INTRODUZIONE 
 
 
Questa lavoro di tesi nasce dalla volontà di esaminare l’edilizia residenziale che tra 
XVII e XVIII secolo si sviluppa a Benevento.  
Punto di partenza della ricerca sono stati sicuramente gli scritti di Mario Rotili e di 
studiosi locali come Alfredo Zazo, Salvatore De Lucia e Almerico Meomartini, sulla 
storia della città, sulla sua evoluzione urbana nel corso dei secoli e sulle iniziative 
architettoniche che si concretizzarono tra il Seicento e il Settecento. 
É noto infatti che per l’architettura beneventana gli anni successivi ai due eventi 
sismici del 1688 e del 1702 furono particolarmente significativi, perché caratterizzati 
da un’intensa opera di ricostruzione a cui contribuì notevolmente il cardinale 
Vincenzo Maria Orsini. Definito il “secondo fondatore della città” l’arcivescovo si 
adoperò per la riorganizzazione urbana ed architettonica. Rese, inoltre, possibile la 
ricostruzione degli edifici distrutti dalla furia del terremoto e nell’operazione 
coinvolse costruttori locali e molti esponenti della scena architettonica romana e 
napoletana.  
Le fonti ricordano infatti tra le maestranze presenti a Benevento già a partire dal 
1695, Arcangelo Guglielmelli e dopo il 1702 Carlo Buratti, Filippo Raguzzini e 
Giovan Battista Nauclerio, quali artefici dell’intera ricostruzione. In realtà studi 
recenti hanno gettato nuova luce sulle vicende costruttive dopo il 1702. Infatti il 
progetto dell’intero piano ricostruttivo negli anni immediatamente successivi al 
terremoto è da attribuire esclusivamente a Carlo Buratti, in quanto Raguzzini e 
Nauclerio operarono in città in anni successivi. Il primo ha sicuramente iniziato a 
lavorare a Benevento a partire dagli anni 20 del ‘700; la presenza del Nauclerio è 
invece documentata a partire dal 1715 per i lavori di rifacimento del ponte Leproso e 
del ponte sul fiume Calore.
Allargando la ricerca alla bibliografia più recente e alle fonti archivistiche, attinte 
prevalentemente dall’Archivio di Stato di Benevento, l’interesse è stato rivolto, in 
particolare, verso le vicende costruttive di alcuni tra i più importanti esempi di 
architettura residenziale sei - settecentesca presenti a Benevento, tradizionalmente 
attribuiti a quegli architetti che la storiografia ricorda come coinvolti nella 
ricostruzione della città negli anni successivi ai due terremoti del 1688 e del 1702. 
Gli edifici presi in considerazione nel presente lavoro sono stati:  
- il palazzo Andreotti Leo, attribuito, da Mario Rotili, a Giovan Battista Nauclerio;  
- il palazzo De Simone e il palazzo Terragnoli attribuiti entrambi a Filippo Raguzzini; 
- il palazzo Collenea Isernia, costruito nel XVII secolo e poi riprogettato 
dal’archietetto napoletano Gaetano Barba;  
- il palazzo Bosco Lucarelli, di probabile origine seicentesca;  
- i palazzi Ventimiglia e Capasso. 
L’indagine portata avanti ha cercato, non senza alcune difficoltà, di ricostruire la 
storia delle famiglie proprietarie, le vicende costruttive e di far luce sulle probabili 
attribuzioni a nomi autorevoli dell’architettura sei - settecentesca.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Al termine di questo lavoro intendo ringraziare chi mi è stato vicino durante tutto il 
percorso di studi. Un ringraziamento speciale va a tutta al mia famiglia. Ringrazio di 
cuore mia madre e mio padre per avermi sostenuta in ogni circostanza e per avermi 
aiutato nel raggiungere questo importante traguardo.
Ringrazio la mia amica-sorella Caterina che da 25 anni è sempre al mio fianco, nei 
momenti difficili e nei momenti felici e per avermi aiutato nella realizzazione delle 
foto presenti in questo lavoro.  
Un ringraziamento particolare a Paola perché mi ha sempre sostenuto e incoraggiato 
durante la stesura di questo lavoro.  
Un ultimo ringraziamento, non meno importante, va a Claudio per non avermi fatto 
mai mancare il suo affetto.  
Questa tesi è dedicata a mia zia Pia.
1 
 
