8
Parallelamente a ciò, ed in vista della prossima collocazione di un frantoio 
sul territorio canavesano, diventa di particolare importanza anche l’analisi delle 
strategie di valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria olearia. Attualmente un 
impianto oleario può produrre il 50% di sansa e di acqua di vegetazione, in peso 
sul prodotto lavorato. Tali sottoprodotti sono spesso male utilizzati e, in certi casi, 
possono costituire un danno per l’ambiente.  
Nel presente lavoro, si è ritenuto, pertanto, interessante valutare le 
possibilità di impiego di tali sottoprodotti in modo da individuare quelle più 
idonee da applicare al contesto canavesano al fine di eliminare il rischio 
ambientale, determinare le premesse per la creazione di una cosiddetta“filiera 
corta” sul territorio e portare benefici anche ad altri settori di sviluppo. 
 9
 
 
CAPITOLO 1 
INTRODUZIONE AL SETTORE: L’OCM OLIO D’OLIVA 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 10
1. Il regime di sostegno all’olio d’oliva fino al 1998.
2
 
La regolamentazione comunitaria concernente l’olio d’oliva ricade nella 
più ampia normativa relativa al settore dei grassi, la cui OCM, istituita con il 
regolamento (CEE) n. 136/661, comprendeva, inizialmente, anche i semi e frutti 
oleosi, i grassi vegetali e i grassi estratti da pesci e mammiferi marini. 
La stesura di tale regolamento fu a suo tempo profondamente influenzata 
dai termini dell’accordo raggiunto tra l’allora Comunità Europea (CEE) e i suoi 
partner commerciali, Stati Uniti in testa, durante il Dillon round del GATT nel 
1962. A titolo di compensazione del protezionismo associato alla PAC, infatti, fu 
accordata ai paesi che esportavano verso la CEE la concessione di una tariffa pari 
a zero sulle importazioni comunitarie di semi oleosi e di alcuni altri prodotti 
sostitutivi dei cereali foraggeri nell’alimentazione animale. 
Data la forte concorrenza esercitata dagli oli di semi sul consumo di olio 
d’oliva, la questione che si trovò ad affrontare la Comunità Europea fu quella di 
prevenire i possibili effetti distorsivi che un regime di libero scambio di taluni 
semi e frutti oleosi avrebbe potuto creare in un settore altamente sensibile quale 
quello dell’olio d’oliva. Il problema fu superato unendo in un unico regolamento 
la normativa riguardante l’olio d’oliva ed i semi oleosi, nonostante la diversa 
peculiarità dei due comparti, caratterizzati, il primo, da un’elevata concentrazione 
geografica di produzione e consumo, ed, il secondo, da un elevato numero di 
consumatori ed ingenti importazioni. 
Alla luce dei numerosi cambiamenti intervenuti dal tempo 
dell’emanazione del suddetto regolamento e, soprattutto, alla luce delle scelte 
operate con la riforma della PAC del 1992, la decisione della Comunità di 
regolamentare assieme i due settori generò qualche perplessità. Infatti, la 
regolamentazione successiva alla riforma Mac Sharry conferiva molta più 
importanza al legame tra semi oleosi e cereali - raggruppati nel 1992 nella più 
ampia categoria dei “seminativi” - che tra semi oleosi e olio d’oliva. 
                                            
