4 
Introduzione. 
 
«Questa è filosofia. Non ci capisco una parola. Ma questa è filosofia»
1
.  
Queste parole del fisico e filosofo C. F. Weizsäcker esprimono 
adeguatamente la prima impressione che si ha avvicinandosi all‟opera di 
Martin Heidegger. 
 Il confronto con il suo pensiero costituisce un‟esperienza che può spaesare 
e scoraggiare il lettore. L‟ermeticità del suo discorso e le sue 
sperimentazioni linguistiche sembrano essere, di primo acchito, ostacoli 
insormontabili e solo un‟attenta e paziente frequentazione dei suoi testi 
consente di appianare questi monti apparentemente invalicabili. Chi fosse 
abbastanza curioso e tenace da accettare la sfida e non abbandonare il 
campo si troverebbe poi coinvolto e affascinato dal pensiero innovatore e 
sperimentatore di questo autore. 
Il tentativo di ripercorrere e ricostruire il percorso speculativo di Heidegger 
richiede un ingente investimento di energie: la tortuosità del ragionamento 
e dell‟esposizione si accompagna a una produzione discontinua, costituita 
da corsi universitari, saggi, conferenze e trattati, alcuni dei quali rimasti 
incompiuti o tronchi
2
, che rispecchiano l‟andamento di un pensiero che si 
sottrae alle contrapposizioni concettuali che caratterizzano la tradizione 
filosofica. Esso non può essere etichettato come razionalistico né bollato 
                                                 
1
 C. F. Weizsäcker assistendo a una lezione di Heidegger. L‟aneddoto è stato citato 
in più sedi. In questo caso si è fatto riferimento a G. Neske (hg. v.), Erinnerungen 
an Martin Heidegger, Pfullingen 1977, p. 239. 
2
 Cfr. Sein und Zeit [1927, M. Niemeyer Verlag, Tübingen 2006 (Essere e tempo, a. 
c. di P. Chiodi, UTET, Torino 1993)] e Beiträge zur Philosophie (Vom Ereignis) [V. 
Klostermann Verlag, Frankfurt a. M. 1989 (Contributi alla filosofia (Dall‟evento), a 
c. di F. Volpi, Adelphi, Milano 2007 )], ma anche i corsi universitari Die 
Grundprobleme der Phänomenologie [1927, V. Klostermann GmbH, Frankfurt a. 
M. 2005 (I problemi fondamentali della fenomenologia, a. c. di A. Fabris, Il 
Melangolo, Genova 1988)] e Die Grundbegriffe der Metaphysik. Welt – Endlichkeit 
– Einsamkeit (1929/‟30) [V. Klostermann Verlag, Frankfurt a. M. 1983 (Concetti 
fondamentali della metafisica. Mondo – Finitezza - Solitudine, a. c. di P. Coriando, 
Il Melangolo, Genova 1992)].
5 
come irrazionalistico perché, se da una parte non segue il procedere logico 
delle scienze, dall‟altra non intende nemmeno opporsi ai suoi predecessori o 
negare il valore della tradizione filosofica antecedente.  
Seguendo lo sviluppo del pensiero heideggeriano ci rende conto che esso 
lascia aperte molte questioni. Questo però non costituisce tanto una sua 
carenza quanto una conseguenza del suo carattere: si tratta del prezzo da 
pagare per un pensiero che è passione per il domandare ed esperienza 
dell‟Essere nelle forme in cui esso si manifesta. Per questo Heidegger 
afferma la necessità di impiegare, quale chiave di lettura del suo pensiero, il 
criterio di “all‟indietro e in avanti”
3
: la sua non è un‟opera che possa essere 
costretta entro gli argini di un corso lineare, anzi va letta prestando 
attenzione alle tendenze fondamentali e muovendosi con essa in circolo.  
Chi tentasse, come molti interpreti hanno fatto, di suddividere lo sviluppo 
della riflessione heideggeriana in una prima e in una seconda fase si 
troverebbe di fronte a due difficoltà fondamentali: in primis risulta 
artificioso porre in relazione tra loro le due parti della suddivisione, 
secondo poi all‟interno delle due presunte fasi emerge una molteplicità di 
nodi tematici, problemi e termini di confronto che non può essere 
catalogabile coerentemente con la bipartizione.  
