6
Introduzione 
 
 
 
Per progettare e realizzare questo corso on-line é parso necessario, innanzi tutto, inquadrare lo 
stato dell’arte in materia di E-learning, per contestualizzare il lavoro all’interno del panorama 
attuale, facendo riferimento, in particolare, ai corsi erogati dall’Università Cattolica, ma anche a 
quelli di altri atenei, sia nazionali che internazionali. 
  
La prima parte é, quindi, rivolta ad una dissertazione teorica che nel primo capitolo mostra 
l’evoluzione del rapporto fra comunicazione e didattica in relazione ai progressi tecnologici: la 
diade docente-discente nel corso dei secoli ha subito fortemente l’influenza dei supporti 
attraverso i quali veniva veicolata la parola, poiché, inizialmente, la cultura era orale, il 
linguaggio e l’insegnamento non potevano prescindere dalla corporeità, dalla presenza. La 
scrittura prima, e la stampa a caratteri mobili poi, hanno emancipato l’atto educativo dalla 
contemporaneità di tempo e luogo, ma questa prima rivoluzione é avvenuta molto lentamente e 
non senza ostacoli. Socrate e Platone sono i simboli di questa avversità, generata da profonde 
convinzioni rispetto all’inadeguatezza della parola scritta come strumento educativo, in quanto 
interpretabile in maniera distorta e corrotta. Nonostante ciò la cultura scritta ha regnato per 
lungo tempo nella galassia Gutenberg fino a quando Marconi non ha aperto le porte all’era dei 
mass-media: radio e televisione hanno trasformato la comunicazione rendendola accessibile ad 
un immenso numero di persone. Questo ritorno all’oralità (secondaria) ha naturalmente 
coinvolto anche la didattica, che però nella sua forma istituzionale, si può dire che ne abbia 
risentito solo in parte, relegando l’utilizzo e lo studio dei mass media a momenti sporadici ed 
isolati. Per contrastare l’egemonia della lezione in presenza si é dovuto attendere l’avvento dei 
media digitali ed in particolare di Internet: la Rete é diventata il nuovo luogo degli scambi, delle 
relazioni, dell’educazione. L’istruzione sia é trasformata in un processo di negoziazione della 
conoscenza, poiché é attraverso l’interazione e la collaborazione che si costruiscono i significati. 
  
 
7
E’ nel secondo capitolo che é stata posta particolare attenzione al percorso storico della 
formazione a distanza, dai corsi postali fino a quelli on-line, per arrivare ad inquadrare il 
rapporto fra Università ed E-learning. Si evidenzia il fatto che sono nate nuove “aule” e nuovi 
“gruppi” ma soprattuto il paradigma educativo si é arricchito di nuovi modelli che mescolano 
tutte le risorse disponibili, generando infinite possibilità di apprendimento, e fornendo allo 
studente un’ampia libertà di scelte, non solo relativa ai tempi ed ai luoghi della fruizione, ma 
anche rispetto alle metodologie ed ai percorsi. La situazione attuale presenta, quindi un 
rinnovato rapporto tra un discente, più attivo e consapevole, ed un docente che diventa più 
simile ad un tutor e ad un “programmatore” di apprendimento.  
  
All’interno di questo solco si inserisce il corso “erogato” nella seconda parte (e nel terzo 
capitolo) che é stato pensato seguendo i criteri del modello “blended”, cioé di appendimento 
misto, ma che cerca di fare a meno dell’aula, basandosi principalmente su dei moduli didattici 
on-line autosufficienti. Naturalmente é prevista la presenza di un docente e di alcuni tutor che 
supportano lo studente soprattutto nelle attività da svolgere e nel caso in cui non sia in grado di 
utilizzare al meglio tutte le risorse che l’infrastruttura tecnologica gli riserva.  
 
La “scommessa” risiede dunque nel riuscire a liberarsi dal giogo della lezione in aula, o almeno 
nel comprendere quali sono le strategie e gli strumenti da adottare per raggiungere questo scopo. 
  
