INTRODUZIONE 
 
La storia degli ultimi secoli è stata segnata da innovazioni 
nel campo dell'informazione e in quello della comunicazione, che 
hanno accompagnato la vita umana fino ai giorni nostri, il cui 
principale mezzo di comunicazione di massa, Internet, ha inglo-
bato in sé quasi tutti i precedenti mezzi, generando revisioni nel-
le teorie sui vecchi media e portando con sé numerosi problemi 
legati al suo uso e abuso.  
Il titolo della mia tesi, «Dipendenza Mediata» è nato a segui-
to di una riflessione sulla nostra esperienza personale: pur quo-
tidianamente immersi in un mondo tecnologico e digitale, non 
sempre siamo in grado di riconoscere i sintomi di una nuova 
forma di «dipendenza». Nella scelta del titolo ho cercato di espri-
mere l’intento principale, e cioè delineare, attraverso un quadro 
generale, il cambiamento generato dalla tecnologia nella nostra 
società “accresciuta”, dalla semplice influenza fino a toccare fe-
nomeni di dipendenza legata proprio alle nuove e nuovissime 
tecnologie. Inoltre, ho più volte attinto alla lingua inglese per 
spiegare fenomeni e strumenti, preferendo così mantenermi fe-
dele alla terminologia utilizzata dai principali addetti ai lavori del 
settore; tuttavia, là dove si è reso necessario, per organicità 
dell’elaborato e per semplicità linguistica, utilizzare formule e 
termini italiani, ho scelto di utilizzare il termine «dipendenza» 
nella sfumatura di significato di «forte desiderio di trascorrere 
più tempo possibile svolgendo una determinata attività»
1
.  
                                     
1
 Per esprimere la condizione di bisogno e dipendenza, la lingua inglese 
possiede due termini affini, «dependence» e «addiction» confluiti entrambi 
nell’italiano «dipendenza». Il primo termine si riferisce a condizioni di bi-
4 
Nel primo dei tre capitoli di cui è composto l’elaborato è 
presentato un breve excursus storico della nascita dei più nuovi 
mezzi di comunicazione di massa in ordine cronologico, accom-
pagnati dalle relative teorie di influenza e penetrazione più si-
gnificative. Ho deciso di separare, inoltre, Internet e la comuni-
cazione mediata dal computer dai precedenti mezzi di comunica-
zione. 
Nel secondo capitolo sono analizzati i principali cambia-
menti dovuti all’accelerazione digitale e come nuovi dispositivi e 
forme di comunicazione e informazione abbiano trasformato po-
sitivamente la vita quotidiana. A volte, non siamo in grado di no-
tare la maggior parte dei più recenti cambiamenti a cui l’essere 
umano ha assistito, perché il cambiamento ci coinvolge diretta-
mente.  
Il terzo capitolo fornisce invece una panoramica sui feno-
meni di dipendenza da nuove tecnologie e forme di comunicazio-
ne, tipiche spesso delle nuove generazioni always on, e contiene 
l’analisi dei principali tipi di dipendenza legata alla rete e ai di-
spositivi che possono accedervi.  
Infine, sarà presentata una riflessione sulla connessione tra 
i nuovissimi media e la “sospensione di incredulità” a cui porta 
proprio l’immersione nei nuovi media.  
 
                                                                                               
sogno e necessità di carattere relazionale o connesso all’uso di sostanze e 
non implica connotazioni comportamentali presenti invece nel secondo 
termine (cfr. Macmillan English Dictionary, 2007, s.v. «dependence» e «ad-
diction»).
5 
1. LA COMUNICAZIONE MEDIATA DI MASSA 
 
