5
CAPITOLO 1 
LE OPERAZIONI DI 
“MERGERS AND ACQUISITIONS” 
 
 
 
Per capire quali sono le cause di un eventuale differenza tra domanda ed 
offerta è opportuno prima evidenziare le caratteristiche dell’operazione di 
M&A
1
. Queste operazioni sono, da tempo, uno degli elementi imprescindibili 
dell’economia ed infatti sono diventate una leva abituale dello sviluppo delle 
imprese, anche se la loro numerosità ed il trend a livello mondiale sembra 
essere soggetto a variabili di tipo ciclico. 
 
 
1.1 Le motivazioni delle operazioni di M&A 
 
Nell’identificare sommariamente quelle che sono le cause delle 
operazioni di M&A è importante sottolineare che, ogni azienda, nel suo 
percorso di vita, può scegliere di intraprendere un processo di crescita 
interna e/o esterna. Ognuna delle due diverse tipologie ha dei vantaggi e 
degli svantaggi; dipende comunque dal caso specifico in cui ci si trova se 
                                                     
1
 «Spesso i termini “fusione e acquisizione” (merger and acquisition, M&A) vengono usati 
come sinonimi, anche se dal punto di vista contabile, legale e fiscale si tratta di operazioni 
diverse. Di solito per acquisizione si intende l’acquisto della totalità o della maggioranza delle 
azioni di un’impresa, o al limite di una percentuale inferiore se, a causa della dispersione della 
proprietà fra numerosi azionisti, è sufficiente per controllarla in maniera sicura. Una fusione 
origina la scomparsa dell’aziende acquisita, quando viene incorporata dall’acquirente (fusione 
per incorporazione), o la scomparsa di tutte e due quando viene incorporata dalla società 
originata dalla concentrazione delle due imprese (fusione propriamente detta)». Tratto da: R. A. 
Brealey, S. C. Myers, S. Sandri, “Principi di Finanza Aziendale”, McGrow-Hill, Milano, 2003, 
pag. 904, nota n. 1. 
Il termine M&A nel presente lavoro deve essere intesa come rappresentativo sia delle 
operazioni di fusioni che di quelle di acquisizioni dato che le tematiche trattate in questo lavoro, 
tranne per alcune differenze trascurabili, trovano un’eguale applicazione per entrambi i tipi di 
operazione. 
 6
sia da preferire l’una, l’altra o entrambe, infatti sempre più spesso le 
imprese portano avanti strategie che hanno, opportunamente miscelate, 
entrambe le due opportunità. 
Rimandando a specifici lavori la trattazione degli aspetti relativi alla 
crescita interna
2
 possiamo concentrarci sulle motivazioni che stanno alla 
base della crescita esterna (che può essere attuata anche per mezzo di 
accordi e, più in particolare, delle operazioni di M&A). 
Tali motivazioni sono molteplici, ma possono essere classificate in 
almeno tre categorie: 
- motivazioni emozionali; 
- motivazioni razionali di tipo strategico; 
- motivazioni razionali di tipo finanziario. 
Con riferimento al primo punto, molto più spesso di quanto non si 
ritenga, le operazioni di M&A nascono sulla spinta di motivazioni che 
non rispondono, a ben vedere, a scelte basate su una logica propriamente 
razionale di convenienza economica o strategica. 
Tra le principali si possono indicare la spinta all’imitazione e la 
sindrome dell’“isolamento” che si manifestano, in particolare, quando un 
settore vive un periodo di turbolenza e forte concorrenza e alcuni 
operatori importanti decidono di unire le forze
3
. Altro caso è quello in cui 
i manager o i soci di controllo vengono spinti nelle loro azioni da un 
desiderio di espansione del proprio potere e/o prestigio, al fine di 
aumentare in tempi rapidi e in grande misura le dimensioni aziendali, 
                                                     
