VII
Virilio definisce questo modello sociale e politico Dromocrazia, 
opponendolo a quello della Democrazia. Dall’avvento negli Stati Uniti  
del «turbo-capitalismo» e sullo scenario politico europeo della «telecrazia» 
all’americana, si manifestano nella società quei caratteri della Dromocrazia 
che preoccupano Virilio.  
Il secondo capitolo tratta del nichilismo del simbolo che per Baudrillard 
ha scalzato la Realtà. I simulacri, retti da un sistema autoreferenziale,  
hanno sostituito la sostanza degli oggetti e il significato della dialettica 
valore/simbolo, così come veniva schematizzato nell’analisi marxista. 
Quello che chiamiamo Realtà, è una somma di avvenimenti e fatti  
che si ripetono e si riproducono in maniera parossistica a simulazione  
del reale. In riferimento all’attualità, non si può parlare di guerre  
e terrorismo «reali», se non nella misura del loro rapporto con la morte  
e il sacrificio, quali estremi residui della realtà scagliati contro l’oblio 
provocato dalle tecnologie digitali dei media. Da quest’analisi, anche la politica 
ne esce come un prodotto degradato a vuoto simulacro dell’epoca 
postindustriale o postmoderna, epoca in cui si ha la fine della Storia moderna 
e l’affermarsi del transpolitico e nella quale, all’avanzare del Dominio  
dei Segni (Semiocrazia), risponde il sacrificio simbolico dei kamikaze terroristi. 
Nella simulazione della realtà, la parte principale è giocata dai media digitali, 
capaci di monopolizzare la percezione umana e imporre un modello  
di comunicazione unilaterale. 
Nel terzo capitolo è presente il confronto, basato su pubblicazioni  
di saggi, interviste e articoli di giornale fra le posizioni di Virilio  
e Baudrillard, in relazione agli avvenimenti del decennio compreso  
fra la Prima Guerra del Golfo e l’attacco terroristico al World Trade Center  
di New York. Entrambi concordano sulla sostanziale scomparsa della realtà 
della morte in guerra, in un flusso inarrestabile d’immagini e informazioni: 
nella Guerra del Golfo con l’imporsi degli eventi alla velocità delle cronache 
della CNN e della censura preventiva; nell’attentato dell’11 Settembre  
  
VIII
a New York con una sorte di spettacolarizzazione visiva della tragedia, 
assolutamente indistinguibile nella diretta televisiva, da una finzione 
cinematografica di Hollywood. La divergenza fra il catastrofismo 
mascherato di realismo di Virilio e il nichilismo dell’universo postmoderno 
di Baudrillard appare in tutta la sua evidenza con il crollo, sotto i colpi  
degli attentatori, delle Torri Gemelle: atto di guerra, tragicamente reale, 
quant’anche scabrosamente spettacolare, per il primo; atto dal più forte 
impatto simbolico, una sorta di suicidio dell’Occidente rivestito fretto-
losamente  da  aggressione  bellica  esterna,  per  il  secondo. 
Nelle conclusioni si è cercato di riassumere e rimarcare le differenze 
delle loro prospettive nel quadro delle posizioni assunte dai cosiddetti 
«apocalittici» del progresso tecnologico, dei quali il più radicale, quanto 
paranoico, esponente è quel Kazczynski, passato tristemente alla storia 
come il terrorista Unabomber. Il quesito al quale, infine, si è cercato di dar 
risposta, verte sui possibili spazi che si aprono e si chiudono 
per la politica, alla luce di una lettura dromocratica e semiocratica  
della società postmoderna. Nell’epoca che si è inaugurata con lo scoppio 
d’emergenze globali – energetiche, ecologiche, sanitarie e, da ultimo, terro-
ristiche – il nichilismo patafisico baudrilliano e la dromo-tecnofobia 
viriliana, possono suonare ancora più sterili dei proclami degli internettiani  
e  dei tecnocrati  entusiasti. 
Il professore Kay Kirchmann (Blicke aus dem Bunker, STUTTGARD, 
1998) ha cercato d’interpretare il pensiero di Virilio in virtù di una rilettura 
freudiana dell’esperienze di sopravvissuto alla Seconda Guerra Mondiale  
e reduce della Guerra d’Algeria, esperienze che l’urbanista-filosofo francese  
ha sempre ammesso averlo profondamente segnato. Le analisi di Virilio 
sarebbero quelle di un ragazzino traumatizzato che continua, da adulto,  
ad osservare la realtà dall’oblò del bunker nel quale si è rinchiuso 
e che considera quello un punto d’osservazione ideale e oggettivo  
per   ciascuno.  
  
