Abstract in italiano
Il presente lavoro ha come scopo primario quello di analizzare i discorsi politici
appartenenti alle figure femministe di María Martínez Sierra e Ada Colau. Per tale
obiettivo, la ricerca si è servita in primo luogo di fonti primarie, quali i testi diretti dei
relativi discorsi, e in secondo luogo di testi secondari, come manuali di critica politica o
di letteratura, siti internet specialistici e testi di linguistica. La trattazione è stata
strutturata in modo da fornire gradualmente le informazioni necessarie alla
comprensione delle successive analisi linguistiche.
In questo senso, si è in primis fornita una presentazione esaustiva del testo
politico e del relativo linguaggio, attraverso le figure retoriche e espressioni più
comunemente utilizzate in esso; si è poi analizzata la situazione femminile spagnola a
partire dal XX secolo fino alla Seconda Repubblica e all'era contemporanea. Ci si è poi
focalizzati sulle figure femminili questione di analisi, ossia María Martínez Sierra e Ada
Colau, attraverso un breve accenno alle relative biografie e alle concezioni politiche e
femministe delle due. Infine, si è arrivati alla vera e propria analisi linguistica relativa a
testi politici selezionati da entrambe le due figure. Per una maggiore completezza di
analisi, si sono inserite, successivamente al testo, fotografie, immagini e appendici
contenenti le citazioni dirette dei testi di interesse.
La stesura ha permesso di rilevare che, nonostante la notevole distanza
temporale tra i discorsi di María Martínez Sierra e Ada Colau, tutti sembrano voler
suscitare maggior attenzione rispetto la questione feminile contemporanea alle due,
quindi indicando una situazione non del tutto ottimale per il sesso femminile in
entrambi i casi. Il linguaggio, in entrambe le tipologie di testo analizzate, appare
pressochè simile, rifacendosi nella maggior parte dei casi alle regole stilistiche e
linguistiche del linguaggio politico generale.
In conclusione, si può affermare che, nonostante molte siano state le lotte e i
raggiungimenti, almeno nel contesto spagnolo, rispetto ai diritti e libertà concessi alle
donne, tuttora risultano ancora presenti delle limitazioni per cui i politici odierni devono
continuare a lottare con lo stesso fervore dei predecessori.
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CAPITOLO I
IL LINGUAGGIO POLITICO
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“Politica vuol dire realizzare”
(Alcide De Gasperi)
I.1 Brevi accenni ai linguaggi specialistici
Prima di introdurre il discorso sul linguaggio politico e sulle sue caratteristiche
principali, sembra opportuno soffermarsi brevemente sulle lingue speciali, sulla loro
definizione e caratteristiche generali. In questo campo, molti sono stati i termini
utilizzati per indicare tali lingue, a partire da “microlingue”, “linguaggio settoriale”,
“linguaggio specialistico” ed ancora “sottocodice”. I loro significati variano
sensibilmente e nella presente trattazione si utilizzerà l'espressione “lingue speciali”
poiché risulta essere quella più adatta e con più lunga tradizione storica, essendo stata
utilizzata nella traduzione di De Mauro del 1967 di De Saussure; tale espressione è
comunque presente ancora oggi nei testi più importanti di linguistica e avvicina
maggiormente il campo di analisi alla relativa terminologia utilizzata nelle altre
maggiori lingue europee (Sosnowski 2006, p.9).
Molte sono state le definizioni attribuite all'espressione “lingua speciale” negli
anni: Cortellazzo (1994), ad esempio, ha indicato tale linguaggio come:
una varietà funzionale di una lingua naturale, dipendente da un settore di
conoscenze o da una sfera di attività specialistiche, utilizzata (…) da un gruppo di
parlanti più ristretto della totalità dei parlanti della lingua di cui quella speciale è
una varietà, per soddisfare i bisogni comunicativi (…) di quel settore specialistico
(citato in Canepari 2016, p.148).
Il Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica parla invece in
maniera più generale di linguaggio appartenente a varie discipline specialistiche o di
particolari settori umani (Sosnowski 2006, p.10). Una delle definizioni che hanno
acquisito maggior validità nel corso del tempo è quella formulata da Berruto e Sobrero
nel 1992, i quali considerano tali lingue come sottocodici e “varietà diafasiche
caratterizzate da un lessico speciale in relazione a particolari domini extralinguistici e
alle corrispondenti aree di significato” (citato in Sosnowski 2006, p.11). Le lingue
speciali sono utilizzate in un determinato campo per trattare determinati argomenti,
legati a particolari attività professionali e specialistiche. Ogni scienza o disciplina
sviluppa al suo interno una lingua speciale per l'esplicazione dei suoi maggiori concetti
di interesse, e per diventare parte del determinato gruppo scientifico c'è bisogno che
ogni membro apprenda il suo linguaggio speciale.
