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1. INTRODUZIONE 
 
1.1 Il cavallo agricolo italiano da tiro pesante rapido (CAITPR) 
  
1.1.1 La sua storia 
La storia del cavallo agricolo italiano da tiro pesante rapido (CAITPR) inizia ufficialmente nel 1927 
con la nascita della prima generazione di puledri delle “Stazioni di fecondazione selezionate” 
istituite per Legge nel 1926 (www.anacaitpr.it) 
In realtà l’origine di questo ceppo equino risale ai decenni precedenti. Infatti, l’Italia non ha mai 
storicamente annoverato nel suo patrimonio equino alcuna razza da tiro pesante. Tuttavia, dopo 
l’unità (1860), lo sviluppo in senso sempre piø imprenditoriale dell’agricoltura della pianura padana 
e le esigenze dell’Esercito, con particolare riferimento all’artiglieria, rendevano sempre piø evidente 
la necessità di una consistente e qualificata produzione nazionale di cavalli da tiro. Dopo numerose 
prove d’incrocio della popolazione di fattrici della pianura padana con le piø rinomate razze da tiro 
europee, le aziende della pianura orientale, che ricadevano sotto la giurisdizione del Deposito 
Stalloni di Ferrara (diretta emanazione operativa del Ministero della Guerra), si orientarono con 
decisione verso gli stalloni bretoni di tipo Norfolk-bretone. Le prime importazioni di tali stalloni, 
sollecitate in modo particolare da alcuni allevatori del veronese, ebbero luogo nel 1911 e 
proseguirono sempre piø diffusamente sino alla metà degli anni ‘20 malgrado le difficoltà ed il 
rallentamento imposto dalla 1^ Guerra Mondiale.  
Questi riproduttori operarono su fattrici di diversa origine tra le quali spiccavano le derivazioni 
Hackney, ma non erano infrequenti origini Percheron, Bretoni o Belghe/Ardennesi. 
I risultati furono considerati molto positivi, in quanto l’incrocio dava origine a soggetti robusti di 
mole medio-pesante, dotati di brillantezza nei movimenti e di eleganza, che risultavano 
particolarmente idonei agli scopi dell’artiglieria da campagna, ma anche per i trasporti medio 
pesanti civili e per i lavori agricoli complementari nelle grandi aziende (fienagione, semine, 
erpicature ecc..). 
Nel 1926 iniziarono ad operare le “stazioni selezionate” individuando i gruppi di fattrici che 
andarono a costituire la base materna originaria della razza; nel 1927 nacque la prima generazione 
ufficialmente controllata e prese avvio la costituzione delle famiglie italiane del tipo 
“agricolo/artigliere“(altrimenti inizialmente denominato “derivato bretone”). Il bacino geografico di 
produzione era rappresentato dalla pianura veneta, dalla provincia di Ferrara e dalla pianura 
friulana. 
Sin dalle prime generazioni, oltre alle giovani femmine, vennero scelti dei giovani maschi che
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andarono progressivamente ad affiancare i loro genitori bretoni. Si provvide inoltre ad istituire dei 
concorsi morfologici, prevalentemente dedicati ai giovani maschi ma a cui aderivano numerosi 
allevatori presentando anche le loro giovani fattrici e puledre; tra questi concorsi iniziò ad 
affermarsi quello di Verona che ebbe il suo inizio nel 1934. Furono inoltre realizzate prove 
funzionali per i giovani stalloni di 3 e 4 anni che prevedevano l’effettuazione di determinati percorsi 
con carico prestabilito ed entro tempi massimi ben precisi da percorrere al passo o al trotto.  
Tutto ciò testimonia dell’interesse che si andava concretizzando verso questo nuovo (per l’Italia) 
tipo di produzione ippica e del buon successo che esso aveva incontrato. Infatti, le fattrici iscritte 
alle stazioni selezionate crebbero progressivamente dalle circa 50 iniziali sino a toccare le 250 unità 
alla fine degli anni ‘30. Ogni anno la razza dava origine a circa 50 giovani stalloni di cui, una parte 
veniva reimpiegata dal Deposito di Ferrara per la produzione selezionata, mentre la maggior parte 
veniva acquistata da stallonieri privati della zona d’origine o veniva destinato alle zone gestite da 
altri Depositi Stalloni. Infatti, già dalla metà degli anni ‘30 si iniziò a registrare l’acquisto di giovani 
stalloni “derivati bretoni” da parte del Deposito Stalloni di Crema (Italia nord occidentale), di 
