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INTRODUZIONE 
FANS 
I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono largamente utilizzati in medicina 
umana e veterinaria per la loro riconosciuta efficacia nel produrre effetti 
antinfiammatori, analgesici ed antipiretici. Per la maggior parte sono acidi deboli 
organici con una pKa compresa tra 3 e 5 e , a pH fisiologico sono ionizzati e legati alle 
proteine (>98%). Le molecole appartenenti a questa classe di farmaci sono spesso 
classificate come di seguito riportato: 
Acidi carbossilici 
 Derivati dell’acido salicilico (salicilati): acido acetilsalicilico 
 Derivati dell’acido propionico: naprossene, carprofen, ketoprofene 
 Acidi atranilici: acido tolfenamico 
 Derivati dell’acido acetico: eltenac, etodolac 
 Acidi amino nicotinici: flunixin meglumina 
 Acidi chinolinici 
Acidi enolici 
 Pirazolonici: fenilbutazone, dipirone 
 Oxicami: piroxicam, meloxicam 
Altri 
 Derivati del paraminofenolo 
 Sulfonanilidi: nimesulide 
 Alcanoni
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I FANS hanno un basso volume di distribuzione ma un alto grado di penetrazione nei 
tessuti infiammati e risultano biologicamente attivi solo quando non sono legati alle 
proteine plasmatiche. Questi farmaci sono lipofili e poco solubili in acqua per questo 
spesso sono formulati come sali sodici per uso parenterale. Possono essere 
somministrati per via orale, intramuscolare, endovenosa e rettale. Sono metabolizzati 
principalmente dal fegato dove subiscono ossidazioni, riduzioni, idrolisi e coniugazioni; 
che per la maggior parte di essi portano a metaboliti inattivi ad eccezione del 
fenilbutazone. L’escrezione avviene principalmente per via renale e si ha una limitata 
filtrazione glomerulare a causa dell’elevato legame con le proteine plasmatiche. 
Differenze come farmacocinetica, emivita, concentrazione di proteine plasmatiche, 
ritmo circadiano, funzionalità epatica e renale, interazione con altri farmaci influenzano 
l’efficacia e la risposta individuale di tali farmaci (Moses e Bertone, 2002). I FANS 
sono molto diversi dal punto di vista chimico, ma risultano raggruppati nella stessa 
classe farmacologica perché presentano un medesimo meccanismo d’azione (Zizzadoro 
e Belloli, 2009). I farmaci antinfiammatori non steroidei, diversamente dagli steroidei, 
sono sostanze che agiscono inibendo un componente della cascata dell’acido 
arachidonico (Moses e Bertone, 2002), in particolare inibiscono la sintesi di 
prostaglandine e di trombossano attraverso il blocco delle ciclo-ossigenasi (COX) 
(Boothe, 1999).
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1 Cascata dell' acido arachidonico. 
Attualmente è noto che esistono due forme di ciclo-ossigenasi: COX 1 e COX 2. La 
COX 1 rappresenta l’isoforma costitutiva che si trova nella maggior parte delle cellule e 
dei tessuti. Essa è responsabile della sintesi di prostaglandine fondamentali per 
mantenere una corretta fisiologia ed è implicata in importanti ruoli fisiologici, quali ad 
esempio la citoprotezione gastrica, la funzione renale, la funzione piastrinica, la 
funzione riproduttiva, ecc. Il secondo enzima, la COX 2, rappresenta la forma 
inducibile, cioè è prodotto occasionalmente nelle cellule coinvolte nella risposta 
infiammatoria o immunitaria. Per tutti questi motivi un farmaco che inibisce solo le 
COX2, come i FANS di seconda generazione, dà minori effetti collaterali rispetto ad 
uno che esercita il proprio potere inibitorio su entrambe le isoforme. La maggior parte 
dei FANS alle dosi terapeutiche determina l’inibizione di entrambe le ciclo-ossigenasi 
ed è quindi responsabile dell’insorgenza di importanti effetti collaterali che si 
manifestano principalmente a carico del tratto gastrointestinale, del rene e delle piastrine 
(Zizzadoro e Belloli, 2009). Quindi i principali effetti terapeutici e tossici dei FANS 
sono attribuibili alla capacità di inibire la sintesi dei prostanoidi (Boothe, 1999). Esiste
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infine un’altra isoforma delle ciclo-ossigenasi di recente scoperta, chiamata COX 3. 
Questa è presente prevalentemente a livello del sistema nervoso centrale ed i farmaci 
che la inibiscono selettivamente non mostrano attività antinfiammatoria, ma soltanto 
analgesica ed antipiretica. 
 
