2 
La dottrina che maggiormente rispecchia un tentativo di rispondere a questo genere di 
sfide, anche se dichiaratamente più generalista e non ancorata al solo fenomeno del terrorismo 
come manifestazione da sconfiggere, è la dottrina del cosiddetto diritto penale del nemico 
teorizzata da Günther Jakobs a partire dal 1985. Nella prima parte di questo elaborato avremo 
così modo di analizzare brevemente i presupposti teorici di questa dottrina, le tendenze di 
diritto penale autoritario più o meno risalenti nel tempo ma periodicamente riproposte ad uso 
e forse come giustificazione di alcune politiche penali. Vedremo successivamente in modo 
più approfondito quali sono gli elementi essenziali della dottrina del diritto penale del nemico, 
la sua legittimazione del punto di vista teorico-dogmatico, ma soprattutto gli effetti che essa 
produce sul trattamento penale del cosiddetto nemico, nel modo più avalutativo possibile 
(anche se qualcheduno potrebbe storcere il naso già a prima lettura per alcune affermazioni 
dello stesso autore). Nella seconda parte ci addentreremo in quella che potremmo chiamare la 
“pratica”: daremo una definizione, o per meglio dire più definizioni, della figura che si può 
considerare attualmente più vicina a quella del nemico jakobsiano e analizzeremo l’esempio 
più “facile” e lampante dell’applicazione di un diritto penale del nemico (non dichiarato in 
modo palese ma l’utilizzo del termine HQHP\ è paradossalmente più chiaro di molte ragionate 
deduzioni), sia all’interno della legislazione di FRXQWHUWHUURULVP attuata nell’ordinamento 
statunitense, sia nell’ancora più pratico esempio di trattamento nella prigione di Guantánamo. 
Per essere più chiari veniamo a quella che potremmo chiamare una dichiarazione di 
intenti. Quello che qui si vuole dimostrare, senza alcuna pretesa di completezza, data 
l’enorme quantità di legislazione analizzabile, sia nell’ordinamento statunitense, sia in molti 
altri ordinamenti democratici di tipo occidentale (alcuni, tra cui parzialmente quello tedesco e 
quello italiano, li incontreremo sul nostro cammino, ma si possono ricordare anche 
l’ordinamento canadese, quello inglese, quello spagnolo e quello australiano), è che questa 
teoria si ritrovi già parzialmente attuata, o per lo meno, si possa riscontrare l’esistenza di “un” 
diritto penale del nemico non ancorato ad un tipo di Stato autoritario. La domanda presentata 
con il titolo di questo elaborato, “Diritto penale del nemico?”, è forse, da questo punto di vista, 
quasi retorica; se ci interroghiamo solo sulla sua esistenza nella pratica del diritto viene quasi 
da sé che la risposta sia affermativa. Altra questione è quella della sua efficacia ed opportunità 
nel rispondere a quella che abbiamo definito come la sfida principale del diritto penale nella 
modernità, consistente più che nell’affermazione dello Stato di diritto, nella compiuta 
espressione dello Stato dei diritti.  
3$57(
81$5,63267$/$7(25,$',*h17+(5-$.2%6
&$3,72/2
35(6833267,63,17($8725,7$5,(('(63$16,21(
'(/',5,7723(1$/(&20(67580(172',/277$
 
Prima di partire con la disamina di quello che è, attualmente, il diritto penale del 
nemico di Günther Jakobs, ritengo necessario introdurre i suoi presupposti teorico-dogmatici 
per comprendere come questo filone “autoritario” del diritto penale sia giunto, quasi 
necessitato, alle teorizzazioni che verranno esposte nel secondo capitolo. Tutte queste teorie 
fanno parte di una più generale tendenza all’espansione della politica criminale attuale, 
fenomeno ampiamente discusso all’interno della dottrina, come risposta alle 
antecedentemente denominate nuove sfide del diritto penale moderno. Da tutte queste teorie 
espansive il diritto viene visto come strumento di regolazione della convivenza sociale ed è 
proprio al suo strumento più repressivo, la pena, che la comunità, la società, reclama 
soluzioni1. 