Reggio Emilia (Emilia Romagna e Marche) e di Pisa (Italia Centrale). 
La 2^ Guerra Mondiale portò ad un arresto di questo processo evolutivo che però, pur tra tante 
difficoltà, riprese nell’immediato dopoguerra. Malgrado il venir meno dell’interesse militare, 
l’agricoltura (e specialmente le aziende di medio-piccole dimensioni) era ancora interessata alla 
trazione animale per i trasporti aziendali ed ai lavori complementari con cui integrare e affiancare le 
macchine che andavano, peraltro, sempre piø diffondendosi. Gli anni ‘50 furono così un periodo di 
forte ripresa d’interesse per il CAITPR e di diffusione di riproduttori maschi in aree sempre piø 
vaste e diversificate che coinvolgevano, oltre alla zona storica, anche Lombardia, Emilia Romagna, 
Italia Centrale, Puglia e Sardegna. 
A fine degli anni ‘40 inizio anni ’50 si ha la denominazione ufficiale della razza Cavallo Agricolo 
Italiano da Tiro Pesante Rapido - CAITPR che sanciva per questo tipo di produzione equina,  
l’acquisizione ed il riconoscimento dello standard di razza autonoma. Sul finire degli anni ‘50 
venne inoltre istituito il Libro Genealogico che andava a sostituire il precedente controllo selettivo 
della produzione attivato dal 1927. 
Dopo il periodo di espansione degli anni ‘50, il successivo decennio segnò l’inizio di una forte crisi 
per la razza che si protrasse sino alla fine degli anni ‘70. Molti allevatori storici, specialmente i piø 
grandi, cessarono l’attività, non trovando ormai piø motivo economico nell’allevamento equino in 
un contesto aziendale sempre piø proteso alla meccanizzazione ed alla specializzazione produttiva. 
Tuttavia, un buon nucleo di soggetti continuò ad essere allevato nelle piccole aziende famigliari che 
sostituirono progressivamente i grandi nuclei; inoltre, l’interesse per la razza nel centro-sud Italia
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andava man mano confermandosi. Ciò permise di evitare al CAITPR il triste destino cui andò 
incontro il derivato belga-ardennese che, in Italia, sparì come realtà organica di allevamento e di 
selezione. 
Tuttavia, va rilevato che lo scopo economico della razza andava mutando, trasferendo l’interesse 
degli allevatori dall’impiego per il lavoro alla produzione della carne. Al di là di ogni opinione circa 
l’ippofagia e la destinazione della specie equina per la produzione della carne, il fatto che l’Italia sia 
un paese a consolidata tradizione ippofaga (almeno in alcune sue zone) ha garantito la 
sopravvivenza del CAITPR e di altre razze non sportive. E’ questo un fatto incontestabile come 
dimostra invece la fortissima riduzione cui sono andate incontro negli ultimi decenni molte razze da 
tiro allevate in paesi non ippofagi. 
Alla fine degli anni ‘70 la gestione del LG passò dall’Istituto d’Incremento Ippico di Ferrara (ex 
Deposito Stalloni militare) all’Associazione Nazionale Allevatori del Cavallo Agricolo Italiano da 
TPR che lo gestisce tuttora su delega e sotto il controllo del Ministero per le Politiche Agricole e 
Forestali. Questo passaggio, sancito dalle nuove normative in merito ai Libri Genealogici delle 
specie zootecniche, consentì un fatto importante, in quanto l’Associazione, per il tramite dei suoi 
Soci -le Associazioni Provinciali Allevatori- poteva operare su tutto il territorio nazionale. Ciò 
permise di allargare il controllo selettivo al di fuori della zona storica. Infatti, grazie al continuo 
flusso di riproduttori, che sin dagli anni ‘30 uscivano dal bacino storico per andare ad operare in 
incrocio su popolazioni locali di molte altre aree del territorio italiano, si era ormai venuta 
costituendo una base di popolazione CAITPR che venne, man mano, assorbita dal LG. I precursori 
in questo senso furono gli allevatori pugliesi, che iniziarono la loro attività ufficiale di selezione già 
a fine anni ‘70. Il processo di affiancamento tra nuovi allevatori dell’Italia centro-meridionale e 
allevatori dell’area storico, prese inizio nei primi anni ‘80 ed è proseguito sino ad oggi, permettendo 
l’allargamento della base selettiva su cui si fonda attualmente il LG. 
 
