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INTRODUZIONE 
 
      La presente tesi si divide in due sezioni: una prima parte teorica in cui sono 
descritti i presupposti teorici alla base delle ipotesi formulate nella ricerca (cap. 1 e 
2) e una seconda parte dell’elaborato dedicata alla ricerca svolta, in cui sono 
presentati lo scopo, le ipotesi proposte, lo strumento d’indagine utilizzato, l’analisi 
dei dati emersi e, infine, la discussione dei risultati (cap. 3, 4  e 5).  
      Il 1° capitolo è dedicato alla descrizione del desiderio sessuale, secondo una 
prospettiva biopsicosociale, che in maniera opposta alla visione delle sole 
determinanti biologiche o socioculturali, concettualizza la sessualità umana come 
un’interazione di diversi fattori, in cui le caratteristiche della persona e della rete 
sociale influenzano l’espressione sessuale. Secondo questa prospettiva il desiderio 
sessuale è costituito da 3 componenti, che non sempre siamo in grado di discernere: 
un elemento biologico (sex drive), legato solo agli aspetti biologici; un elemento 
psicologico (sex motive), legato al bisogno affettivo di relazione e influenzato da stati 
mentali, interpersonali e di contesto sociale; un elemento culturale (sex wish), 
associato a processi cognitivi e a fattori ideologici, quali valori, significati, norme, 
ruoli appresi e credenze circa l'espressione sessuale, che sono apprese durante 
l'infanzia (Levine, 2003).  
In seguito è descritto anche il “ciclo di risposta sessuale” elaborato da Master e 
Johnson (1966) e Kaplan (1974; 1979) che permise di interpretare la risposta 
sessuale come una sequenza lineare di diverse fasi e non come evento unico. 
Recentemente rivisto da Rosemary Basson (2000), il ciclo di risposta sessuale è stato 
considerato come un modello circolare della sessualità femminile in cui le fasi non 
seguono una semplice sequenza, ma sono considerate una parte dell'altra prendendo 
le distanze dalla visione lineare della sessualità, basata su uno schema tipicamente 
maschile. Le due fasi del ciclo di risposta sessuale, quali desiderio ed eccitazione 
sessuale, sono stati pensati come due ― finestre‖ all’interno dell’attivazione sessuale,
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di cui una focalizzata sulla componente motivazionale (desiderio) e l’altra sulla 
componente attivazionale (eccitazione) (Bancroft, Graham, Janssen e Sanders, 2009). 
Infine, è proposto il Modello del Duplice Controllo (Bancroft, 1999; Bancroft e 
Janssen, 2000) basato sull’interazione all’interno del Sistema Nervoso Centrale 
(SNC) di due sistemi neurofisiologici: il sistema eccitatorio deputato all’attivazione e 
il sistema inibitorio designato alla soppressione della risposta sessuale Dal 
bilanciamento tra questi meccanismi scaturirebbe la risposta sessuale, con la sua 
qualità eccitante o inibente. Il modello portò alla costruzione del Sexual Inhibition 
and Sexual Excitation Scales (SIS/SES; Janssen, Vorst, Finn, e Bancroft, 2002a; 
2002b), inizialmente utilizzato per indagare il comportamento sessuale dell’uomo, e 
solo dopo anche per lo studio del comportamento sessuale femminile. Tuttavia, 
limitandosi ad adattare al femminile il SIS/SES originariamente sviluppato per gli 
