2
biografico, opportunamente trasformato, è da sempre uno dei 
motori principali della sua intera opera. 
La letteratura, dunque, sia essa scritta o orale, è fondamentale 
per la sopravvivenza di una comunità. È questo il tema principale 
de El hablador ed è anche uno dei pilastri fondamentali della teoria 
sulla letteratura dello scrittore peruviano. Pertanto, dato biografico e 
concezione letteraria sono i due imprescindibili e obbligatori 
vettori, per mezzo dei quali è possibile un’interpretazione de El 
hablador, romanzo carico di rimandi alla vita e all’idea di 
letteratura dell’autore. La funzione di tutto il primo capitolo del 
presente studio è perciò quella di fornire un ideale strumento di 
comprensione per il secondo capitolo ed è, in qualche modo, il 
terreno preparatorio per l’analisi del romanzo. 
Dunque, questo lavoro è così strutturato: nel primo capitolo, 
dopo la rassegna indispensabile -nel caso di un autore come Vargas 
Llosa
1
-, dei dati biografici, illustro i principali fondamenti della 
concezione letteraria dello scrittore, dai concetti che attengono 
soprattutto all’aspetto del contenuto a quelli che invece riguardano 
la forma. Allo stesso modo, anche il secondo capitolo sarà diviso in 
due parti. Nella prima, metto direttamente a confronto Vargas Llosa 
e il Perù, dal momento che una delle caratteristiche più significative 
de El hablador è proprio la trattazione di un aspetto del suo paese 
che fino a quel momento lo scrittore non aveva affrontato nella 
finzione letteraria: le realtà autoctone e gli indigeni. Inoltre, dato 
                                                          
1
 Per lo scrittore peruviano la “situazione” , cioè tutto il vissuto di un autore, è un elemento da 
cui non si può prescindere per una corretta interpretazione della sua opera.  
 3
che il rapporto di Vargas Llosa con il Perù non si esaurisce nel 
confronto con la varietà multietnica, ma si rapporta necessariamente 
anche con la letteratura indigenista peruviana, presento rapidamente 
i temi fondamentali del suo saggio La utopía arcaica, scritto per 
dare un nuovo approccio critico all’opera del connazionale e grande 
scrittore indigenista José María Arguedas. Nella seconda parte del 
secondo capitolo, procedo all’analisi de El hablador, riprendendo i 
concetti analizzati in precedenza; in qualche modo, il primo 
macrocapitolo fa da contrappunto al secondo. 
Per quanto detto finora, in questo lavoro, lo studio de El 
hablador inizia in realtà già con la presentazione della vita 
dell’autore, dal momento che è un romanzo che vuole esaltare, con 
la figura emblematica del narratore machiguenga, l’importanza 
vitale di raccontare e di ascoltare, la forza delle parole e della 
fantasia, tutti concetti che hanno segnato, appunto, la vita e la 
vocazione artistica dell’autore. È significativo che, per 
simboleggiare  l’inscindibilità tra letteratura e vita (sia quest’ultima 
vera o filtrata dalla finzione letteraria), all’interno del romanzo El 
hablador sono presenti due titoli di opere di Vargas Llosa, 
opportunamente occultati: La utopía arcaica
2
 e Contra viento y 
marea
3
, due fra gli scritti più utili per la comprensione de El 
hablador, il primo per la sua specificità nel trattare la letteratura 
indigenista, il secondo per l’esatto contrario e cioè per la sua 
vastità, perché si tratta dell’ampia raccolta in tre volumi dei 
                                                          
2
 La citazione si trova a p. 77 de El hablador. 
3
 A p. 234 de El hablador. 
 4
pensieri, degli articoli e delle lettere pubbliche dell’autore dal 1962 
al 1988, indispensabili per la comprensione della personalità e 
dell’opera di Vargas Llosa. 
Nel 1989, al romanzo El hablador è stato assegnato un 
prestigioso riconoscimento letterario italiano: il Premio Scanno per 
la letteratura straniera.      
             