1.1.2  La zona d’origine 
La zona d’origine della razza è rappresentata dalla pianura Veneta, Ferrarese e Friulana. 
Successivamente l’area d’allevamento si è estesa progressivamente coinvolgendo in particolare 
ampie fasce dell’Italia Centrale e Meridionale. Il Cavallo Agricolo Italiano da T.P.R. è una razza di 
mole notevole con un peso negli adulti variabile da 700 a 900 kg; la spiccata precocità di sviluppo e 
la buona attitudine lattifera della fattrici, consentono di ottenere in condizioni ottimali puledri che 
già a 7-8 mesi, possono superare i 400 kg di peso. La statura minima a 30 mesi è di 146 cm per le 
femmine e di 150 cm per i maschi. La statura orientativa di questi ultimi e compresa tra 155 e 160 
cm, mentre per le femmine è di 150-158 cm. Il T.P.R. può essere allevato sia in stabulazione che
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allo stato brado. Nell’allevamento stallino è possibile sfruttare opportunamente anche vecchie 
strutture aziendali integrate con semplici recinti e tettoie. Inoltre, la razza si è ben adattata 
all’allevamento brado sfruttando spesso anche pascoli difficili o poveri, rivelandosi quindi un valido 
mezzo per il controllo del territorio, specialmente in aree a delicato equilibrio ambientale.  
Di buon temperamento, i soggetti T.P.R. sono particolarmente adatti ai lavori agricoli; efficace per 
assicurare un basso impatto ambientale è anche l’utilizzo nei lavori boschivi specialmente nei 
terreni piø delicati. La notevole resistenza e la nevrilità ne fanno il cavallo ideale per gli 
appassionati degli attacchi con interessanti possibilità d’impiego anche in aziende dedite ad attività 
agrituristiche. Il marchio della razza è rappresentato da una scala a 5 pioli racchiusa in uno scudo.  
I soggetti iscritti al Libro vengono valutati una prima volta sotto-madre (in generale dai 2 ai 7 mesi 
di età) e successivamente a due anni e mezzo. I puledri che superano la prima valutazione vengono 
marchiati alla coscia sinistra (Fig. 1); se viene poi superata anche la seconda valutazione i soggetti 
vengono marchiati anche al collo (lato sinistro). L’Associazione Nazionale, su mandato del 
Ministero per le Politiche Agricole, cura, in collaborazione con gli Uffici provinciali di Libro, la 
tenuta del Libro Genealogico, fornisce l’assistenza tecnica agli allevatori iscritti, al fine di 
conservare e migliorare la razza e promuove iniziative che possono contribuire a diffonderne 
l’allevamento. 
 
 
Fig 1: Il Marchio dell’ ANACAITPR effettuato nei puledri a sei mesi. (www.anacaitpr.it) 
 
1.1.3  Situazione attuale e prospettive  
Attualmente il CAITPR può vantare oltre 6.500 capi iscritti, di cui circa 3000 fattrici, presenti in 
circa 900 allevamenti distribuiti in 16 diverse Regioni. Le zone con maggior presenza sono il 
Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Abruzzo e Puglia; discrete presenze si hanno anche in 
Friuli, nelle Marche, in Toscana, Molise e Campania. Allevamenti piø isolati, ma molto attivi dal