2
 AA.VV, “Rapporto sull’olio d’oliva- mercati, strutture produttive ed evoluzione 
dell’organizzazione comune di mercato”, Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE, INEA, 
settembre 1998, capitolo 2, pagg. 29-31 
 11
A ben guardare questa “novità” era data dal fatto che i semi oleosi, nel 
tempo, hanno accresciuto la loro importanza all’interno della Comunità Europea 
più in ragione della loro funzione di materia prima per la produzione di razioni 
alimentari per uso zootecnico che per la produzione di olio per uso alimentare. Il 
rapporto tra i due settori è ancora più evidente se si considera che il prezzo di 
sostegno dell’olio d’oliva è fissato tenendo conto anche del prezzo degli oli di 
semi e della sua prevedibile evoluzione nel tempo, mentre nel nuovo regime dei 
seminativi il prezzo di sostegno dei semi oleosi è fissato tenendo conto del prezzo 
dei cereali. In definitiva, mentre nel “vecchio” regime l’attenzione per i semi 
oleosi era data dal fatto che l’olio da essi derivato era un concorrente con l’olio 
d’oliva, nel “nuovo” regime essi sono visti come concorrenti dei cereali, sia 
nell’utilizzazione del fattore terra che nell’alimentazione animale. 
Il regolamento di base su cui si fonda l’attuale OCM olio d’oliva è ancora 
oggi il regolamento (CEE) n. 136/66, notevolmente modificato ed integrato negli 
anni per tener conto delle mutate condizioni economiche, del progresso tecnico e 
scientifico, della necessità di rispondere a nuove esigenze e sollecitazioni 
provenienti dall’esterno. In alcuni casi si è trattato di modifiche apportate alla 
normativa comunitaria preesistente; in altri, come per l’aiuto al consumo, di 
strumenti introdotti ex novo nello schema di sostegno al settore. Evidente risulta, 
comunque, la continua ricerca di un sistema quanto più efficace possibile rispetto 
agli obiettivi di sostenere il reddito dei produttori olivicoli, di mantenere un 
adeguato livello di consumo di olio d’oliva nella Comunità e di contenere le frodi 
ai danni del bilancio comunitario. 
Nel corso degli anni, inoltre, si fa sempre meno preoccupante il problema 
della concorrenza tra olio di semi e olio d’oliva nei consumi alimentari, mentre 
risultano sempre più evidenti i legami tra l’andamento dei consumi di olio d’oliva, 
le variazioni del suo prezzo, le variazioni del reddito dei consumatori e le attività 
di promozione del consumo. 
Inoltre, la normativa comunitaria riguardante l’olio d’oliva ha risentito 
fortemente anche dei successivi allargamenti della Comunità ai paesi europei del 
bacino mediterraneo (Grecia, prima, e Portogallo e Spagna, poi) che, assieme 
 12
all’Italia sono tra i più grossi produttori mondiali di olio d’oliva. La Comunità ha 
visto così modificarsi progressivamente la propria posizione commerciale, da 
importatore ad esportatore netto di olio d’oliva. 
Il sostegno comunitario del mercato dell’olio d’oliva si è basato su diversi 
strumenti. Da un lato, attraverso la fissazione di prezzi istituzionali, si agisce sul 
meccanismo di formazione dei prezzi sul mercato; dall’altro, attraverso la 
concessione di aiuti, si contribuisce a sostenere un certo livello di reddito e di 
consumo del prodotto. 
Allo stesso tempo operano misure di stabilizzazione finanziaria legate ad 
un Quantitativo Massimo Garantito (QMG) il cui superamento produce una 
riduzione tanto degli aiuti quanto del prezzo minimo garantito sul mercato. 
I prezzi istituzionali su cui si è articolato il meccanismo di sostegno 
all’olio di oliva sono stati i seguenti: 
− il prezzo indicativo alla produzione, che è fissato ad un livello equo per i 
produttori, tenuto conto dell’esigenza di mantenere un certo volume di 
produzione nella Comunità; 
− il prezzo d’intervento, che è il prezzo a cui gli organismi di intervento 
acquistano durante gli ultimi mesi della campagna di commercializzazione (da 
luglio ad ottobre) l’olio della qualità tipo che gli viene offerto dai produttori. 
Esso è pari al prezzo indicativo alla produzione diminuito dell’aiuto alla 
produzione e di un ammontare necessario a permettere l’adattamento dei 
prezzi di mercato alle fluttuazioni dovute alla congiuntura, senza che ciò 
faccia scattare l’intervento; 
− il prezzo rappresentativo del mercato, che è fissato ad un livello tale da 
permettere il normale smaltimento della produzione interna, tenendo conto del 
prevedibile andamento del mercato dei grassi vegetali. 
Annualmente il Consiglio fissava anche i seguenti aiuti: 
− l’aiuto alla produzione, che deve contribuire alla formazione di un reddito equo 
per i produttori, distinto tra aiuto ai “grandi” e aiuto ai “piccoli produttori”; 
 13
− l’aiuto al consumo, il cui obiettivo dichiarato è quello di stimolare il consumo di 
olio d’oliva rendendolo economicamente più conveniente rispetto agli altri oli 
concorrenti. Esso è dato dalla differenza tra il prezzo indicativo alla 
produzione - al netto dell’aiuto alla produzione - ed il prezzo rappresentativo 
di mercato; 
− la restituzione alla produzione, calcolata come differenza tra il prezzo praticato 
sul mercato comunitario ed il prezzo praticato sul mercato mondiale, a cui si 
aggiunge un importo pari all’aiuto al consumo (indipendentemente 
dall’origine comunitaria o meno dell’olio). Essa è pagata al momento 
dell’utilizzo di olio d’oliva nella fabbricazione di conserve di pesci, di 
crostacei e molluschi e di ortaggi e legumi per compensare l’industria 
conserviera del maggior prezzo pagato per l’olio comunitario. 
 14
 
