Capitolo I Aggregati micellari in fase omogenea
2
CAP. I : AGGREGATI MICELLARI IN FASE OMOGENEA
I.1 Tensioattivi
I tensioattivi o surfactants SURF (surface) ACT (active) ANT (agents) sono sostanze
anfifile in grado di diminuire la tensione superficiale ed interfacciale delle soluzioni in
cui sono disciolti in seguito al loro orientamento ed adsorbimento all’interfase.
Queste molecole hanno una importante caratteristica strutturale: presentano una
porzione idrofobica, di natura idrocarburica, ed una porzione idrofilica e per questo
vengono anche dette anfifiliche.
I tensioattivi possono essere di origine naturale come i sali biliari, i fosfolipidi e
sfingolipidi, oppure di origine sintetica come quelli studiati in questo lavoro di tesi.
La struttura di un tensioattivo può essere così schematizzata:
Figura I.1: Rappresentazione schematica di un tensioattivo.
1. La porzione idrofobica, costituita da una o più catene alchiliche di diversa lunghezza
e che possono essere più o meno ramificate.
2. Il gruppo di testa, costituito da residui alchilici di diversa dimensione ed idrofobicità
e/o da sistemi ciclici.
3. La zona centrale del gruppo di testa, costituita da atomi carichi o da gruppi polari.
4. Il controione, che può interagire elettrostaticamente o anche in modo specifico con il
gruppo di testa.
Capitolo I Aggregati micellari in fase omogenea
3
In generale, le molecole tensidiche possono essere classificate o in base alle
caratteristiche della porzione idrofobica e quindi possiamo distinguere fra tensioattivi
monocatena e bicatena, oppure in funzione del gruppo di testa. In base a quest’ultima
classificazione, chiamiamo cationici quei tensioattivi aventi un gruppo di testa che reca
una carica netta positiva (es. ammonio, solfonio, piridinio etc.), anionici quelli aventi
carica netta negativa (es. carbossilato, solfato, solfonato etc.), zwitterionici quelli
complessivamente neutri, ma recanti sia un gruppo carico positivamente che uno carico
negativamente, separati da una o più covalenze (es. solfobetaine e carbossibetaine), non
ionici quelli aventi una porzione idrofilica costituita da gruppi funzionali eterei e/o
ossidrilici [94MIa].
Nella figura I.2 sono riportati alcuni esempi di tensioattivi.
Figura I.2: Esempi di tensioattivi.
Capitolo I Aggregati micellari in fase omogenea
4
In soluzione acquosa diluita, i tensioattivi sono presenti generalmente in forma
monomerica ed hanno un comportamento analogo a quello degli elettroliti forti, sono
cioè completamente dissociati e le loro proprietà chimico-fisiche sono vicine all’idealità
a diluizione infinita.
Aumentando la concentrazione di monomeri, la doppia natura idrofilica-idrofobica
della specie, porta alla formazione di sistemi supramolecolari di differente complessità.
Tale fenomeno, che deriva dall’associazione di molecole apolari in acqua tramite
interazioni di natura idrofobica, è noto come “effetto solvotofobico” [80MI, 48QR152].
L’aumentata presenza di molecole anfifile in soluzione acquosa, determina un
aumento dell’energia libera del sistema, dovuto alla grande energia libera interfacciale
fra le catene idrocarburiche e l’acqua. Per ridurre tale aumento di energia si verifica
l’adsorbimento dei monomeri all’interfaccia aria-soluzione, con l’allontanamento delle
catene alchiliche dall’acqua in maniera tale da ridurre la tensione superficiale.
Dal momento che la superficie della soluzione ha un’area limitata, l’aumentata
concentrazione di monomeri di tensioattivo fa sì che questi riescano a penetrare
all’interno della soluzione stessa, dando luogo alla formazione di dimeri o di aggregati
contenenti poche unità.
L’iniziale solvatazione di tali monomeri comporta una perdita di entropia e non una
spesa entalpica, in quanto si verifica una organizzazione delle molecole di acqua attorno
alla porzione idrocarburica del soluto. Il successivo assemblamento dei monomeri a
dare dimeri o aggregati contenenti un piccolo numero di molecole, determina la nascita
di zone di contatto e di interazione fra le catene apolari, provocando così la distruzione
del guscio di idratazione ed il ripristino dell’originaria struttura meno ordinata del
solvente.
Tale processo comporta un aumento dell’entropia del sistema e fa sì che
l’aggregazione avvenga spontaneamente.
Continuando ad aumentare la concentrazione di tensioattivo, quando si oltrepassa un
valore limite, la concentrazione micellare critica (c.m.c.), si osserva la formazione di
aggregati micellari (Fig.I.3.a), ovvero supramolecole costituite da 50-200 unità, dalla
forma approssimativamente sferica e il cui raggio è circa uguale alla lunghezza della
catena alchilica.