IX
Anche senza scomodare Freud, le analisi di Virilio sembrano esacerbate 
da una sorta di repulsione personale verso la tecnologia che coincide  
con  un’interpretazione  negativa  dell’essenza  stessa  della  tecnica. 
Heidegger si pose il problema di dare un’interpretazione dell’essenza 
della tecnica: «[Essa] non è affatto qualcosa di tecnico. Non possiamo quindi esperire 
veramente il nostro rapporto con l’essenza della tecnica finché ci limitiamo 
a rappresentarci la tecnicità e a praticarla, a rassegnarci ad essa o a fuggirla.  
Restiamo sempre prigionieri della tecnica e incatenati ad essa, sia che la accettiamo  
con entusiasmo, sia che la neghiamo con veemenza. Ma siamo ancora più gravemente  
in suo potere quando la consideriamo qualcosa di neutrale; infatti questa rap-
presentazione, che oggi si tende ad accettare con particolare favore, ci rende completamente 
ciechi di fronte all’essenza della tecnica.» (M. Heidegger, La questione della tecnica, 
MILANO, 1980, p. 5). Ogni discorso sul destino della nostra umanità,  
sembra perciò strettamente legato all’interpretazione dell’essenza della tecnica 
che vorremo darci, come specchio della nostra essenza. 
Anche Baudrillard è spesso liquidato, in patria e all’estero – persino  
da Virilio – per il tono, giudicato troppo sostenuto, e per le iperboli, 
assolutamente provocatorie, delle sue tesi. Questo non gli ha risparmiato 
ulteriori giudizi negativi da parte di pensatori e intellettuali di fama interna-
zionale che, pur avendogli tributato onore per le brillanti intuizioni  
degli anni ’70 sull’evoluzione della società postindustriale, secondo 
Baudrillard, non gli hanno perdonato le sferzanti critiche alla Sinistra 
francese, salita al potere nel 1983. (Intervista con M. CABONA, Le confessioni 
di un intellettuale messo all’indice, 19/04/2001 in http://lgxserver.uniba.it/lei/ 
rassegna/cabona.htm).  
Il nichilismo cinico, di cui l’autore si fregia, resta, obiettivamente,  
con poca probabilità assimilabile ad una prognosi del nostro tempo.  
Ciò non toglie che le riflessioni che la lettura di Baudrillard inducono, 
possono essere considerate un vaccino contro la ben più pericolosa 
ebbrezza  d’onnipotenza  che  in  Occidente  incombe. 
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10
Primo Capitolo 
VIRILIO E LA DROMOCRAZIA 
«La storia umana si può rappresentare 
come un’eterna corsa contro il tempo. 
Dapprima è una corsa per la sopravvivenza 
la fuga dai predatori – in seguito 
si trasforma in una corsa per il potere.» 
Paul Virilio
1
 
 
1 Introduzione alla Dromologia 
aul Virilio non ha telefono né fax, e non comunica via e-mail. 
Niente di strano, una semplice questione di gusto o stile di vita, 
se non fosse che proprio lui è il teorico della velocità, l’inventore  
di una scienza che si chiama Dromologia e studia la vitesse che attanaglia  
il mondo moderno.»
2
 Questa circostanza, quasi paradossale, rivela già di per sé 
una prerogativa dell’architetto-filosofo: è una figura atipica. 
Passato in gioventù attraverso esperienze traumatiche – la fuga dalla cattura 
della Gestapo, il bombardamento di Nantes, il servizio militare nella Guerra 
d’Algeria – Virilio si dedica allo studio della società convinto di poter 
trovare una scrittura comune nella storia che sveli la logica che ordina  
l’umanità fin dalle sue origini. La conclusione di tale ricerca è segnata  
dalla nascita di una nuova disciplina, la dromologia. 
                                              
1
 P. VIRILIO, La Vitesse, PARIS, 1991, p. 7. 
2
 A. CENCI, in intervista a P. VIRILIO, Mostre: ho fatto crash, La Repubblica delle Donne, 
2003, p. 59 in www.dweb.repubblica.it/dweb2/index.jspl. 
«P
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11
In termini generali, nella teoria dromologica alla velocità spetta 
quel posto, nelle dinamiche e nello sviluppo della società umana, che le teorie  
materialiste tradizionali assegnano alla ricchezza: 
«Dromologia deriva da dromos,
 
corsa. Tratta insomma della logica  
della corsa.
3
 Con questa teoria sono entrato in quel mondo nel quale  
la velocità [aspetto qualitativo] e non la ricchezza [aspetto quantitativo]  
è  diventata  la  norma.»
4
 
