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Introduzione 
Negli ultimi vent’anni nelle aziende si sono verificati a cascata importanti 
cambiamenti strutturali a causa delle innovazioni indotte dalle ICT (Information 
and Communication Technologies). È un periodo che non ha precedenti quanto a 
ritmo e portata delle trasformazioni, che si sono imposte sia all’interno sia 
all’esterno delle aziende. 
Tradizionalmente le aziende utilizzano architetture organizzative funzionali, 
suddivise cioè nelle grandi aree come amministrazione, commerciale, produzione. 
I processi di business spesso sono trasversali alle funzioni, perciò, affinché in 
un’azienda con questo tipo di architettura i processi siano efficaci/efficienti, è 
necessario un forte coordinamento tra le funzioni. 
Per risolvere gli eventuali contrasti che si possono presentare, si deve quindi o 
riallineare l’architettura organizzativa ai processi o utilizzare sistemi informativi 
integrati, quali i sistemi PLM – Product Lifecycle Management, per i processi di 
progettazione delle relazioni, e i sistemi ERP – Enterprise Resource Planning, per i 
processi di gestione delle relazioni. 
I fattori che hanno influenzato il successo della formalizzazione dei processi 
aziendali sotto questa nuova ottica sono: 
- L’adozione di una “visione aziendale per processi” 
- La definizione di una precisa metodologia di analisi 
- Il supporto di adeguati strumenti di formalizzazione, gestione e diffusione 
(repository della conoscenza). 
In questo scenario, può essere interessante lo studio e la comprensione di una delle 
piattaforme per il business process management che sta avendo maggior 
diffusione, ovvero ARIS, con particolare attenzione per ARIS Business Architect for 
SAP prodotto dall’azienda IDS Scheer. 
Tale tool, nato da una collaborazione strategica tra IDS Scheer e SAP, si propone 
come una valida alternativa alle classiche procedure di implementazione: esso è, 
infatti, integrato con la piattaforma tecnologica SAP NetWeaver e sincronizzabile 
con lo strumento SAP Solution Manager.
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Attraverso ARIS for SAP, IDS Scheer mette a disposizione un ambiente su misura 
per il disegno e l’architettura dei processi aziendali, che possono poi essere 
facilmente integrati nei modelli di configurazione e di esecuzione in SAP 
NetWeaver. Questa integrazione consente la gestione dei processi di business e del 
software standard, attraverso il trasferimento nel SAP Solution Manager di tutte le 
informazioni di processo mappate. 
Grazie all’utilizzo di uno strumento di integrazione tra i due mondi ARIS e SAP, la 
modellazione e l’ottimizzazione dei processi di business aziendali possono essere 
unite alla configurazione fisica e all’esecuzione degli stessi, permettendo alle 
aziende di perseguire l’obiettivo fondamentale della flessibilità. 
La generazione di una mappatura dei processi aziendali con ARIS, oltre a fornire la 
base per la sincronizzazione con il SAP Solution Manager, offre la possibilità di 
sfruttare altri numerosi vantaggi derivanti dall’utilizzo della piattaforma. Le 
aziende, infatti, non solo vengono messe in grado di allineare i processi di business 
con i requisiti SAP, ma possono anche valutare i propri processi analizzandone i 
fattori, come ad esempio tempi, costi, risorse, debolezze. Con lo strumento ARIS 
Business Architect, quindi, si possono mettere in pratica sia innovazione che 
ottimizzazione dei processi. 
 
