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P r o l o g o
In questo mio lavoro, ho inteso esaminare con una specifica
analisi, il rapporto fra il “padre della lingua italiana”, pilastro
della cultura letteraria scolastica, e i media più caratteristici
della comunicazione odierna: la TV e il film per la
televisione.
L‟interesse a questo rapporto è stato sicuramente stimolato
dalla presentazione sul piccolo schermo di parti della
Commedia, ad opera di Roberto Benigni, che ha saputo in
modo nuovo quanto semplice e proprio per questo originale,
nel contesto delle sue affabulazioni e negli stretti spazi
consentitegli dal palinsesto, riproporre all‟attenzione dei
telespettatori una cultura che per troppo tempo è stata
confinata nell‟insegnamento scolastico e, come l‟audience
televisiva ha dimostrato, ritrova invece un‟impensabile
conferma d‟attualità non solo sul piccolo schermo, ma anche
nel successo delle “letture all‟aperto” che molte
amministrazioni comunali hanno organizzato nei loro
programmi culturali.
È un peccato che Dante Alighieri, considerato il padre della
lingua italiana e una delle colonne portanti della cultura
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scolastica, sia ancora considerato come una noiosa e
ingombrante presenza dalla maggior parte degli studenti.
A mio parere, credo che molto di quest‟atteggiamento nei
confronti di Dante, dipenda non solo dal mutato gusto e dalla
diversa sensibilità d‟oggi, ma anche e forse in modo decisivo,
dal modo con cui Dante viene proposto agli studenti, ovvero
dagli stili d‟insegnamento: mi piacerebbe assistere ad una
“lettura” drammatizzata in classe o ad una metodologia
d‟insegnamento in cui le emozioni e i sentimenti diventano
determinanti per lo studio e l‟apprendimento; in altre parole,
voglio dire che il coinvolgimento emotivo è sempre decisivo
per l‟apprendimento.
Eppure proprio questo, secondo me, il poema e la vita di
Dante sarebbero in grado di suscitare. Né la Commedia,
considerata giustamente come una delle più grandi creazioni
letterarie dell‟umanità, né il poeta meritano questo
disinteresse sia per ciò che il poema esprime dal punto di
vista storico e civile, testimonianza di quei tempi turbinosi e
feroci, sia per ciò che la vita stessa del poeta rievoca, così
intensa, piena d‟eventi e di passioni, di tribolazioni e di
drammi, che la rendono una vera e propria avventura.
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Da un punto di vista cinematografico e televisivo, la vita e le
opere di Dante consentono larghe possibilità di
spettacolarizzazione, ma né il cinema né la televisione hanno
saputo andare oltre la funzione pedagogica dell‟opera, con
tutti i limiti che ne conseguono.
Rivisitando il rapporto passato fra Dante e TV (ma anche con
altri linguaggi espressivi iconici, come il fumetto) si può, non
solo capire i motivi della scarsa fortuna che un‟opera
letteraria tanto grande ha avuto presso i telespettatori di
qualche decennio fa, ma anche capire i motivi del ritrovato
interesse per l‟opera, espresso in forme nuove di linguaggio;
ma anche individuare le potenzialità di spettacolarizzazione
insite nella storia dantesca, alla luce delle nuove sensibilità
culturali e sociali del nostro tempo e delle nuove possibilità
espressive della TV.
In questa prospettiva si possono cogliere, nei confronti della
Commedia, nuovi segnali d‟attenzione e di scoperta.
Certamente l‟audience, l‟idolo a cui l‟impresa televisiva
sacrifica troppe volte dignità e spessore culturale dei
programmi, prodotta dal già citato Benigni, è un indicatore
positivo. Il successo di folla delle “letture all‟aperto” a
Milano e in altre città; i commenti settimanali e le
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interpretazioni critiche delle cantiche dantesche sul Corriere
della Sera sono segnali importanti di questa riscoperta di
Dante.
Il segno più vistoso di questo rinato interesse è rappresentato
da un concorso tra le scuole per raccontare la Commedia a
fumetti, che ha dimostrato come sia possibile trarre il sommo
poeta dal clima di noia in cui l‟insegnamento scolastico l‟ha
confinato.
Il concorso, organizzato dalla città di Ravenna, conferma con
grand‟evidenza che quelle storie di demoni e di dannati,
d‟inganni e di frodi, di grida e di pianti, di consolazioni e di
speranza, continuano a suscitare soprattutto nei giovani,
emozioni e sentimenti. Entusiasmo che stimola la ricerca,
non solo estetica o di critica letteraria, ma anche di nuove
forme di linguaggi espressivi, grafico-iconici e
cinematografici.
