CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO? 
 2
governati e governanti si deve riclassificare alla luce delle potenzialità 
offerte dalla rete: 
“E’ qui che oggi vedo consumarsi il conflitto moderno sulla 
libertà: l’individuo deve pretendere di essere  cittadino con pieni 
diritti nella nuova società multimediale... Io vedo una nuova 
materia  su cui  stringere un nuovo patto di cittadinanza che è 
appunto la comunicazione come elemento abilitante all’esercizio 
dei diritti civili.” 
Soffermandoci sui primi due gruppi individuati da Elbacomunico, i 
termini della questione sono la Pubblica Amministrazione e la 
comunicazione, “due mondi – dice Vandelli – che hanno vissuto negli 
ultimi decenni trasformazioni davvero tumultuose, rapidissime, ma con 
un’inevitabile esigenza di incontrarsi con qualche parallelismo.”
3
 Ed è sul 
nodo dell’estensione quantitativa del raggio d’azione dell’una e dell’altra 
che si realizza l’incontro, che è più di un parallelismo, è un connubio 
perfetto. Il tema dell’utilizzo delle nuove tecnologie per ridisegnare, 
attualizzare e rendere più democratico il processo democratico, scrive 
Grandi, “ha come obiettivo la verifica delle possibilità di raggiungere un 
effettivo godimento dei diritti di informazione e di cittadinanza per incidere 
sul processo di formazione delle decisioni. Questa urgenza è oggi condivisa 
da varie istituzioni nazionali o sopranazionali, che individuano come 
prioritaria la necessità di ri-legittimare la democrazia rappresentativa 
attraverso una modifica radicale del processo decisionale.” Secondo 
l’OECD, “La partecipazione attiva è considerata come una relazione basata 
sulla partnership con il governo, in cui i cittadini siano attivamente 
impegnati nel definire il processo e il contenuto della presa di decisione 
politica.” Il Rapporto sullo sviluppo della società dell’informazione 
elaborato dal Governo italiano nel 2000 indica tra i fenomeni più 
significativi:  
- il ruolo sempre più decisivo che potrebbero svolgere i 
cittadini che abbiano acquisito una cultura informatica;  
- l’esigenza di nuovi modi e nuove forme di partecipazione ai 
processi decisionali indotti da uno scenario nazionale ed 
internazionale caratterizzato dalla “diffusione di saperi, dal 
potenziamento dei sistemi e delle reti informative, dai nuovi 
concetti di cittadinanza e di governo.”  
 
                                                 
3
 Vandelli L. “Introduzione”, in AA. VV. (2003) Come cambia la Pubblica Amministrazione. 
Politiche, progetti, esperienze in Emilia-Romagna, in Italia e in Europa. CLUEB, Bologna, p. 
11 
           1.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro. 
 3
Continua Grandi: “L’obiettivo comune a queste prese di posizione sembra 
essere il coinvolgimento dei cittadini prima della presa di decisione e la 
assunzione di responsabilità da parte della pubblica autorità dopo che la decisione 
è stata presa utilizzando l’informazione e forme di consultazione e di 
partecipazione nuove in quanto sfruttano le potenzialità offerte dalle tecnologie 
digitali di informazione e comunicazione.”
4
  
In tale prospettiva, la democrazia elettronica è una risposta 
all’esigenza delle amministrazioni pubbliche di fronteggiare la 
crescente complessità delle decisioni attraverso un coinvolgimento 
ampio delle competenze ed esperienze diffuse nella società, attivando 
dinamiche a distanza di contatto, dialogo e consultazione, oltre a 
predisporre un sistema di relazioni cui ricorrere facilmente nel momento in 
cui si decide di dare vita a progetti compositi o in occasione della presa di 
decisioni.  
 
Con questo, si vuole sottolineare il nesso tra i diversi possibili piani di 
azione pubblica, in una visione d’insieme, sistemica, rispetto all’uso delle 
ICT. Miani richiama l’attenzione sul falso dualismo tra processi di e-
democracy e processi di e-government;
5
 una sottolineatura, questa, che ha 
la sua ragion d’essere, visto che il nesso tra i due concetti sfugge persino al 
Ministro per l’Innovazione e la Tecnologia Stanca che, ricordando 
l’impegno del suo governo per l’e-democracy con il lancio del bando e i 
finanziamenti ai progetti delle PA locali e regionali, dice: “Con ciò il 
cittadino-elettore, non il cittadino-utente dei servizi, diventa partecipe alla 
vita delle istituzioni.”
6
 Al contrario, i due non sono termini contrapposti 
che stanno l’uno per “miglioramento della partecipazione politica 
democratica dei cittadini ai processi decisionali della PA” e l’altro per 
“efficacia nell’erogazione dei servizi pubblici al cittadino”, bensì elementi 
di uno stesso processo relativo all’amministrazione in relazione con il 
territorio e la cittadinanza. Qualsiasi tipo di progetto che la PA porta avanti 
in modo isolato e senza l’ascolto di utenti e stakeholder rischia di fallire per 
mancanza di visione e previsione. I cittadini sono importanti serbatoi di 
conoscenze sulle dinamiche reali della società. La progettualità condivisa, 
la crescita della conoscenza e delle competenze diffuse dovrebbero pertanto 
rappresentare un obiettivo primario dei politici e degli amministratori. Ecco 
perché l’e-government non può esprimere pienamente la sua potenzialità se 
non in accordo con politiche di governance in grado di coinvolgere quel 
                                                 