uomini si sarebbero persi alcuni aspetti importanti dell’esperienza sessuale femminile 
o si sarebbe enfatizzata la risposta genitale che le donne trovano poco rilevante o 
insignificante. Graham, Sanders, Milhausen, e McBride (2004) diedero avvio a un 
nuovo lavoro per lo sviluppo di uno strumento di misura, il Sexual Excitation/Sexual 
Inhibition Inventory for Women (SESII-W), progettato esclusivamente per l’uso nelle 
donne. Per la costruzione del questionario Graham e coll. (2004) utilizzarono come 
strumento di raccolta dati i focus group con le donne, per ascoltare direttamente dalle 
partecipanti quali fossero i fattori che influenzavano (aumentando o inibendo) la loro 
eccitazione sessuale. I dati raccolti permisero di individuare quali fattori, secondo le 
donne considerate, facilitano o inibiscono la loro eccitazione sessuale, favorendo 
l’individuazione degli item per la costruzione del questionario.  
      Il 2° capitolo è dedicato interamente all’esposizione della teoria della ― plasticità 
erotica femminile‖ elaborata da Baumeister (2000), in cui si propone un 
compromesso fra l’approccio essenzialista e l’approccio del costruzionismo sociale, 
affermando che sia la cultura che la natura giocano un ruolo importante nella donna e 
nell’uomo, ma con un bilancio differente. La donna, quindi, sarebbe caratterizzata da 
una maggiore plasticità erotica rispetto all’uomo. Con il termine ― plasticità erotica‖ 
l’autore si riferisce al grado in cui l’impulso sessuale di un individuo può essere
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modellato e alterato da fattori sociali e culturali, da forme di socializzazione e 
pressioni situazionali. Un’elevata plasticità erotica comporta l’essere soggetti alle 
influenze riguardanti le scelte sul tipo di partner e attività sessuali che l’individuo 
deve desiderare e trovare piacevoli (Baumeister, 2000). L’autore individua tre prove 
a sostegno di tale tesi: (1) la variabilità intraindividuale della donna nel corso della 
vita (2) il maggiore impatto dei fattori socioculturali sulla donna e (3) l’incoerenza 
tra comportamenti e atteggiamenti sessuali.  
      Nel  3° capitolo è esposta l’intera ricerca effettuata utilizzando la procedura dei 
focus group (Graham e coll., 2004), per raccogliere informazioni sui fattori che 
possono aumentare o inibire l’eccitazione sessuale femminile, con l’obiettivo di 
costruire un nuovo strumento che fosse progettato esclusivamente per le donne 
italiane, con item più vicini alla cultura e alla lingua italiana. Nello specifico, il 
presente lavoro è stato rivolto a un campione di donne più ristretto, residenti 
nell’Italia meridionale, per evidenziare nuove differenze all’interno del campione 
italiano, che ci permettessero di costruire un questionario il più possibile valido e 
affidabile.  
      Nei capitoli 4 e 5 saranno discusse le informazioni emerse attraverso gli incontri 
di gruppo, relativamente al desiderio sessuale, all’eccitazione sessuale e ai maggiori 
fattori in grado di influenzarla, favorendo o inibendo, nominati dalle partecipanti nel 
corso degli incontri.
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PARTE PRIMA
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CAPITOLO PRIMO 
 