2
 Vedi tra gli altri: M. CAROLI, F. FONTANA, “Economia e gestione delle imprese”, 
McGraw-Hill, Milano, 2003, pag. 150 e ss.; L. POTITO, “Le operazioni di finanza 
straordinaria nell’economia delle imprese”, G. Giappichelli Editore, Torino, 2004, pag. 2 e ss.; 
L. FERRUCCI, “Strategie competitive e processi di crescita dell’impresa”, Franco Angeli, 
Milano, 2000. 
3
 Queste operazioni sono sostanzialmente orientate a favorire un processo di consolidamento e 
di razionalizzazione delle attività delle aziende nell’ambito del proprio “core business”. 
 7
dalla volontà di contenere il rischio d’impresa, realizzando operazioni di 
diversificazione o ancora da reazioni adattive ad accadimenti improvvisi 
e, quindi, con operazioni non condotte nell’ambito di un più generale 
percorso strategico predeterminato.  
Quando il decisore si attiva nell’ambito di un disegno preordinato e 
finalizzato ad acquisire vantaggi economici predefinibili si cade nella 
tipologia delle motivazioni di tipo razionale, che, come evidenziato dalla 
tabella, possono essere di tipo strategico e finanziario. 
 
Le prime sono finalizzate ad accelerare la crescita dimensionale e la 
ricerca di economie di scala o di scopo, l’entrata in nuovi mercati, lo 
sviluppo di nuove capacità, consentendo, nel contempo, di guadagnare 
tempo rispetto all’alternativa dello sviluppo interno. In questa ottica 
devono essere lette le strategie di sviluppo volte a: rafforzare la posizione 
Tabella 1.1 – La natura delle operazioni di M&A 
 Strategica Finanziaria 
Attori 
coinvolti 
Acquirente industriale che 
acquisisce: 
- un concorrente  
- un terzo operante in un 
altro segmento della catena 
del valore 
Acquirente finanziario 
che acquisisce: 
- un “target company” 
Motivazione 
Creare valore attraverso 
implementazione di una 
linea strategica che prevede: 
- sinergie di competenze e 
“skills” 
- economia di scala 
- accesso a nuovi mercati 
- assicurarsi fornitori chiave 
Catturare valore attraverso 
sfruttamento di: 
-“capital gains” 
- opportunità di profitto 
attraverso cessione di 
assets 
- opportunità di cassa 
Grado di 
controllo 
- controllo o maggioranza 
(tranne nei casi in cui siano 
previsti particolari accordi) 
- controllo di 
maggioranza 
- minoranza rilevante 
 8
competitiva nei business dove si è già presenti (integrazione orizzontale), 
estendere la posizione competitiva in business collegati (integrazione 
verticale e diversificazione correlata
4
), allargare il proprio dominio in 
business non collegati (diversificazione non correlata detta anche 
conglomerale)
5
. 
Le seconde sono, invece, operazioni che, pur finalizzate a 
conseguire un vantaggio economico diretto, non sono coerenti con la 
“vision” e la “mission” dell’azienda, ma rientrano nell’ambito di 
opportunità finanziarie che possono essere sfruttate se l’impresa si trova a 
disporre di liquidità o in situazioni da poter accedere favorevolmente 
all’indebitamento senza mettere in crisi la struttura finanziaria aziendale. 
Si tratta in sostanza di operazioni dove ciò che interessa non sono i profili 
operativi riconducibili alla possibilità di creare eventuali interrelazioni 
con altre attività operative, ma i profili finanziari quali il prezzo di 
vendita dell’azienda, il cash flow generabile con l’investimento, la sua 
finanziabilità e le prospettive di liquidazione della stessa. 
Esistono anche operazioni che, date le loro caratteristiche 
particolari, non rientrano nei casi appena visti. Si fa riferimento, ad 
esempio, alla situazione in cui il fine principale è rappresentato dalla 
possibilità di poter scontare benefici fiscali o dalle operazioni nell’ambito 
di un gruppo, le quali possono presentare finalità molteplici: da quelle di 
natura finanziaria a quelle di natura organizzativa fino a quelle di natura 
strategica. 
                                                     
4
 A seconda del maggiore o minore grado di correlazione. 
5
 Per approfondimenti in materia si veda A. MOTTA, “Manuale delle acquisizioni di imprese”, 
Milano, Il sole 24 ore, 2003, pag. 70 e ss.; M. CAROLI, F. FONTANA, “Economia e gestione 
delle imprese”, McGraw-Hill, Milano, 2003, pag. 150 e ss.. 
 9
1.1.1 L’obiettivo della generazione di valore
6
 