4
 Grandi R. (2002) ”Derecho a la informacion y derechos ciudadanos en la era digital”, in Vidal 
Beneyto, Jose (a cura di) La ventana global. Santillana Ediciones Generales, Madrid, 2002, pp. 
209-230 
5
 Si veda il Report della Bertelsmann Foundation, intitolato Balanced e-Government. World 
Wide Web: < http://www.begix.de/en/index.html>  
6
 Intervista della scrivente al ministro Lucio Stanca in occasione del FORUM PA presso la Fiera 
di Roma, 10 maggio 2005. 
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO? 
 4
network di soggetti che definiscono un territorio, vi investono ed 
interagiscono, l’e-democracy, per l’appunto.  
 
Quando si tratta di definire (e mettere in pratica) tale coinvolgimento, 
non vi è un consenso generale sul ruolo della partecipazione politica 
all’interno della teoria democratica; il disaccordo riguarda il significato, 
la desiderabilità e le funzioni della partecipazione politica. Per rintracciare 
un minimo comune denominatore di accordo, partendo dal dato 
etimologico, l’individuazione del criterio di identificazione dei fenomeni 
della partecipazione nel suo complesso fa perno sull’effetto pratico ed 
immanente da rintracciare in ciascuna delle forme/manifestazioni della 
partecipazione, “effetto che si risolve nell’inserimento dell’amministrato 
(rectius: dell’interesse dell’amministrato) nell’organizzazione o 
nell’attività dell’amministrazione.”
7
 Genericamente, con partecipazione 
alla Pubblica amministrazione si intende la presenza nella P. A. di soggetti 
non professionisti.  
 
L’e-democracy contraddistingue quei processi che prevedono l’uso 
di strategie e tecnologie dell’informazione e della comunicazione da 
parte degli attori democratici (amministratori, cittadini, associazioni, enti 
pubblici e privati) nell’ambito dei processi politici e di governo di 
comunità locali, nazionali ed internazionali. Essa comprende molteplici 
livelli ed iniziative che nascono per fare della comunicazione istituzionale e 
politica un processo a due vie, così da integrare i processi di formazione 
delle politiche attraverso fasi di ascolto e consultazione con i cittadini, 
supportati dai mezzi telematici. Si può in tal senso considerare la 
democrazia elettronica come il punto di arrivo di un percorso che muove 
dall’e-government per costruire l’e-governance territoriale, ovvero 
migliorare la qualità della convivenza comune passando attraverso 
l’infittirsi, anche per via telematica, dei rapporti tra i soggetti attivi sul 
territorio. I concetti di e-government ed e-democracy (tabella 1.1.) si 
fondono, “perché è proprio all’e-government che spetta la funzione di 
consolidare e rafforzare il metodo democratico, implementando una nuova forma 
di democrazia, e il migliore fondamento della democrazia è la fiducia nelle 
istituzioni e nella loro capacità di erogare servizi rapidi e sicuri a tutti, in piena 
trasparenza e con tutte le garanzie.”
8
 Il nesso così individuato è bene mappato 
nelle parole di Clift Stevens: 
 
                                                 
7
 Tignano, Aldo “Introduzione alla prima sessione dei lavori”, in Manganaro F., Tassone A. R., 
(2002) La partecipazione negli enti locali. Giappichelli, Torino, p. 6 
8
 Tivelli L. (2004) Verso una nuova amministrazione: un passaggio complesso. Fazi editore, 
Roma, p. 29 
           1.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro. 
 5
My working concept of e-governance relates to the preparation 
of government as it reacts to information, technology and 
communications (ICTs) trends on its traditional governance and 
role in society.  It is the climate for governance in an online 
world.  E-democracy builds on e-governance and focuses on the 
actions and innovations enabled by ICTs combined with higher 
levels of democratic motivation and intent.
9
  
 
Altrettanto efficace è la definizione operativa di Christoph Dowe, 
Executive Secretary di po-di.net, che ha il merito di porre in evidenza tre 
momenti chiave dell’e-democracy “as a means for (a) disseminating more 
political information and for (b) enhancing communication and participation, as 
well as hopefully in the long run for (c) the transformation of the political debate 
and the political culture.”
10
 É a queste ultime due estensioni che Peter Kellner 
si riferisce quando presenta la sua “hard e-democracy”, distinguendola 
dalla “soft e-democracy”, laddove la differenza si gioca sull’elemento del 
feedback nel processo di comunicazione attivato. “L’e-democracy – ha detto 
Fleres nel corso del Forum PA 2005 - non è dunque solo uno strumento della 
democrazia, ma uno strumento di forte ampliamento della democrazia stessa. 
L’e-democracy è una nuova filosofia che, senza indebolire il potere politico, 
consente alle Istituzioni di determinare un rapporto aperto tra Pubblica 
Amministrazione e cittadini”.
11
 Così anche De Petra: “il processo di 
partecipazione democratica aumenta la qualità della decisione presa, e le ICT non 
solo rafforzano il rapporto del singolo col processo (attraverso un meccanismo di 
individualizzazione), ma possono anche costituire nuove opportunità di fare 
comunità in rete”.
12
 