Cominciamo con il fare un’affermazione nota, ma niente affatto ovvia: occorre 
riconoscere l’attuale esistenza di una “società del rischio” o “società dei rischi”. La società 
attuale è caratterizzata, infatti, da progressi tecnologici, che oltre a produrre effetti positivi 
sulla nostra vita presentano anche ripercussioni negative. Tra queste, come scrive Silva 
Sánchez2, vi è la configurazione del rischio di provenienza umana come fenomeno sociale 
strutturale. Questo vuol dire che gran parte delle minacce che ci troviamo a fronteggiare nella 
moderna società dei diritti deriva proprio da altri cittadini, che sfruttano la tecnologia, non 
                                               
1
 L. R. GUILLAMONDEGUI, /RVGLVFXUVRVGHHPHUJHQFLD\ODWHQGHQFLDKDFLDXQGHUHFKRSHQDOGHOHQHPLJR
Articolo della edizione digitale www.carlosparma.com.ar. 
2
 J.M SILVA SÁNCHEZ, /¶HVSDQVLRQHGHOGLULWWRSHQDOH$VSHWWLGHOODSROLWLFDFULPLQDOHQHOOHVRFLHWj
SRVWLQGXVWULDOL, Milano, Giuffrè, 2004, pag. 10. 
 6 
solo per commettere reati di tipo comune ma anche per reati di criminalità organizzata, che in 
questa sede rivestono maggiore interesse3. 
In questa società si tende a rafforzare la protezione di quelli che sono chiamati beni 
giuridici universali. Tra questi, un posto di primo piano è occupato sicuramente dalla 
sicurezza degli stessi cittadini, diritto ricavabile dalla Costituzione e ormai considerato 
imprescindibile. Per la protezione di questi beni il legislatore tende sempre più ad utilizzare 
diverse tecniche legislative, come il ricorso alle cosiddette leggi penali in bianco, la creazione 
di fattispecie di delitti di pericolo astratto e la configurazione di delitti omissivi impropri, 
categorie che, se utilizzate eccessivamente e in maniera sproporzionata, possono portare alla 
vulnerazione di principi costituzionali-penali, quali il principio di legalità, di colpevolezza, di 
proporzionalità, il diritto di difesa, l’XOWLPDUDWLRdell’intervento penale o principio di 
sussidiarietà (costituzionalmente inteso come principio di offensività).  
Tutte queste tecniche sono spesso soggette a forti critiche da parte della dottrina 
maggioritaria, portavoce di quello che comunemente è chiamato il diritto penale liberale, 
antiteticamente contrapposto a quello che si definisce, appunto, diritto penale autoritario. In 
particolar modo per il seguente motivo: questi “diritti penali” sono, come si potrà leggere in 
queste prime pagine, correlati sia per la loro connessione con la società, i consociati e la 
politica ma anche per i costi rilevanti che possono implicare, in particolar modo la violazione 
di alcune garanzie costituzionali riconosciute nei moderni Stati di diritto. Sottoposti a molte 
critiche, certo, ma applicati, fanno ormai parte della normalità legislativa, in particolare di 
quella di lotta e di emergenza.  
Cominciamo quindi a vedere le tendenze più importanti di questo filone autoritario e a 
marcare in particolare quali sono gli aspetti più connessi con la teoria di Günther Jakobs. 
                                               
3
 Sulla considerazione di queste persone come cittadini, c’è chi nutre seri dubbi, come vedremo più avanti 
nell’esposizione della teoria del diritto penale del nemico. Cfr. LQIUD2.2 
 7 
,OGLULWWRSHQDOHVLPEROLFRHLOGLULWWRUHSUHVVLYR  
Il diritto penale simbolico e i diritto repressivo sono accomunati dalla settorialità: sono 
cioè in grado di fornire risposte per un ristretto gruppo di categorie criminali (d’altronde, 
secondo molti, non sarebbe nemmeno auspicabile un’estensione ad ulteriori rami del diritto 
penale, dati i costi elevati). Partendo dal diritto penale simbolico, vi sono diverse tipologie di 
simbolismo penale, tra le tante5, che interessano in questa sede: quelle di tipo moralizzatore 
che tendono a riaffermare soprattutto dei principi, quelle “pacificatorie” e di “alibi” tendenti a 
placare un’insofferenza della popolazione contro determinati fenomeni criminali, leggi 
cosiddette di crisi che tendono a risolvere gravi incombenze in periodi emergenziali, infine 
quelle di tipo reattivo, attraverso le quali il legislatore vuole dimostrarsi in grado di rispondere 
a determinati problemi di nuova emersione, e quelle autoritarie, con le quali con troppa 
facilità il legislatore attua coazioni spesso irrazionali e sproporzionate6. Il simbolo è quindi un 
messaggio che proviene dal legislatore attraverso la legge penale. 