La velocità è presentata come una categoria a sé, non riferibile sul piano 
teorico solo a taluni contesti storici e sociali, ma collocabile 
al  vertice  degli  elementi  costitutivi  di  tutti  gli  ambiti  umani  e  animali. 
«Si sta parlando appunto di dromo-logia proprio perché è transtorica.  
Si può applicare alle epoche più diverse e persino al mondo animale.  
La caccia con la muta di cani o con l’inseguimento sono elementi essenziali 
nello sviluppo della società. La velocità, con cui un animale cattura l’altro, 
costituisce il fulcro della società animale, ed alla pari appartiene 
[la velocità] all’essenza della società umana.»
5
 
In rapporto alle tecnologie dell’ultimo secolo e mezzo, la validità 
dell’approccio dromologico, nell’analisi della società postmoderna, solleva 
clamore – e riscuote consensi – fra gli studiosi. Virilio stesso considera  
la  rivoluzione  industriale  il  punto  di  svolta  d’ogni  studio: 
«Per me è la velocità il fattore d’analisi numero uno. Se ne può dubitare 
fintanto che nella società non avvengono trasformazioni tecniche 
e industriali. Ma appena sopraggiungono macchine a vapore e telegrafo,  
non più.»
6
 
                                              
3
 Sebbene sia più spesso riportata la traduzione scienza della velocità, la traduzione 
letterale della parola d’origine greca dromologia sarebbe scienza della corsa. 
Eventualmente si dovrebbe usare la parola tachologia per scienza della velocità.  
La parola dromos indica inoltre l’ingresso delle camere funerarie micene e il luogo  
di una corsa. 
4
 P. VIRILIO / S. LOTRINGER, Pure War, NEW YORK, 1983, p. 45. 
5
 I. BREUER / P. LAUSCH/ D. MERSCH, Welten im Kopf, HAMBURG, 1996, p. 220. 
6
 P. VIRILIO, La Vitesse, op. cit., p. 37. 
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Riguardo alla sua prima opera dedicata interamente alla nuova scienza 
affermerà: 
«Politica e velocità – Saggio di Dromologia
7
 è un libro piccolo,  
ma essenziale, nel quale ci s’interroga per la prima volta sulla velocità. 
Conduce in un mondo totalmente nuovo, che prima d’allora non era mai 
stato esplorato.»
8
  
Seppur il tema della velocità non sia affatto nuovo nella letteratura, 
quello che certamente è originale in Virilio, è l’approccio etico e filosofico 
alle questioni politiche ed economiche. L’accelerazione e la velocità, sottratti 
dalle aride formule della cinetica, sono valutati in funzione di una rilettura 
in chiave dromologica di fenomeni antichi, moderni e contemporanei,  
dall’epoca dei regni mesopotamici al periodo coloniale, dai grandi 
movimenti rivoluzionari socialista e nazista, alle ultime forme tecnologiche 
di guerra e terrorismo.
9
 
I saggi pubblicati nel corso di quasi 30 anni trattano tanto di scienze 
militari e spaziali, quanto di tecnologie informatiche e cibernetiche, 
passando per le architettoniche degli spazi urbani e le biotecnologie  
applicate all’uomo. Il filosofo-urbanista è per questo reputato, insieme  
a Jean-François Lyotard, il più significativo fra i pensatori e critici  
delle nouvelles technologies. 
                                              
7
 Tit. orig. P. VIRILIO, Vitesse et Politique Essai de Dromologie, PARIS, 1977. 
8
 P. VIRILIO / S. LOTRINGER, Pure War, op. cit., p. 44. 
9
 Cfr. P. VIRILIO, Velocità e politica – Saggio di dromologia, MILANO, 1981. 
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13
2 Dalla dromologia alla dromocrazia 
La guerra, la comunicazione, l’economia, la politica: Virilio affronta  
per passaggi logici, spesso linguistici, tutti i campi in cui, a suo vedere, 
la  velocità  modella  gli  scenari  ed  impone  evoluzioni. 
Dalla dromologia, sintesi della fase di studio e analisi della società,  
deriva la dromocrazia, ovvero il modello di un mondo preda 
del suo stesso sviluppo cinetico in cui la politica è resa succube 
dall’incapacità di tutta l’umanità, di governare l’escalation tecnologica. 
 
