2
in maglia, e le aziende che producono indumenti esterni, 
biancheria personale ed accessori per vestiti, comunemente 
denominate quest’ultime, aziende di confezione o 
d’abbigliamento. 
I due settori in esame, fortemente sviluppati e localizzati 
nelle aree del Centro-Nord fin dall’inizio del XX secolo, 
rappresentano, ormai da tempo, l’asse portante dell’economia 
della città di Barletta. Situata sull’Adriatico, al limite 
settentrionale della provincia di Bari, Barletta è tra le zone di 
maggiore concentrazione industriale della Puglia con un tessuto 
manifatturiero caratterizzato da una prevalenza di aziende di 
media-piccola dimensione, dalla dominanza delle produzioni di 
tipo tradizionale ad alta intensità di lavoro, dalla omogeneità tra 
struttura industriale e fasce consistenti di artigianato 
manifatturiero e dalla origine locale della imprenditorialità. 
Stando ai dati forniti dall’INPS nell’anno 2000 relativi 
all’area barlettana, il ramo economico prevalente è quello 
industriale che conta ben 7.485 occupati, ossia il 40% della 
popolazione attiva. 
 3
Il comparto industriale maggiormente rappresentato è 
proprio quello del made in Italy che conta complessivamente 
1.085 aziende con un totale di 5.614 occupati. I settori più 
rappresentativi sono quelli calzaturiero e tessile. Il comparto 
della calzatura, la più grande industria barlettana, conta ben 341 
aziende con 3.279 occupati. Le aziende tessili esistenti sono in 
totale 722 con 2.335 occupati. Il settore tessile barlettano è 
composto in prevalenza da maglifici e da confezioni che sono in 
numero, rispettivamente, di 367 e 355. 
Le altre attività industriali sono rappresentate dall’industria 
metalmeccanica dove operano 205 aziende, con 900 occupati, le 
industrie alimentari e della pasta che contano 50 aziende con 355 
occupati e l’industria del legno e del mobile che è rappresentata 
da 75 aziende e 310 occupati. L’altro ramo economico 
importante è quello agricolo (in prevalenza le attività olivicole e 
vitivinicole) che viene ancora svolto prevalentemente a livello 
individuale. 
E’ anche molto sviluppata l’industria delle costruzioni, che 
conta nell’area ben 457 aziende con 1.480 occupati (circa il 10% 
della popolazione attiva). Il commercio è rappresentato da 1.854 
 4
aziende tra ditte all’ingrosso e ditte al dettaglio, con un totale di 
3.595 occupati. Le altre attività economiche presenti, aziende 
creditizie, assicurative, finanziarie, d’informatica e i vari servizi 
della pubblica amministrazione, concludono il quadro generale 
dell’economia barlettana. 
Alla luce dei dati esposti, risulta che i settori calzaturiero e 
tessile rappresentano il 75% delle attività industriali in termini 
numerici d’imprese, con un’occupazione pari al 70% dell’intera 
industria manifatturiera locale, che incide per il 30% sulla 
popolazione attiva.
1
 
Al fine di fornire una visione d’insieme il più possibile 
esauriente, pensiamo sia indispensabile partire dalle origini, da 
quando cioè i settori calzaturiero e tessile si sono resi 
protagonisti a Barletta dagli anni ’70 agli anni ’90, ed elaborare 
una ricostruzione storica, cercando di individuare le condizioni 
che ne hanno permesso lo sviluppo, in particolare, cercheremo di 
illustrare il ruolo in dotazione dei fattori produttivi, il tema dei 
canali per l’apprendimento tecnologico, dei processi imitativi, 
                                                 