Nell’introduzione della nostra tesi abbiamo scritto che una 
delle principali conquiste dell’uomo risiede nella sua capacità di 
comunicare. Se questo è vero, bisogna chiarire che questa capa-
cità è un effetto della natura “sociale” dell’uomo. La parola stes-
sa, “comunicazione”, derivata dal latino communis, che ha signi-
ficato di “comune” e che, a sua volta, deriva da munus (dovere, 
dono, impegno
2
). Ciò che salta subito all’occhio è il carattere di 
reciprocità tipico della comunicazione. E proprio il criterio di re-
ciprocità è quello che meglio rimanda al concetto di morale. Se-
condo un principio dialogico, senza reciprocità, non esiste comu-
nicazione. Si verifica così un fenomeno di coesistenzialità, in cui 
la comunicazione, come l’esistenza stessa, è possibile solo attra-
verso la coesistenza.  
Concordando con la definizione di J. B. Thompson, la co-
municazione è un particolare genere di attività sociale che com-
porta la produzione, la trasmissione e la ricezione di forme sim-
boliche, per la cui produzione sono necessari determinati mezzi 
tecnici, presenti in ogni forma di comunicazione - basti pensare 
ai mezzi “naturali” della comunicazione faccia-a-faccia, come 
l’apparato fonatorio - e non soltanto nella comunicazione di 
massa, di cui ci occuperemo in questa sede
3
. Ridotta a un atto 
semplice, anche la comunicazione di massa, come ogni atto co-
municativo, prevede la trasmissione di un messaggio da un 
emittente a un destinatario.   
                                     
2
 Cfr. Il nuovissimo Campanini Carboni, 2002, s.v. “communis”.  
3
 Cfr. J.B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità, Il Mulino, Bolo-
gna, 1998, pp. 32-33.
6 
1.1. COS’È LA COMUNICAZIONE DI MASSA 
 
L’espressione “comunicazione di massa” viene coniata nella 
prima metà del XX secolo, e nasce per soddisfare l’esigenza di 
descrivere il nuovo fenomeno del mondo contemporaneo, la na-
scita, cioè, di strumenti organizzati per «comunicare aperta-
mente, con tante persone in un breve lasso di tempo»
4
. Storica-
mente, il bisogno di trasmettere pubblicamente un messaggio 
precede di molto origine e diffusione degli odierni mezzi di co-
municazione di massa; si tratta di un processo necessario 
all’organizzazione delle prime società, e già nell’Alto Medioevo, la 
Chiesa disponeva di strumenti di diffusione piuttosto efficaci. 
Successivamente, la nascita della stampa moderna, nel XVI se-
colo, segna il collegamento tra tecnologia e comunicazione di 
massa.  
Per spiegare cosa sia la comunicazione di massa potremmo 
banalmente sostenere che essa sia una categoria entro la quale 
rinchiudere alcuni tipi di istituzioni e prodotti, dal libro alla tele-
visione. Ma una visione così semplicistica dell’argomento non si 
avvicina nemmeno alla vastità della letteratura in merito. 
L’espressione stessa trae in inganno un fruitore alle prime armi, 
inducendolo a credere che si tratti di comunicazione a tutti gli 
effetti. In realtà, la “comunicazione di massa” manca del presup-
posto fondamentale su cui si basa la comunicazione umana: 
l’interazione dialogica. Mentre nell’interazione faccia-a-faccia il 
flusso della comunicazione è generalmente bidirezionale, nella 
maggioranza delle forme di comunicazione di massa, questo è 
prevalentemente unidirezionale. I messaggi sono prodotti da un 
                                     