Lo scopo di questa tesi è quello di mettere in atto un vero e proprio progetto di 
implementazione, per dimostrare che effettivamente la piattaforma ARIS fornisce 
tutti gli strumenti di Business Process Management di cui le aziende necessitano 
per affrontare il continuo cambiamento. 
Il progetto di implementazione che si è deciso di attuare prevede tre fasi principali, 
che si distinguono per gli strumenti utilizzati e per il tipo di lavoro da svolgere. 
Prima fase. Mappatura dei processi, rispettando tutte le convezioni imposte dal 
SAP Solution Manager. 
Seconda fase. Creazione di script per la realizzazione di report che consentano di 
effettuare delle analisi di business. 
Terza fase. Associazione di transazioni SAP agli step di processo individuati e 
sincronizzazione di ARIS for SAP con SAP Solution Manager.
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Il tutto è stato naturalmente svolto dopo una prima fase di documentazione e 
studio sia della metodologia da seguire sia dei processi aziendali coinvolti. 
Il presente elaborato è stato suddiviso in due parti principali. 
Una prima parte di introduzione a quelli che sono i concetti di base, in modo da 
fornire una conoscenza teorica dell’argomento trattato e una visione globale delle 
information technologies a cui si è fatto riferimento. 
Una seconda parte di descrizione dettagliata del progetto che è stato portato avanti 
nel corso dello svolgimento della tesi.
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PARTE I 
CONCETTI DI BASE
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Capitolo 1 – Business process 
1.1 Il processo aziendale 
L’organizzazione di successo è quella “vicina al cliente”, cioè in grado di fornire 
elevate prestazioni agli acquirenti di prodotti e servizi, in termini di costi, tempi e 
qualità. Ciò richiede un’adeguata gestione aziendale per processi. Ma che cos’è un 
processo? 
Possiamo definire un processo come un insieme organizzato di attività e di 
decisioni, finalizzato alla creazione di un output effettivamente domandato dal 
cliente e al quale questi attribuisce un valore ben definito. [E. Bartezzaghi] 
I processi sono quindi delle aggregazioni di attività finalizzate al raggiungimento di 
uno stesso obiettivo. [D. Pierantozzi]  
Ogni processo si caratterizza per l’utilizzo di input, e cioè di risorse in entrata o di 
partenza, e la produzione di output come risultato delle attività di quel processo. 
 
 
Definizione di processo 
 
Le attività che costituiscono un processo sono caratterizzate da tre elementi 
fondamentali: 
- Costo delle attività, e quindi del processo;
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- Tempo di svolgimento delle attività, per giungere dagli input al risultato 
finale, comprendendo gli eventuali tempi morti tra un’attività e l’altra; 
- Qualità dell’output finale, che risulta dalla qualità di esecuzione delle attività 
del processo. 
Questi elementi costituiscono una misura dell’efficacia ed efficienza con cui si 
svolge il processo: tanto minori sono i costi e i tempi impiegati per ottenere i 
risultati voluti e tanto maggiore è la loro qualità, allora tanto più positivo risulterà 
il giudizio su quel determinato processo. 
Un processo che possiede queste caratteristiche è un processo che crea valore 
perché è in grado di soddisfare le esigenze dei propri clienti: a fronte del costo 
sostenuto, del tempo impiegato e del livello qualitativo raggiunto dalle attività di un 
processo, esso offre al cliente un beneficio superiore alle risorse impiegate, che si 
traduce nella corresponsione di un prezzo adeguato. [D. Pierantozzi] 
Il concetto di creazione del valore è così importante che alcuni autori lo 
richiamano direttamente nella definizione di processo. Hammer e Champy 
definiscono i processi come un insieme di attività che richiede uno o più input e crea 
un output che ha valore per il cliente. Armistead e Rowland invece affermano che i 
processi  formano delle reti in cui le attività di un certo processo servono ad 
aggiungere valore agli input derivanti dal processo precedente. 
Secondo Porter, i processo possono essere poi distinti in due tipologie: processi 
primari e secondari. Quelli primari sono così chiamati perché creano direttamente 
un valore riconosciuto dal cliente esterno. Quelli secondari o di supporto invece 
sono così detti perché servono per la realizzazione dei processi primari, ma non 
creano di per sé un valore riconosciuto dal cliente esterno: il loro cliente è 
sostanzialmente interno, generano costi e solo indirettamente benefici. 
 