1
 L’analisi esposta sulla struttura economica barlettana deriva da un’elaborazione di dati 
forniti dall’INPS riguardanti il Comprensorio Nord Barese comprendenti i comuni di 
Barletta, Andria, Bisceglie, Canosa, Corato, Minervino, Ruvo di Puglia e Spinazzola. 
 5
delle migrazioni di ritorno, del decentramento produttivo e degli 
investimenti diretti nell’area barlettana. 
Individueremo il ruolo trainante di alcune aziende che 
hanno favorito, nella fase iniziale, lo sviluppo dei due settori e 
permesso di raggiungere sufficienti soglie di domanda sul 
mercato nazionale e internazionale. Non mancheremo, in tale 
contesto, di descrivere la struttura occupazionale, con particolare 
riferimento ai lavoratori del settore in esame. 
Dopo aver delineato l’evoluzione delle strategie adottate 
nei settori esaminati, analizzeremo i case histories di alcune 
aziende leaders dei settori che si sono particolarmente distinte nel 
passato. 
Per quanto riguarda la raccolta dei dati sul numero delle 
aziende esistenti e che hanno cessato l’attività dagli anni ’70 agli 
anni ’90, sul numero degli occupati, sul volume della produzione 
e delle esportazioni abbiamo elaborato i dati forniti dall’INPS, 
dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura 
di Bari e dall’ISTAT. I dati e le relative notizie sulle rispettive 
aziende sono stati attinti da un’analisi accurata dei bilanci e delle 
relazioni dei consigli di amministrazione delle società di capitali 
 6
operanti nel settore calzaturiero e tessile barlettano. In 
quest’ultimo caso, i relativi bilanci e le relazioni dei consigli di 
amministrazione depositati presso il Registro delle Imprese, sono 
stati forniti dalla C. di C. I. A. A. di Bari. Infatti, con 
l’approvazione e l’entrata in vigore della legge n° 580 del 29 
dicembre 1993, viene istituito in maniera definitiva il Registro 
delle Imprese presso le Camere di Commercio delle province 
italiane, che in mancanza di una disposizione, sin dall’entrata in 
vigore del codice civile, è tenuto in via provvisoria fino al 1995 
presso le Cancellerie dei Tribunali italiani. 
 7
 
 
 
 
CAPITOLO  I 
 
 
 
 
 
CARATTERI  DEL  SETTORE 
CALZATURIERO  E  TESSILE 
 
A  BARLETTA 
 
 8
1.1 Origine del settore calzaturiero 
L’industria italiana delle calzature vanta un secolo di vita, 
risalendo, infatti, al 1872 la nascita a Vigevano della prima 
fabbrica di calzature non meccanizzata. Lungo i decenni della sua 
attività, tale industria ha conservato, nonostante i processi 
evolutivi che l’hanno ovviamente contrassegnata, come 
caratteristica precipua della sua struttura produttiva un estremo 
frazionamento determinato dall’esistenza di un vasto numero di 
piccole aziende, molte delle quali artigiane o addirittura familiari. 
Nella prima metà del XX secolo l’attività calzaturiera, pur 
essendosi estesa su tutto il territorio nazionale, mostra una forte 
concentrazione esclusivamente in alcune regioni dell’Italia 
centro-settentrionale: Piemonte (Valenza Po e Alessandria), 
Lombardia (Vigevano, Parabiago e Varese), Veneto (Riviera del 
Brenta e Montebelluna), Emilia Romagna (Bologna, Forlì, Parma 
e Ferrara), Toscana (Santa Croce sull’Arno e Valdinievole) e 
Marche (Porto S. Elpidio, Porto S. Giorgio, Tolentino e 
Fermano). Tutte aree che, oggigiorno, rientrano tra i più 
importanti distretti industriali della calzatura italiana e anche 
mondiale caratterizzati, oltre che da una produzione 
 9
specializzata, dalla presenza sul territorio di un gran numero di 
aziende di ridotte dimensioni. Infatti il numero medio di occupati 
per azienda è pari a 14 unità. Circa l’83% delle aziende dei 
suddetti distretti  rientra nella fascia  dei 20 occupati per unità. Al 
primo posto figurano, per numero di aziende, le Marche e la 
Toscana, mentre per numero di occupati al primo posto figura 
sempre la regione marchigiana seguita dal Veneto. Tra i distretti 
industriali più importanti sia per fatturato sia per specializzazione 
produttiva figura Montebelluna (Veneto), che conta nel 1997 ben 
526 aziende e 7.656 occupati, specializzata nella produzione di 
scarpe in pelle e cuoio (calzature classiche) e di scarpe sportive 
grazie alla presenza di grandi aziende quali la “Lotto”, la 
“Diadora”, la “Play Sport”, la “Tecnica”, l’”Asolo” e la 
“Promark”, con in totale un giro d’affari complessivo pari a 
2.500 miliardi di lire l’anno.
2
 Nulla da togliere ad altri centri 
calzaturieri di altrettanta importanza quali quello di Vigevano 
con 543 aziende e 4.584 occupati, di Riviera del Brenta con 722 
aziende e 9.003 occupati, di Santa Croce sull’Arno con 1.749 
aziende e 15.668 occupati e i centri marchigiani con un totale di 
                                                 