4
 D. McQuail, Sociologia dei media, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 21.
7 
insieme di persone, comunicatori di professione, e trasmessi ad 
altri collocati solitamente in ambienti lontani nello spazio e nel 
tempo. A ben vedere, quindi, si tratta di un processo ben studia-
to e difficilmente lasciato al caso, che rientra nella produzione di 
una merce - si parla spesso di “mercato dei media”. Conseguen-
za di ciò è che i destinatari della comunicazione di massa, anzi-
ché essere compartecipi in una relazione di reciproco scambio, 
sono parti coinvolte di un processo di trasmissione simbolica. 
Non è un caso, infatti, che le azioni più comunemente collegate 
alle forme di comunicazione di massa siano “diffusione” o “tra-
smissione”. Spesso, inoltre, il messaggio della comunicazione di 
massa è costruito in maniera standardizzata, e perde di origina-
lità nel momento in cui questo viene ripetuto e riusato in più 
contesti in forme identiche.  
Quanto alla seconda parte dell’espressione, “di massa”, è 
anch’essa fuorviante, perché rimanda all’immagine di un pubbli-
co vasto, senza volto e passivo. Il termine ha contenuto in sé di-
versi significati dalla sua prima definizione
5
, attraversando con-
testi politici e sociali. Molte delle considerazioni sul termine sono 
ormai desuete, prime tra tutti quelle sulla passività della stessa: 
mai come oggi, con l’avvento della tecnologia e delle rinnovate 
capacità di interazione fornite dai nuovi mezzi di comunicazione, 
la “massa” ha avuto la possibilità di rendersi attiva, di scegliere 
di cosa fruire e in che modalità farlo. In questa sede, quindi, pre-
feriamo considerare la “massa” in maniera neutra, e cioè come la 
                                     
5
 H. Blumer fu il primo a definire il termine “massa”, nel 1939, come nuo-
vo tipo di formazione sociale contrapposta ad aggregati preesistenti quali 
il gruppo, la folla, il pubblico (cfr. D. McQuail, Sociologia dei media, cit., p. 
56).
8 
pluralità dei destinatari cui può - e deve - rivolgersi la comunica-
zione mediata.  
Secondo la classificazione di McQuail
6
, nella storia dei mez-
zi di comunicazione di massa esistono quattro elementi principa-
li che portano a differenti modalità di applicazione e a 
un’importanza diversa nella vita della società:  
 
o Scopi, bisogni o usi come informazione o intrattenimen-
to, che raggiungono l’intera società a partire dal singolo 
individuo;  
o Tecnologie, che rendono possibile comunicare a distan-
za e tra molti; 
o Forme di organizzazione sociale, che permettono la dif-
fusione delle suddette tecnologie su scala più ampia; 
o Forme organizzate di governance nell’“interesse pubbli-
co”.  
 
Questi elementi non sono necessariamente correlati tra lo-
ro: le tecnologie possono indifferentemente precedere o seguire 
l’esistenza di un uso o bisogno specifico, così come 
l’organizzazione sociale può essere o meno legata allo sviluppo 
della tecnologia. È comunque riscontrabile che più la società è 
aperta e libera, maggiore è la tendenza a sviluppare le tecnologie 
della comunicazione al massimo delle sue possibilità.  
Nelle società occidentali moderne, si produce una quota 
sempre crescente di comunicazione mediata
7
, il ché rappresenta 
un aspetto del cambiamento di cui siamo spettatori e comparte-
                                     
6
 D. McQuail, Sociologia dei media, cit., p. 33. 
7
 Cfr. L. Paccagnella, Sociologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna, 
2004, p. 80.
9 
cipi. La mole di informazioni che fa ormai capo a ognuno di noi, 
se analizzata nel dettaglio della sua modalità di acquisizione, ri-
velerebbe una grande quantità di informazione ottenuta attra-
verso un qualche mass medium. Il significato di questo è chiaro: 
non si tratta soltanto di un cambiamento quantitativo, non sono 
cioè soltanto i mezzi di comunicazione a essere aumentati, ma 
siamo di fronte a un cambiamento relativo anche alla qualità 
della conoscenza.  
La libertà di cui disponiamo per informarci e acquisire sa-
pere, spesso alimenta un circuito di eccesso che, come un effetto 
narcotico, conduce a un sovraccarico sensoriale. Questo pullula-
re di informazioni speso non connesse tra loro non aiuta gli indi-
vidui alla creazione della realtà, in quanto molte informazioni 
non esauriscono il bisogno di conoscenza e, anzi, ci lasciano 
perplessi. Da un punto di vista filosofico, questa disponibilità 
genera una mancanza di selezione dell’informazione. Spesso gli 
individui, attraverso la comunicazione sempre più mediata, per-
dono la capacità di individuare i dettagli e trovare le differenze 
(cfr. Information overload, in § 3.2.1.).