CAPITOLO I  
 
STORIA ED EVOLUZIONE URBANA DELLA CITTÀ DI 
BENEVENTO 
 
 
Le origini di Benevento risalgono a tempi remoti, tanto da confondersi con la leggenda
1
. 
La città era uno dei centri principali dei Sanniti, popolazione proveniente dalle terre 
Sabine
2
. E’ possibile supporre che il primo insediamento sia da identificare con la 
pianura formata dalla confluenza dei fiumi Sabato e Calore; la  città sannitica, quasi 
certamente, sorgeva sulla sponda destra del fiume Sabato
3
. Sappiamo con quasi assoluta 
certezza che Benevento, nel corso dei secoli, non ha mutato sede. La conquista da parte 
di Roma non ha arrecato danni alla città, ma al contrario ha contribuito ad accrescerla 
senza apportare eccessivi mutamenti alla pianta originaria.  
E’ noto che la più antica notizia storica su Benevento risale al IV Secolo a.C., quando il 
console P . Decio Mure durante la terza guerra sannitica riportò la vittoria sugli Apuli. A 
quel tempo la città era ancora chiamata Maleventum, toponimo mutato dai Romani in 
Beneventum dopo aver sconfitto Pirro nel 275 a.C. 
                                                                        
1
 «Un’ antica leggenda attribuisce la fondazione della città all’eroe etolo-argivo Diomede, reduce, 
negli anni intorno al 1200 a.C., dalla guerra di Troia. Comunque a questa leggenda potrebbe 
ricollegarsi l’emblema del cavallo impresso su una moneta del quarto sec. a.C., ritenuta 
beneventana. Che reca la scritta Malies. Da questo nome greco, divenuto poi Maloenta, 
Maloenton e quindi, Maloentum, si perviene a Malventum o Maleventum, superstiziosamente 
trasformato dai Romani, che qui vinsero Pirro nel 275 a.C., in Beneventum, quasi Bonus 
Eventus», in MARIO ROTILI, Benevento e la provincia sannitica, Roma, Abete, 1958, pp. 7-8; cfr. 
anche GIUSEPPINA BARTOLINI LUONGO, Guida di Benevento e della sua provincia : storia, arte, 
folklore, Benevento, G. Ricolo, 1981.  
2
 EDWARD T. SALMON, Il Sannio e i Sanniti, Torino, G. Einaudi, 1985, pp. 19-54; FILIPPO 
BENCARDINO, Benevento: funzioni urbane e trasformazioni territoriali tra XI e XX secolo, Napoli, 
Edizioni scientifiche italiane, 1991, pp. 7-15. 
3 
DOMENICO PETROCCIA, Evoluzione storica dell’urbanistica beneventana, in Benevento cerniera di 
sviluppo interregionale. Una politica urbanistica per il Sannio, a cura di Francesco Romano, Napoli, Filo 
Rosso Editore, 1968, p. 111-140.
2 
 