 
8
1. COMUNICAZIONE E DIDATTICA FRA PRESENZA ED ASSENZA 
 
 
 
La parola ed il linguaggio sono i primi veri sistemi comunicativi di cui l’uomo si é servito per 
esprimere la sua natura di narratore e consumatore di storie, poiché, come scrive lo psicologo 
irlandese Bruner, «noi organizziamo la nostra esperienza e la nostra memoria degli eventi 
principalmente  sotto la forma di narrazioni: storie, spiegazioni, miti, motivi per fare e non 
fare».
1
 Larry Gross, professore di comunicazione presso l’Università della Pennsylvania, 
aggiunge: «L’unicità della specie umana non consiste nel fatto che siamo esseri sociali. 
Centinaia di specie, prima di quella umana, si organizzano in società. L’esistenza sociale ha 
creato l’umanità, non il contrario. Ciò che ci rende unici é che la cultura é la nostra natura. Ci 
evolviamo come animali che creano significati, e le storie che ci raccontiamo rappresentano il 
modo primario con cui costruiamo e conserviamo significati e li condividiamo al di là dei 
confini di spazio e di tempo».
2
 
Il linguaggio ha permesso ai nostri antenati, cioè ai primi uomini moderni che vivevano nel 
paleolitico, di  vivere non solo il presente ma anche il passato ed il futuro: raccogliere, 
conservare e tramandare la memoria individuale e di gruppo e renderla attuale attraverso il 
ricordo; proiettarsi nel futuro, progettare, costruire strategie e soluzioni per eventi prossimi. 
«Tutte le società umane - osserva ancora Gross - hanno risposto alle fondamentali questioni 
dell’esistenza sotto forma di storie. Facciamo ancora questo raccontando storie ai giovani e 
ripetendo alcune di queste storie abbastanza spesso per ricordare agli adulti le credenze 
fondamentali della società
3
».
 
Si tratta di un processo di diffusione della cultura che utilizza 
favole, miti, credenze religiose per diffondere interpretazioni del mondo e modelli a cui gli 
individui fanno riferimento ed a cui devono attenersi, che genera, quindi, una mentalità 
altamente tradizionalistica e conservatrice. In questo ambito la conoscenza é preziosa e difficile 
da raggiungere, per cui la società tiene in gran considerazione i vecchi saggi che hanno il  
compito di conservarla e tramandarla. 
                                                 
1
 J. Bruner, Experiences & Mith, New York  
2
 L. Gross, Mass Media and their impact on society, International multidisciplinary workshop on the evolution, 1992 
3
 ibidem 
  
 
9
La cultura orale genera un pensiero situazionale, partecipativo, esperienziale  e, come osserva 
Ong, «non riesce a pensare in termini di figure geometriche, categorie astratte, logica  formale, 
definizioni, o anche descrizioni inclusive o auto-analisi articolate che derivano tutte non 
semplicemente dal pensiero in sé ma dal pensiero condizionato dalla scrittura
4
». La logica 
cognitiva é quella dell’esempio, dell’apprendistato, del coinvolgimento affettivo con l’oggetto 
del proprio conoscere.
5
 
                                                 
4
 W. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna, 1986 (p. 86) 
5
 P. C. Rivoltella, Teoria della comunicazione, La Scuola, Brescia, 1998, (pp. 134-136) 
  
 
10
1.1 Comunicazione in presenza 
 
 
Nella comunicazione in presenza gli attori della comunicazione si trovano nello stesso posto 
nello stesso momento: essa é unica, immediata , irripetibile e si annulla nell’istante in cui si 
produce; le modalità possono variare da una relazione uno a molti, come nella lezione d’aula, ad 
una del tipo uno a uno, propria del dialogo. 
La caratteristica peculiare della “presenza” é la possibilità di comunicare attraverso due 
linguaggi: 
 
- digitale  o numerico, se usiamo codici simbolici, astratti, complicati (come quelli verbali) che  
ci consentono di esprimere concetti e di porre relazioni tra essi; 
 
- analogico, se invece utilizziamo codici paralinguistici (altezza, enfasi, tono della voce), 
mimico-gestuali (postura, movimento, espressione del volto) e prossemici (avvicinamento, 
allontanamento fisico). 
 