Qualunque sia la motivazione dell’operazione esiste sempre un 
principio comune che è quello della creazione del valore
7
. 
Tale creazione può essere ottenuta attraverso una: 
- cattura del valore; 
- creazione del valore. 
Nel primo caso, in genere l’operazione si manifesta secondo 
modalità tipiche dell’acquisizioni di tipo finanziario, cioè un evento 
isolato, fine a se stesso e sostanzialmente collegato alla transazione 
sottostante. Esse si basano sulla possibilità di ottenere vantaggi di 
carattere speculativo quando si verifica un consistente divario tra il set 
informativo del compratore e del venditore per effetto della presenza di 
situazioni di turbolenza e di cambiamento in essere
8
. In tal caso il valore 
si trasferisce dal venditore al compratore senza il pagamento di un 
adeguato corrispettivo. Si possono ottenere dei profitti speculativi, anche 
quando l’operazione è stata portata avanti solo per poi rivendere 
successivamente la società. Infatti, attraverso la vendita si otterrà parte 
del valore futuro che deriverà dalle sinergie che, saranno conseguite con 
il merger successivo. Quindi si cattura valore da terzi soggetti che in un 
modo o nell’altro sono collegati all’operazione e non si fa riferimento 
                                                     
6
 Il ruolo della creazione del valore verrà trattato in maniera più approfondita nel secondo 
capitolo. 
7
 Il concetto di valore è definibile come il beneficio economico, costo-opportunità e cioè come 
la soddisfazione a cui si rinuncia non investendo in un bene alternativo comparabile. È, quindi, 
evidente che ci sarà generazione di valore solo quando il ritorno di un dato investimento sarà 
più elevato del suo costo-opportunità.  
8
 La situazione più frequente si presenta quando una transazione che ha per oggetto un’azienda 
il cui prezzo di mercato sia sottovalutato rispetto alla potenzialità dell’impresa in quanto il 
mercato non crede nella capacità dei gestori di renderla effettiva. Altro caso è quello in cui il 
compratore sia capace di ottenere consistenti guadagni dalla vendita di assets non operativi che 
si trovano nel corpo dell’azienda acquisita. 
 10
solo ai possibili acquirenti futuri, ma anche allo Stato e/o ai creditori 
dell’azienda ceduta
9
. 
Nel secondo caso (creazione di valore), invece, si fa riferimento per 
lo più ad operazioni di tipo strategico. La generazione di valore si ottiene 
in quanto l’acquirente, inserendo l’azienda nella propria realtà operativa, 
è in grado di trarne i vantaggi (le cosiddette sinergie), di cui al momento 
non dispone, migliorando il valore dell’insieme rispetto alla sommatoria 
del valore delle due imprese a se stanti.  
In altre parole, quando le due imprese si uniranno, qualsiasi sia la 
modalità tecnica dell’operazione di unione, dimostreranno di valere di 
più rispetto al valore che avrebbero generato se si fossero mantenute 
indipendenti, al netto del prezzo pagato. 
Tale concetto può essere espresso attraverso la seguente relazione: 
 
V
A+B
> V
A
+V
B
 
 
dove: 
V
A+B 
= valore economico delle due aziende che hanno dato vita 
all’operazione di M&A; 
V
A
 = valore economico dell’impresa A a sé stante; 
V
B
 = valore economico dell’impresa B a sé stante. 
Generalmente, una situazione di questo tipo si definisce generatrice 
di “sinergie”, «capace, cioè, di attivare elementi di complementarietà in 
grado di caratterizzare prestazioni combinate superiore alla somma delle 
                                                     
9
 Ciò avviene quando si è in grado di sfruttare situazioni legislative che permettono di 
avvantaggiarsi sul fronte fiscale, per esempio attraverso la possibilità di recuperare perdite 
pregresse, oppure di prendersi in carico importi consistenti di debiti pregressi che permettono, 
senza mettere a rischio la situazione finanziaria del soggetto che ha comprato, di sfruttare il 
vantaggio fiscale dell’onere del debito pervenendo così ad un abbattimento del costo del 
capitale 
 11
singole parti»
10
. Infatti, le operazioni che hanno motivazioni razionali, 
siano esse strategiche o finanziarie, sono giustificate dall’attivazione di 
elementi di complementarietà, detti, appunto, sinergie. Valutare una 
operazione di M&A significa, pertanto, delineare i contenuti e le 
dimensioni di questo effetto positivo individuando tutti gli elementi in 
grado di aumentare il vantaggio competitivo complessivo
11
. 
Si distingue tra: 
- sinergie operative: derivanti dalle effettive possibilità di integrazione 
sul piano delle attività operative (vedi tabella 1.2); 
 
