5
no ai problemi dei media e dell’informazione, infine, nell’ultimo paragrafo, dedica-
to ad archeologia, Internet e giornalismo (par. 2.6).
Si è cercato anche di fornire, entro il possibile, un’ampia documentazione fotogra-
fica che riportasse i tratti più significativi dei monumenti e dei modelli sperimentali
studiati; la bibliografia è volutamente molto vasta, poiché è sembrato opportuno
riferire di diverse esperienze, in Italia e all’estero, non integralmente riconducibili
a una sola area o a una sola scuola di pensiero.
È, infine, una tesi più metodologica che teorica, anche se le riflessioni di carattere
puramente concettuale non mancano, perché si è ritenuto che i problemi che de-
terminano l’assenza, o inadeguatezza, di modalità di valorizzazione dei beni cultu-
rali nel loro insieme, e archeologici nello specifico, non fossero tanto dettati dalla
insufficiente comprensione teorica, ma andassero piuttosto ricercati in mancanze
di ordine metodologico, pratico e istituzionale.
6
PARTE I – L’ARCHEOLOGIA NELLA TERRA
1. Il punto di partenza: lo scavo
In una dissertazione che si propone di descrivere il percorso dei siti, dei parchi e
dei reperti archeologici «dalla terra alla luce» non può mancare un capitolo intro-
duttivo che si premuri di dare un qualche spazio al momento centrale – ancorché
tutt’altro che unica occasione di scoperta archeologica
5
– della ricerca sul campo.
Si procederà, nei paragrafi seguenti, a una breve esposizione delle tecniche dello
scavo archeologico, prestando attenzione particolare all’aspetto della documenta-
zione e dell’edizione di scavo, primo tassello di quel trasferimento al «pubblico» –
di specialisti – che costituirà l’oggetto primario della presente tesi.
1.1 Prima dello scavo. La diagnostica
Essendo lo scavo archeologico in sé, come indicato sopra, momento centrale ma
non unico della ricerca sul campo, occorrerà destinare qualche parola alla tratta-
zione delle operazioni preliminari.
In assenza di un consenso generale sulla appartenenza delle tecniche di fotografia
aerea e satellitare alla fase diagnostica o a quella ricognitiva
6
, si sceglie qui di ac-
corparle alla prima, dal momento che pare più appropriato riferirsi alla «diagnosti-
ca» guardando a quelle tecniche che consentono una indagine più approfondita
della distribuzione dei manufatti, delle strutture architettoniche sepolte e
dell’entità della stratificazione, lasciando al paragrafo sulla «ricognizione» la trat-
tazione delle operazioni di field survey sul terreno.
5
ZANINI 2000, p. 298.
6
F. Cambi tratta delle fotografie satellitari e dell’aerofotografia in CAMBI 2000, pp. 122-133; vice-
versa RENFREW-BAHN 2006, pp. 70-95, parlano di «ricognizione aerea» nel paragrafo dedicato
alla ricognizione dei siti, destinando invece al paragrafo sull’«indagine del sottosuolo» le altre tec-
niche diagnostiche.
7
Poiché non è questa una tesi espressamente dedicata al tema, in ogni caso, ci si li-
miterà a una presentazione sintetica delle principali tecniche di rilevamento e in-
dagine del sottosuolo
7
.
- Fotografia aerea: inizialmente resa possibile dall’uso di palloni aerostatici o
aquiloni
8
, consiste nella ripresa dall’alto, oggi tramite piccoli aerei, di aree
su cui si intende indagare. È necessario precisare che esistono due tipi di fo-
tografia aerea: la foto obliqua, utile per esaltare la prospettiva e i contorni e
dunque più appropriata per la scoperta di siti archeologici, e la foto zenita-
le, confacente alla stesura di una planimetria degli insediamenti. Da segna-
lare che la foto obliqua consente anche l’individuazione dei crop-mark, cioè
irregolarità del terreno e della vegetazione prodotte dalla presenza di resti
archeologici coperti, di cui così emergono tracce visibili
9
.
- Telerilevamento satellitare: è usato perlopiù in presenza di insediamenti di
grandi o grandissimi dimensioni, a causa della grande scala delle immagini.
Tra gli usi principali si ricordano il rilevamento dei sistemi di argini in Me-
sopotamia e di insediamenti Maya nello Yucatan. I principali sistemi sono i
satelliti LANDSAT e i radar SLAR e LIDAR.
- Sonde: aste metalliche inserite nel terreno per registrare forme o cavità. Tra
gli studiosi che maggiormente contribuirono al perfezionamento della tec-
nica delle sonde va ricordato Carlo Maurilio Lerici, che indagò con un tubo
munito di testa periscopica, lampada e macchina fotografica molte centinaia
7
Per una rassegna estesa e puntuale delle pre-excavation strategies (include sia la ricognizione sia le
tecniche diagnostiche), v. ROSKAMS 2001, pp. 40-61; l’esposizione adottata qui si richiama essen-
zialmente a CAMBI 2000, pp. 123-133 e a RENFREW-BAHN 2006, pp. 70-95.