1.1. L’aiuto alla produzione.
3
 
1.1.1. Il sistema di gestione dell’aiuto alla produzione 
L’importo unitario dell’aiuto alla produzione era differenziato a seconda 
della produzione media degli oleicoltori. Nel caso in cui la produzione media per 
campagna fosse superiore o almeno pari a 500 kg di olio d’oliva l’aiuto era 
concesso in funzione della quantità effettivamente prodotta in un frantoio 
riconosciuto; negli altri casi l’aiuto è forfettario, calcolato applicando al numero 
delle piante in produzione la media delle rese in olive e in olio fissate 
forfettariamente sulla base di quella delle ultime quattro campagne, a condizione 
che le olive prodotte fossero state triturate e purché la trasformazione fosse stata 
effettuata in un frantoio riconosciuto.  
In effetti, nella disposizione originaria venne stabilito che agli oleicoltori 
con una produzione media inferiore ai 500 kg l’aiuto fosse concesso “in funzione 
del numero e del potenziale produttivo degli olivi da essi coltivati nonché alle rese 
di tali olivi fissati forfettariamente”. 
Tuttavia, in attesa dell’entrata in attività dello schedario oleicolo venne 
stabilito che la produzione per la quale era concesso l’aiuto era quella che si 
ottiene moltiplicando le rese medie di olive e di olio fissate per zone di 
produzione omogenee per il numero degli olivi in produzione. In pratica questo 
significava che nei paesi, quale ad esempio l’Italia, dove la percentuale di “piccoli 
produttori” è elevata, la quantità di olio d’oliva per la quale viene presentata 
domanda d’aiuto non corrisponde necessariamente alla quantità realmente 
prodotta, con una differenza che poteva essere tanto per eccesso quanto per 
difetto. 
Inoltre, i produttori ricevevano un aiuto forfettario anche per l’olio di 
sansa, per un ammontare pari all’8% della quantità di olio d’oliva vergine 
ammissibile a beneficiare del sostegno. 
                                            
3
 AA.VV, “Rapporto sull’olio d’oliva- mercati, strutture produttive ed evoluzione 
dell’organizzazione comune di mercato”, Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE, INEA, 
settembre 1998, capitolo 2, pagg. 31-35. 
 15
A partire dalla campagna di commercializzazione 1987/88, nell’ambito di 
una più generale esigenza di contenere la crescita delle spese agricole, fu 
introdotto uno “stabilizzatore” di bilancio legato ad un Quantitativo Massimo 
Garantito (QMG), in sostituzione della precedente disposizione che limitava, 
invece, la superficie olivetata per la quale era possibile richiedere gli aiuti. 
Il QMG era fissato tenendo conto della produzione media di un 
determinato periodo di riferimento e del livello di produzione che si ritiene 
auspicabile si abbia nella Comunità.  
Per tener conto della particolarità della produzione dell’olivo - che 
presenta un andamento a «pettine», con anni di “carica” che si alternano ad anni di 
“scarica” - si era stabilito che se la produzione effettiva di una campagna risultava 
inferiore al QMG, eventualmente maggiorato del quantitativo di riporto dell’anno 
precedente, la differenza veniva riportata alla campagna successiva e aggiunta al 
quantitativo garantito di quell’anno. Se la produzione effettiva risultava superiore 
al QMG (eventualmente maggiorato del quantitativo di riporto) all’aiuto unitario 
si applicava un coefficiente di riduzione ottenuto dividendo il quantitativo 
massimo garantito eventualmente maggiorato del quantitativo di riporto - per il 
quantitativo ammesso a beneficiare dell’aiuto. 
Inoltre, nel caso in cui la produzione stimata ad inizio campagna superava 
il QMG fissato per quella stessa campagna, veniva diminuito il prezzo 
d’intervento della campagna successiva di una percentuale non superiore al 3%. 
Se la produzione effettiva risultava inferiore (o superiore) a quella stimata il 
prezzo d’intervento della seconda campagna successiva a quella a cui si riferiva la 
produzione veniva aumentato (diminuito) sempre nel limite del 3%10. Questo 
implicava che, a differenza di quanto avviene per le eventuali decurtazioni 
dell’aiuto alla produzione, le riduzioni del prezzo d’intervento erano cumulative 
negli anni.  
L’aiuto erogato ai “piccoli produttori” - per la campagna 1997/98 pari a 
151,48 ECU/100 kg - era di un ammontare unitario più elevato di quello concesso 
ai “grandi produttori” e, in caso di superamento del QMG, ad esso non si 
applicava il coefficiente di riduzione. Inoltre, a partire dalla campagna 1991/92, 
 16
per mitigare gli effetti della riduzione del prezzo di mercato in caso di 
superamento del QMG, ai “piccoli produttori” veniva concesso anche un aiuto 
complementare alla produzione, che per la campagna 1994/95 è stato pari a 3,57 
ECU/100 kg. 
 