Tabella 1.2 – Sinergie operative  
 
Maggiore 
efficienza (meno 
costi e meno 
capitale investito)
Maggiore 
ricavi 
Minor rischio 
Integrazione 
verticale 
Economie di scala e 
di esperienza 
Aumento del 
potere di 
mercato 
Integrazione 
orizzontale 
Economie di scopo 
Aumento della 
quota di mercato 
e/o della 
differenziazione
Maggiore leva 
operativa e/o 
valore aggiunto 
e/o competitività 
e/o aggressività di 
crescita 
-  
                                                     
10
 A. MOTTA, “Manuale delle acquisizioni di imprese”, Milano, Il sole 24 ore, 2003, pag. 75. 
11
 Più precisamente il valore dell’operazione dipenderà oltre che dal valore dell’azienda da 
acquisire a sé stante anche: 
- dalle potenzialità sinergiche, sia operative che finanziarie, con impatto differenziale sui 
flussi di reddito o finanziari, derivanti dall’integrazione; 
- dai valori dei differenziali di rischio o di sinergie finanziarie, con effetto sul costo del 
capitale, derivante dall’integrazione; 
- dal valore conseguente a eventuali opportunità intrinseche nell’operazione che non si è in 
grado di valutare nel loro impatto sui flussi di reddito o finanziari (sono le cosiddette 
opzioni strategiche o reali) ma che possono avere una grande valenza futura. 
 12
- sinergie finanziarie: finalizzate a cogliere vantaggi collegati a 
ingegnerizzazioni finanziarie e fiscali, che vanno direttamente a 
incidere sulla struttura delle attività di valore e, quasi sempre, 
collegate ad operazioni che catturano valore. 
 
L’impostazione di cui detto, si rifà alla teoria della creazione del 
valore
12
. La logica di fondo di questa visione è che una impresa crea 
valore attraverso l’alimentazione di un patrimonio strategico
13
 adeguato 
ai livelli di competizione esistenti in un business. Un patrimonio tale, 
cioè da permettere di mantenere per un periodo di tempo significativo 
vantaggi competitivi
14
 rispetto ai concorrenti di riferimento in modo da 
avere, in quel contesto e per quell’orizzonte temporale, una concreta 
possibilità di creare valore. 
Naturalmente è possibile trovare situazioni di tipo misto rispetto 
alle due tipologie di generazione di valore citate
15
. 
                                                     
12
 Per approfondimenti vedi: G. DONNA, “Gli ingredienti strategici del valore d’impresa”, in 
La valutazione delle aziende, n. 27, dicembre 2002; G. DONNA, D. BORSIC (a cura di), “La 
sfida del valore”, Guerini, Milano, 2000.  
13
 Si definisce patrimonio strategico la dotazione di risorse di cui un’impresa dispone e che la 
rendono più o meno competitiva, cioè l’insieme di capitale intellettuale (relazionale, 
professionale, organizzativo), finanziario, tangibile, immateriale (tecnologico di immagine ecc.) 
posseduto. Il concetto è stato sviluppato in base ad una visione in cui la motivazione 
fondamentale di un’operazione di M&A è data dell’obiettivo di ottenere elementi di patrimonio 
strategico che non si posseggono, del tutto o in maniera sufficiente, in tempi brevi. Per ulteriori 
chiarimenti vedi G. DONNA, “Gli ingredienti strategici.....”, op. cit.. 
14
 M. CAROLI, F. FONTANA, “Economia e gestione delle imprese”, McGraw-Hill, Milano, 
2003, pag. 103: «Il vantaggio competitivo è il risultato di una strategia che conduce l’impresa 
ad occupare e mantenere una posizione favorevole nel mercato (o, più generalmente, 
nell’ambiente) in cui opera, e che si traduce in una redditività stabilmente maggiore  a quella 
media dei competitori». 
15
 In particolare questa combinazione si verifica nel caso di acquisizioni di un azienda 
multibusiness da parte di un’impresa che sia competitor della prima in uno dei suoi business. In 
tal caso si verificherà, in linea di principio, che l’acquirente sarà primariamente interessato a 
governare le sinergie operative derivanti dal possesso degli assets che fanno riferimento al suo 
core business. Nel contempo, però avrà la possibilità di catturare valore nella cessione degli 
altri assets.  
 13
1.2 Aspetti rilevanti  
 
Diversi sono gli aspetti rilevanti che bisognerebbe considerare 
quando si parla di operazioni di M&A. Tuttavia, dato l’oggetto del 
presente lavoro, verranno trattati solo quelli più attinenti al nostro ambito 
di analisi. Alcuni di questi elementi sono già stati accennati (come il 
carattere ciclico delle operazioni di M&A
16
); passiamo, ora, a fare una 
serie di altre considerazioni. 
 