 
2.1 In principio (e alla fine) c’è la guerra 
Il primo fenomeno che Virilio esamina, è quello della guerra. 
L’interesse per il fenomeno bellico in generale, ha origine dalla sua personale 
esperienza di spettatore della guerra-lampo tedesca e di sopravvissuto  
al  bombardamento  alleato  di  Nantes. 
Da questi episodi trae un insegnamento che già aveva riportato  
oltre 23 secoli prima Sun Tze (ca. 400 a.C.) sul suo trattato sull’arte  
della guerra: «la velocità è la cosa più importante in guerra».
10
 Non solo.  
Si persuade che il fenomeno stesso dell’accelerazione, ovvero 
dell’incremento di velocità, ubbidirebbe ad una logica bellicosa. 
Questo carattere aggressivo della velocità si manifesterebbe tanto 
nell’accelerazione dei mezzi di trasporto, prima per scopi militari poi civili, 
quanto nell’aumentata capacità di trasmissione ed elaborazione dati 
dei mezzi d’informazione, con ripercussioni per l’economia e la politica. 
                                              
10
 Cit. in P. VIRILIO, Velocità e politica, op. cit., p.177. 
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14
Quando la politica non riesce più a gestire questa violenza-velocità,  
torna la guerra. «La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi» cita spesso 
Virilio Carl von Clausewitz (1780 - 1831), ribadendo il concetto che la velocità 
unisce  in  un  legame  circolare  la  politica  alla  guerra. 
 
 
2.2 Da Marinetti a McLuhan  
Virilio, come menzionato poc’anzi, muove i suoi primi studi dai trattati 
sulla guerra di Sun Tze e Carl von Clausewitz passando per le opere  
di Paul Morand (1888 - 1976) e Jack Kerouac (1922 - 1969) - «ma questa  
è letteratura»
11
 - precisa. Per una lettura politica della velocità il primo 
contributo significativo viene da Marinetti e dai Futuristi, per proseguire  
in ambito sociologico con le riflessioni di Marshall McLuhan (1911 - 1980). 
Sicuramente attraverso i manifesti, le azioni e le opere, Marinetti  
e i suoi compagni furono i primi a svelare il potere espressivo della velocità 
e del movimento. Nel Manifesto del futurismo del 1909, la velocità  
fu esaltata in associazione alla sua forza distruttiva, antipassatista, 
rivoluzionaria – appunto – futurista. 
«…Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile,  
il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.[…] Noi siamo  
sul patrimonio estremo dei secoli! Poiché abbiamo già creata l’eterna velocità 
onnipresente.[…] Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo- 
il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore.[…] Noi vogliamo 
distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie e combattere 
contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica  
o utilitaria.»
12
 
                                              
11
 P. VIRILIO / S. LOTRINGER, Pure War, op. cit., p. 44. 
12
 F. T. MARINETTI, Manifesto del futurismo, ed. orig. PARIGI, 1909, punti 3, 8, 9, 10. 
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15
Se in Marinetti, Virilio (ri)trova l’accostamento tra desiderio di velocità  
e fermento bellicista, da Marshall McLuhan, egli mutua le riflessioni 
antropologiche sul ruolo dei media nella storia dell’umanità. 
Se l’invenzione di Gutenberg, dal punto di vista economico, preparò  
la rivoluzione industriale, essa provocò, con l’espansione dell’editoria,  
la frammentazione della società medioevale,
 
precedentemente tenuta 
insieme dal monopolio della produzione e della trasmissione del sapere 
in  latino  da  parte  della  Chiesa  e  della  Nobiltà.
 
 
Solamente con i nuovi media elettronici, McLuhan intravide un ritorno 
ad un modo collettivo di percepire il mondo. Con il suo richiamo  
al «villaggio globale» intuì le potenzialità soprattutto di radio, televisione  
e telefono (purtroppo non sopravvisse abbastanza da assistere alla diffusione 
d’Internet) di unificare e ri-tribalizzare il mondo.
13
 
Nel contesto di questa ipotesi, contribuirebbero alla realizzazione  
del «villaggio globale» tutti i media che, altra intuizione di McLuhan,  
non sono semplicemente i mezzi di trasmissione d’informazioni visive, sonore, 
scritte, comprese le varianti multimediali, ma sono tutti quei veicoli  
che si adattano al trasporto, allo scambio e al salvataggio di un’informazione 
nel senso più ampio del termine: il denaro, le ferrovie, gli aeroplani, 
l’elettricità.
14
 Ai suoi occhi sono media tutti i mezzi che, accelerando  
o amplificando le potenzialità umane,
 
mutano la percezione del territorio  
e l’organizzazione del tempo. Questo è più evidente negli sviluppi 
tecnologici del trasporto e della comunicazione: mutando le categorie 
spazio-temporali consuete, si modifica direttamente il substrato 
delle   relazioni   sociali   e   dei   rapporti   materiali. 
                                              
13
 Virilio ha scritto che stiamo entrando nel «medioevo della mondializzazione»,  
dove si ritrovano le stesse figure dell’antica società degli ordini e delle caste. 
Cfr. P. VIRILIO / S. LOTRINGER, Pure War, op. cit., p. 49. 
14
 Cfr. M. MCLUHAN, Understanding Media, CAMBRIDGE, 1964, pp. 15 e ss..