IL DESIDERIO SESSUALE FEMMINILE 
 
 
1.1. Sessualità umana: il desiderio sessuale femminile 
       
        Uno dei primi psicologi sociali a interessarsi al concetto di “desiderio” inteso in 
termini generali fu Fritz Heider (1958), che l’ha definito come uno stato 
motivazionale che nasce dall’interno della persona e rappresenta ciò che si ― desidera‖ 
o ― vuole‖. Si tratta di una condizione soggettiva, psicologica, non necessariamente 
riflessa dall’azione e quindi non sempre inferibile dal comportamento dell’individuo. 
Infine Heider (1958) sostiene che il desiderio implica una certa distanza tra 
l’individuo e l’oggetto desiderato e l’appagamento del desiderio è sempre collegato 
al piacere, considerato elemento fondamentale del desiderio. 
        In linea con questi primi studi la definizione utilizzata per il ― desiderio‖ in 
generale può essere riportata anche nel caso del desiderio sessuale, anche se riuscire 
a darne una definizione univoca è particolarmente difficile, poiché in letteratura, sia 
empirica che teorica, è presente un’elevata varietà di definizioni e spesso il desiderio 
sessuale è confuso o considerato equivalente ad altri aspetti della sessualità umana. 
Anche a livello semantico è possibile individuare due dimensioni cardinali: il 
bisogno sessuale come sensazione fisica istintiva e il desiderio sessuale come 
significato e come messaggio anche relazionale. È su questo doppio registro che si 
sviluppa la dialettica tra “sesso” come soddisfacimento di un bisogno pulsionale e 
“erotismo” come risultato della cultura ed eventuale differimento del bisogno. Da 
questa doppia lettura dipendono anche le implicazioni esistenziali del desiderio. Il 
bisogno sessuale ha, generalmente, una valenza omeostatica: il suo significato è 
associato a quello di mancanza e indica una necessità di appagamento nel tentativo di 
ristabilire l’equilibrio biologico sessuale. Il desiderio sessuale ha invece spesso una 
valenza antiomeostatica volta, consciamente o inconsciamente, alla rottura,
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temporanea o definitiva, degli equilibri esistenziali precedenti (Graziottin, 1998). 
Allo stesso modo, le teorie esplicative del desiderio sessuale vanno da modelli 
puramente dinamici ad altri che enfatizzano i fattori biologici e nel corso degli anni 
sono venuti a tracciarsi scenari anche molto vari ed eterogenei, a seconda della 
scuola di riferimento, tant'è che sono state formulate in proposito teorie tanto distanti 
tra loro da essere talvolta incompatibili.  
        Il primo e più comune quadro sul desiderio sessuale utilizza un modello 
biomedico attraverso una “visione motivazionale” del desiderio sessuale, mentre il 
secondo quadro utilizza un modello psicologico attraverso una ― visione relazionale”.  
La ― visione motivazionale‖ enfatizza la natura intra-individuale del desiderio 
sessuale sostenendo si tratti di una forza motivazionale innata (bisogno, motivazione 
sessuale, istinto), cioè una forza derivante dall’interno del corpo, il quale produce un 
soggettivo stato di desiderio sessuale che spinge la persona a ricercare o diventare 
ricettivo alle esperienze sessuali. Secondo la maggior parte degli autori che si rifanno 
a tale quadro, quindi, il desiderio sessuale può essere considerato come una forza 
psicologica che parte dal bisogno biologico e che spinge la persona a mettere in atto 
un comportamento sessuale. Leiblum (2002) definisce il desiderio sessuale come un 
insieme di fantasie spontanee, pensieri sessuali e di una sollecitazione biologica che 
crea un bisogno di autostimolarsi o iniziare un’attività sessuale con un partner. In 
realtà, i comportamenti motivati da queste risposte spontanee sono più comuni, in 
media, nell’uomo piuttosto che nella donna (Baumeister, Catanese e Vohs, 2001; 
Vohs, Catanese e Baumeister, 2004) e il desiderio della donna può essere forte tanto 
quanto quello dell’uomo quando è adeguatamente eccitata (Tolman e Diamond, 
2001). Questa differenza di genere è più forte quando si consideri il desiderio per 
attività sessuali autoerotiche, come la masturbazione, o il desiderio per rapporti 
sessuali con un partner nuovo o sconosciuto (Oliver e Hyde, 1993). Kaplan (1979) 
definisce il desiderio sessuale ― come una spinta (drive) che serve alla funzione 
biologica di sopravvivenza della specie” (p.78). Secondo questa prospettiva il 
desiderio sessuale è prodotto dall’attivazione di uno specifico sistema neurale nel 
cervello e da meccanismi biochimici (Kaplan, 1974; 1979). Bancroft (1988)
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paragona il desiderio sessuale a uno stato soggettivo simile alla fame, che porta la 
persona a cercare e ottenere la gratificazione sessuale. Questo ― appetito per il sesso‖ 
è visto come una complessa interazione tra processi cognitivi, meccanismi 
neurofisiologici, biologici e stato d’animo. Altre ricerche hanno scelto di definire il 
desiderio sessuale, non solo come forza biologica, ma anche come esperienza 
cognitiva o emozionale originata all'interno del individuo (Verhulst e Heiman, 1979; 
Everaerd, 1988). Secondo questa visione il desiderio sessuale può essere considerato 
come la componente cognitiva dell’eccitazione sessuale, cioè come consapevolezza 
mentale, spiegando così il loro stretto legame (Everaerd e Both, 2001). 
In opposizione, la “visione relazionale” enfatizza gli aspetti relazionali e 
interpersonali, concettualizzando il desiderio sessuale come un fattore all’interno di 
un più largo contesto. I ricercatori che si rifanno a questo quadro considerano il 
desiderio sessuale come un “fenomeno‖ generato dall’esterno, da stimoli collocati 
nell’oggetto del desiderio. Il desiderio, quindi, è collocato nel partner piuttosto che 
nel bisogno derivante nel desiderio individuale, giacché esso è una sensazione di 
essere attratto dall’altro (Verhulst e Heiman, 1979). L’obiettivo non è di respingere 
una delle due visioni, ma piuttosto vi è la necessità di accettare i limiti di entrambi gli 
approcci, cercando di integrarli all’interno di un unico modello. La sessualità delle 
donne è, infatti, multifattoriale: dipende da fattori biologici, psicosessuali e correlati 
al contesto, inteso sia come coppia, sia come ambiente socioculturale (Basson, 2003; 
Levine, 2002; 2003).  
 