Una fitta rete viaria attraversava Benevento già prima della conquista romana, facendone 
un sito strategico, punto di passaggio obbligato per l’Oriente, anche se era allora 
costituita da semplici mulattiere, che soltanto con i Romani vennero lastricate e 
riqualificate. Nel 268 a.C. i Romani vi insediarono una colonia per consolidare il loro 
potere nella parte meridionale della penisola, facendo, nel contempo, di Benevento il 
centro della loro espansione verso il Mediterraneo sud-orientale. In quello stesso anno la 
consolare via Appia fu prolungata fino a Beneventum; e quando, qualche tempo dopo, nel 
109-110 a.C., venne costruita la via Traiana per Brindisi, la città raggiunse il culmine 
della sua floridezza economica.  
Domenico Petroccia sostiene che l’impianto urbano della Benevento romana è 
ricostruibile attraverso gli edifici superstiti e quelli scomparsi, di cui si ha notizia
4
.  
Innanzitutto l’Arco di Traiano
5
 (fig. 1) costruito tra il 114 e il 117 d.C. e il Teatro 
Romano (fig. 2) databile intorno al 198-210 d.C., capace di ben 7500 posti che fa 
pensare, secondo Marcello Rotili
6
, ad una città di 20.000-22.000 abitanti, di notevole 
consistenza per l’epoca. 
Tra questi due monumenti, ancora oggi visibili, probabilmente si sviluppava il centro 
della città. In questa zona era presente l’antico Foro della Colonia romana, ovvero il 
centro del culto, degli affari e della vita pubblica della città. Recentemente è stato 
riportato alla luce un importante monumento, l’Arco del Sacramento databile tra la fine 
del I e l'inizio del II secolo
7
; durante il lavoro di ricognizione sono state riportate in vista 
parti di strutture che costituivano un  «grandioso edificio, probabilmente termale»
8
. 
                                                                        
4
 DOMENICO PETROCCIA, op. cit., 1968, p. 116. 
5 
L’arco venne costruito per celebrare la figura dell’imperatore Traiano in occasione 
dell’inaugurazione della via Appia, strada che collegava Roma a Brindisi. Arechi I, 
immediatamente dopo la conquista longobarda, lo ingloba nella nuova cinta muraria, facendolo 
diventare porta urbica, chiamata anche Port’Aurea. Questa nuova funzione ne ha garantito l’uso 
e, dunque, la conservazione nel tempo. Uscito illeso anche dal terremoto del 1688, l’arco, nella 
documentazione cartografica più antica, è raffigurato ancora completamente inglobato nella 
cinta muraria. Il primo, concreto, intervento di isolamento si realizza con il pontificato di Pio IX 
nel 1854, cfr. anche ALMERICO MEOMARTINI, I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento, 
Benevento, De Martini, 1889; SALVATORE DE LUCIA, Passeggiate beneventane, Benevento, G. 
Ricolo, 1983. 
6 
MARCELLO ROTILI, Benevento romana e longobarda: l'immagine urbana, Ercolano, Banca Sannitica, 
1986, p. 51. 
7 
DOMENICO PETROCCIA, op. cit., 1968, p. 118. 
8 
MARCELLO ROTILI, I Longobardi: migrazioni, etnogenesi, insediamento, in I Longobardi del Sud, a cura 
di Giuseppe Roma, Roma, Giorgio Bretschneider, 2010, pp. 1-77, p. 56.
3 
 
L’arco ricorda molto gli archi trionfali di Tiberio e Caligola al limite del foro di Pompei, 
proprio all’altezza del Tempio di Giove
9
.  
All’iniziativa romana si deve anche la costruzione dell’Anfiteatro risalente al I 
secolo d.C., all'epoca dell'imperatore Nerone
10
, i cui resti furono scoperti nel 1985.  
Con lo spostamento dell’asse politico dell’Impero verso oriente, Benevento comincia 
lentamente a decadere, mantenendo comunque la sua importanza strategica, sia per il 
commercio che per gli eventi militari. È infatti un centro ambito anche per i Bizantini, 
che fanno di tutto per conquistarla nel corso della guerra greco - gotica (535 – 553 
d.C.)
11
.  
I Longobardi, data l'importanza della posizione, nel 571
12
 la elessero a capitale del 
Ducato e, più tardi, subito dopo la caduta di Pavia nel 774, del Principato
13
. Per circa 
cinque secoli Benevento fu la capitale di un vasto regno e punto di incontro fra tre 
grandi civiltà, la romano-germanica, la bizantina e l’araba, con ampi riflessi sul piano 
politico-amministrativo e culturale. Zottone, primo duca di Benevento, diede l’avvio ad 
una vera e proprio rinascita della città. Nel periodo longobardo, infatti, Benevento fu la 
sede di una delle zecche più importanti d’Europa, ed inoltre è ricordata come la città del 
Sacrum Palatium, la sontuosa reggia longobarda che Arechi II avrebbe fatto costruire 
nell’area del Planum Curiae, l’attuale Piazza Piano di Corte
14
. Numerose furono anche le 
trasformazioni morfologiche apportate, nonostante le quali, ha conservato per larghi 
tratti l’impianto urbano del periodo romano. I Longobardi si insediarono nella sezione 
orientale della città romana, abbandonando quella più vicina al corso del fiume Sabato, 
per motivi di difesa e di insalubrità dell’area, riedificando le mura e costruendo nuove 
strutture difensive, come la Torre della Catena, abbattendo alcune costruzioni. I 
monumenti romani vennero utilizzati come cave naturali dalle quali attingere materiali 
edili (ancora oggi, inoltrandoci nei vicoli, possiamo notare negli edifici medievali la 
presenza di numerosi elementi architettonici romani). 
                                                                        