 
1.2 Struttura aziendale e processi 
Impostare l’organizzazione aziendale, e quindi la sua struttura, sulla base dei 
processi contrasta con l’oramai storica organizzazione per funzioni.
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I processi aziendali tagliano trasversalmente le strutture organizzative e questo 
perché richiedono il contributo di diverse unità funzionali: un processo attraversa 
più funzioni o analogamente più funzioni concorrono alla realizzazione di un 
unico processo. 
Il valore aggiunto per l’impresa nell’utilizzare una visione per processi piuttosto 
che per funzioni risiede sostanzialmente nell’obiettivo generale di creazione del 
valore, che significa anche accrescere la dimensione del capitale economico, ossia il 
valore dell’impresa come investimento. 
Una visione per processi sembra facilitare la realizzazione di obiettivi per profitto, 
di un monitoraggio più efficace delle perfomance di costo, tempo e qualità: tali 
meccanismi di controllo infatti consentono di far funzionare meglio i processi 
creando soddisfazione al cliente e quindi valore per l’impresa. Ma questo risultato 
è raggiungibile solamente se tutte le attività svolte sono efficienti e soprattutto 
coordinate tra loro: ciò significa che deve esserci efficienza dei processi trasversali.  
 
 
1.3 La cultura di processo 
Il primo passo da compiere è quello di diffondere la “cultura di processo”. Se 
manca questa sensibilizzazione ogni sforzo fatto rischia di risultare vano. 
La cultura aziendale è in grado di influenzare direttamente i comportamenti e le 
scelte decisionali dei membri dell’impresa. Dovrebbero essere perciò individuati 
dei meccanismi tali da incentivare l’accoglienza e l’accettazione del nuovo 
orientamento gestionale. Se non c’è un valido supporto per innescare l’azione di 
miglioramento graduale o radicale, creando quindi le condizioni favorevoli al suo 
sviluppo e sostenendolo nel corso della sua realizzazione, il progetto di 
cambiamento rischia di subire un notevole insuccesso con spreco delle risorse 
impiegate. 
Alcune azioni da intraprendere in tal senso possono essere:
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- Rendere noti all’intera organizzazione i processi primari e analizzarli 
continuamente, per verificare se creano valore aggiunto riconosciuto dal 
cliente finale; 
- Misurare le prestazioni dei processi in termini di qualità, tempi, costi, 
affiancando agli obiettivi della singola funzione anche gli obiettivi di processo; 
- Costruire degli incentivi allineati agli obiettivi di processo; 
- Stimolare il personale a progettare dei miglioramenti continui nell’ottica di 
processo, tramite l’ausilio ad esempio di gruppi di lavoro interfunzionali. 
 
 
1.4 Il process owner 
Un altro aspetto importante della visione per processi è la presenza di un process 
owner o “proprietario” del processo. Egli ha il compito di curare l’efficacia e 
l’efficienza del processo che presiede: non è il capo, anzi molto spesso non ha 
neppure autorità sulle risorse per realizzare le attività sul processo stesso. Deve 
essere capace di mediare, convincere e incentivare i comportamenti che risultano 
più coerenti con gli obiettivi del processo ma senza avere il potere di imporli. 
Altra funzione del proprietario del processo è quella di essere responsabile di 
fronte al cliente esterno e interno, divenendo per loro un punto di riferimento a 
cui rivolgersi.
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Capitolo 2 – Business process optimization 
Una volta creati i processi occorre ovviamente gestirli. Gestire i processi significa 
sostanzialmente intervenire su di essi per migliorarli, renderli più efficienti (meno 
costosi, più rapidi e di qualità superiore) e rispondenti alle necessità aziendali, al 
fine di poter creare valore per l’impresa. 
 