Infatti la provvisorietà che ne contraddistingue la struttura e l‟attuazione 
sottrae il pensiero di Heidegger a qualunque inquadramento o 
classificazione: l‟autore, per sua stessa ammissione, non intende proporre 
una visione del mondo o una filosofia della storia e rinuncia a qualsiasi 
determinazione statica e definitiva del filosofare, perché la sua 
                                                 
3
 "Nach rückwärts und vorwärts". Cfr. la lettera indirizzata da Heidegger a K. 
Löwith del 20.8.1927 (D. Papenfuss, O. Pöggeler, a.c. Zur philosophischen 
Aktualität Heideggers, vol. 2, Im Gespräch der Zeit, Klostermann, FF. a. M. 1990, 
pp. 33-38), oppure M. Heidegger, Unterwegs zur Sprache [V. Klostermann Verlag, 
Frankfurt a. M., 1985 (In cammino verso il linguaggio, a. c. di A. Caracciolo, 
Mursia, Milano 1990, trad. it. p. 91)].
6 
preoccupazione principale è quella di tenere l‟uomo aperto e disponibile per 
il possibile, oltrepassando i limiti della visione tecnico-scientifica. Per il 
nostro autore si tratta di imparare a pensare nuovamente e di fare 
esperienza del domandare per fuoriuscire dalle ripetute e ripetitive 
opposizioni che costellano la tradizione (irrazionalismo e razionalismo, 
idealismo e realismo, et similia) per percorrere nuove strade che 
ridefiniscano l‟essenza dell‟uomo.  
Perché questa è la peculiarità del pensiero di Heidegger: quella di essere un 
cammino, un “erramento”, un “work in progress”
4
. Basti pensare ai titoli di 
alcuni suoi scritti: Wegmarken
5
, Holzwege
6
, Feldweg-Gespräche
7
, 
Unterwegs zur Sprache
8
, Der Feldweg
9
. «Wege – nicht Werke»
10
: questo è 
il titolo che l‟autore avrebbe voluto dare a quella che è poi diventata la sua 
Gesamtaufgabe, l‟edizione completa delle sue opere, proprio perché il suo 
intento non era quello di costruire un sistema o proporci una visione del 
mondo, bensì affidarci degli itinerari da seguire e da tracciare, a partire 
dalle impronte lasciate da lui e in direzione del pensiero dell‟Essere. Ed è 
con la consapevolezza di non poter avere riscontro ed effetto concreto che 
Heidegger si pone nei confronti del pensiero futuro. 
A proposito della lettura del pensiero heideggeriano "nach rückwärts und 
vorwärts", ci sembra significativa l‟osservazione di V. Vitiello:  
«Percorsa una via (…) Heidegger si volge indietro, o di lato, a tentare altri 
percorsi. La via lasciata non è però abbandonata. Nel suo peregrinare 
                                                 
4
 W. Franzen parla di un «particolare lasciare-in sospeso (…) sistematicamente 
praticato da Heidegger» [W. Franzen, Ripensamenti. Breve esame a distanza della 
filosofia heideggeriana, in M. Ruggenini (a.c.), Heidegger e la metafisica, Marietti, 
Genova 1991, pp.141 -162 (p. 152)].  
5
 Segnavia (1919-1961). 
6
 Sentieri interrotti (1935-1946). 
7
 Dialoghi di sentieri di campagna (1944-1945). 
8
 In cammino verso il linguaggio (1950-1959). 
9
 Il sentiero di campagna (postumo). 
10
 «Itinerari, non opere». V. Vitiello osserva che «il titolo rende fedelmente il senso 
della sua esperienza di pensiero. Pensiero itinerante, errante» [V. Vitiello, 
Heidegger: l‟Oggettività del mondo, in Heidegger e la metafisica, cit., pp. 277 -294 
(p. 288)].
7 
questo instancabile viator non dimentica i luoghi già attraversati ed 
esplorati (…). Perciò non è raro ritrovare nei nuovi itinerari orme e tracce 
del precedente cammino»
11
.  