 
1.2. L’aiuto al consumo.
4
 
L’aiuto al consumo, come detto precedentemente, era dato dalla differenza 
tra il prezzo indicativo alla produzione - al netto dell’aiuto alla produzione - ed il 
prezzo rappresentativo di mercato. L’aiuto era concesso per l’olio d’oliva 
imbottigliato nella Comunità indipendentemente dalla sua origine (comunitaria o 
non comunitaria), a differenza di quanto era accaduto in precedenza, quando 
l’aiuto al consumo era concesso solo per l’olio di oliva prodotto e 
commercializzato nella Comunità. L’obiettivo dell’aiuto era, al momento della 
sua istituzione, quello di stimolare il consumo di olio d’oliva rendendolo più 
conveniente rispetto agli altri oli concorrenti. A tal fine si è convenuto di 
concederlo all’anello della catena di commercializzazione più vicino al 
consumatore, cioè agli impianti di confezionamento purché preventivamente 
autorizzati. 
Il riconoscimento era accordato alle imprese che si impegnavano ad 
esercitare l’attività per un periodo minimo di tempo per campagna e che durante il 
periodo di attività si impegnano a confezionare un quantitativo globale di almeno 
100 tonnellate (per gli Stati con produzione media nelle ultime quattro campagne 
di 60.000 tonnellate). Dal momento del riconoscimento ogni impresa teneva una 
contabilità di magazzino giornaliera riguardante le scorte di olio d’oliva, la 
quantità e qualità di olio d’oliva entrato nell’impresa, il numero di imballaggi 
entrati ed il numero di imballaggi utilizzati distinti secondo la capacità, la quantità 
                                            
4
 AA.VV, “Rapporto sull’olio d’oliva- mercati, strutture produttive ed evoluzione 
dell’organizzazione comune di mercato”, Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE, INEA, 
settembre 1998, capitolo 2, pagg. 35-37. 
 
 17
e qualità di olio d’oliva confezionato, la quantità e qualità di olio d’oliva uscito 
dall’impresa. 
Per le campagne 1996/97 e 1997/98 l’aiuto al consumo non è stato 
modificato, rimanendo fissato in 12,07 ECU/100 kg, indipendentemente dal tipo 
di olio imbottigliato.  
Nel corso degli anni, numerose sono state le discussioni e gli studi sulla 
validità o meno dello strumento dell’aiuto al consumo.  
Al riguardo, si può ricordare il dibattito sviluppatosi nel corso dei primi 
anni ottanta sul significato economico di tale aiuto tra Pieri, Rizzi e Tarditi, da una 
parte, e Perretti, dall’altra. I primi, in un contributo del 1981, sostenevano che 
l’aiuto al consumo era uno strumento tendente a sortire gli stessi effetti dell’aiuto 
alla produzione “e, cioè, mantenere un prezzo di mercato sufficientemente ridotto 
per sostenere la concorrenza degli altri oli vegetali più direttamente sostituibili a 
livello del consumatore e garantire un prezzo alla produzione sufficientemente 
remunerativo”
5
. La differenza tra i due aiuti sarebbe consistita nel fatto che, 
mentre quello alla produzione era erogato direttamente ai produttori, quello al 
consumo sarebbe stato erogato a questi ultimi “per il tramite” dei confezionatori. 
Al contrario, Perretti, in un contributo del 1984, tentava di dimostrare 
come l’obiettivo dell’aiuto al consumo non fosse quello di strumento alternativo 
per l’erogazione dell’aiuto alla produzione, ma di trasferimento dei benefici ai 
consumatori, con relativa espansione della domanda. L’Autore sosteneva infatti 
che “se l’aiuto al consumo dovesse trasferirsi ai produttori il loro reddito reale 
risulterebbe superiore a quello ritenuto equo per essi”
6
.  
In un lavoro successivo
7
 Perretti ha confrontato, con l’aiuto di un modello 
econometrico, gli effetti sul consumo di olio d’oliva di una politica mirante a 
                                            
