21-08-01 -0,25 3,50;          
27-06-01 -0,25 3,75; 15-05-01 -0,50 4,00; 18-04-01 -0,50 4,50; 20-03-01 -0,50 5,00;31-01-01 -0,50 5,50;     
03-01-01 -0,50 6,00; 16-05-00+0,50 6,50; 21-03-00+0,25 6,00; 02-02-00+0,25 5,75; 16-11-99+0,25 5,50;      
24-08-99+0,25 5,25; 30-06-99+0,25 5,00; 17-11-98 -0,25 4,75; 15-10-98 -0,25 5,00; 29-09-98 -0,25 5,25; 
25-03-97+0,25 5,50; 31-01-96 -0,25 5,25; 19-12-95 -0,25 5,50; 06-07-95 -0,25 5,75; 01-02-95+0,50 6,00;            
15-11-94+0,75 5,50; 16-08-94+0,50 4,75; 17-05-94+0,50 4,25; 18-04-94+0,25 3,75; 22-03-94+0,25 3,50;      
04-02-94+0,25 3,25; 04-09-92 -0,75 3,00; 09-04-92 -0,25 3,75;20-12-91 -0,50 4,00; 06-12-91 -0,25 4,50;      
06-11-91 -0,25 4,75; 31-10-91 -0,25 5,00;13-09-91 -0,25 5,25; 06-08-91 -0,25 5,50; 30-04-91 -0,25 5,75; 
08-03-91 -0,25 6,00; 01-02-91 -0,50 6,25;09-01-91 -0,25 6,75; 19-12-90 -0,25 7,00; 07-12-90 -0,25 7,25;           
14-11-90 -0,25 7,50; 29-10-90 -0,25 7,75;13-07-90 -0,25 8,00. Fonte: Federal Reserve.  
8 
 
 
  
che l’intero apparato federale si proponeva di attuare mediante le proprie manovre. 
L’economia americana ebbe effettivamente un periodo di notevole crescita, e la politica 
sortì i propri benefici effetti, a tal punto che il Presidente della Fed fu indicato come "Il 
Maestro"
11
, colui che era stato in grado di risollevare l’andamento del paese.  
Nonostante i risultati positivi conseguiti, una simile politica causò degli effetti 
collaterali che, combinandosi con una serie di altri fattori, contribuirono all’innesco 
della crisi che ancora oggi ci troviamo a fronteggiare. 
La prima conseguenza derivante dall’abbattimento dei tassi d’interesse, fu un 
generalizzato ricorso all’indebitamento. Ne approfittarono le imprese produttive per il 
finanziamento delle proprie attività, le banche che incrementarono il ricorso 
all’indebitamento a breve termine per sostenere le proprie attività speculative, e 
soprattutto ne approfittarono le famiglie americane, la gente comune. Sfruttando 
l’indebitamento "a buon mercato", la propensione al consumo di questi soggetti 
aumentò spiccatamente. Gli americani ebbero l’opportunità di realizzare tutti i propri 
desideri, primo fra tutti quello di una casa di proprietà. Basti pensare che tra il 2003 e il 
2005 l’importo dei debiti contratti dalle famiglie statunitensi mediante mutui aumentò 
per 3700 miliardi di dollari, la cifra di per sé impressionante, assume ancor più 
significato se si considera il fatto che, fino al 1990, l’intero mercato dei mutui 
ammontava a 3800 miliardi di dollari. Paul Volckler
12
, il predecessore di Greenspan alla 
guida della Fed, analizzando le abitudini di consumo della popolazione statunitense, 
costatò che "gli americani stavano spendendo come se il futuro non esistesse. Il 
risparmio è sparito: compriamo casa a prezzi sempre più alti, ma la proprietà di un 
immobile non è più una fonte di sicurezza finanziaria. È solo un modo per indebitarsi 
ancora di più." 
                                                          
11
 Lo definì così Bob Woodward nella sua opera del 2000, Maestro: Greenspan’s Fed And The American 
Boom. 
12
  Paul Volcker, a capo della Fed dal 1979 al 1987, è stato scelto dall’attuale presidente degli Stati Uniti 
Barack Obama, per guidare il nuovo consiglio di esperti, l’Economic Recovery Advisory Board, istituito 
per trovare una soluzione alle problematiche emerse con lo scatenarsi della crisi ed evitare che questa 
degeneri in una recessione. Come lo stesso presidente ha affermato lo scopo della neonata istituzione sarà 
portare "nuove idee da tutto il Paese e in tutti i settori dell’economia". 
9 
 
 
  
 
Fonte: Confcommercio, Forum Marzo 2009. 
 
Nel 2007 il rapporto tra debito e reddito negli Stati Uniti era del 130%; il debito delle 
famiglie rapportato al Pil passò dal 60% nel 1980, al 125% nel 2008, ovviamente non si 
verificò un proporzionale aumento nel livello dei redditi percepiti, ed allo stesso tempo 
anche il tasso di risparmio delle famiglie subì un brusco calo, proprio come affermato 
da Volckler, passando dal 10% nel 1980 allo 0% del 2007. I mutui ipotecari 
rappresentarono quindi la principale forma di debito delle famiglie, dei 14 trilioni di 
dollari complessivi, 10.5 erano mutui ed il resto credito al consumo, senza considerare 
gli scoperti delle carte di credito, che ammontavano circa ad un altro trilione di dollari. 
Le politiche monetarie e creditizie influenzarono la domanda di abitazioni, ciò influì 
sulla dinamica dei prezzi immobiliari
13
, contribuendo alla nascita e all’espansione della 
bolla speculativa.  
                                                          
13
  Dal 1997 al 2006 il valore delle case è cresciuto del 124%. 
10