Ciò che questo lavoro si prefigge di fare è cercare di ripercorrere i sentieri 
battuti da Heidegger districandoli uno dall‟altro, per quanto possibile, per 
poterne meglio indagare lo sviluppo e i punti nevralgici. Il summenzionato 
carattere di provvisorietà di questo pensiero e la sua ricchezza di temi, 
spunti e rimandi non solo ne impediscono la catalogazione, ma ne rendono 
difficoltoso anche lo smembramento. È tuttavia pressoché impossibile 
prendere in considerazione tutta l‟opera di Heidegger e soffermarsi su ogni 
questione da essa aperta senza peccare di dispersività e superficialità. Per 
questo motivo si è deciso di concentrarsi su quella che si ritiene essere la 
questione più problematica e ricca di spunti di riflessione e ripercussioni 
entro il pensiero di questo autore: il suo travagliato rapporto con il 
soggettivismo e il pensiero dell‟alterità. Al tempo stesso si è inquadrata la 
questione entro una parte della produzione heideggeriana: quella che si 
estende dai primi corsi tenuti a Friburgo nel 1919 alla metà degli anni 
Trenta, alle soglie del cosiddetto “pensiero della svolta”. La scelta di 
circoscrivere l‟analisi ad un arco di tempo limitato e non all‟intera opera di 
Heidegger ha due motivazioni fondamentali: innanzitutto gli anni 1919-
1935 sono quelli in cui l‟autore non perviene ancora al superamento del 
soggettivismo e al pensiero dell‟alterità e si tratta, quindi, del periodo in cui 
il tema affrontato si rivela più problematico e offre più itinerari possibili da 
percorrere; in secondo luogo la selezione applicata risponde all‟esigenza di 
rendere la trattazione più coerente e meno dispersiva possibile. 
Chi scrive ha operato le scelte sopracitate con la consapevolezza della 
difficoltà di estrapolare dal percorso heideggeriano un aspetto piuttosto che 
un altro senza sacrificarne il senso: il carattere stesso della riflessione del 
                                                 
11
 Ivi, pp. 288-289.
8 
nostro autore, che non costituisce un sistema ordinato e concluso ma 
piuttosto un continuo interrogare senza fine, fa sì che al suo interno siano 
individuabili molteplici aspetti, interessi e temi saldamente intrecciati tra 
loro, che si richiamano vicendevolmente e rimandano l‟uno all‟altro. Per 
tanto è ben difficile parlare del rapporto di Heidegger con il soggettivismo 
senza almeno accennare al suo confronto con la fenomenologia e, in 
particolare, con E. Husserl, così come si rivela imbarazzante seguire 
l‟analitica esistenziale di Sein und Zeit senza soffermarsi sulle pagine 
dedicate alla temporalità. L‟esigenza di svolgere un lavoro che fosse 
esaustivo ma non dispersivo ha purtroppo costretto a liquidare alcune 
questioni con brevi accenni e rimandi, riservandosi di svilupparle e 
approfondirle in altra sede. 
Quanto si intende dimostrare è il legame di filiazione tra concezione e 
sviluppo del problema cosmologico da parte di Heidegger e l‟impossibilità 
per lui di pensare gli altri in un rapporto di parità e cooriginarietà con 
l‟Esserci, cui sono legate le difficoltà da lui incontrate nell‟attuare il tanto 
auspicato e più volte annunciato supermento del soggettivismo moderno: a 
partire da un‟idea di mondo come unità dell‟esperienza del sé, prima, e di 
orizzonte di significatività dell‟essere dell‟uomo, poi, come avrebbe potuto 
l‟autore pensare l‟alterità dell‟Essere e del mondo stesso rispetto a un uomo 
ancora detentore del senso delle cose? Come avrebbe potuto pensare il 
rapporto tra questo uomo e gli altri a lui simili se non come rapporto di 
dominio dell‟uno sugli altri o viceversa? 
Si è deciso di articolare il presente lavoro secondo tre nuclei tematici 
fondamentali, a ciascuno dei quali è stato dedicato un capitolo: la questione 
cosmologica (capitolo 1); la concezione del rapporto dell‟uomo alla realtà, 
che dipende immediatamente dal modo in cui Heidegger pensa il mondo 
(capitolo 2) e la conseguente subordinazione tanto del problema dell‟Essere
9 
quanto del pensiero degli altri e dell‟altro al protagonismo del soggetto-
Dasein. 