  
All’ordine del giorno del dibattito c’è dunque la promozione dell’e-
democracy all’interno di quella che viene definita la società 
dell’informazione. 
E-democracy is at the convergence of traditional democratic 
processes and Internet technology. It refers to how the Internet 
can be used to enhance our democratic processes and provide 
increased opportunities for individuals and communities to 
                                                 
9
 Clift S. (2004) From E-Governance to E-Democracy: Progress in Australia and New Zealand 
toward Information-Age Democracy. 
10
 Dowe C. “Political Communication and Digital Developments: pol-di.net in Germany”, in 
OII, A New Agenda for e-Democracy. Position Papers for an OII Symposium. August 2004, 
p.22 
11
 Salvo Fleres, Vice Presidente Assemblea Regionale Siciliana e Coordinatore Gruppo di 
Lavoro Informazione e Comunicazione Istituzionale della Conferenza dei Presidenti 
dell’Assemblea, dei Consigli Regionali e delle Province Autonome. CRC (2005) E-democracy: 
cittadini più vicini alle istituzioni. 11 maggio 2005. Da World Wide Web: 
< http://www.crcitalia.it/document.aspx?Categoria=4&Documento=4873> 
12
 Giulio De Petra, Responsabile Area Innovazione per Regioni ed Enti Locali CNIPA. ibidem. 
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO? 
 6
interact with government...What e-democracy does best is to 
allow representative institutions to add more participatory 
features that engage citizens between elections.  (Clift Steven) 
L’approccio qui inteso è non sostitutivo rispetto alle forme tradizionali 
della politica, poiché è mirato ad includere sul versante dei cittadini, ed 
innovare le culture organizzative e decisionali (amministrative e di 
governo), da orientare verso l’ascolto dei cittadini e la valorizzazione 
dei loro saperi (esperti o comuni). In questo modo, si affianca ad una 
società complessa la capacità di progettazione sociale, e alla 
differenziazione sociale l’esigenza comunicativa dell’accordo.
13
 Nel 
momento in cui si decide di considerare le forme di partecipazione abilitate 
dall’e-democracy come completamento della rappresentanza democratica, 
si può parlare di veri e propri anticorpi del sistema democratico 
tradizionale, poiché “Se non ci fosse il luogo del Parlamento, che trascina le 
responsabilità a disvelarsi, a rappresentarsi e a discutere, con franchezza, anche 
delle ragioni di Stato ma anche delle modalità con cui si esercitano 
responsabilità, ti saluto anticorpo!”
14
 
Stefano Rodotà (Tecnopolitica, 1997) parla di “innestare forme di 
democrazia diretta sul vecchio tronco della democrazia rappresentativa”,
15
 
affinché le tradizionali istituzioni rappresentative siano rafforzate da 
procedure d’intervento diretto che le rendano più percorribili dai cittadini 
rappresentati (“sistemi di rappresentanza estesa con elementi di 
partecipazione”; “sistema partecipativo con elementi di rappresentanza”). 
Sicché, “Il processo di decisione democratico non può ridursi alla partecipazione 
alle elezioni ogni qualche anno, né ridursi alla risposta immediata a continui 
referendum, ma deve utilizzare la continuità permessa dalle tecnologie online per 
accrescere il coinvolgimento pubblico nel processo politico di deliberazione 
politica. I metodi di coinvolgimento pubblico sono definiti come “deliberative 
when they encourage citizens to scrutinise, discuss and weigh up competing 
values and policy options. Such methods encourage preference formation rather 
than simple preference assertion”
16
. Gli strumenti che l’e-democracy 
                                                 
13
 Ruffolo G. (1988) Potenza e potere. Saggi tascabili Laterza, Bari-Roma 
14
 Stefano Rolando, in FORUM PA (2004) L’avviamento di progetti per lo sviluppo della 
cittadinanza digitale (e-democracy). Tavola rotonda, Fiera di Roma, martedì 11 maggio 2004  
15
 Così anche Arterton (1987): “Technology can make teledemocracy, in the sense of pluralist 
dialogue, possible. In every case where communications media were used to allow citizens to 
interact with public officials, the results were beneficial. The citizens certainly became better 
informed. The number and breadth of those who could be said to be politically active was 
increase... The communications revolution promises citizens more than mere electronic voting... 
Applications of technology in this manner allow incremental modifications of the existing 
political machinery. There is, moreover, great vitality to these existing institutions... The 
developing communication media can improve the functioning of this machinery; 
teledemocracy can refer to the strengthening of these institutions rather than to their 
supplantation.” p. 200    
16
 Coleman – Goetze, op. cit., p. 6  
           1.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro. 
 7
dovrebbe offrire a tutti i cittadini per informarsi, dibattere, proporre e 
controllare sono i seguenti (Rodotà, 1997; Coleman and Gøtze, 2001): 
 
- l’informazione resa disponibile da un accesso che rende possibile 
sia il diritto di   accedere alle informazioni sia di essere informati; 
- la consultazione e l’ascolto dei cittadini attraverso: indagini 
quantitative, focus groups, incontri pubblici, forum, panels, ecc.; 
- strumenti di controllo; 
- la partecipazione attiva che porta a una partnership con il governo 
nel processo di decisione, anche se la responsabilità finale rimane 
nelle mani della pubblica amministrazione; 
- la gestione autonoma di certi tipi di servizi; 
- gli strumenti di vera e propria decisione con modalità innovative 
da inventare.”
17
 