A concentrazioni molto superiori alla c.m.c. si passa alla formazione di aggregati
ellissoidali (Fig.I.3.b) e poi cilindrici (Fig.I.3.c) fino ad arrivare a strutture di tipo
Capitolo I Aggregati micellari in fase omogenea
5
liquido-cristallino, che derivano dalla disposizione parallela, secondo un reticolo
esagonale (Fig.I.3.d), delle micelle cilindriche, con l’acqua localizzata sulle superfici e
nelle intercapedini [91MI].
Altri tipi di strutture supramolecolari formate dai tensioattivi sono i monolayer, come
all’interfase aria-acqua, i bilayer, che per la loro formazione richiedono
tensioattivi twin-chain o molecole naturali antipatiche come i fosfolipidi e gli
sfingolipidi.
In seguito a particolari trattamenti, come la sonicazione o l’iniezione di una soluzione
organica di tensioattivo in acqua, i bilayers si riarrangiano in strutture chiuse dette
vescicole o liposomi, se costituite da lipidi.
a) micella b) micella ellissoidale c) micella cilindrica
d) distribuzione esagonale di e) micelle lamellari
micelle cilindriche
Figura.I.3: Possibili strutture di aggregati supramolecolari.
Capitolo I Aggregati micellari in fase omogenea
6
In solventi apolari organici, i tensioattivi danno luogo alla formazione di aggregati
supramolecolari che prendono il nome di micelle inverse o rovesciate (Fig.I.4).
Figura I.4: micella inversa.
In questo caso le code idrocarburiche delle molecole di tensioattivo sono rivolte verso
la fase organica, mentre le teste polari sono rivolte verso la parte interna della struttura,
in maniera tale da minimizzare il contatto con il solvente [71NA313, 71JPC809, 89MI].
Le micelle inverse sono in grado di solubilizzare quantità relativamente grandi di
acqua nel core della struttura, formando delle water-pools e offrendo quindi un
microambiente ideale per la solubilizzazione di soluti polari o ionici in solvente apolare
(80MI109).
I.2 Aggregati micellari in fase acquosa
Le micelle vengono generalmente definite come aggregati stabili e dinamici di
molecole tensidiche anfipatiche in acqua, i cui costituenti sono sottoposti ad in rapido
equilibrio dinamico regolato dalla diffusione [86MI213].
Tale equilibrio è il risultato di due processi paralleli: il primo e più rapido, dell’ordine
dei Πsec, consiste nell’associazione e dissociazione di un monomero dall’aggregato,
mentre il secondo e più lento, dell’ordine dei msec, consiste nella formazione e
disgregazione dell’intera struttura [72JPC3017, 79MI267]. La formazione di micelle
richiede due fondamentali requisiti: la molecola di tensioattivo deve possedere una
catena idrocarburica costituita da un numero minimo di 8-10 metileni, in modo tale da
Capitolo I Aggregati micellari in fase omogenea
7
ridurre la solubilità in acqua; inoltre, deve possedere un gruppo polare sufficientemente
attivo da promuovere la solubilità della molecola stessa, altrimenti lipofila [85MI221,
86MI213].
La micellizazione dipende dal bilancio di due tendenze opposte. Da un lato essa è
guidata dalla minimizzazione del contatto delle code idrocarburiche con le molecole
polari acquose, per questo motivo le catene lipofile dei monomeri si “impaccano”
mediante interazioni di tipo specifico (forze di Wan der Waals e interazioni
idrofobiche). Dall’altro lato, esiste una repulsione fra i gruppi di testa polari o ionici dei
tensioattivi; tale effetto destabilizzante viene in parte attenuato dall’associazione di
controioni sulla superficie micellare [64JPC3603; 80MI].
I parametri che servono a caratterizzare una micella sono:
ξ Il numero di aggregazione n, ovvero il numero medio molecole di tensioattivo per
aggregato il cui valore varia tra 50-200; tale valore è influenzato da vari fattori,
come la lunghezza della catena idrocarburica, le caratteristiche del gruppo di testa, il
tipo di controione e la presenza di additivi [96MI].
ξ La frazione di controioni associati alla micella Ε, ovvero il grado di neutralizzazione
della micella stessa, il cui valore varia teoricamente fra 0 ed 1, ma tali valori limite
non vengono mai raggiunti [78MI45]. Ciò che si misura sperimentalmente è un altro
parametro ∆, grado di ionizzazione micellare, cioè la frazione di contoioni fornita
dalla fase micellare a quella acquosa e correlato a Ε dalla relazione Ε = 1- ∆.
ξ Il raggio idrodinamico Rh, ovvero il raggio dell’aggregato micellare assimilato ad
una sfera comprendente anche l’idratazione secondaria. Questo parametro si misura
con la tecnica del Dynamic Light Scattering [82JPC2388].
L’ultimo parametro che serve a caratterizzare una micella è la c.m.c., ovvero la
concentrazione micellare critica, parametro di cui si parlerà più estesamente nel
prossimo paragrafo.