9
 DOMENICO PETROCCIA, op. cit., 1968, p. 118. 
10
 MARCELLO ROTILI, op. cit., 1986, pp. 55-57. 
11 
ALMERICO MEOMARTINI, op. cit., 1889. 
12 
La data del 570 o 571 fondata sul computo degli anni di governo di Zottone  quale risulta da 
Paolo Diacono e da un’epistola di Gregorio Magno del luglio 592 sarebbe il frutto di un 
aggiustamento cronologico, cfr. MARCELLO ROTILI, op. cit., 2010, pp. 1-77, p. 32. 
13 
ALMERICO MEOMARTINI, Benevento, Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche, 1909, p. 16. 
14 
MARCELLO ROTILI, op. cit., 1986, pp. 107-109.
4 
 
In questo periodo viene costruita anche la Chiesa di Sant’Ilario (Fig. 3), che intorno al 
1148 aveva annesso un monastero e si trovava fuori dalle mura cittadine
15
.  
La ristrutturazione urbana fu molto vasta, soprattutto al tempo di Arechi II (758-788) 
che, amante delle arti e della cultura, fece realizzare numerose opere architettoniche. 
Edificò la Civitas nova con parte della cinta muraria che raggiunse una lunghezza di oltre 
2750 metri; le mura furono ampliate nel 926 con la creazione della Porta Somma, 
sull’estremo margine orientale del centro storico, per svilupparsi su circa 3423 metri di 
lunghezza
16
 (fig. 4).  
A questi ampliamenti seguirono l’espansione dell’abitato, l’aumento della densità edilizia, 
con l’edificazione di nuovi edifici, alcuni a ridosso delle stesse mura, e la creazione di 
nuove vie che modificarono il vecchio schema ortogonale. E proprio in questo periodo 
si ebbe un significativo incremento demografico, giacché lo stesso Teatro ed altri edifici 
di epoca romana vennero utilizzati a scopo residenziale
17
.  
Considerevole è stato anche il numero delle costruzioni di carattere religioso, tra le quali 
la più importante è sicuramente la chiesa di Santa Sofia
18
 (fig. 5), tempio nazionale della 
gens Langobardorum nonché sacrario della stirpe
19
, uno dei pochi esempi di edilizia 
longobarda visibile ancora oggi.  
Edificata nella nuova area di espansione orientale sotto Gisulfo I (742- 750) fu 
completata e inaugurata da Arechi II nel 760
20
. È molto probabile che nelle vicinanze del 
complesso monumentale di Santa Sofia sorgessero altri edifici come alcuni palazzi di 
                                                                        
15 
STEFANO BORGIA, Memorie istoriche della pontificia città di Benevento, Roma, Dalle stampe del 
Salomoni, 1763-1769; MARCELLO ROTILI, op. cit., 1986; GIUSEPPINA BARTOLINI LUONGO, op. 
cit., 1981. 
16
 MARCELLO ROTILI, op. cit., 1986, pp. 83-220; DOMENICO PETROCCIA, op. cit., 1968, pp. 121-
130. 
17
 
FILIPPO BENCARDINO, op. cit., 1991, pp. 7-15. 
 