2
 Largo Consumo, Il sistema moda italiano, supplemento n° 6, 1998, pag. 12 e segg. 
 10
3.282 aziende e 23.755 occupati, tutti specializzati nella 
produzione di calzature in pelle e cuoio.
3
 
Nella seconda metà del XX secolo assumono, poi, 
proporzioni ragguardevoli anche i distretti calzaturieri dell’Italia 
meridionale. Infatti, fin dall’inizio degli anni ’50, si segnalano 
attività in Campania, intorno a Napoli, e in Puglia: il distretto di 
Casarano (in provincia di Lecce) e il distretto di Barletta. In 
particolare, il distretto napoletano contava nel 1996 ben 1.035 
aziende con 9.618 addetti e un fatturato di circa 1.200 miliardi di 
lire, mentre quello di Casarano, sempre nel 1996, ben 198 
aziende con oltre 6.000 addetti.
4
 
Per quanto riguarda specificamente Barletta, il settore 
calzaturiero è esempio dell’importanza di una combinazione di 
fattori che spiegano la nascita di aree di concentrazione 
produttiva, comprendente la mobilità del capitale umano, il basso 
costo del lavoro e l’acquisizione di tecnologia innovativa. Infatti, 
prima degli anni ’30, a Barletta non esiste affatto tale settore, 
essendoci solo una vasta presenza dei cosiddetti “ciabattini” o 
                                                 
3
 R. Cinquepalmi, I nuovi distretti industriali: il distretto delle calzature di Barletta, Tesi di 
laurea in Statistica, A.A. 1997-1998, pag. 32. 
4
 G. Viesti, Come nascono i distretti industriali, Bari, Editori Laterza, 2000, pag. 98 e sgg. 
 11
calzolai che a livello artigianale riparavano o producevano con le 
loro mani le scarpe destinate ai notabili della città.
5
 Barletta, 
quale centro calzaturiero, non nasce perché vi operano da lungo 
tempo molti e bravi calzolai ma perché vengono di volta in volta 
acquisiti i macchinari che consentono di occupare una quota di 
mercato ben definita. Sono cruciali in questa storia, pertanto, i 
contatti con i fornitori specializzati di macchinari e con i buyers. 
Si tratta, praticamente, di un sistema che ha trasformato l’assenza 
di una tradizione artigianale in un punto di forza, poiché questa 
carenza ha moltiplicato il numero di coloro che grazie a moderni 
macchinari hanno potuto tentare l’avventura imprenditoriale. 
Naturalmente non tutti hanno avuto successo, oppure, una volta 
conseguito lo stesso, sono riusciti a mantenerlo, infatti la storia 
delle calzature barlettane è caratterizzata da crisi cicliche anche 
rilevanti, segnate da chiusure e fallimenti. 
Le indicazioni del primo nucleo di produzione calzaturiera 
a Barletta risalgono al periodo precedente alla seconda guerra 
mondiale, anche se il salto verso la dimensione industriale 
dell’attività va collocato nel secondo dopoguerra. Infatti, è 
                                                 