 
L’approccio di studio che discende da queste premesse concettuali e 
terminologiche indica tre aree di analisi, interrelate su uno stesso piano: 
sistemi, processi, contesti. A partire dalla loro disamina si tenterà di 
qualificare l’ambiente comunicativo e delineare la rilevanza di attori, 
assetti strutturali, risorse, regole e condizioni variamente in grado di 
favorire uno svolgimento efficace dei processi di comunicazione nell’ottica 
dell’e-democracy.    
 
 
Tab. 1.1. - Definizioni  
 
  
Government 
 
 
 
Forma di governo. Assetto istituzionale di governo 
 
   
Governing 
 
 
 
Processo, generica attività del governare 
 
 
Governance 
 
 
Risultato particolare del governing. Modello di relazioni 
consolidatosi tra gli attori pubblici e privati che operano in 
un settore o area di policy nel processo decisionale. 
 
Fonte: Giraudi G. e Righettini M. S., 2001. 
                                                 
17
 Grandi R. (2002) ”Derecho a la informacion y derechos ciudadanos en la era digital”, in Vidal 
Beneyto, Jose (a cura di) La ventana global. Santillana Ediciones Generales, Madrid, 2002, pp. 
209-230
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO? 
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1.2. L’evoluzione storico-filosofica del concetto di democrazia 
(diretta e indiretta). Rassegna dei contributi teorici sul tema 
del cittadino partecipe alle scelte politico-amministrative. 
 
  
I percorsi lungo cui si sviluppa il dibattito sull’e-democracy sono: il 
dibattito teorico sul rapporto governanti-cittadini che passa attraverso la 
riforma della P.A.; il processo di sviluppo delle tecnologie mediali di 
comunicazione utilizzate nell’ambito della comunicazione politica e 
pubblica.  
In base al percorso concettuale tracciato da Fleres, secondo il quale 
“Quella “e” prima della parola “democracy” significa soltanto che si utilizza un 
sistema, uno strumento, un mezzo che consente lo sviluppo della democrazia 
attraverso meccanismi tecnologici adeguati, tempestivi, di immediata 
utilizzazione che consentono risposte altrettanto immediate, ma il tema resta 
sempre lo stesso, cioè quello della democrazia, dell’esigenza di costruire 
momenti di partecipazione democratica”
18
, per parlare di e-democracy si 
devono affrontare proprio le ragioni della politica rispetto all’introduzione 
di sistemi di e-democracy, che sono sistemi di democrazia. 
Al fine di verificare se e in che modo l’e-democracy sia un processo 
conveniente (e per chi), sarà allora opportuno fare una momentanea 
regressione per effettuare una panoramica archeologica delle principali 
teorie democratiche che si sono occupate dell’eccellenza (il 
buongoverno) ed opportunità (consenso o legittimazione) di alcune 
forme di governo piuttosto che altre. In particolare, da Platone a Sartori 
passando per Toqueville, Burke
19
, Habermas, Lippmann e Schumpeter, lo 
snodo dell’intenso esercizio intellettuale è ubicato tra democrazia diretta e 
democrazia rappresentativa.  
                                                 
18
 SALVO FLERES, Vice Presidente Assemblea regionale Siciliana — Coordinatore gruppo di 
lavoro “Informazione e comunicazione istituzionale” Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea, 
dei Consigli regionali e delle Province autonome. In FORUM PA (2004) op. cit. 
19
 Nel suo famoso “Discorso agli elettori di Bristol”, Edmund Burke, il celebre filosofo e 
politico del XVIII secolo, pose le basi delle argomentazioni divenute classiche in favore del 
governo rappresentativo invece che diretto: “If government were a matter of will upon any side, 
yours, without question, ought to be superior. But government and legislation are matters of 
reason and judgment, and not of inclination; and what sort of reason is that in which the 
determination precedes the discussion; in which one set of men deliberate and another decide; 
and where those who form the conclusion are perhaps 300 miles distant from those who hear the 
arguments? To deliver an opinion is the right of all men; that of constituents is a weighty and 
respectable opinion, which a representative ought always to rejoice to hear; and which he ought 
always most seriously to consider. But authoritative instructions; mandates issued, which the 
member is bound blindly and implicitly to obey, to vote, and to argue for, though contrary to the 
clearest conviction of his judgment and conscience, - these are things utterly unknown to the 
laws of this land and which arise from a fundamental mistake of the whole order and tenor of 
our constitution.” (Fishkin J. S., 1995) 
           1.2. L’evoluzione storico-filosofica del concetto di democrazia (diretta e indiretta). 
 9
 