Si darà precedenza alla trattazione della concezione cosmologica di 
Heidegger rispetto agli altri due temi in quanto essa è funzionale alla 
comprensione del rapporto che l‟autore istituisce tra uomo e realtà e, 
soprattutto, degli elementi che gli impediscono, almeno nell‟arco di tempo 
qui preso in considerazione, di guadagnare il pensiero dell‟altro uscendo 
dall‟alveo del soggettivismo. Si seguirà il cammino di Heidegger dall‟idea di 
mondo come unità dell‟esperienza vissuta, nelle lezioni friburghesi degli 
anni Dieci e Venti, a quella che lo vede come apertura della comprensione 
dell‟essere, in Sein und Zeit e nei corsi di Marburgo coevi all‟opera, fino alla 
concezione del mondo come trascendente, in Vom Wesen des Grundes
12
, e 
al progressivo abbandono della questione nel corso degli anni Trenta in 
concomitanza dello sviluppo del pensiero della “svolta”. A riprova della 
difficoltà di isolare tra loro le tematiche affrontate dalla riflessione 
heideggeriana, contestualmente all‟indagine sul mondo e sull‟essere-nel-
mondo in Sein und Zeit si renderà necessario chiarire anche la 
caratterizzazione dell‟essere dell‟uomo in termini di esistenza, anticipando 
l‟analisi della comprensione e dell‟essere-con-altri. Si accennerà anche alla 
questione della verità e al suo rapporto con l‟Essere, gettando uno sguardo 
verso l‟idea dell‟opera d‟arte come luogo in cui avviene il disvelamento 
dell‟ente
13
. 
Nel capitolo successivo si è darà spazio allo sviluppo del rapporto dell‟uomo 
con la realtà a partire dal confronto di Heidegger con la problematica 
fenomenologica negli anni Venti, prendendo in considerazione 
                                                 
12
 Vom Wesen des Grundes, in Wegmarken, V. Klostermann Verlag, Frankfurt a. M. 
1967 [Dell‟essenza del fondamento, in Segnavia, a. c. di F. Volpi, Adelphi, Milano 
2008, pp. 79-131]. 
13
 Cfr. Ursprung des Kunstwerkes, in Holzwege, Klostermann Verlag, Frankfurt a. M. 
1950 [L‟origine dell‟opera d‟arte, in Sentieri interrotti, a. c. di P. Chiodi, La Nuova 
Italia Ed., Firenze 1968, cit., pp. 3-69].
10 
l‟interpretazione che l‟autore propone di concetti quali esperienza vissuta 
(Erlebnis), esperienza (Erfahrung), vita (Leben) e realtà (Wirklichkeit). In 
particolare quest‟ultimo concetto si è rivelato di difficile ricostruzione, in 
quanto Heidegger non ne parla esplicitamente e ce ne suggerisce, nelle sue 
lezioni e trattati, interpretazioni poco coerenti tra loro. Parallelamente 
all‟indagine di queste tematiche si cercherà di chiarire il carattere 
pragmatico che Heidegger conferisce al conoscere, pensandolo come 
prendersi cura e comprensione, mettendo in luce come questa presa di 
distanza dall‟approccio teoretico non risolva il problema di un sé conferente 
senso alle cose. In merito al rapporto conoscitivo dell‟uomo con la realtà 
verrà ripreso il tema della verità come disvelamento dell‟ente, che tanta 
parte ha nel cammino che conduce Heidegger al ripensamento del rapporto 
tra Essere ed esistenza. 
Da ultimo si cercherà di tirare le fila del discorso, mettendo insieme tutti gli 
elementi raccolti a sostegno della tesi secondo la quale Heidegger avrebbe 
mancato il pensiero degli altri. Dopo aver ripercorso, ancora una volta e da 
una nuova angolatura, l‟opera dell‟autore dai primi corsi di Friburgo alla 
metà degli anni Trenta, sottolineando la centralità del sé, prima, e 
dell‟essere dell‟uomo come esistenza, poi, nonché la subordinazione della 
Seinsfrage all‟analitica esistenziale e il ruolo marginale assegnato agli altri, 
si getterà uno sguardo al di là della “svolta”: dopo vari ripensamenti 
Heidegger arriva finalmente, grazie all‟incontro con la poesia di Hölderlin e 
il pensiero di Eraclito, a fare esperienza della dimensione differenziale del 
linguaggio e a guadagnare il pensiero dell‟alterità dell‟Essere, mancando 
tuttavia ancora il rapporto ad altri nella loro irriducibilità all‟attività 
conoscitiva del soggetto. 