 
 
 5
I 
 
MARIO VARGAS LLOSA, TRA CREAZIONE 
LETTERARIA E RIFLESSIONE CRITICA 
 
1. Vita e opere 
 
Per Mario Vargas Llosa, instancabile scrittore peruviano e, 
nell’attuale panorama letterario mondiale, uno tra i più dediti alla 
propria professione (o vocazione, termine che certamente gli è più 
congeniale), si può affermare che la letteratura è vita, è forza vitale. 
Infatti, nel discorso da lui pronunciato nel 1967, in occasione del 
ritiro del premio Rómulo Gallegos per il suo romanzo La casa 
verde, dà una definizione che rende al meglio l’idea dell’energia 
implicita nella pratica letteraria: “la literatura es fuego”. 
Allo stesso modo, nel caso di Vargas Llosa non sarebbe 
sbagliato neanche cambiare l’ordine dei termini e dire che la vita è 
letteratura, affermazione in cui per vita va intesa la somma del dato 
oggettivo, contestuale (condizionamenti sociali, culturali) e di 
quello biografico (esperienze formative, rapporti con la famiglia) di 
una persona. È in questo senso che la vita è letteratura: la prima 
diventa fonte per la seconda, perché è proprio prendendo atto 
dell’inconciliabilità con la realtà e scontrandosi con essa che 
l’uomo frustrato crea l’arte e, quindi, un’altra vita. Questo concetto 
-vale a dire il disaccordo dello scrittore con il mondo-, che è 
 6
all’origine della sua vocazione letteraria, trova una prima 
formulazione in “literatura es fuego” e sarà ribadito dallo scrittore 
anche diversi anni dopo: “los hombres no están contentos con su 
suerte y casi todos –ricos o pobres, geniales o mediocres, célebres u 
oscuros- quisieran una vida distinta de la que viven. Para aplacar –
tramposamente- ese apetito nacieron las ficciones. Ellas se escriben 
y se leen para que los seres humanos tengan las vidas que no se 
resignan a no tener”
4
. 
Per quanto riguarda la concezione della letteratura di Vargas 
Llosa e le sue idee sul ruolo dello scrittore e sul confine tra verità e 
finzione, sono temi che approfondirò più avanti, dal momento che 
riemergono all’interno de El hablador
5
, romanzo che intendo 
analizzare in questo lavoro e che, a mio avviso, oltre a 
rappresentare un compendio delle concezioni letterarie dell’autore, 
può essere anche considerato il suo omaggio alla creazione artistica 
in senso assoluto e, cioè, di tutti i tempi e di tutte le civiltà. 
Tornando, invece, alla sua passione per la scrittura, frutto di 
tale dedizione è l’eclettica produzione letteraria e critica di Vargas 
Llosa. Chi, infatti, si accinge a studiare questo autore ha a 
disposizione, oltre a tutte le opere d’invenzione letteraria - i tanti 
romanzi e alcune opere teatrali - tutta una gamma di articoli, saggi, 
discorsi da ricondurre, per la maggior parte, all’ambito della 
cosiddetta metaletteratura: infatti, è molto presente nello scrittore 
                                                          
4
 MARIO VARGAS LLOSA, La verdad de las mentiras, Seix Barral, Barcelona, 1990, p.6; il 
capitolo introduttivo a questo saggio, da cui è stata tratta l’affermazione citata, è stato scritto in 
realtà nel 1984. 
5
 M. VARGAS LLOSA, El hablador, Seix Barral, Barcelona, 1987.  
 7
peruviano la preoccupazione per una costante riflessione sull’atto 
creativo, sui meccanismi che scatenano un impulso a cui è 
impossibile sottrarsi
6
, sulle modalità che danno luogo alla nascita di 
un testo letterario. Tale vigore intellettuale ha generato anche degli 
attenti studi sull’opera di scrittori del passato (primo fra tutti La 
orgía perpetua
7
, approfondita analisi di Madame Bovary di 
Flaubert, autore amatissimo da Vargas Llosa), ma anche a lui 
contemporanei: in García Márquez: historia de un deicidio
8
 