FANS utilizzati nel cavallo 
I FANS impiegati comunemente nella pratica equina sono numerosi in particolare, 
fenilbutazone (PBZ), flunixin meglumina (FXN), aspirina, suxibuzone, acido 
meclofenamico, naprossene, carprofen, ketoprofene, vedaprofene, acido salicilico, 
eltenac. Di questi i maggiormente usati sono PBZ e FXN (Roberts, 2010), nonostante 
Beretta e collaboratori (2005) hanno trovato che nel cavallo, meloxicam e carprofen 
sono gli inibitori delle COX 2 più selettivi. Osteoartriti, coliche, lesioni dei tessuti molli, 
stati febbrili, trombi, endotossemie e infiammazioni di varia natura, sono le classiche 
situazioni in cui vengono somministrati FANS al cavallo, in particolare il PBZ ricorre 
più frequentemente per tali propositi. FXN è invece il più usato in caso di dolori 
gastrointestinali acuti o coliche, febbre e infiammazione dei tessuti molli. Inoltre FXN è 
il FANS più comunemente usato per il trattamento clinico dei sintomi di endotoxemia, 
sebbene vi siano diversi esperimenti che mostrano che anche altri FANS (per esempio 
PBZ) hanno proprietà antiendotossiche (Jackman et al, 1994; King e Gerring, 1989; 
Sigurdsson e Youssef, 1994).
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Fenilbutazone (PBZ)  
PBZ è un derivato degli acidi enolici appartenente alla classe dei pirazoloni. Dopo 
metabolismo epatico, PBZ porta alla formazione dei suoi metaboliti di cui i principali 
sono ossifenbutazone, γ-idrossifenilbutazone e γ-chetofenilbutazone. 
 
 
2 Struttura di ossifenbutazone, γ-idrossifenilbutazone e γ-chetofenilbutazone. 
Quest’ultimo risulta essere il più abbondante metabolita ed anche l’unico che mantiene 
attività, per tale motivo PBZ presenta una lunga durata d’azione. Infatti l'emivita stimata 
nei fluidi infiammatori è circa 24 ore, mentre a livello plasmatico ha emivita variabile 
da 3 a 8 ore, in aumento con l'aumentare della dose (Kollias-Baker e Cox 2004). È più 
lunga in pony e cavalli anziani (Goodrich e Nixon 2006). Benché il PBZ abbia un 
margine di sicurezza relativamente ristretto, è ampiamente utilizzato in medicina 
veterinaria. È stato suggerito che la somministrazione del farmaco in continuo a 2.2 
mg/Kg due volte al giorno è sicuro ed efficace nella maggior parte dei cavalli normali 
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(Kollias-Baker e Cox 2004; Goodrich e Nixon 2006) e che il margine di sicurezza è 
drasticamente ridotto se questa dose viene superata. Goodrich e Nixon (2006) hanno 
suggerito una dose di attacco di PBZ 4,4 mg/Kg due volte al giorno per due giorni, 
seguita da 2.2 mg/Kg per due volte al giorno. Dosi più elevate possono aumentare la 
durata d'azione del farmaco, ma non la sua potenza. PBZ, tuttavia, è spesso utilizzato a 
dosi più elevati nel breve termine ad un tasso di dose orale di 4.4 mg/Kg due volte al 
giorno per cinque giorni è stato scoperto avere un tempo di rilevamento di 168 ore (FEI, 
2010c). Hu e collaboratori (2005) hanno dimostrato che il PBZ ha un effetto analgesico 
per almeno 24 ore se somministrato per via endovenosa a dosi di 4.4 o 8.8 mg/Kg al 
giorno, ma senza alcun vantaggio in termini di effetto analgesico utilizzando la dose 
maggiore. 
 