L’idea di democrazia è stata elaborata nel corso della storia lungo 
linee assai diverse da quella indicata dalla polis ateniese, in cui essa non era 
concepita come un sistema inteso ad assicurare ai cittadini il massimo 
grado di autogoverno, bensì come un meccanismo volto a garantire ai 
governanti un certo grado di legittimazione agli occhi dei governati. La 
scala geografica e l’ampiezza dei popoli e delle cittadinanze hanno 
complicato le cose. Concordiamo con Thompson sull’ovvietà dell’adesione 
ed approvazione spontanea verso un modello di democrazia diretta e 
partecipata “in cui le persone discutano attivamente di tutte le questioni che 
influiscono sulla loro vita, in cui chiunque sia interessato a un certo tema abbia il  
diritto di esprimere la propria opinione, e le decisioni siano basate sul consenso 
(o persino sull’esplicito accordo) di tutti i coinvolti.”
20
 Tuttavia, in 
considerazione della complessità delle società moderne, c’è chi ha 
esplorato altre possibilità, ricavandone intuizioni e modelli preziosi. 
Rousseau, nel Discorso sull’ineguaglianza, per quanto favorevole alla 
sovranità popolare effettiva, si pronuncia categoricamente contro la parola 
indecente del ‘loquitor hic, loquitor ille’: “è contro le leggi di natura, 
comunque si vogliano definire, che un imbecille conduca un uomo saggio”.   
Ralph Dahrendorf elenca tre punti in grado di assicurare la 
democraticità di un sistema: dopo la possibilità di produrre cambiamenti 
senza violenza, e l’esistenza di checks and balance per controllare il potere, 
vi è la presenza di mezzi per dare voce a tutti i cittadini nell’esercizio del 
potere. Tuttavia, ci mette in guardia dagli eccessi di scelta paralizzanti e 
frustranti del “cittadino totale”.  
Luhman rileva l’obsolescenza del modello di potere come sistema 
chiuso weberiano che tenta di spezzare il circolo (sovraccarico di domande 
----- crisi delle risorse disponibili ----- ingovernabilità) inserendovi la 
prevedibilità, la selezione e il controllo. 
Sartori separa e contrappone democrazia diretta e democrazia 
indiretta, l’una quale partecipazione, l’altra quale rappresentanza. E si 
spinge oltre, cercando l’equivalenza tra la prima e l’autogoverno, ossia la 
partecipazione al potere
21
 che getta l’individuo in balìa della collettività, 
poiché l’unica garanzia del cittadino in democrazia diretta è la sua 
partecipazione al governo, l’obbligo a prendere parte al potere collettivo 
(l’autodelazione di massa di cui parla Paul Virilio (1977): “contro il rischio 
                                                 
20
 Thompson J. B. (1998) Mezzi di comunicazione e modernità. Il Mulino, Bologna, p.351 
21
 “Se l’attuale democrazia non soddisfa ancora le esigenze dell’idealità democratica, è molto 
probabilmente perché gli uomini non vivono all’altezza dei propri ideali; e certo anche perché 
non si può costringere all’iniziativa il gran numero di coloro che trovano più facile e più 
riposante restare a rimorchio...il fatto è che l’elevamento del livello medio di cultura non ha 
reso attivo chi è inerte, e la grandissima maggioranza resta passiva non perché non sappia 
leggere, ma perché legge di altre cose, non tanto perché non sia in condizione di sapere di 
politica, ma perché se ne disinteressa.” Sartori G., Democrazia e definizioni. 1957, p.74.  
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO? 
 10
di sparire, ognuno deve farsi presente in prima persona, rendersi 
riconoscibile agli occhi del potere. Altrimenti non esiste”). Il giudizio di 
valore che Sartori dà sulla presunta massimizzazione dell’ideale 
partecipazionista veicolato dall’informatica tratteggia una democrazia 
come “arte di costringere il popolo a decidere su ciò che non capisce.”   
 Carl Schmitt scrive a proposito della democrazia diretta nella sua 
forma deteriore (quella che mette il singolo in contatto con il potere 
immediatamente, in una relazione verticale) che “non vi sarebbe nessuna 
pubblica opinione, giacché l’opinione così concorde di milioni di privati 
non dà nessuna pubblica opinione, il risultato è solo la somma di tutte le 
volontà individuali”
22
: volonté de tous invece che volonté générale. 
 Samuel P. Huntington ritiene che la partecipazione sia una delle cause 
immediate della crisi ed ingovernabilità delle democrazie, considerando 
quindi auspicabile una certo grado di apatia e di non coinvolgimento del 
popolo ai fini di un funzionamento efficiente dei sistemi politici 
democratici.
23
 
 J. A. Schumpeter ci richiama alla realtà della caduta di rendimento del 
singolo oltre i confini del proprio settore di competenza e specializzazione, 
poiché “non v’è riscontro che nessuno può essere più di se stesso migliore 
giudice dei suoi propri interessi, vista la complessità sociale e l’inevitabile 
unilateralità e scarsa informazione del cittadino.”
24
  
 A livello di senso comune politicizzato, vi è poi l’elitismo morettiano 
di quanti si sentono a loro agio nelle minoranze, perché, concordando con 
Søren Kierkegaard, “Truth always rests with the minority, and the minority is 
always stronger than the majority, because the minority is generally formed by 
those who really have an opinion, while the strength of a majority is illusory, 
formed by the gangs who have no opinion - and who, therefore, in the next 
instant (when it is evident that the minority is the stronger) assumes its opinion, 
which then becomes that of the majority, i.e., becomes nonsense...while truth 
again reverts to a new minority.” 
 