Le lingue speciali sono inevitabilmente legate e dipendenti dalla lingua generale
di riferimento, da cui estrapolano le regole grammaticali, morfologiche, sintattiche di
base ed il lessico generale; comunemente, però, tali lingue si specializzano e si
restringono in un campo ben determinato, trascendono a volte anche i limiti linguistici
geografici e facendo in modo così che siano riconoscibili e utilizzabili da esperti
provenienti dalle più svariate zone del mondo. Dunque, molte parole ed espressioni del
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linguaggio specialistico risultano da prestiti o calchi provenienti da altre lingue
straniere, sopratutto latino e inglese, in modo che si raggiunga una sorta di lingua
speciale internazionale comprensibile e chiara per tutta la comunità specialistica del
mondo.
Infatti, lo scopo principale delle lingue speciali è quello di migliorare la
comunicazione tra gli specialisti, quindi denominare oggetti o concetti particolari della
disciplina di riferimento. Per fare ciò, è necessario che il linguaggio sviluppi nuovi
termini, vocaboli e espressioni che siano diversi da quelli utilizzati nella lingua
generale, creando così una terminologia a hoc che sta a simboleggiare la parte più
caratteristica del linguaggio speciale.
I termini di una lingua speciale possono essere dei veri e propri neologismi, cioè
creati ex novo, oppure possono essere parole già presenti nella lingua generale che
acquistano all'interno della comunità scientifica un nuovo significato. Si può parlare
ulteriormente di neoformazioni derivazionali o composizionali: queste formazioni sono
generalmente molto utilizzate perché permettono di creare numerosi nuovi significati a
partire da parole e elementi presenti nella lingua comune (Poce 2015, p.154). La
terminologia delle lingue speciali è caratterizzata dalla monoreferenzialità, ossia ogni
termine deve riferirsi a un oggetto o concetto unico, deve avere un solo referente. Il
legame tra termine e oggetto/concetto deve essere biunivoco, cioè il termine non può
essere sostituito da sinonimi e non può esserci polisemia, ma la parola deve essere
ripetuta o al massimo sostituita dalla sua stessa definizione (Sosnowski 2006, p.13).
Così, la lingua speciale ha bisogno di netta precisione, a volte andando a colpire lo stile
del discorso che passa in secondo piano.
Inoltre, una lingua speciale deve necessariamente possedere, secondo Arduini e
Damiani (2016), neutralità emotiva. Precedenza è data all'uso delle forme passive e
impersonali, alle forme nominali del verbo, con riduzione dei modi, dei tempi e delle
persone verbali, alla cancellazione del complemento d'agente, e all'uso della forma
inaccusativa dei verbi causativi (Poce 2015, p.156). Si predilige in generale la sintesi,
evitando espressioni o concetti ridondanti. In ogni caso, ogni lingua speciale può essere
più o meno complessa e più o meno sistematizzata.
Alcuni studiosi non riconducono alla terminologia la caratteristica maggiore
delle lingue speciali; piuttosto identificano i contesti e le comunità di parlanti come
specialistici e non il loro linguaggio. Sono loro che creano l'universo discorsivo della
lingua specialistica andando a conferire l'importanza maggiore alla comunicazione
specialistica in sé (Arduini & Damiani 2016, p.198).
La classificazione più seguita per quanto riguarda le lingue speciali è quella che
differenzia i linguaggi in base al campo di azione e lo stile, ma anche al grado di
astrazione con cui gli argomenti sono presentati: così ad esempio si può distinguere tra
lingue più tecniche, denominate anche come lingue delle scienze dure, e quelle meno
tecniche, quindi tra linguaggio matematico e linguaggio economico. Quotidianamente,
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tutti vengono in contatto con una moltitudine di lingue speciali: basti pensare agli spot
in televisione e per strada con il loro linguaggio pubblicitario, alle visite specialistiche
con il loro linguaggio medico, alla connessione a internet con il suo linguaggio
informatico, alla compilazione di moduli attraverso il linguaggio burocratico, alla lettura
di un giornale con il suo linguaggio giornalistico, e infine alla propaganda con il suo
linguaggio politico di cui ci si occuperà più nello specifico nel prossimo paragrafo.
I.2 Il linguaggio politico
A volte il linguaggio politico è anche associato al linguaggio motivazionale, utilizzato da leader nelle strategie di
marketing, volto a persuadere e incantare l'ascoltatore (URL: https://www.gograph.com/vector-clip-art/motivational-
speaker.html, https://www.definicionabc.com/politica/ciencia-politica.php,
https://www.articolo21.org/2018/01/marketing-politica/).