Il linguaggio digitale é un potente strumento di informazione poiché preciso e quindi capace di 
comunicare un contenuto, ma é il linguaggio analogico che quasi sempre rivela la reale 
intenzione del parlante poiché fornisce informazioni supplementari. Esiste quindi un piano di 
contenuto veicolato dal messaggio digitale ed uno di relazione chiarito dal linguaggio 
analogico.
6
 
La cultura orale ci ha insegnato che la presenza degli interlocutori é un requisito indispensabile 
per la comunicazione, ma soprattutto ci ha dato l’illusione della “democrazia partecipativa”: 
ancora  oggi gran parte del lavoro delle scuole e delle aziende si svolge attraverso riunioni che 
spesso risultano essere inconcludenti.. Oltre agli evidenti limiti spazio-temporali  ne esistono 
altri forse meno conosciuti: 
                                                 
6
 V. Sarracino, Progettare la formazione, Pensa Multimedia, Lecce, 1997, (pp. 76-77) 
  
 
11
 
- limitatezza  del tempo  a disposizione per risolvere i problemi; 
- sequenzialità,  bisogna parlare uno alla volta;  
- costrittività, ogni partecipante  é costretto ad ascoltare l’oratore di turno; 
- disuguaglianza,  difficilmente tutti i partecipanti  hanno le stesse possibilità di parlare; 
- inibizioni,  l’emotività  e la timidezza possono inibire la partecipazione  attiva; 
- dispersività,  le divagazioni di un singolo possono fuorviare dall’obiettivo preposto. 
 
Per essere uno strumento efficace la riunione dev’essere orientata, tenuta sotto controllo nei suoi 
fattori di disturbo e semplificata  al limite dell’assenso-dissenso nei riguardi di una lista di 
enunciazioni già preimpostate.
7
 
 
 
                                                 
7
 A. Calvani, M. Rotta, Comunicazione e apprendimento in Internet, Erickson, Trento, 1999, (pp. 33-35) 
  
 
12
1.1.1 La didattica  in presenza 
 
La lezione 
 
Quali sono le caratteristiche  che, ancora oggi, rendono la lezione in presenza lo strumento più 
diffuso nel campo dell’insegnamento?  
La possibilità di interazione alunno-docente,  l’inflessione, il tono, la gestualità, la mimica, la 
ridondanza stessa della comunicazione orale aiutano a fissare nella mente concetti più o meno 
significativi. Inoltre la viva parola del docente, con ripetizioni ed enfasi, permette allo studente 
di comprendere meglio cosa é importante che egli faccia, quali parti studiare e quali tralasciare 
nella preparazione. “L’essere alla lezione” può soddisfare reconditi bisogni sociali e sancire 
un’identità all’interno di un gruppo, poiché ottenere un cenno di consenso può assumere un 
valore di appartenenza iniziatica.  
 
Altri elementi di forza della lezione in presenza sono la semplicità di erogazione, unita alla 
capacità di adattamento rispetto ai feed-back degli allievi e l’economicità . Non bisogna 
dimenticare poi, che si é stati abituati sin dall’infanzia alla presenza fisica del docente che ci 
esonera dal compito di organizzare il lavoro e ci vincola allo studio: pratiche necessarie per 
molti soggetti, anche adulti, che non hanno una reale capacità di autogestione. 
 
Tuttavia, questo strumento presenta anche degli inconvenienti,  che sono riconducibili al ruolo 
passivo cui il discente é relegato, il che comporta la scarsa memorizzazione dei concetti , la 
rapida caduta del livello di attenzione ed un apprendimento circoscritto agli aspetti teorici senza 
collegamenti effettivi con la pratica quotidiana personale. Per poter migliorare l’efficacia della 
lezione é necessario affiancarla ad una attività esercitativa, individuale  e/o in sottogruppi 
ristretti, ma é soprattutto nell’accuratezza della preparazione che risiede la parte maggiore del 
successo finale. Gli elementi della progettazione sono: l’ordine di presentazione degli argomenti, 
l’uso di sussidi visivi e il materiale di supporto da distribuire.
 