l’oggetto di studio è, ovviamente, l’autore delle fantastiche e 
visionarie vicende dei Buendía, mentre La utopía arcaica
9
 è un 
saggio dettagliato sull’opera del connazionale José María Arguedas 
(suicidatosi nel 1969) e sul romanzo indigenista. Tutt’oggi, il 
fervore creativo di Vargas Llosa non sembra affievolirsi: La fiesta 
del Chivo
10
, suo ultimo e quattordicesimo romanzo, è uscito solo lo 
scorso anno e, mentre sta già lavorando al nuovo, continua a 
scrivere in numerosi quotidiani di tutto il mondo, su temi che vanno 
dalla critica letteraria all’attualità politica e sociale. 
                                                          
6
 Sul carattere impositivo dell’arte in generale e sul richiamo alla letteratura nel caso specifico, 
mi soffermerò alla fine di questo capitolo, quando analizzerò la concezione letteraria 
vargasllosiana. Qui, intanto, è importante dire che, nel già citato discorso in occasione del 
premio Rómulo Gallegos, Vargas Llosa affermava: “esa vocación [quella artistica, ovviamente] 
además de hermosa, es absorbente y tiránica, y reclama de sus adeptos una entrega total” (M. 
VARGAS LLOSA, La literatura es fuego in Contra viento y marea, Seix Barral, Barcelona, 
1983, I, p.177). 
7
 M. VARGAS LLOSA, La orgía perpetua: Flaubert y Madame Bovary, Seix Barral, 
Barcelona, 1975. 
8
 M. VARGAS LLOSA, García Márquez: historia de un deicidio, Editores Barral, Barcelona, 
1971. 
9
 M. VARGAS LLOSA, La utopía arcaica: José María Arguedas y las ficciones del 
indigenismo, Fondo de Cultura Económica, Méjico D. F., 1996. 
10
 M. VARGAS LLOSA, La fiesta del Chivo, Alfaguara-grupo Santillana de ediciones, 
Madrid, 2000. 
 8
a) La nascita della vocazione artistica 
La passione per la letteratura, per la parola intesa come mezzo 
eccelso per esprimere ed esorcizzare i malesseri dell’anima, oltre ad 
essere un istinto naturale, potrebbe aver avuto origine, come lo 
stesso Vargas Llosa ha ipotizzato molti anni più tardi, dalla forte 
avversione che il padre dello scrittore (separato dalla moglie e 
totalmente assente negli importanti anni dell’infanzia) nutriva verso 
questo tipo di arte “effimera”
11
. In effetti, come lui stesso racconta 
nella sua autobiografia, El pez en el agua
12
, il voler alimentare la 
propria curiosità intellettuale, in maniera quasi ostinata, era la 
maniera migliore per indispettire il padre, il quale, tra l’altro, era 
ricomparso all’improvviso nella vita dello scrittore (quando questi 
aveva già dieci anni), riprendendo bruscamente le redini della 
famiglia e rivelandosi dispotico, frustrato e “machista”. Tutto ciò 
fece sì che la comunicazione tra i due fosse praticamente nulla e 
quel periodo per Vargas Llosa significò il passaggio dall’età della 
spensieratezza all’improvvisa presa di coscienza della realtà.  
                                                          