1.2.1 Modalità dell’operazione 
 Le modalità con cui avviene l’operazione influenzano, in maniera 
significativa, la transazione perché possono incidere sull’ammontare del 
valore e del rischio che è trasferito tra le due parti in gioco (il soggetto 
acquirente e gli azionisti dell’azienda ceduta). 
Semplificando possiamo dire che esiste un intervallo i cui estremi 
sono rappresentati dalle operazioni cash da un lato e da operazioni con 
scambio di azioni dall’altro. 
Nel caso di pagamento cash la situazione è pulita ed il ruolo tra le 
due parti in gioco è chiaro: la proprietà passa totalmente da una parte 
all’altra, il premio è definitivamente acquisito dal venditore ed il rischio 
del non totale conseguimento del previsto valore delle sinergie è a carico 
del soggetto acquirente. 
                                                     
16
 Più in particolare, si evidenzia che esistono una serie di fattori congiunturali che influenzano 
il numero dei potenziali compratori e modificano l’apprezzamento dell’azienda; tra i più 
importanti ricordiamo: 
- la situazione del mercato dell’imprese che può essere influenzato, per esempio, dalla 
volontà di prepararsi alla competizione a livello globale; 
- la situazione del settore e del mercato in cui opera l’azienda target; 
- il livello dei saggi di interesse: più bassi saranno maggiore è la possibilità di indebitarsi per 
finanziare l’operazione a condizioni maggiormente vantaggiose. 
 14
Nel caso di pagamento con azioni, la questione si fa più complessa. 
Innanzitutto, non è più così evidente chi sia il compratore, infatti è 
possibile che gli azionisti dell’azienda acquisita possano divenire, per 
effetto dell’acquisizione, azionisti di maggioranza dell’azienda 
acquirente. Inoltre questi ultimi, di fatto, compartecipano, con gli 
azionisti, alle eventuale creazione di valore che la transazione potrà 
generare (quello che più avanti definiremo synergy value) e al rischio 
collegato, in proporzione alla percentuale che detengono della nuova 
combinazione che si crea dall’unione delle due società. Inoltre, gli 
azionisti della società acquirente, vedranno diluirsi la loro quota di 
partecipazione e, quindi, il maggior valore creato dall’operazione sarà 
ripartito con gli altri azionisti subentrati. Oltre a ciò, sarà, inoltre, 
necessario verificare il consenso degli azionisti, specie se si tratta di 
società con azionariato diffuso, per evitare che si verifichino effetti di 
flowback, cioè di vendita di massa degli azionisti dell’azienda target che 
portano a forti depressioni dei prezzi dei titoli dell’acquirente. 
Si rimanda a lavori specifici per quanto riguarda gli altri molteplici 
aspetti relativi alle modalità dell’operazioni e in particolare all’utilizzo di 
tecniche come l’O.P.A., il rastrellamento ecc.
17
. 
 
                                                     
17
 Tra gli altri vedi A. MOTTA, “Manuale delle acquisizioni di imprese”, Milano, Il sole 24 ore, 
2003, cap. 7; R. A. Brealey, S. C. Myers, S. Sandri, “Principi di Finanza Aziendale”, McGrow-
Hill, Milano, 2003, pag 903 e ss. 
 15
1.2.2 Finanziamento dell’operazione 
Le modalità di finanziamento dell’operazione risultano essere molto 
importanti. Infatti, nel progettare l’operazione, occorrerà valutare la 
congruenza tra prezzo e finanziamento, l’effetto sulla struttura finanziaria 
complessiva oltre alle condizioni dei mercati e alla dimensione degli 
ammontari in gioco. 
Fondamentale, ovviamente, risulta l’aspetto relativo al ricorso del 
capitale proprio e/o di terzi e, più in particolare, per quanto riguarda le 
operazioni di leveraged by-out. La scelta della giusta combinazione di 
risorse finanziarie dipende da considerazioni che riguardano la posizione 
finanziaria, il livello di redditività e la rischiosità dell’operazione. 
Bisogna, infine, considerare anche che il mercato del capitale di debito 
offre moltissime possibilità: si va dal senior debt alle emissioni 
obbligazionarie
18
. 
 