Se da questo quadro parziale emerge una tendenziale ricerca del simbolo come 
dimostrazione di protezione di un bene giuridico, vi è da aggiungere che spesso questi mezzi 
di tutela registrano, oltre ad una finalità educativa per l’impostazione dei comportamenti 
desiderabili dei consociati, anche un uso distorto della costruzione delle fattispecie e delle 
sanzioni a voler dimostrare un’efficace forza statuale di reazione alle istanze.  
In dettaglio, particolare rilevanza viene data dal diritto penale simbolico ai fenomeni 
di neo-criminalizzazione, per i quali si produce una risposta, a livello di pena, con effetti 
simbolici. Simbolo, in questo senso è, in parte, la rappresentazione di un sistema penale che 
produce sicurezza reale dei beni giuridici all’interno dei consociati, ma anche e soprattutto 
uno strumento di risposta alla domanda di penalizzazione dell’opinione pubblica7. 
L’idea è che, davanti a fenomeni criminali cosiddetti di allarme sociale, per cui, quindi, 
sia presente una forte sensibilità all’interno della popolazione, bacino elettorale a cui attingere, 
                                               
4
 Questo tipo di tendenza è definito da Silva Sánchez come Punitivismo. 
5
 Per una completa disamina di tutte le tipologie e di tutti i significati del simbolismo penale vedasi in particolare 
S. BONINI, 4XDOLVSD]LSHUXQDIXQ]LRQHVLPEROLFDGHOGLULWWRSHQDOH", in ,QGLFH3HQDOH, 2003, pag. 405.  
6
 S. BONINI, 4XDOLVSD]LSHUXQDIXQ]LRQHVLPEROLFDGHO'LULWWR3HQDOH" cit. pagg. 405-407. 
7
 A. BARATTA, )XQ]LRQLVWUXPHQWDOLHIXQ]LRQLVLPEROLFKHGHOGLULWWRSHQDOHin 6WXGLLQ0HPRULDGL*LRYDQQL
7DUHOOR, vol II, Giuffrè, Milano, 1990 pag. 43 e ss. 
 8 
vi sia una corrispondente risposta da parte dell’ordinamento. Più la risposta sarà repressiva 
più simbolico sarà il rapporto bene giuridico violato-pena comminata, e più, si presume, sarà 
educativa quest’ultima. Inoltre, una pena simbolicamente (e potenzialmente comminabile) 
maggiore comunicherà maggiormente il rifiuto nei confronti di tali comportamenti, ottenendo, 
presumibilmente, l’effetto di disincentivare il potenziale autore dall’attuare la condotta 
riprovevole rifiutata dai consociati. Il diritto penale simbolico è, come abbiamo detto 
precedentemente, un “messaggio”: la sua effettività dipende dall’idoneità di questo a venire 
recepito dai suoi destinatari. 
Per fare un esempio, una fattispecie come quella che punisce l’apologia, l’istigazione 
all’odio razziale o al genocidio8 (o per anticipare temi che verranno trattati più avanti, al 
terrorismo), si innesta proprio in questa direzione. Il bene giuridico è, si potrebbe dire, 
universale, il rispetto della dignità umana, e il rifiuto di condotte in questo senso lesive spinge 
la volontà politica, riflesso dell’opinione pubblica che trova queste manifestazioni pericolose, 
verso una loro criminalizzazione. Quindi, a fronte di un pericolo, quello che attraverso la 
persuasione si diffondano idee contrarie al sentire comune, per la stessa esistenza di una 
società dei diritti come la nostra, questo tipo di diritto penale dà una risposta, appunto, 
simbolica. Si anticipa la tutela al formarsi di una violazione di tipo astratto del bene giuridico 
in discussione. Si punisce l’autore con pene simboliche quindi, astrattamente parlando, non 
proporzionate alla condotta posta in essere. Il diritto penale simbolico non solo identifica un 
determinato “fatto” ma soprattutto uno specifico autore, rifiutato dal sentire comune, 
un“altro”, che va punito per il suo non essere compartecipe della identità sociale, per quanto 
giusta questa possa essere9. 