8
Celebre è il caso di Henry Wellcome, che nel 1913 fotografò gli scavi condotti in Sudan: v. ADDI-
SON 1949.
9
PICCARRETA 1987, p. XVI.
8
di tombe etrusche
10
; ulteriori affinamenti sono occorsi negli ultimi decenni
con tecnologie quali l’endoscopio e le telecamere miniaturizzate.
- Prospezioni del sottosuolo: si tratta di tecniche non distruttive, essenzialmen-
te suddivisibili in metodi attivi (che cioè si basano sulla trasmissione di e-
nergia attraverso il suolo) e passivi (che cioè misurano proprietà fisiche sen-
za trasmettere energia). Tra le prospezioni attive troviamo il metodo della
massa battente, che consiste nell’analisi del suono prodotto dal terreno dopo
che è stato percosso con un mazzuolo; il metodo a onde stazionarie, basato
sulle onde di Rayleigh, permette di ottenere informazioni sulla natura del
terreno colpendo il suolo delicatamente, a intervalli più o meno regolari; il
sonar, o ecoscandaglio, che funziona grazie alle vibrazioni emesse dal tra-
smettitore e respinte dal trasduttore; simile è il funzionamento del georadar
(GPR), che utilizza impulsi radio anziché onde sonore; il metodo della resi-
stività elettrica si fonda invece sulla correlazione tra conduttività elettrica e
umidità del suolo: misurando la resistenza che il sottosuolo oppone al tra-
sferimento di elettricità è possibile individuare il tipo di terreno o l’esistenza
di fossati e buche; la prospezione elettro-magnetica, su cui si innesta anche la
tecnologia dei c.d. metal detector, permette invece, producendo un campo
magnetico, di captare il campo elettrico generato da corpi dotati di alta
conduttività presenti nel terreno. Tra le prospezioni passive sono invece da
segnalare quelle geomagnetiche, che si realizzano tramite la misurazione del
campo geomagnetico e l’individuazione di quei punti del terreno in cui la
presenza di corpi con anomale caratteristiche magnetiche – non solo i me-
talli, ma anche gli oggetti dotati del magnetismo residuo di fasi di riscalda-
mento come fornaci o manufatti in terracotta –. Ulteriori strumenti, ancor-
ché più distruttivi rispetto ai precedenti, sono rappresentati dalle tecniche
di prelievo diretto di campioni del terreno, come il carotaggio.
10
LERICI-CARABELLI-SEGRE 1958.
9
1.2 Prima dello scavo. La ricognizione archeologica
La ricognizione archeologica (ingl. field survey) consiste in una serie di attività volte
all’individuazione di insediamenti archeologici su una data area, o più precisamen-
te delle «componenti genetiche che fanno parte di un determinato paesag-
gio/palinsesto»
11
. È bene specificare che tale operazione – molto intensiva e, per-
ciò, dispendiosa – è generalmente riservata a quei siti visibili soltanto grazie alle
tracce di manufatti, spesso portati alla luce dalle macchine agricole, e non è appli-
cata a insediamenti che conservino segni più evidenti di strutture architettoniche.
Da un punto di vista operativo la ricognizione si concretizza nell’azione di squadre
di ricercatori, detti in questo caso ricognitori, che attraversano i campi per linee pa-
rallele in vista della selezione del sito da scavare, che dovrà fondarsi su criteri utili
per la programmazione della ricerca, come la stima della potenzialità archeologica
di una stratificazione
12
, e si esprimerà inoltre nella ricerca di manufatti e altre evi-
denze archeologiche; tali resti sono poi dettagliatamente documentati, attraverso
l’uso di schede e con fotografie e disegni, e dunque prelevati in base a criteri quali
l’inquadrabilità tipologica dei reperti e l’utilità ai fini della determinazione
dell’epoca dell’insediamento.
Più precisamente, si colloca a questo stadio dell’indagine archeologica la campio-
natura, cioè il processo di selezione di alcune, limitate, aree del sito che vengono
analizzate per risalire alle caratteristiche del gruppo più ampio a cui appartengo-
no
13
. In una prospettiva storica occorre altresì ricordare come l’introduzione del
campionamento probabilistico negli anni Sessanta sia stata seguita, dopo gli anni
Settanta, da una crescente consapevolezza dei limiti della statistica inferenziale
applicata all’archeologia, che con il tempo ha perso i supposti caratteri di infallibi-
lità che le erano stati conferiti in un primo momento ma non per questo è stata ab-
11
CAMBI 2000, p. 251.
12
CARANDINI 2000a, pp. 39-40, suggerisce di integrare l’uso delle tecniche sopra descritte e lo
spoglio delle documentazioni iconografiche e scritte in merito a eventuali indagini precedenti.
13
TERRENATO 2000, p. 47.