5
 Pieri R., L. Rizzi e S. Tarditi, «Analisi del mercato dell’olio d’oliva: aiuto al consumo e 
allargamento della Comunità Europea», Rivista di Economia Agraria, 4, 1981, pag. 678. 
 
6
 Perretti B., «L’impatto dell’aiuto al consumo nel mercato dell’olio d’oliva», Rivista di Economia 
Agraria, 2, 1984, pag.398. 
 
7
 Perretti B., «Nuove politiche di mercato per gli olii vegetali: un’analisi quantitativa», Rivista di 
Economia Agraria, 1, 1987. 
 
 18
ridurne il prezzo al consumo e di una politica mirante ad incrementare il prezzo al 
consumo degli oli concorrenti. Nelle sue conclusioni l’Autore, pur non 
contestando l’efficacia del funzionamento dell’aiuto al consumo, ne sconsigliava 
la sua accentuazione sostenendo la necessità di individuare delle misure che 
agissero dal lato della domanda (azioni di informazione del consumatore, di 
promozione e di individuazione di nuovi mercati), piuttosto che sul prezzo. 
In effetti, dopo pochi anni l’UE ha deciso di procedere alla graduale 
eliminazione dell’aiuto al consumo. A partire dalla campagna di 
commercializzazione 1991/92 si è infatti deciso di dar vita ad una nuova 
ripartizione degli aiuti con la graduale riduzione dell’aiuto al consumo e 
l’aumento di un importo di pari ammontare dell’aiuto alla produzione, oltre alla 
corrispondente riduzione del prezzo d’intervento. Così nella campagna 1991/92 
l’aiuto al consumo è stato fissato in 53,9 ECU/t, 7,1 ECU/t in meno rispetto alla 
campagna precedente. 
Nella campagna 1992/93, c’è stata una riduzione di altri 8,12 ECU/t. La 
strada al ribasso è proseguita anche nell’anno successivo con una riduzione 
dell’aiuto al consumo di ulteriori 6,2 ECU/t. Lo smantellamento dell’aiuto al 
consumo è proseguito più decisamente nella campagna 1994/95 in cui, rispetto 
alla precedente, si è avuta una riduzione di 29,58 ECU/t che ha portato l’aiuto al 
consumo a 10 ECU/t. Per le campagne successive i prezzi e gli aiuti sono rimasti 
fissati allo stesso livello di quelli stabiliti per la campagna 1994/95, tranne che per 
il prezzo d’intervento e l’aiuto alla produzione che sono stati ridotti in seguito 
all’applicazione delle misure di stabilizzazione. 
 19
 
1.3. Gli acquisti all’intervento
8
. 
L’olio di origine comunitaria poteva essere offerto ai centri di intervento 
da qualsiasi persona fisica o giuridica purché dimostrasse di essere il primo 
proprietario dell’olio prodotto e dalle organizzazioni di produttori o loro unioni 
riconosciute in applicazione del regolamento (CEE) n. 136/66. Erano quindi 
esclusi gli imbottigliatori e, di conseguenza, l’olio consegnato all’intervento era 
quello che non aveva beneficiato dell’aiuto al consumo. 
L’intervento era limitato solo agli oli di oliva vergini (nella forma di 
extravergini, vergini, correnti e lampanti) rispondenti alle definizioni stabilite nel 
regolamento (CEE) n. 2568/91, con eccezione dell’olio d’oliva con un tenore 
d’acqua e di impurità superiore all’1% e, per quel che riguarda l’olio vergine 
lampante, con un tenore di acidi grassi liberi espresso in acido oleico non 
superiore all’8%. L’acquisto, limitato agli ultimi quattro mesi della campagna (da 
luglio ad ottobre) per rendere più agevole il normale smercio del prodotto sul 
mercato, avveniva al prezzo d’intervento, aumentato o diminuito in base ad una 
tabella di maggiorazioni o diminuzioni, a seconda della denominazione e qualità 
dell’olio offerto. 
L’olio detenuto dai centri di intervento poteva essere venduto sia sul 
mercato interno che su quello estero. Le agenzie di intervento potevano procedere 
alla vendita dell’olio da esse detenuto solo dietro preventiva autorizzazione. La 
vendita, infatti, era preceduta da una Decisione che riguarda, tra l’altro, la 
destinazione dell’olio, la quantità e qualità di olio da vendere, la procedura di 
vendita da utilizzare.  
Tranne quando particolari condizioni richiedevano diversamente, la 
vendita veniva effettuata tramite asta, procedura attraverso la quale veniva accolta 
l’offerta più alta, purché al di sopra di un prezzo minimo fissato. In caso di 
vendita per l’esportazione potevano essere fissati più prezzi minimi in funzione 
                                            