Tornando alle categorie generali, di fatto, l’idea che si infligga un danno concreto con 
la pena per ottenere effetti simbolici di riaffermazione della vigenza della norma e di 
riaffermazione del bene giuridico violato, o semplicemente messo in discussione, provoca 
alcune perplessità soprattutto avendo riguardo agli effetti dell’uso di un eccessivo simbolismo 
all’interno dei codici o delle legislazioni speciali o di emergenza. Una prima precisazione è da 
fare riguardo l’innocuità dell’uso dei preamboli e delle dichiarazioni di intenti, utilizzati come 
messaggi della presa di posizione dello Stato nei confronti di determinati fenomeni criminali. 
Le critiche, invece, si manifestano soprattutto in ordine a quelle che sono le manifestazioni 
                                               
8
 M. CANCIO MELIA, ¢'HUHFKRSHQDOGHOHQHPLJR", in G. JAKOBS, M. CANCIO MELIA, 'HUHFKRSHQDOGHO
HQHPLJR, editorial Civitas, Madrid 2003 pag 7. 
9
 M. CANCIO MELIA, ¢'HUHFKRSHQDOGHOHQHPLJR" cit. pag. 16. 
 9 
simboliche più “pericolose”. La penalizzazione di fattispecie, ritenute necessarie, dimentichi 
del principio per cui il diritto penale si dovrebbe atteggiare quale XOWLPDUDWLRdi risposta, 
quando una più efficace e adeguata tutela potrebbe essere apprestata mediante strumenti 
extra-penali, di tipo civile o amministrativo, o attraverso legislazioni socialmente di più ampio 
respiro10. Inoltre, l’idea di una pena simbolo della risposta dello Stato ad esigenze repressive 
porta all’aumento edittale delle sanzioni, spesso non giustificato se non da un’attenzione 
maggiore nei confronti di determinate categorie di cittadini11. 
Il maggiore critico di questo tipo di diritto penale è Winfried Hassemer. Secondo 
questo autore, chi mette in relazione l’ordinamento penale con elementi simbolici genera il 
sospetto che non si voglia tenere conto della durezza reale, e per nulla simbolica, del 
trascorrere parte o l’intera propria esistenza da perseguiti penalmente, detenuti, processati, 
accusati, condannati o incarcerati. In realtà, così si infliggerebbe un danno concreto per 
ottenere effetti niente più che simbolici dimentichi della finalità sociale e di reinserimento 
della pena, che è stato interiorizzata e sedimentata nelle legislazioni penali del moderno Stato 
di diritto12. Eppure la finalità generale-educativa ed etico-sociale di questo tipo di diritto 
merita considerazione per i suoi effetti potenzialmente positivi, ragionando in termini di lungo 
periodo, di calmierazione dei fenomeni criminali. Ciò che deve invece essere stigmatizzato è 
la sua assolutizzazione, la funzione solo simbolica piuttosto che strumentale di protezione del 
bene giuridico13.  
A braccetto con il diritto penale simbolico, il diritto repressivo mostra la “faccia 
cattiva” del diritto penale. Si parla di un nuovo processo di criminalizzazione, l’introduzione 
di norme penali nuove con la volontà di promuovere la loro applicazione effettiva o l’aumento 
edittale delle pene per fattispecie già esistenti. Si avverte un processo inverso a quello delle 
riforme in senso depenalizzatore, in voga nelle passati decadi. Si avverte un nuovo clima 
Punitivista14.  
Il ricorso all’incremento quantitativo e qualititativo di criminalizzazione come unico 
criterio politico criminale si innesta nelle politiche penali, al di là della tradizionale 
                                               
10
 Per quanto riguarda il principio di sussidiarietà e gli effetti del “nuovo” diritto penale un contributo 
interessante è dato da M. DONINI, ,OYROWRDWWXDOHGHOO¶LOOHFLWRSHQDOHODGHPRFUD]LDSHQDOHWUDGLIIHUHQ]LD]LRQHH
VXVVLGLDULHWjMilano, Giuffrè,2002. 