18
 ALMERICO MEOMARTINI, op. cit., 1889, pp. 357-392; MARCELLO ROTILI, op. cit., 1986, pp. 
107-109, 143-155, 184-201; EAD., op. cit., 2010, pp. 1-77, p. 13. 
19 
In essa vennero custodite le reliquie di S. Mercurio e dei XII Fratelli Martiri, cfr. Ivi, p. 49. 
20
 «La costruzione si ispirava alla maggiore chiesa di Costantinopoli ed era detta con nome greco 
ά ί essendo dedicata alla Divina Sapienza. I recenti restauri hanno messo in luce il 
suggestivo aspetto originario che deriva dall’audacia architettonica della pianta e delle volte. 
Infatti il perimetro posteriore è circolare con tre absidi e due cappelle quadrangolari: il perimetro 
anteriore è invece ottagonale a pianta stellare, dal quale si dipartono un peribolo esterno con 
archi su otto pilastri ed uno interno su sei colonne oltre le due colonne d’ingresso…»
  
in 
DOMENICO PETROCCIA, op. cit., 1968,  p. 128.; cfr anche MARCELLO ROTILI, op. cit., 2010, pp. 1-
77.
5 
 
antichissime famiglie beneventane ed il presidio longobardo con le torri di Porta 
Somma. 
Nella zona centrale della città, ossia l’antico Foro romano, fiorirono numerose chiese, 
ma nessuna di queste è giunta intatta fino a noi. Ricordiamo, poi, che nell’VIII secolo fu 
costruita la chiesa di Santa Maria, divenuta poi Santa Maria de Episcopio. Questa era 
l’originaria struttura della cattedrale, più volte ricostruita, di cui rimane solo la cripta. In 
questa zona sorgeva anche la prima chiesa dedicata a San Bartolomeo Apostolo. Detta 
San Bartolomeo de Episcopio, perché costruita nelle vicinanze del duomo, custodiva le 
reliquie del Santo, portate a Benevento nel 839 dal principe longobardo Sicardo. La 
chiesa fu rasa al suolo durante i terremoti del 1688 e del 1702.  
Intorno all’849 iniziò un periodo di lenta ma costante decadenza che portò alla 
tripartizione del regno con la nascita di un principato autonomo di Salerno e di Capua, 
nonché alla conquista della città da parte dei Bizantini (890). Soltanto con Pandolfo I 
detto Capodiferro la città riconquistò nel 978 la sua antica potenza, attraverso la 
riunificazione del territorio longobardo. Quando nel 1077 l’ultimo principe di 
Benevento, Pandolfo VI, morì la città passò sotto il dominio diretto del papa. Da quel 
momento ebbe inizio un lungo periodo di dominazione, durata ininterrottamente circa 
otto secoli, durante i quali Benevento divenne exclave nel regno di Napoli.   
Nel XII secolo si sviluppò in Benevento un’intensa attività edilizia. La città fu colpita da 
un violento terremoto nel 1125. La ricostruzione fu immediata e l’attività edilizia 
intensificata. Le mura longobarde, crollate a causa del sisma, vennero riedificate. Il 
duomo, ampliato già nel 1114, fu terminato tra la fine del secolo e la metà del XIII, 
mentre il campanile fu eretto nel 1279; anche la vicina chiesa di San Bartolomeo subì 
danni notevoli e la sua ricostruzione terminò nel 1337. Inoltre fu portata a termine la 
sistemazione definitiva del chiostro di Santa Sofia, iniziato nel 1119. Le famiglie nobili 
beneventane diedero un notevole contributo  alla ricostruzione di numerose chiese e 
torri. Altra caratteristica della città erano proprio le torri di cui ricordiamo, innanzitutto, 
la Turris Decomari, la Torre della Biffa, la Torre dei Rufini e l’unica ancora visibile, la 
Torre della Catena.  
Quando, nel XIII secolo, Carlo D’Angiò conquistò la città con la Battaglia di Benevento, 
nel 1266,  in cui perse la vita Manfredi, avvenne il crollo della dinastia sveva. La 
dominazione angioina, seppur breve, aveva giovato molto all’affermazione economica di 
Benevento. Carlo D’Angiò privilegiava i rapporti con le città guelfe della Toscana,