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I.2.1 Dibattito riguardo l'esistenza del linguaggio politico
“La politica è molto più complessa dela fisica”
(Albert Einstein)
Esiste ancora a oggi un dibattito aperto sulla giusta definizione di linguaggio
politico; il dubbio sorge però non per quanto riguarda il linguaggio della scienza
politica, cioè quello proprio degli storici e dei politologi, né per quanto riguarda il
linguaggio politico internazionale, che si avvicina maggiormente alla lingua
specialistica giuridica e della diplomazia (Gualdo & Dell'Anna 2004, p.39). Il dibattito è
piuttosto accesso in relazione al linguaggio dei politici nazionali veri e propri, messo in
atto quotidianamente attraverso la propaganda e i mezzi di comunicazione di massa, e
rivolto verso il grande pubblico.
Il linguaggio politico inteso in tale senso, a partire dalle sue origini, ha sempre
fatto affidamento, oltre che ovviamente sulla lingua comune, su altre microlingue, come
quella del mondo militare, della statica, della dinamica, della nautica, della religione,
della biologia, dell'economia, della geometria, dello sport e del mondo dell'automobile
(Sanzo 2012, p.159). È così plausibile che molte delle espressioni, dei termini e delle
metafore che sono attribuite alla lingua prettamente politica provengano direttamente da
molte altre discipline e materie, argomento che tratteremo più avanti nella presente
trattazione. Per questo motivo, molti studiosi mettono in dubbio la stessa esistenza di un
linguaggio politico vero e proprio.
Si può certamente affermare che il linguaggio politico non faccia parte
sicuramente delle lingue appartenenti alle scienze cosiddette dure; esso non è altamente
tecnico e specializzato come potrebbe essere il linguaggio matematico, informatico,
chimico o medico. Esso non è neanche parte delle lingue speciali più generali: infatti,
quando si parla di linguaggio politico, solitamente ci si riferisce piuttosto a un
linguaggio settoriale (quindi linguaggio esclusivamente collegato al contesto) che non
ha un lessico proprio o delle regole stilistiche o grammaticali particolari; esso attinge
maggiormente alla lingua generale e non possiede quelle caratteristiche sopra
menzionate di sinteticità, impersonalità e passività. Inoltre, al contrario di una lingua
speciale, la comunità di riferimento non è ristretta ai soli specialisti del campo, ma è
aperta a tutta la popolazione. Il concetto di importanza della comunità specialistica
quindi, in questo contesto, decade del tutto.
Al contrario delle maggiori lingue speciali, non si possono chiaramente e
facilmente individuare a un primo impatto delle caratteristiche che accomunino i diversi
parlanti politici; sembrerebbe piuttosto che ogni rappresentante politico abbia una
propria lingua speciale. In ogni caso, scavando più nel profondo, delle linee generali
sono comunque esistenti e rintracciabili.
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Il linguaggio politico è quel linguaggio che viene utilizzato, come un qualunque linguaggio specialistico,
generalmente nella cerchia ristretta di politici, anche se è pensato per essere compreso pure dal vasto
pubblico di votanti. (URL: http://ilquotidianoinclasse.ilsole24ore.com/2016/03/cara-scuola-cose-la-
politica/).
I.3 Caratteristiche principali del linguaggio politico
“L'onestà è la miglior politica”
(Miguel De Cervantes)
I.3.1 Il lessico: caratteristiche generali
Come appena affermato, il lessico del linguaggio politico non ha generalmente
origini nuove ma è preso in prestito dal vocabolario comune. Ciò è dovuto al fatto che
tale linguaggio non è diretto verso un gruppo ristretto di specialisti, ma verso un
pubblico generale che quindi non comprenderebbe a pieno un lessico particolare o
comunque non si sentirebbe parte di una cerchia ristretta che condivide un particolare
linguaggio. Per questo motivo, ad esempio, il lessico politico in Italia della Seconda
Repubblica è caratterizzato da frasi brevi, sintassi non evoluta e lessico comune e di alta
frequenza (Spina 2012, p.35).
Così, molti linguisti considerano il linguaggio in questione come variante di
quello comune, individuando tre possibili macro categorie: linguaggio rivoluzionario,
totalitario e della crisi. L'ultima tipologia è caratterizzata dalla presenza di “nuovismi”,
così denominati non perché termini nuovi ma perché termini con diversi significati
attribuiti. Infatti, Sobrero (1993) afferma che il lessico del linguaggio politico non sia
univoco ma piuttosto polisemico, plurileggibile e plurifunzionale, poiché i termini
utilizzati nella maggior parte dei casi possono essere interpretati in modi diversi (citato
in Teodori & Vaccaro 2012, p.110). Si perde quindi la componente di chiarezza e
univocità delle lingue speciali.
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