11
 S. BONINI, 4XDOLVSD]LSHUXQDIXQ]LRQHVLPEROLFDGHOGLULWWRSHQDOH", cit. pag. 513. 
12
 W. HASSEMER, 'HUHFKRSHQDOVLPEyOLFR\SURWHFFLyQGHELHQHVMXUtGLFRV, in 5HYLVWDSHQDO\HVWDGR, 1991, 
pag. 34 e M. CANCIO MELIA, ¢'HUHFKRSHQDOGHOHQHPLJR", cit. pag. 7.  
13
 A. BARATTA, )XQ]LRQLVWUXPHQWDOLHIXQ]LRQLVLPEROLFKHGHOGLULWWRSHQDOH, cit. pag. 43-46. 
14
 A. BARATTA, )XQ]LRQLVWUXPHQWDOLHIXQ]LRQLVLPEROLFKHGHOGLULWWRSHQDOHcit., pag. 10. 
 10 
distinzione, tutta politica, tra destra e sinistra, tra criminalizzazione da una parte e 
decriminalizzazione dall’altra. Di fatto, superate le classiche distinzioni, i ruoli politici delle 
due tradizioni si mischiano superando addirittura il tradizionale “populismo” della 
legislazione penale. Per cui anche da parte della sinistra politica si è fatto riferimento 
implicito ai cosiddetti gestori “atipici” della morale (DW\SLVFKH 0RUDOXQWHUQHKPHU), 
espressione con cui si designano i nuovi gestori della morale collettiva: non più solamente le 
classi borghesi conservatrici ma anche altre categorie che guidano l’ampliamento progressivo 
del diritto penale sulla base della protezione dei loro interessi15.  
L’effetto di queste domande di moralizzazione e criminalizzazione è spesso quello di 
produrre risposte non totalmente consone con i principi generali del diritto penale. Ad 
esempio si produce un’anticipazione della tutela con la semplice incriminazione di idee16 (per 
quanto aberranti esse siano). Per quanto riguarda la destra politica, questa è sempre stata 
portatrice di istanze criminalizzatrici e continua ad esserlo anche quando, da conservatrice, la 
politica di approvazione di norme penali diviene progressista, in nome di una tendenza di 
avvicinamento tra le parti. Per entrambe, infatti, la politica del ODZ DQG RUGHU e 
l’atteggiamento della tolleranza zero risultano assai redditizi 17 , perché si produce 
un’aspettativa di punizione all’interno dei consociati; lo Stato, la politica, in qualsiasi forma, è 
portato a dare una risposta a queste aspettative, e, anche in questo caso, più efficace sarà 
questa risposta, più consenso si produrrà nell’opinione pubblica. 
La tendenza del legislatore è quella di reagire con forza e decisione in molti settori 
dell’ordinamento penale all’interno di un’evidente disegno di lotta contro la criminalità 
attraverso istanze repressive, quelle che prima abbiamo esposto come: la creazione di nuove 
fattispecie e l’aumento delle pene previste18. Esempio emblematico di legislazioni di questo 
tipo è la famosa “WKUHHVWULNHVDQG\RX¶UHRXW” in vigore in alcuni stati degli Stati Uniti, 
legislazione per cui si permette applicare pene privative della libertà alla terza infrazione, 
anche contro la sola proprietà. E le pene sono decisamente severe: alla terza infrazione, e 
                                               
15
 Si pensi alla categoria ecologista per quanto riguarda i nuovi eati ambientali, alla categoria femminista, per 
una maggiore durezza nei confronti dei reati di molestie e violenza sessuale, la categoria dei pacifisti contro la 
propagazione di ideologie violente o di apologia, le minoranze di ogni tipo contro i reati di discriminazioni o di 
istigazione di ideologie razziste o sessiste. 
16
J. M SILVA SÁNCHEZ, /¶HVSDQVLRQHGHOGLULWWRSHQDOH$VSHWWLGHOODSROLWLFDFULPLQDOHQHOOHVRFLHWj
SRVWLQGXVWULDOL , cit. pag. 34  
17
 M. CANCIO MELIA, ¢'HUHFKRSHQDOGHOHQHPLJR", cit. pag. 11. 
18
 Un esempio del genere è stato introdotto anche in Spagna con la riforma della parte speciale del &RGLJR3HQDO 
del 2003, per cui si castiga con la prigione la realizzazione di quattro delitti contravvenzioni contro la proprietà 
(in genere punite con ammende).