11
 A quanto pare, il padre si preoccupava di nascondere anche gli antenati con affinità 
intellettuali. Racconta Vargas Llosa: “un día descubrí que entre mis antepasados había un 
historiador y profesor universitario, algo que mi padre, con su fobia anti-intelectual, me había 
ocultado” (M. VARGAS LLOSA, La historia interminable in AA.VV., Mario Vargas Llosa: 
opera omnia, edizione di A. M. Hernández de López, Pliegos, Madrid, 1994, p.15). Ad onor 
del vero, lo scrittore peruviano ha riconosciuto che tale diffidenza verso la letteratura non era 
una prerogativa esclusiva del padre, bensì  un atteggiamento comune a tutta la società 
latinoamericana di quegli anni: “algunos [gli scrittori] consiguieron vencer la hostilidad, la 
indiferencia, el menosprecio de nuestros países por la literatura (…). Como regla general, el 
escritor latinoamericano ha vivido y escrito en condiciones excepcionalmente difíciles, porque 
nuestras sociedades habían montado un frío, casi perfecto mecanismo para desalentar y matar 
en él la vocación”  (M.VARGAS LLOSA, La literatura es fuego in Contra viento y marea, I, 
op. cit., p.177).   
12
 M. VARGAS LLOSA, El pez en el agua, Seix Barral, Barcelona, 1993. 
 9
D’altra parte, fu proprio la decisione del genitore, preoccupato 
per le pericolose inclinazioni letterarie dell’adolescente, di 
mandarlo a studiare nel temibile collegio militare Leoncio Prado di 
Lima ad essere la causa indiretta del successo di questo scrittore: 
infatti, sarebbe stata l’esperienza in questo Istituto a dare a Vargas 
Llosa lo spunto, le motivazioni e parte del materiale umano per il 
romanzo che lo avrebbe consegnato alla fama internazionale: La 
ciudad y los perros
13
.  
Prima di stabilirsi con la famiglia ormai ricongiunta a Lima, 
Vargas Llosa, nato nel 1936 ad Arequipa, città coloniale nelle 
Ande, aveva vissuto esclusivamente con la madre, la quale l’aveva 
portato con sé prima in Bolivia e poi a Piura, città costiera nel nord 
del Perù. Qui si era fermato soltanto due anni, ma il paesaggio, la 
gente, le abitudini del posto lo avevano segnato così profondamente 
da rappresentare un capitolo importante della sua formazione 
intellettuale e della sua percezione del mondo, tanto che Piura 
sarebbe tornata spesso nei suoi scritti, come l'ambientazione 
privilegiata. Egli infatti, in questa intervista, rivela il peso 
preponderante che possono avere certi avvenimenti e luoghi, se 
presenti in una particolare fascia d’età: 
“yo he arrastrado por el mundo una relación (con el Perú) que 
ha sido decisiva porque se gestó en la infancia, en la juventud. 
El hecho que yo haya escrito tanto sobre Piura, (…) tiene que 
                                                          
13
 M. VARGAS LLOSA, La ciudad y los perros, Seix Barral, Barcelona 1963. 
 10
ver con una época en mi vida que me marcó muchísimo, entre 
otras cosas porque en esa época se definió mi vocación, 
comencé a escribir, me di cuenta que lo que me importaba en 
la vida era la literatura y todo esto está asociado a un paisaje, a 
unas gentes, a una manera de hablar, hasta a amistades que han 
constituido, pues, una fuente riquísima para mí de inspiración 
literaria”.
14
  
Da una affermazione del genere si ravvisa un riferimento al 
carattere realista (qui da intendersi come contaminazione con le 
esperienze personali) delle sue opere, che non sfuggono quasi mai 
al richiamo biografico, alla realtà vissuta filtrata dalla memoria e 
dove anche le amicizie del passato possono trovare una loro 
collocazione nella galleria dei personaggi, non però come figure 
meramente copiate dalla realtà, ma considerate in un primo 
momento come fonte di ispirazione e poi ripensate, rielaborate
15
. 
Il primo anno di permanenza a Piura fu quello 
immediatamente anteriore al ricongiungimento dei genitori, 
dopodiché ebbe luogo il trasferimento nella capitale peruviana, che 
significò per Vargas Llosa il passaggio all’età adulta e, più tardi, nel 
                                                          