 Dopo aver attraversato la storia del pensiero occidentale lungo il fil 
rouge della democrazia, trasferiamoci sul piano storico, per uno sguardo 
attento alle vicende storiche attraverso cui si è, di volta in volta, declinato 
l’uno o l’altro approccio teorico. Alessandro Pizzorno
25
 ricostruisce 
sinteticamente le tre tappe dello sviluppo dei modi di costruzione della 
                                                 
22
 Schmitt C. (1928) Verfassungslehr. Berlin 
23
 Huntington S. P. (1975) p. 14. Da Svensson Palle (1986), “La teoria democratica e la 
partecipazione politica: alcune note sulla funzione educativa della partecipazione politica“, in 
Transizione, n. 7/86, pp. 77-94 
24
 In Chiocchi A. (1997) Lo sguardo offuscato. 
25
 Pizzorno A. “La dispersione dei poteri”, intervento tenuto nell’ambito del Seminario di studi 
sull’Europa della Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco, Atti del Convegno Internazionale 
“Sfera pubblica e Costituzione europea”. Roma, 15-16 dicembre 2000.   
           1.2. L’evoluzione storico-filosofica del concetto di democrazia (diretta e indiretta). 
 11
sovranità popolare, all’indomani del fallimento delle forme di 
nazionalizzazione della società, che ricercavano una soluzione ai problemi 
della sua identificazione (chi era il popolo?), interpretazione (chi e come 
poteva agevolarne l’espressione?) e consenso (come fare ubbidire il popolo 
sovrano alle decisioni del corpo politico, anche nell’eventuale dissenso 
ideologico sui contenuti?). Altre forme istituzionali, assumendo che il 
sovrano fosse ben costituito e definito, si preoccuparono di dar voce alla 
sua volontà, in altre parole ad organizzarne la rappresentanza; si tratta, per 
l’appunto, delle istituzioni della rappresentanza, le quali prestano la voce 
al sovrano per risolvere le questioni dell’interpretazione e del consenso. 
Siamo così alla prima tappa della ‘partecipazione mediata’ del popolo alle 
decisioni che lo riguardano. L’evoluzione della rappresentanza ha seguito e 
anticipato, di volta in volta, la complessificazione della società e le 
preoccupazioni poste dal principio di generalità dello Stato: passando per 
l’abolizione del mandato obbligatorio e l’affermazione costituzionale del 
diritto/dovere del rappresentante di portare in parlamento non le domande 
dei suoi rappresentati, bensì la propria interpretazione del bene comune, 
fino alla posizione minimalista del voto come unico momento di 
espressione diretta della voce del popolo. Pizzorno porta in superficie un 
elemento significativo nelle premesse che hanno portato all’affermazione 
del principio della “coscienza unico giudice del rappresentante”; secondo 
l’autore, bisogna risalire ad “un solido fondamento pre-politico nel 
rapporto di deferenza sociale che legava l’elettore al suo rappresentante. 
Gli eletti erano dei signori che portavano in pubblico il loro popolo, in tal 
modo imprestandogli una ben filtrata voce.”
26
  La delega si riferisce così ad 
una deferenza fondata sul sentimento di inferiorità sociale di classe. 
Con questa prima tappa si giunge ad un mutamento radicale nella struttura 
funzionale del Parlamento, che è sempre meno il luogo dove “aprire al 
popolo”, “to throw the light of publicity on governmental acts”, il 
“committee of grievances” della nazione, di cui parlava John Stuart Mill 
nel 1840.  
 
Il parlamento non è più neppur nella finzione il luogo dove si 
forma l’interpretazione del bene comune dopo deliberazione 
aperta, bensì il luogo dove si arriva con idee già formate e 
dichiarate nella richiesta di fiducia all’elettore. E che non si è 
pronti ad abbandonare se si viene convinti che ce ne possono 
essere di migliori. Anzi, queste idee ci si deve impegnare a 
sostenerle fino al voto, per dimostrare così la fedeltà all’elettore o 
al partito.
27
  
 
                                                 
26
 ibidem. P. 6 
27
 ibidem, p. 7 
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO? 
 12
A consolidare questa svolta è la seconda tappa, con la nascita dei partiti 
ideologici organizzati. Si moltiplicano le sedi al di fuori del Parlamento 
dove si svolge il dibattito per la formazione delle interpretazioni della 
volontà collettiva. La deferenza alla base della rappresentanza muta ancora 
la sua natura, privilegiando i termini di superiorità intellettuale, abilità di 
riconoscere il bene comune, guida nella scelta del cammino per realizzarlo. 
La crescente professionalizzazione della classe politica introduce elementi 
nuovi ed interessi propriamente politici, quali le tecniche di rafforzamento 
del potere politico rispetto agli altri poteri che agiscono sul corpo sociale, e 
le strategie di controllo delle rivendicazioni popolari provenienti dalle parti 
sociali potenzialmente ostili, dissenzienti o semplicemente disomogenee 
rispetto alla maggioranza di cui il governo è espressione oligarchica.  
La terza tappa ha inizio con il racconto del declino dei partiti politici 
organizzati, il cui sottotitolo potrebbe essere “L’illusione del Palazzo 
d’inverno. Fine della speranza politica”, riferito al tempo in cui “i governi 
nazionali erano ancora visti come possibili agenti di trasformazione della 
società.” Se si resta sul generico giornalistico, le tendenze in atto fanno 
registrare la caduta dell’interesse, della partecipazione politica e della 
fiducia nelle istituzioni. Se invece si desidera approfondire la questione, 
secondo Pizzorno vi sono indicatori di segno inverso che illustrano un 
mutamento di segno dei partiti, con maggiori disponibilità finanziarie e di 
personale pagato, una rafforzata struttura organizzativa e gerarchica. 
 