 
3 Struttura del fenilbutazone. 
 
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Flunixin Meglumina(FXN)  
FXN appartiene alla classe degli acidi carbossilici, in particolare è un acido amino 
nicotinico spesso utilizzato per il controllo del dolore nei cavalli con coliche, ma può 
anche essere utilizzato per il trattamento di patologie muscolo-scheletriche. FXN ha 
emivita più lunga nei liquidi infiammatori rispetto al plasma. Questo farmaco è 
relativamente sicuro, la tossicità nei cavalli sani è evidenziata solo a dosi 
significativamente superiori a quella raccomandata di 1.1 mg/Kg una volta al giorno 
(Goodrich e Nixon 2006). Analogamente al PBZ, l'aumento della dose di FXN non 
provoca un aumento di efficacia, ma un aumento della sua durata d'azione. Quando 
somministrato alla dose di 1.0 mg/Kg per via endovenosa, è risultato avere un tempo di 
rilevamento di 144 ore (FEI, 2010c). Alcuni medici hanno prescritto più FANS 
contemporaneamente nel cavallo e, ovviamente, la terapia combinata con PBZ e FXN 
insieme ha dimostrato di avere maggiore efficacia analgesica e antinfiammatoria che 
utilizzando PBZ da solo (Keegan et al, 2008).
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4 Struttura del flunixin meglumina. 
Nei casi di terapia combinata però non deve essere sottovalutato il possibile aumento di 
effetti avversi associati a tale trattamento. 
 
DOPING IN CAVALLI DA COMPETIZIONE 
Negli animali coinvolti in attività sportive sono richieste eccellenti capacità fisiche ed 
un istinto competitivo, caratteristiche normalmente acquisite grazie a programmi di 
allenamento ed alla riproduzione selettiva. Negli sport, gli atleti possono incrementare 
le loro performance fisiche e psichiche attraverso l’uso di farmaci, allo stesso modo 
queste pratiche possono essere usate nel cavallo, alterando così l’integrità delle 
competizioni. Le performance atletiche dei cavalli possono essere manipolate sia in 
senso positivo che in senso negativo, ad esempio attraverso la somministrazione di 
sedativi che decrementano le prestazioni dell’animale; questo tipo di pratica può essere 
di interesse nelle gare in cui vengono fatte scommesse. Questa forma di doping può 
essere compiuta da individui che non sono collegati al cavallo ma che ne vogliono 
compromettere l’andamento in gara. La somministrazione di farmaci a scopo 
terapeutico, invece non mira volontariamente ad incrementare le prestazioni del cavallo, 
bensì è utilizzata ai fini del benessere dell’animale; ciò nonostante spesso è punita come 
doping. I FANS sono tra i farmaci più utilizzati nella clinica del cavallo sportivo il cui 
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uso può però configurare la pratica del doping quando la loro attività farmacologica 
viene dolosamente sfruttata per mascherare stati patologici del cavallo e portare alle 
competizioni animali che invece ne dovrebbero essere esclusi. A tal proposito esistono 
delle controversie per la compilazione dei regolamenti anti-doping. Il benessere dei 
cavalli da competizione, infatti, è regolamentato in molti paesi che hanno sottoscritto 
l’“Accordo Internazionale su Allevamento e Corse dei Cavalli”, pubblicato dall’IFHA 
(International Federation of Horserasing Autorities), il quale sostiene che “i cavalli 
devono competere con le loro abilità naturali senza influenza alcuna di farmaci, 
tenendo conto anche di medicamenti che consentono di competere nel giorno della 
gara, come ad esempio l’utilizzo di antidolorifici per mascherare il dolore.” La gamma 
di sostanze proibite nelle corse è quindi ampia e coincide con quella delle sostanze 
proibite per l’uomo pubblicata dall’agenzia mondiale anti-doping (WADA, World Anti-
Doping Agency). I cavalli competono in eventi sportivi dove l’uso di farmaci e 
medicamenti sono regolati, questo viene fatto per garantire la parità tra i partecipanti, 
proteggere il bene degli animali e degli uomini che vi partecipano e salvaguardare il 
pubblico interesse dove sono implicate scommesse sportive. I regolamenti attuati 
possono variare in base all’organo regolatore e al tipo di competizione. Molti 
regolamenti impongono la raccolta di campioni di urina o di sangue dei cavalli 
partecipanti alle competizioni per le analisi antidoping. Una violazione delle regole sul 
controllo antidoping può comportare multe, sospensioni e in alcuni casi l’espulsione 
(Cole e Zientek, 2009). 
 
Federazione Equestre Internazionale (FEI) 
La FEI è l’organismo di controllo riconosciuto dal comitato olimpico internazionale 
(CIO). Essa stabilisce norme e regolamenti includendo quelli riguardanti l’uso di