Ciò che vorrei esprimere in quest‟analisi del rapporto fra
Dante e TV è che, se finalmente spogliato il poema dalla
funzione più propriamente pedagogica e didascalica, si può
far emergere il fascino secolare del realismo e della genialità
danteschi a cui non sfuggono i giovani, così come non
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sfuggiva la gente raccolta attorno ai cantastorie che nello
XIV° secolo la leggevano per le strade o nelle corti d‟Italia.
Il film di Peter Greenaway Dante. The Inferno, che esamino
nel corso di questa ricerca rappresenta un tentativo (ed in
questo senso è un caso esemplare) di sperimentare nuove
forme rappresentative, tentativo di superare l‟elemento
puramente biografico e/o didascalico delle trasposizioni
filmiche d‟opere letterarie.
Il mio lavoro vuole proporre due casi di lettura critica della
trasposizione filmica dell‟opera e della vita di Dante, nella
convinzione che una prospettiva di studio e una
considerazione culturale ed estetica, riferita alla Commedia,
possono nascere anche dalle sue trasposizioni filmiche.
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A mia nonna Caterina.
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Cap i t o l o 1
PER UNA TELEVISIONE POPOLARE. LA VITA DI
DANTE.
La storia della televisione italiana viene generalmente fatta
iniziare con il 3 gennaio 1954, questa data è sì quella della
prima trasmissione, ma la storia della televisione italiana
s‟intreccia con quella, più antica, della radio.
I primissimi passi della televisione italiana, in realtà,
possono essere fatti risalire al 1931 durante il periodo
fascista. Una circolare del governo riserva all‟Eiar (primo
vero monopolio pubblico fondato nel 1927, fortemente
caratterizzato dalla funzione sociale che il regime
riconosceva alla radio) il compito di occuparsi della
sperimentazione sulla “radiovisione circolare”.
L‟Eiar in realtà inizierà la sperimentazione solo nel 1939
quando ormai la tecnica di trasmissione a distanza
d‟immagini è già in fase avanzata in Inghilterra e nella
Germania nazista. Questo ritardo risulterà fatale per lo
sviluppo della televisione italiana: la Rai, infatti, nata dalla
ceneri dell‟Eiar, dovrà inseguire a lungo le altre aziende
europee.
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Nel 1952 l‟Italia si adegua allo standard europeo in merito
alle trasmissioni televisive e proprio di quell‟anno sono le
prime trasmissioni pseudo-regolari, con l‟inaugurazione di
un nuovo ripetitore e di due studi nella sede di Milano della
Rai. In questi anni in Italia, bisogna ricordarlo, non ci sono
ancora apparecchi televisivi nelle case.
Sono ancora trasmissioni sperimentali, ben realizzate, ma
sempre e solo fruibili da un pubblico ristrettissimo e
caratterizzato da esperti distribuiti tra Milano e Torino. Per
potersi sviluppare la televisione italiana aveva bisogno di
una crescita tecnica relativa alla diffusione del segnale.
Nel 1953 la Rai s‟impegna nella diffusione e costruzione di
ripetitori nel nord e nel centro Italia. Al primo gennaio del
1954 l‟Italia settentrionale e gran parte dell‟Italia Centrale
erano coperte, le restanti regioni del paese furono raggiunte
via via fino al 1957.
La televisione nasceva subito come un mezzo popolare e
nazionale caratterizzata inizialmente da un carattere
pionieristico, anche se molti di loro venivano da una
lunghissima esperienza nella radio.
Il 3 gennaio 1954, si diceva, preceduti da diverse settimane
di programmazione sperimentale, iniziano i programmi
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regolari della televisione italiana. Questo anno è
fondamentale non solo per la storia dei media italiani ma
anche per quella dei consumi nazionali. La televisione
diventa potenzialmente disponibile a tutti: sono gli anni che
preludono al boom economico, l‟epoca in cui si sviluppa la
rete autostradale italiana, in cui il telefono, diventato
patrimonio popolare, perde a poco a poco la dimensione di
strumento di status che aveva avuto in precedenza e
comincia a sviluppare le caratteristiche che lo faranno
diventare medium di connessione sociale.
Gli anni Cinquanta e la prima metà dei Sessanta
costituiscono ancora un periodo di scarsa penetrazione degli
strumenti di comunicazione; è in quest‟Italia che la
televisione s‟inserisce.
Il palinsesto della televisione della seconda metà degli anni
Cinquanta si sviluppa secondo due tendenze espressive: da
una parte la ricerca della novità, guardando con attenzione
anche alla televisione americana, dall‟altra il bisogno di
utilizzare e di rifarsi a forme di genere più riconosciute e
tradizionali della cultura italiana. La rielaborazione di forme
e stili di altri media: come la radio, innanzitutto, ma anche il
teatro (soprattutto l‟avanspettacolo); e allo stesso tempo