Non più agenti di socializzazione della popolazione alla politica, 
formatori di cultura politica, informatori e mediatori attivi tra la 
popolazione e il governo del Paese; diventano piuttosto 
componenti della struttura di autorità dello Stato.
28
 
 
La conclusione di questa lunga storia per cenni è che “solo ritualmente oggi 
nel regime democratico liberale si può collocare nel Parlamento e nelle 
istituzioni rappresentative, e quindi nel “popolo” di fronte al quale essi si 
considerano responsabili, la sede della sovranità.”
29
  
  
 Si tratterà, allora, di cercare una soluzione per ricostruire il sovrano 
nelle mutate condizioni sociali delle complesse società attuali, poliformi e 
policentriche, ma sempre desiderose di far sentire la propria voce.  
 
                                                 
28
 ibidem, p. 14 
29
 ibidem 
           1.2.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro.  
 13
1.2.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto 
d’incontro. 
 
 
 Democrazia diretta o indiretta? È un dilemma quanto mai attuale a 
giudicare dal revival inaugurato dal progressivo e inarrestabile disincanto 
popolare nei confronti della tradizionale sacralità dell’agire politico: 
A recent OECD report entitled “Citizens as Partners”, concludes 
that: “...democratic governments are under pressure to adopt a 
new approach to policy-making ... one which places greater 
emphasis on citizen involvement both upstream and downstream 
to decision-making. It requires governments to provide ample 
opportunity for information, consultation and participation by 
citizens in developing policy options prior to decision-making 
and to give reasons for their policy choices once a decision has 
been taken”.
30
  
Quale rimedio al declino dell’ideale democratico? Il problema è meno 
grave: una questione di modelli, piuttosto che di sostanza. La crisi del 
sistema politico, secondo Grandi (in Bentivegna S., Comunicare politica 
nel sistema mediale, 1996), è crisi dei modelli interpretativi degli 
accadimenti, e quindi di impotenza nel proporre e produrre soluzioni. 
Difetta la proposta di “provvedimenti semiotici di re-interpretazione” (G. 
Ferraro in Bentivegna 1996), la quale rivela una crisi di produttività 
interna, di autonomia nel sistema di reclutamento (di esperienze, 
sensibilità, persone), di visibilità e di gestione nella società. In breve, è una 
“crisi di transazione tra i mondi vitali e il sistema socio-politico” (Achille 
Ardigò, 1982)
31
; transazione, questa, che costituisce la base della società 
civile gramsciana, perciò esiste in articolazione – e non in opposizione – 
con lo Stato, attraverso la formazione di una sfera pubblica condivisa. 
 
Stando così i termini della questione, a rischio (non giustificato) di 
fare (cattiva) compagnia a terzisti e cerchiobottisti, si avanza una proposta 
dal sapore di “terza via”: una democrazia deliberativa procedurale, che 
accontenti i preoccupati rappresentanti interpreti della volontà popolare e, 
allo stesso tempo, anche i solerti cittadini attivamente coinvolti 
nell’influenzare le politiche pubbliche. Si eviterà così di dare un seguito ed 
un nuovo attante aiutante (l’ICT) al filone della letteratura politologica 
                                                 
30
 Coleman S. – Gøtze J. (2003) Bowling Together: Online Public Engagement in Policy 
Deliberation. Hansard Society, London 
31
 Ardigò A. e Donati P. (1982) Politica sociale e perdita del centro. Angeli, Milano  
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO? 
 14
harmony
32
, dove c’è la bella (la democrazia), il suo infelice innamorato (il 
popolo italiano) ed il malvagio che li ostacola (il sistema partitocratico e i 
politici in genere). 
In agreement with republicanism, it (n.d.r.: la democrazia 
deliberativa) gives center stage to the process of political 
opinion- and will-formation...the formation of the citizen's 
opinion and will forms the medium through which society 
constitutes itself as a political whole. (Habermas J., 1996, pp. 26-
27) 
Per democrazia deliberativa intendo una concezione della 
democrazia che tratti tutti gli individui come agenti autonomi, 
capaci di formarsi giudizi meditati attraverso l’assimilazione di 
informazioni e di punti di vista diversi, e che istituzionalizzi una 
serie di meccanismi attraverso i quali incorporare le valutazioni 
dei singoli in processi decisionali collettivi. (Thompson J. B., 
1998, p. 353)  
Non si tratta di dar corpo all’idea che preoccupava anche José Ortega 
y Gasset già nel lontano 1929: “Adesso la massa ritiene d’avere il diritto 
d’imporre e dar vigore di legge ai suoi luoghi comuni da caffè.” Ciò che 
conta è allargare e istituzionalizzare i processi di confronto e consultazione 
ed inserire i risultati così prodotti nelle procedure decisionali. Insomma, 
una democrazia continua, non diretta ma neanche delegata, che consenta a 
politici ed amministratori il “recruitment of experience and expertise”
33
  