1.2.3 Il profilo fiscale 
Prima di introdurre elementi di natura prettamente tecnica preme 
segnalare come sia evidente la non convenienza del contenimento del 
reddito dal punto di vista fiscale; tali comportamenti, infatti, al di là di 
qualsivoglia considerazione di ordine morale, penalizzerebbero il valore 
dell’impresa in sede di cessione oltre a poter determinare serie 
conseguenze dal punto di vista giudiziario. 
Comunque, numerosi sono gli aspetti che è necessario considerare a 
seconda che ci poniamo dal lato dell’acquirente o del cedente. 
Vediamo che l’acquisizione di un’azienda determina una tassazione 
per il venditore calcolata sull’eventuale plusvalenza (cioè la differenza tra 
                                                     
18
 Si rimanda ai numerosi lavori sull’argomento. Tra gli altri si ricorda A. MOTTA, “Manuale 
delle acquisizioni di imprese”, Milano, Il sole 24 ore, 2003, cap. 3. 
 16
il corrispettivo ottenuto per la vendita e il valore netto fiscale 
dell’azienda
19
). Su tale elemento si giocava in passato, un aspetto molto 
importante dato che, era possibile articolare l’operazione in maniera tale 
da avere una minore tassazione
20
. Mentre il costo pagato dall’acquirente 
può essere dedotto ai fini del calcolo dell’I.RE.S. se si tratta di un 
soggetto passivo di tale imposta. 
Per quanto riguarda la fusione invece si ricordi come tale 
operazione viene considerata neutrale dal legislatore fiscale nel senso che 
l’operazione: «non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze  
e minusvalenze dei beni delle società fuse»
21
. Si potrebbe obbiettare, 
però, che nel patrimonio delle società coinvolte possono esserci beni il 
cui valore reale è diverso da quello contabile che danno origini a 
plusvalenze e minusvalenze latenti che vengono fiscalmente riconosciute 
solo al verificarsi di determinati eventi (per esempio, il realizzo di 
introito mediante cessione), ma, come detto, la fusione non rientra tra 
questi eventi. Esistono, inoltre, una serie di altri elementi specifici che 
devono essere considerati: 
1. le conseguenze fiscali connesse all’emergere delle differenze da 
fusione
22
: per evitare che l’emergere di avanzi o disavanzi potessero 
                                                     
19
 Cioè il valore che l’azienda ha al netto di tutti quegli elementi non fiscalmente riconosciuti. 
20
 Di tali aspetti si parlerà nel paragrafo 4.10. 
21
 Tratto da: G. M. CONTI, P. COASTANZO, A. PALMIERI, “TUIR”, Egea, Milano, 2004, 
art. 172. 
22
 Le differenze da fusione possono essere riconducibili a: 
- differenza da partecipazione: si origina quando, il valore contabile della partecipazione 
posseduta non coincide con la relativa porzione di patrimonio netto acquisita. L’eventuale 
differenza potrà essere iscritta, a seconda del fatto che sia positiva o negativa, nell’attivo (si 
parlerà di differenza da partecipazione positiva o in termini fiscali di disavanzo da 
annullamento) o nel passivo (differenza da partecipazione negativa o avanzo da annullamento) 
dello stato patrimoniale dell’incorporante per salvaguardare il pareggio dei valori. 
- differenza da concambio: si originano quando, per effettuare la fusione la società 
incorporante emette nuove azioni da concambiare con quelle della società incorporata dando 
vita così ad un aumento di capitale; la differenza è riconducibile alla non corrispondenza tra 
l’aumento di capitale dell’incorporante destinato ai proprietari dei titoli dell’azienda incorporata 
 17
essere utilizzati per ottenere indebiti vantaggi sono state previste 
alcune limitazioni. Infatti, l’utilizzazione del avanzo/disavanzo da 
annullamento, al fine di rivalutare/svalutare le componenti dello stato 
patrimoniale, pur ritenendosi legittima dal punto di vista civilistico, 
non viene riconosciuta dal punto di vista fiscale. Quindi gli avanzi e i 
disavanzi non hanno rilievo reddituale nella determinazione del 
reddito della società risultante dalla fusione
23
. Potranno emergere 
componenti di reddito fiscalmente riconosciute solo quando i valori 
reali dei beni oggetto della rivalutazione/svalutazione acquisiranno 
rilievo (per esempio, in caso di cessione).  
2. La possibilità che la società risultante dalla fusione ha, di beneficiare, 
sul piano fiscale, delle precedenti perdite di bilancio: si ricordi che 
l’art. 84 TUIR consente di calcolare in diminuzione del reddito 
imponibile le perdite subite nei cinque anni precedenti. Dato che, tale 
diritto si trasferisce in caso di fusione, dalla società in perdita alla 
società risultante dalla fusione stessa, sono state disposte alcune 
limitazioni per evitare illegittimi abusi
24
. Inoltre, si deve considerare 
                                                                                                                                                                              