8
 AA.VV, “Rapporto sull’olio d’oliva- mercati, strutture produttive ed evoluzione 
dell’organizzazione comune di mercato”, Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE, INEA, 
settembre 1998,capitolo 2, pagg. 38-39. 
 
 20
della distanza del mercato di destinazione e delle particolari condizioni di 
importazione. Il prezzo minimo doveva essere fissato o nella Decisione che apre 
l’invito all’asta o sulla base delle offerte ricevute. 
L’offerta era valida solo se accompagnata da una cauzione che veniva 
restituita nel caso in cui l’offerta non risultasse vincente. Nel caso in cui l’offerta 
veniva accettata, la cauzione veniva restituita dopo che era stato effettuato il 
pagamento o, se vendita per l’esportazione, dopo che fosse stata data la prova 
dell’avvenuta esportazione dell’olio entro i cinque mesi successivi alla data della 
vendita.  
 21
 
1.4. Lo schedario oleicolo.
9
 
Nel 1975 allo scopo di “ottenere informazioni necessarie alla 
determinazione del potenziale produttivo di olive e di olio d’oliva della Comunità 
e di migliorare il sistema di aiuti per l’olio” venne decisa l’istituzione di uno 
schedario oleicolo in ciascuno degli Stati membri produttori. L’istituzione dello 
schedario fu prevista in due tappe. Entro due anni dall’entrata in vigore del 
regolamento si sarebbero dovute raccogliere informazioni circa l’area totale 
olivetata in ciascuno Stato membro, le relative particelle catastali ed il numero di 
piante d’olivo. Entro sei anni le informazioni avrebbero dovuto riguardare: il 
nome dei proprietari di ciascuna particella catastale, la suddivisione tra area 
specializzata e non, la distribuzione per varietà degli olivi, il sistema di 
coltivazione impiegato, l’età degli alberi e lo stato di coltivazione e produzione, il 
numero degli alberi sottoposti a irrigazione. 
Il finanziamento della costituzione dello schedario è stato previsto 
totalmente a carico dei produttori ai quali venne trattenuto, a questo scopo, una 
certa percentuale dell’aiuto alla produzione loro spettante. 
Sebbene il regolamento sia entrato in vigore alla fine di gennaio del 1975, 
al finanziamento dello schedario oleicolo hanno contribuito anche gli aiuti delle 
campagne 1973/74 e 1974/75 con una percentuale, rispettivamente, dell’1 e 5%. Il 
finanziamento, che sarebbe dovuto terminare con la campagna 1979/80, è invece 
proseguito negli anni, per cui anche nella campagna 1997/98 vi è stata una 
trattenuta del 2,4% sull’aiuto spettante ai produttori. 
I sistemi utilizzati per la raccolta delle informazioni sono stati quello del 
fotorilevamento e del controllo sul terreno di ogni singola particella catastale. Il 
fotorilevamento è consistito in più operazioni che vanno dalla zonizzazione 
dell’area, alle fotografie areali necessarie per la costruzione delle ortofoto cui 
sovrapporre le mappe catastali precedentemente preparate. Le informazioni così 
                                            
9
 AA.VV, “Rapporto sull’olio d’oliva- mercati, strutture produttive ed evoluzione 
dell’organizzazione comune di mercato”, Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE, INEA, 
settembre 1998,capitolo 2, pag. 40.