5
 Intervista del 3 novembre 2001 a Nicola Tupputi Presidente provinciale calzaturieri 
Assindustria. 
 12
intorno al 1925 che per iniziativa di Giuseppe Damato muove i 
primi passi l’industria calzaturiera locale. Giovane apprendista di 
una bottega artigiana, Damato decide di tentare un’esperienza di 
lavoro nel Nord-Italia, esattamente a Vigevano (grande centro 
calzaturiero in quell’epoca), durante la quale apprende gli aspetti 
essenziali dell’attività calzaturiera su scala industriale. Rientrato 
a Barletta, Damato avvia la produzione di scarpe con suola di 
cuoio che raggiunge le 200 paia al giorno e viene destinata in 
prevalenza al mercato locale e in quantità limitate a quello 
campano. Fino agli anni ’30, la produzione continua ad essere 
eseguita esclusivamente a mano ed è rappresentata da calzature 
da lavoro destinate a rifornire le maestranze attive nei settori 
tradizionali dell’economia locale, dall’agricoltura all’edilizia. 
Nel dopoguerra, grazie ai contatti precedentemente stabiliti 
con i produttori dell’area di Vigevano, Damato introduce a 
Barletta la tecnica della “vulcanizzazione” per la produzione 
delle suole delle scarpe, che segna il passaggio a una dimensione 
industriale della produzione, eseguita non più interamente a 
mano ma con l’ausilio di macchinario. Questa rappresenta la 
prima evidente rottura con l’organizzazione della produzione 
 13
tipicamente artigianale che fino a quel momento aveva prevalso 
nell’area barlettana. L’innovazione nel processo produttivo è a 
sua volta dovuta all’impiego innovativo della gomma per la 
realizzazione delle suole delle scarpe. 
L’innovazione tecnologica della “vulcanizzazione”, 
introdotta a Barletta a cavallo tra gli anni ’40 e ’50, consisteva 
nella fusione dei granuli di gomma all’interno di appositi stampi 
(attrezzi meccanici d’acciaio che assumono la forma delle suole) 
la cui temperatura sale per il progressivo riscaldamento di 
resistenze elettriche. Ogni “linea” di produzione era composta di 
sei macchine per la “vulcanizzazione”, che permettevano di 
ottenere tre paia di scarpe in un tempo di circa 15-20 minuti. 
La principale spinta al mutamento della tecnica produttiva 
provenne soprattutto dalla grave scarsità di materie prime (cuoio 
e pellami) impiegate nella produzione tradizionale, fine che 
sollecitò gli artigiani locali dopo la fine del conflitto mondiale, a 
cercare in centri con una tradizione produttiva più consolidata 
nuove materie prime e macchinari. L’intensificazione dei contatti 
stabilitisi tra Barletta e Vigevano è fondamentale per 
l’introduzione dell’innovazione. Dapprima Damato e, subito 
 14
dopo, un primo nucleo di operatori sono in gradi di riportare a 
Barletta alla fine degli anni ’40, dopo un breve soggiorno a 
Vigevano, non solo il bagaglio di conoscenze necessario per lo 
svolgimento del processo per la produzione di calzature con 
suole in gomma vulcanizzata ma anche un’importante rete di 
contatti con i fornitori di materie prime e macchinari. Gli 
ingredienti essenziali per l’avvio della produzione calzaturiera 
nell’area barlettana sono, quindi, da rintracciare nella capacità dei 
primi produttori di realizzare un “salto” tecnologico attraverso il 
legame con un’area più progredita (Vigevano) presso la quale 
erano state maturate esperienze di lavoro, nonché individuato un 
centro di fornitura di macchinari. L’acquisizione di Know-how 
specifico di prodotto attraverso l’addestramento sul lavoro 
nell’area leader si fonde con l’intuizione di poter replicare il 
nuovo sistema di produzione anche nell’area barlettana, una volta 
importati i macchinari e le attrezzature necessarie per la 
produzione. Barletta comincia, pertanto, a collocarsi nel solco di 
una tradizione di crescita industriale attraverso l’acquisizione, il 
trasferimento e l’assorbimento di nuova tecnologia. 
 15
Inoltre, il fatto che il trasferimento della tecnologia di 
produzione rappresenti il nodo cruciale del decollo del sistema 
produttivo industriale delle calzature nell’area barlettana è 
confermato anche da un evento importantissimo verificatosi 
all’inizio degli anni ’50. A detta degli operatori locali un’impresa 
già presente sul mercato nazionale e con maggiore forza e 
tradizione, come la “Superga”, tentò in quel periodo di bloccare 
la diffusione della tecnica di “vulcanizzazione” presso le nuove 
aziende calzaturiere che stavano nascendo in quell’epoca a 
Barletta, avvalendosi del diritto di utilizzare in esclusiva il 
brevetto precedentemente registrato. Ma nella disputa legale 
seguita a questa disputa, i produttori calzaturieri barlettani ebbero 
la meglio, superando in tal modo un’altra pericolosa barriera che 
avrebbe potuto ritardare o bloccare del tutto lo sviluppo del 
settore calzaturiero locale.
6
 
                                                 
6
 A.A. V.V., Barletta, leggere la città, Barletta, Edizioni Liverini, 1986, pag. 338 e sgg.