Un‟ attenzione particolare verrà riservata, nel complesso, all‟opera del 1927 
perché, se è vero che i presupposti per il mancato superamento del 
soggettivismo vengono gettati da Heidegger sin dagli scritti degli ultimi
11 
anni Dieci, è soprattutto in Sein und Zeit che il problema si rende manifesto 
e che, al tempo stesso, l‟autore lascia le indicazioni per imboccare il sentiero 
che conduce al ripensamento dell‟alterità.
12 
1. Il mondo. 
La peculiarità del pensiero heideggeriano di essere un “erramento” non si 
ripercuote solo sulla struttura del discorso di questo autore che, come si è 
poc‟anzi ricordato, risulta a-sistematico e continuamente in fieri, ma è 
evidente soprattutto nel modo in cui egli approccia questioni, temi e 
concetti. Infatti chi cercasse, lungo il percorso della riflessione 
heideggeriana, definizioni e idee in sé concluse rimarrebbe deluso: temi, 
termini e concetti vengono ripetutamente rivisti, re-interrogati, ripensati e 
rimaneggiati dall‟autore, che imboccato un sentiero è pronto ad 
abbandonarlo, per poi riprenderlo nuovamente.  
L‟interrogazione di Heidegger prende sempre le mosse dal confronto con la 
tradizione metafisica, si snoda lungo ampie ricostruzioni dei suoi concetti-
cardine e prosegue senza pervenire a una meta definitiva. E la questione 
cosmologica non fa eccezione. 
In più occasioni Heidegger esprime la necessità di distinguere un concetto 
fenomenologico del mondo da quello pre-filosofico e volgare e si ripropone 
di rimediare alle carenze della metafisica, che egli accusa di dare per 
scontato il mondo: 
«Aber fragen wir hierbei ontologisch nach der "Welt"? Die gekennzeichnete 
Problematik ist ohne Zweifel ontologisch. Allein wenn wir ihr selbst die 
reinste Explikation des Seins der Natur gelingt, in Anmessung an die 
Grundaussagen, die in der mathematischen Naturwissenschaft über dieses 
Seiende gegeben werden, diese Ontologie trifft nie auf das Phänomen 
"Welt"»
14
. 
«Wir müssen (…) den phänomenologischen Weltbegriff streng vom 
vulgären vorphilosophischen Begriff von Welt unterscheiden, wonach Welt 
das Seiende selbst, die Natur, die Dinge und das All des Seienden meint»
15
. 
«Per orientarci nel fenomeno trascendentale del mondo illustreremo prima 
(…) i significati fondamentali che emergono nella storia del concetto di 
mondo. Per concetti così elementari, il significato comune non è quasi mai 
                                                 
14
 Sein und Zeit ,op. cit. p. 63. 
15
 Die Grundprobleme der Phänomenologie, op. cit. pp. 235-236.
13 
quello originario ed essenziale. Quest‟ultimo viene continuamente 
occultato, e solo raramente e diffic ilmente giunge all‟altezza del suo 
concetto»
16
. 
Nonostante le dichiarazioni di intenti nemmeno Heidegger riesce a 
pervenire a un concetto di mondo lineare ed esauriente, rischiando di dare 
l‟impressione che la sua riflessione sia inconcludente. Anche W. Biemel 
osserva che il nostro autore, pur avendo gettato le basi di una problematica 
del mondo e aperto la strada a un‟analisi filosofica dell‟essenza del mondo, 
non ha fornito delle analisi dettagliate del mondo stesso: 
«Il [Heidegger, ndr.] a jeté les fondements d‟une problématique du monde; 
il a ouvert les voies à une analyse philosophique de l‟essence véritable de ce 
que nous appelons le monde; ce monde qui est pour nous, d‟une certaine 
manière, ce qu‟il y a de plus proche, et que nous manquons cependant 
toujours d‟apercevoir; malheureusement, il a négligé jusqu‟ici d‟eu donner 
des analy ses plus détaillées»
17
.  