2.1 Business Process Modeling 
Il Business Process Modeling è l’attività mediante la quale analisti e manager 
tendono a migliorare l’efficienza e l’efficacia dei processi. 
Questo si traduce nell’attività di rappresentazione dei processi aziendali nelle due 
ottiche: 
- La situazione attuale, AS-IS; 
- La situazione futura desiderata, TO-BE. 
L’analisi AS-IS dei processi si pone come obiettivo lo studio delle attività, dei flussi, 
delle interdipendenze, delle risorse e dell’organizzazione dell’azienda, con lo scopo 
di stabilire, tramite il passo finale di confronto e diagnosi, sia lo stato di efficienza e 
lo stato di efficacia degli stessi, sia il grado di miglioramento che è possibile 
apportare. 
L’analisi AS-IS può essere vista come costituita da quattro passi fondamentali: 
- Identificazione dei macroprocessi, tramite ad esempio la catena del valore, il 
portfolio applicativo o il modello SCOR; 
- Dettaglio dei processi, attuando una modellazione e una descrizione dei 
processi in termini di struttura, attributi e flusso dei processi stessi; 
- Incrocio processi-funzioni, attraverso la struttura delle responsabilità, la 
mappatura delle competenze, lo schema dei ruoli o il flusso delle attività nelle 
strutture; 
- Valutazione del processo, prevedendo la rilevazione e la descrizione delle 
risorse dedicate, della durata dei processi, dei KPI del cliente, del 
coordinamento e delle interdipendenze esistenti.
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Terminata la fase di analisi AS-IS si procede con quello che è il confronto, 
l’identificazione delle criticità, l’allineamento degli obiettivi organizzativi con gli 
obiettivi di posizionamento di mercato, l’identificazione degli indicatori chiave.  
L’analisi TO-BE va poi a integrare l’analisi del cambiamento con il dettaglio delle 
risorse necessarie, misurate in base agli indicatori chiave e all’analisi costi-benefici. 
Per attuare la riprogettazione (TO-BE), così come accade per la fase di analisi AS-
IS, si seguono quattro step: 
- Definizione della vision, tramite l’individuazione di best practice ma anche 
degli schemi di flusso desiderati, l’esperienza e il confronto; 
- Analisi del cambiamento, ridisegnando i flussi, progettando e realizzando un 
nuovo sistema informativo, ridisegnando l’organizzazione, l’addestramento e 
un nuovo sistema di monitoraggio; 
- Piano/progetto TO-BE, il che vuol dire definire un nuovo piano di business, e 
quindi obiettivi, schemi di flusso, sistemi informativi, piani formativi, analisi 
costi-benefici, ROI e rischi; 
- Piano di implementazione, per la pianificazione delle azioni, definendo anche i 
singoli obiettivi da raggiungere, le risorse coinvolte, i tempi e le responsabilità, 
il piano di documentazione e, eventualmente, un diagramma di Gantt, per 
monitorare costantemente il progetto. 
Per rendere possibile il passaggio da una situazione AS-IS a una TO-BE vengono 
utilizzati specifici programmi di Change Managament. Questo è un processo 
mirato a supportare i cambiamenti da apportare a un sistema e a consentire la 
tracciabilità degli stessi.  
Gli interventi possono essere di tipo incrementale (nell’ottica degli approcci 
orientati al miglioramento continuo, quindi inclusi nell’ambito del Business 
Process Management) oppure di tipo radicale (costituendo in tal caso un elemento 
chiave del Business Process Reengineering).
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2.2 Business Process Management 
Il Business Process Management (BPM) è definito come l’insieme di attività 
necessarie per definire, ottimizzare, monitorare e integrare i processi aziendali, al 
fine di creare un processo orientato a rendere efficiente e efficace il business 
dell’azienda. 
Il BPM si colloca fra la gestione d’impresa e l’information technology e consente di 
fare analisi, cambiare tecnologia e organizzazione sulla base di dati concreti, 
piuttosto che in base a opinioni soggettive. 
Prevede di modellare i processi definendo i relativi attori, le attività e le 
applicazioni coinvolte. A questi oggetti possono essere aggiunte grandezze 
quantitative, come indicatori di rischio, misure dell’efficienza dei relativi controlli, 
oppure indicatori di perfomance, i cui valori sono alimentati dagli applicativi 
gestionali. 
Tanto maggiori sono il numero e la varietà di attori coinvolti nei processi, più è 
alto il beneficio che trae l’azienda stessa da una definizione strutturata e puntuale 
degli stessi. Il tutto in ottica di monitoraggio e di ottimizzazione dei processi e dei 
sistemi collegati. 
Le attività del BPM possono essere raggruppate in cinque categorie. 
 