e il patrimonio netto di quest’ultima (non è fiscalmente riconosciuta). 
Generalmente, si origina una differenza positiva, vale a dire il valore della partecipazione è 
superiore al valore della relativa porzione di patrimonio netto. Questo perché, in occasione 
della cessione, ai beni della società incorporata, vengono attribuiti valori correnti, superiori ai 
valori contabili ed inoltre viene quasi sempre riconosciuto un avviamento (goodwill). In tali 
circostanze, dato che la differenza trova una sua giustificazione economica appare corretto il 
procedimento di distribuire tale differenza sui beni ricevuti dall’azienda assorbita, nel senso 
cioè di utilizzarli per rivalutare tali beni. Per ulteriori approfondimenti vedi G. BRUNI, 
“Fusioni e Scissioni”, Giuffrè Editore, Milano, 1997, pag. 276; T. ONESTI, “Alcune 
considerazioni sul trattamento contabile delle differenze di annullamento nella fusione per 
incorporazione”, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 6, Giappichelli, Torino, 2003, pag. 
1283 e ss. 
23
 Il che significa, per esempio, che gli ammortamenti calcolati sui maggiori valori iscritti in 
bilancio, non sono considerati fiscalmente deducibili o che le plusvalenze o le minusvalenze 
eventualmente emergenti nel caso di cessioni di beni rivalutati, vanno sempre calcolate, ai fini 
fiscali, non tenendo conto dell’avanzo o del disavanzo. 
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 In primo luogo, occorre dimostrare che la società in perdita sia ancora in attività (attraverso il 
rispetto di una serie di requisiti quantitativi). Inoltre le perdite subite fino al quinto anno 
precedente possono essere riportate solo per la parte del loro ammontare che non eccede il 
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che, se la partecipazione della società in perdita era già detenuta in 
bilancio negli anni precedenti, le relative perdite potevano 
comportare una svalutazione della partecipazione stessa (che può 
essere fiscalmente dedotta). Per evitare, allora, lo sfruttamento di un 
doppio vantaggio fiscale è stato previsto che, in tal caso, la perdita 
non possa essere riportata. 
3. Il trattamento fiscale delle cosiddette “riserve in sospensione di 
imposta” eventualmente presenti nel bilancio della incorporata. Si 
distinguono due diverse categorie: le riserve sottoposte a tassazione 
solo se distribuite ai soci (per esempio, riserve da rivalutazione 
monetaria); le riserve che sono sottoposte a tassazione anche se 
hanno una destinazione diversa dalla distribuzione ai soci tranne che 
siano utilizzate per la copertura di perdite (per esempio, riserve per 
ammortamenti anticipati). La fusione potrebbe rappresentare 
un’occasione per riclassificare diversamente queste riserve e quindi 
per sottrarle alla tassazione. Per evitare ciò l’art. 172 TUIR stabilisce 
che in linea generale le riserve che non vengono ricostituite nel 
bilancio della società risultante diventano tassabili. La ricostituzione 
non è, invece, obbligatoria per le riserve del primo tipo perché 
entrano a far parte del patrimonio netto e non sono più distribuibili. 
 
                                                                                                                                                                              
patrimonio netto della società in perdita, in base allo stato patrimoniale dell’ultimo esercizio 
senza considerare conferimenti e versamenti (non pubblici) effettuati negli ultimi 2 anni.