La comprensione del messaggio 
dipende quindi, in larga parte, da come il docente organizza il materiale cognitivo che vuole 
trasmettere e naturalmente esistono diversi modi per strutturare una lezione: deduttivo, 
induttivo, per problemi, storico-temporale. 
 
  
 
13
Il modo utilizzato più frequentemente  per impostare una lezione é quello deduttivo basato su: 
a. premessa iniziale , nella quale si introducono gli scopi della lezione e si danno eventuali 
precisazioni teoriche e metodologiche; 
b. esposizione dei principi generali, riguardanti la teoria che si vuole presentare o dei 
presupposti da cui si é partiti per sviluppare un certo progetto; 
c. sviluppo dei singoli punti , in cui si articola il discorso, sempre con una sequenza “a cascata”, 
e cioè dagli aspetti di ordine logico superiore a quelli di ordine inferiore; 
d. conclusioni , conseguenze pratiche ed eventuali esempi. 
 
Questa forma di insegnamento é tipica di chi si trova a preparare una lezione, per la prima volta, 
in una materia di cui é particolarmente  esperto. E’ un percorso adatto per trasmettere 
definizioni, per dare molte informazioni in poco tempo e per veicolare una forte sensazione di 
competenza, ma presenta anche dei rischi potenziali come, nel caso di un pubblico di neofiti, la 
non comprensibilità di tutta la parte iniziale e la noia, poiché vengono privilegiati gli aspetti 
teorici a scapito degli esempi, delle applicazioni, di tutto ciò che favorisce la partecipazione 
attiva. 
 
Il percorso induttivo procede invece in maniera inversa: 
a. esame di casi particolari  che suscitano interrogativi, curiosità o problemi; 
b. riflessioni  su quei casi, sulle loro possibili spiegazioni, sulle conseguenze ipotizzabili; 
c. formalizzazione di uno o più concetti teorici  delle riflessioni fatte; 
d. conseguenze  applicative, anche attraverso l’esame di altri casi particolari. 
Il percorso induttivo ripropone l’iter classico della scoperta scientifica, mentre il percorso 
deduttivo é molto più simile al modo in cui si formalizza la scienza. Esso risulta, quindi, più 
adatto quando ci si rivolge ad un pubblico di neofiti e nel caso in cui si tratti di concetti 
particolarmente astratti o complessi. I rischi sono legati ai tempi di docenza che potrebbero 
risultare troppo dilatati a causa della presenza delle prime due fasi  che sono dei veri e propri 
momenti di apprendimento; un secondo rischio é la banalizzazione del discorso causata dell’uso 
di esempi troppo semplici o scontati. 
 
Un’altra tipologia di insegnamento é quella “per problemi” basata sulle seguenti fasi: 
  
 
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a. domande significative   rivolte all’uditorio allo scopo di “catturarlo”; 
b. illustrazione dello scopo  del discorso attraverso la sottolineatura dell’importanza delle teorie 
che si vogliono presentare o delle conseguenze pratiche che se ne potranno ricavare. 
c. trattazione delle domande presentate in apertura mediante lo sviluppo dei concetti  che meglio 
si prestano per trovare delle soluzioni. 
d. conclusione  attraverso una riformulazione dei punti chiave. 
Il maggior pregio di questo metodo é la facilità con cui tutti riescono a seguire il discorso ed a 
collocare i concetti teorici all’interno di un contesto di impiego. Il limite maggiore deriva dal 
rischio di non porre le giuste domande guida in apertura, poiché il docente non riesce ad 
immedesimarsi correttamente  nei discenti. Inoltre questa sequenza poco si adatta ad un pubblico 
di esperti e ad un pubblico abituato a maneggiare simboli e a procedere per astrazioni. 
 
L’ultima sequenza é quella “storico-temporale”  che si articola  nell’esposizione delle tappe 
storiche in cui si é sviluppato un certo discorso, o nelle fasi di un processo tecnico. Essa é adatta 
per tutte le lezioni basate sull’esame di fasi sequenziali ma il rischio sta nell’eccessiva analiticità 
delle singole fasi che potrebbe dilatare i tempi di docenza.
 8
 
                                                 
8
 M. Castagna, Progettare la formazione, Franco Angeli, Milano, 1991, (pp. 46-56)