BPM 
1. Design: comprende sia l’individuazione dei processi esistenti (AS-IS) che la 
progettazione dei processi desiderati (TO-BE). Una buona progettazione è 
fondamentale perché riduce il numero di problemi riscontrati per tutta la 
durata del processo.
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2. Modeling: ha come punto di partenza la progettazione teorica ottenuta come 
output nella fase di design. Introduce combinazioni di variabili che consentono 
di determinare come il processo possa lavorare in diverse circostanze. 
3. Execution: il processo può essere automatizzato tramite lo sviluppo o 
l’acquisto di un’applicazione che ne esegua le fasi necessarie. 
4. Monitoring: è previsto un monitoraggio continuo durante tutta la fase di 
esecuzione del processo, in modo da rendere facilmente visibili le informazioni 
sul suo stato e le statistiche relative alle sue performance. Questa fase risulta 
fondamentale per individuare problemi relativi al funzionamento di un 
processo, che possono essere corretti nella successiva fase di ottimizzazione. 
5. Opztimization: recuperare cioè tutte le informazioni sulle perfomance dei 
processi, identificare il potenziale o attuale “collo di bottiglia” e i potenziali 
miglioramenti, per poi permettere la loro applicazione. 
Per consentire l’attuazione della fase di monitoring, è necessario che i processi 
aziendali siano misurabili e monitorabili nel tempo mediante l’utilizzo di 
indicatori di prestazioni chiave. Esistono a tale scopo software che si occupano 
della loro rilevazione e che forniscono dei resoconti sull’operatività dei processi. 
I KPI di processo sono principalmente di quattro tipi: 
- Indicatori generali; 
- Indicatori di costo; 
- Indicatori di qualità; 
- Indicatori di servizio (o di tempo). 
 
Una volta realizzata una visione unica e condivisa, ottenuti il riconoscimento, la 
gestione, il miglioramento, la modifica e la verifica, si viene a creare un ciclo senza 
interruzione di continuità. I processi non sono rigidi, ma dinamici, fluidi, 
adattabili. 
Individuare e porre in gestione tutti i processi presenti, renderli governabili, offrire 
un’opportunità per individuare e applicare nuove soluzione a realtà esistenti e 
consolidate, salvaguardando e valorizzando l’esperienza aziendale: questi sono in 
sintesi gli obiettivi del BPM.
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2.3 Business Process Reengineering  
In pochi casi un’idea di management ha avuto una diffusione e una popolarità, 
presso le imprese e le amministrazioni pubbliche, i consulenti e gli accademici, 
pari a quella del Business Process Reengineering (BPR).  
A partire dall’inizio degli anni ’90, tale concetto ha conquistato rapidamente 
l’attenzione di molte aziende e organizzazioni ed è stato alla base di un grande 
numero di progetti di cambiamento. 
Il BPR ha rappresentato in alcuni casi la distruzione di realtà consolidate e note, in 
quanto il metodo più adatto per ottenere un alto livello di radicalità è quello di 
progettare la nuova organizzazione a partire da zero, per non essere condizionati 
dai vincoli derivanti dalla situazione pre-esistente. 
Negli ultimi anni ’90, il BPR viene sopravanzato da nuove idee di management e, in 
particolare, dall’e-business, emergono sempre più frequentemente problemi di 
carattere organizzativo nella gestione degli interventi e casi di insuccesso. 
Ora più che riproporre un BPR rivisitato, è opportuno concentrarsi sugli aspetti e i 
componenti che più lo hanno caratterizzato, rileggerli tenendo in considerazione i 
cambiamenti avvenuti nel contesto competitivo delle imprese e l’evoluzione delle 
tecnologie. 
I punti principali su cui si basa il BPR sono: 
- Capire quali sono le attività a valore aggiunto per gli stakeholder, ossia per tutti 
i portatori di interesse nei confronti delle attività aziendali; 
- Eliminare le attività senza valore aggiunto, riducendo così costi e tempi; 
- Terziarizzare tutte quelle attività che possono essere ottenute con qualità 
maggiore e con un costo minore da fornitori esterni (outsourcing); 
- Realizzare processi operativi livellati (in cui il mix prodotto coincida con il mix 
desiderato) e bilanciati (senza colli di bottiglia); 
- Applicare l’information technology in modo efficace/efficiente.