(Coleman e Normann, 2000), offrendo ai rappresentanti la chance di 
rafforzare i processi rappresentativi, avviare processi di democratizzazione 
in ambiti che superano la sfera della politica istituzionale, recuperare il 
contatto con i cittadini e rispondere tempestivamente ai cambiamenti che 
influiscono sulla loro esistenza. Con in più una rassicurazione, che Kant 
definisce “l’uso pubblico del pensiero a garanzia della sua correttezza, 
come il pubblico dei lettori per il letterato”. In altre parole, l’intelligenza 
interconnettiva della rete, “dove il sapere si genera e si propaga per 
contaminazione, non più per separazione. Oggi è ormai impossibile separare  le 
intelligenze le une dalle altre, occorre farle lavorare assieme, senza per questo 
rinunciare alla singolarità delle intelligenze individuali”
34
  
                                                 
32
 Luciani M. a cura di (1994) La democrazia alla fine del secolo. Laterza, Bari-Roma, p. VII 
33
 In the forward of the Community Engagement Division's Direction Statement, Premier Bettie 
states,  "Strengthening relations with citizens is a sound investment in better policy-making by 
allowing government to tap new sources of relevant ideas, information and resources when 
making decisions."  In Clift Steven From E-Governance to E-Democracy: Progress in Australia 
and New Zealand toward Information-Age Democracy. 
34
 “Conversazione con Derrik De Kerckhove” di Michele Mezza, 03 maggio 2005. Da World 
Wide Web: < http://www.articolo21.info/notizia.php?id=1950>  
           1.2.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro.  
 15
L’intuizione di Rodotà, che ha scelto per questa nuova democrazia 
l’aggettivazione ‘continua’, mette in evidenza innanzitutto la concezione 
della partecipazione democratica come un processo, vale a dire un modello 
di partecipazione che si sviluppa nel tempo, che non ha soluzioni di 
continuità, anche se ha delle tappe importanti che sono scandite dalla 
conclusione dei processi decisionali...; mette in evidenza come questo ciclo 
di vita sostanzialmente non si chiude, è un processo spiraliforme, per cui 
dalla definizione di un problema si arriva poi alla definizione delle scelte, 
delle opzioni preferite, fino alla fase di valutazione e poi anche alla 
produzione di nuove politiche. “Per cui, quando si parla di democrazia 
continua, così come quando si parla di partecipazione come di un processo di 
definizione e poi attuazione delle politiche, si fa riferimento a questa continuità 
dei processi che sottostanno alla dinamica democratica. E’ proprio in questo 
senso che non ha pertinenza opporre questo tipo di concezione della 
partecipazione al concetto di democrazia rappresentativa. In realtà la democrazia 
di tipo deliberativo, di tipo partecipativo è invece una forma che integra e 
rafforza la democrazia rappresentativa in una fase in cui tra l’altro, la democrazia 
rappresentativa vede entrare in affanno le sue istituzioni tradizionali. In questa 
fase dove sostanzialmente cresce l’area delle relazioni fra attori istituzionali e 
attori privati — quando si parla di e-governance si parla di questo tipo di processi 
politici, che in qualche modo sono paralleli a quelli che si svolgono nelle sedi 
strettamente istituzionali — la partecipazione dei cittadini, politiche attive per 
stimolare la partecipazione dei cittadini sono fondamentali, proprio per 
mantenere e rafforzare la legittimità, il consenso e anche la capacità, l’efficacia 
delle istituzioni politiche.”
35
 
 
Il paradigma è esplicitamente qualitativo
36
 à la Montesquieu; l’accento 
si sposta sui processi di formazione delle decisioni, sulla democrazia 
dell’uso dei poteri attraverso il vincolo e l’orientamento del carattere 
pubblico dell’azione di governo: come è detenuto e gestito il potere? 
Ritroviamo qui le due concezioni di cittadinanza attiva che, secondo 
Crouch, rappresentano le energie creative della democrazia: “È cittadinanza 
attiva nell’accezione positiva quando gruppi e organizzazioni di persone 
sviluppano insieme identità collettive, ne percepiscono gli interessi e formulano 
autonomamente richieste basate su di esse che poi girano al sistema politico. È 
attivismo nell’accezione negativa, protesta, accusa, quando lo scopo principale 
della discussione politica è vedere i politici chiamati a render conto, messi alla 
gogna e sottoposti a un esame ravvicinato della loro integrità pubblica e 
privata.”
37
 In questa prospettiva si deve tener conto che il cittadino, essendo 
titolare di diritti e doveri nei confronti dell’Amministrazione, è: 
                                                 
35
 Anna Carola Freschi, Docente all’Università di Firenze. FORUM PA (2004), op. cit. 
36
 Il polo opposto è quello del paradigma quantitativo aristotelico: chi detiene e gestisce il 
potere? A questa domanda, però, andrebbe aggiunta informazione specifica circa il grado e 
l’ambito di distribuzione e padronanza dell’ars politica. 
37
 Crouch Colin (2004) Postdemocrazia. Laterza. Bari-Roma, p.18