14
 Vargas Llosa in ADA PASTOR DE ROSCOE, Entrevista con Mario Vargas Llosa in 
“Explicación de textos literarios: número especial sobre Mario Vargas Llosa, un infatigable 
narrador”, n°2, Sacramento, 1996/97, p. 8. 
15
 A proposito dei “demoni” che costellano tutta l’opera vargasllosiana non sorprende il fatto 
che una delle costanti più frequenti è la figura del padre autoritario, maschilista e “machista”. 
Alcuni personaggi, addirittura, si trovano a vivere lo stesso tipo di esperienza dello scrittore: 
“la ausencia del padre y el brusco reencuentro con éste cuando el hijo tiene ya diez años, han 
influido en el escritor profundamente, puesto que varios de sus personajes ficticios (Richi en 
La ciudad, Ambrosio en Conversación, Mayta en Historia de Mayta…) sufren el mismo 
 11
1950, il brutale incontro con alcune tragiche realtà della vita, quali 
la violenza, l’ingiustizia e la sopraffazione, conosciute nel 
microcosmo peruviano rappresentato dal Leoncio Prado. Prima del 
secondo soggiorno a Piura, per il compimento degli studi secondari, 
Vargas Llosa aveva già iniziato, presso la redazione di “La crónica” 
a Lima, a lavorare come giornalista, professione che soddisfaceva il 
suo irrefrenabile impulso a scrivere. Anche il periodo 
dell’esperienza giornalistica avrebbe trovato un’adeguata 
rappresentazione nella sua narrativa: in Conversación en La 
Catedral Vargas Llosa racconterà, con adeguate trasformazioni, la 
vita notturna condivisa con gli amici e colleghi del giornale e le 
serate “bohémiennes” per i locali di Lima. A Piura proseguì la sua 
attività di  giornalista e trascorse, presso gli zii, il miglior anno della 
sua vita, per il grande entusiasmo intellettuale e vitale che significò 
quel periodo; poté anche rappresentare, tra l’altro,  la sua prima 
opera, un pezzo teatrale: La huida del inca . 
Di ritorno a Lima, si iscrisse alla facoltà di Lettere 
dell’Università San Marcos, ma contemporaneamente studiava 
anche Legge, per procurarsi un’attività alternativa a quella di 
scrittore, dato che il Perù della dittatura di Odría non gli avrebbe 
permesso di vivere di sola letteratura. Un po’ come Saúl Zuratas in 
El Hablador, che studia Etnologia, la sua passione, e Diritto, per la 
tranquillità del padre. Gli anni dell’università furono quelli della 
militanza nel Cahuide, gruppo marxista formato da studenti (ancora 
                                                                                                                                                         
trauma” (R. GNUTZMANN, Cómo leer a Mario Vargas Llosa, edizioni Júcar, Madrid, 1992, 
p. 10).   
 12
un’esperienza che avrebbe trovato posto in Conversación), 
dell’amicizia con Abelardo Oquendo e soprattutto con Luis Loayza, 
che gli fece conoscere una letteratura ispanoamericana (quella di 
Borges, Bioy Casares, Octavio Paz tra gli altri) diversa da quella 
studiata nelle aule universitarie; furono anche gli anni in cui 
l'attrazione verso i libri, espressa nel duplice atteggiamento di 
lettore appassionato (soprattutto di maestri come Dos Passos, 
Faulkner, Malraux, Camus e Sartre) e di aspirante romanziere, 
s’impose definitivamente, con grande disappunto del padre. Ma una 
delusione ben più grande toccò al genitore: a soli diciannove anni 
Vargas Llosa s’innamorò e sposò una zia – per l’esattezza acquisita, 
perché cognata dello zio carnale- di tredici anni più anziana: Julia 
Urquidi, la protagonista inconsapevole de La tía Julia y el 
escribidor del 1977. Negli anni del matrimonio Vargas Llosa arrivò 
a svolgere ben sette lavori contemporaneamente: tra i più 
significativi, quello di direttore dell’informazione alla Radio 
Panamericana, esperienza i cui ricordi sarebbero confluiti proprio 
nel romanzo appena citato; e poi assistente per la cattedra di 
Letteratura peruviana e redattore di articoli letterari su importanti 
riviste culturali. Gli ultimi due furono fondamentali, perché gli 
permisero di approfondire le conoscenze sugli scrittori suoi 
connazionali  e lo fecero entrare in contatto con molti di essi, ad 
esempio con José María Arguedas, che Vargas Llosa ebbe 
occasione di intervistare.