      Una successiva distinzione del desiderio sessuale è compiuta da Regan e 
Berscheid (1999) le quali spalmano il desiderio sessuale lungo due dimensioni: 
 Una ― dimensione quantitativa‖ che fa riferimento all’intensità e alla 
frequenza del desiderio sessuale. Levine (1987) afferma che il desiderio 
sessuale, nel corso della vita, si modifica lungo un continuum che passa da 
intensamente positivo a intensamente negativo passando per un punto medio 
neutro. Nella gamma positiva le persone percepiscono il desiderio nel loro 
corpo e sono spinte a ricercare il sesso; nello stato neutro le persone si
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concedono a comportamenti sessuali solo per l’interesse dell’altra persona, 
mostrandosi ― recettive al sesso‖; nella gamma negativa mettono in atto 
comportamenti evitanti il sesso. Le persone anziane, in cui il desiderio 
diventa meno intenso e frequente, risiedono circa nella parte negativa del 
continuum e tale declino attraverso il ciclo di vita è in origine biologico, ma 
le cause più potenti sono di tipo psicologico e interpersonale (Levine, 2003); 
 Una “dimensione qualitativa” che riguarda la specificità dell’obiettivo 
desiderato (es. attività sessuale) e l’oggetto del desiderio (es. persona, oggetto 
inanimato). Un individuo può volersi impegnare in una specifica/diffusa 
attività sessuale e con uno specifico/diffuso oggetto sessuale.  
 
1.2 Una prospettiva biopsicosociale 
 
      Il modello biopsicosociale nell’ambito della sessualità umana combina fattori 
biologici (sistema ormonale, sistema vascolare, malattie/trattamenti), psicologici 
(informazioni sessuali, attitudini circa l’espressione sessuale, salute mentale, 
depressione) e socio-ambientali (disponibilità del partner, durata della relazione, 
qualità della relazione e reddito) (DeLamater, 2002). In quest’approccio la sessualità 
della donna è concettualizzata come un’interazione di diversi fattori, opposta alla 
visione delle sole determinanti biologiche o socioculturali, in cui le caratteristiche 
della persona e della rete sociale influenzano l’espressione sessuale. Un approccio 
allo studio della sessualità umana che pone l’accento solo una componente del 
desiderio sessuale, come quella biologica o sociologica, è controproducente (Rossi, 
1994). Tolman e Diamond (2001) hanno osservato che ― il desiderio sessuale 
rappresenta un laboratorio “ideale” per l’interazione tra aspetti biologici e 
socioculturali della sessualità” (p. 36). Nella vita della donna questo laboratorio 
trasforma i fattori socioculturali, politici, economici, relazionali, psicologici e 
biologici in un’esperienza olistica di desiderio sessuale.