È tuttavia possibile individuare una costante nell‟approccio di Heidegger 
alla problematica cosmologica, che consiste nel non mirare a descrivere il 
mondo ma a indagarne la struttura essenziale.  
L‟interrogazione sul mondo nasce in seno alla riflessione sulla filosofia 
come fenomenologia, questione che anima le lezioni friburghesi del 
professor Heidegger negli anni 1919/‟23 e che conduce l‟autore ad 
abbozzare alcuni dei grandi temi strutturali del suo opus magnum: la 
fattualità della vita, l‟abbandono del primato della coscienza attraverso la 
concezione dell‟Esserci come essere-nel-mondo, la situazione della cura e 
l‟essere con altri.  
La questione cosmologica, centrale in questi anni, verrà subordinata nel 
periodo di Marburgo (1923/‟28) e negli anni Trenta a quella del senso 
                                                 
16
 Vom Wesen des Grundes, op. cit., trad. it. cit. p. 98. 
17
 W. Biemel, Le concept de monde chez Heidegger, Vrin, Paris 1950, p. 175.  
Biemel osserva, inoltre, che Heidegger ha mancato di prendere in considerazione 
alcune problematiche legate a quella generale del mondo: per esempio la relazione 
esistente tra il mondo storico di una data epoca e i diversi mondi personali di coloro 
i quali vi vivono; oppure la relazione intercorrente tra mondo scientifico e mondo 
poetico, o tra quest‟ultimo e il mondo filosofico (ivi, pp. 176-177).
14 
dell‟essere
18
 e al problema del superamento (Überwindung) della 
metafisica
19
, per poi rientrare nella riflessione sulla tecnica. A partire dalla 
seconda metà degli anni Trenta si profilerà, infatti, la denuncia della 
riduzione del “mondo” a un non-mondo, a un‟immagine, in seguito 
all‟abbandono dell‟essente da parte della verità dell‟essere e del dominio 
dell‟efficacia entro il quale il mondo non mondeggia più
20
.  
 
1.1. Questione cosmologica e fenomenologia. 
1.1.1. Per un‟ermeneutica della fatticità. 
L‟obiettivo che Heidegger persegue durante gli anni di Friburgo è quello di 
guadagnare un concetto di fenomenologia tale da superare le aporie di 
Husserl, reo di non aver riconosciuto il ruolo del mondo e di averlo, anzi, 
ridotto al soggetto trascendentale privilegiando la dimensione della 
conoscenza e non cogliendo la reciproca implicazione e connessione di vita 
e mondo nell‟esperienza. Heidegger conserva la visione husserliana della 
filosofia come scienza originaria libera da presupposti ma non, come pensa 
il maestro, perché essa sia determinata dall‟approccio teoretico, bensì 
perché essa lascia emergere ciò che sta all‟origine dell‟atteggiamento 
teoretico stesso, ovvero l‟ambito della vita concreta
21
.  
                                                 
18
 Tuttavia in Die Grundprobleme der Phänomenologie del 1927 Heidegger afferma 
ancora che il chiarimento del concetto di mondo è uno dei compiti fondamentali 
della filosofia:  
«Die Aufklärung des Welt-Begriffs ist eine der zentralsten Aufgaben der 
Philosophie» (p. 234). 
19
 Cfr. Die Grundbegriffe der Metaphysik (op. cit.); Ursprung des Kunstwerkes 
(op. cit.); Vorträge und Aufsätze [Verlag G. Neske, Pfullingen 1957 (Saggi e 
discorsi, a. c. di G. Vattimo, Mursia, Milano 2006)]. 
20
 Cfr. L‟oltrepassamento della metafisica (1936/‟44) [in Vorträge und Aufsätze 
(trad. it. cit., pp. 60-61)] e Die Zeit des Weltbildes (1938) [in Holzwege, cit. 
(L‟epoca dell‟immagine del mondo, in Sentieri interrotti, cit., p. 71-101), trad. it. cit. 
p. 87]. 
21
 «Il senso dell‟originarietà non è un‟idea extra- o sovra-storica, ma si evidenzia nel 
fatto che la stessa assenza di presupposti può essere raggiunta solo con 
un‟autocritica che sia effettivamente (faktisch) e storicamente orientata» 
[Anmerkungen zu Karl Jaspers‟ “Psychologie der Weltanschauungen” , in