Il lavoro è organizzato in cinque capitoli. 
Nel primo capitolo si prende in considerazione l’evoluzione del settore del 
trasporto aereo statunitense analizzando in particolare ciò che ha comportato la 
deregolamentazione del settore. Ripercorrendone la storia a partire dalle sue 
origini, intorno alla metà degli anni Venti, se ne mostrano le tre fasi che lo hanno 
caratterizzato: una prima, corrispondente agli anni Venti e Trenta, caratterizzata 
da assenza di regolamentazione e quindi possibilità di entrata e uscita dal settore 
per tutte le aerolinee, senza alcuna imposizione in materia tariffaria e in termini di 
capacità offerta sulle rotte; una seconda fase, a partire dal 1938, corrispondente al 
ribaltamento di tale situazione avvenuto nell’istituzione del Civil Aeronautic 
Board, mediante il quale il Governo Federale impose ferree barriere ad una 
spontanea crescita del settore e l’introduzione di un rigido controllo sul settore; 
una terza fase il cui inizio è segnato dalla deregolamentazione introdotta nel 1978, 
che ha definitivamente riportato il settore ad un regime di laissez faire. Nel 
contesto statunitense verranno approfondite anche le più importanti politiche di 
mercato che i vettori hanno intrapreso a partire dagli anni Settanta (introduzione 
di particolari reti aeroportuali, i cosiddetti sistemi hub & spokes, di programmi di 
fidelizzazione dei passeggeri, di sistemi di prenotazione computerizzata) che sono 
poi state esportate nel resto del mondo e che hanno contribuito a determinare in 
seno al comparto un elevatissimo livello di concentrazione, realizzando condizioni 
oligopolistiche per soli sei o sette vettori. 
Sulla scorta dell’esperienza statunitense nel secondo capitolo è affrontata 
l’analisi del processo deregolamentativo dolce avviato nell’ambito dell’Unione 
Europea a partire dalla fine degli anni Ottanta e organizzato dalla Commissione 
Europea in tre Pacchetti di normative che hanno portato il mercato continentale da 
 una fase protezionistica decennale dominata dalle compagnie di bandiera fino alla 
completa liberalizzazione il 1° aprile del 1997 con l’introduzione della Ottava 
Libertà dell'Aria (la possibilità cioè di operare il cosiddetto traffico di cabotaggio, 
che consente ad un vettore di esplicare servizio regolare interno nell'ambito dei 
confini di un Paese che non è quello di appartenenza). Anche relativamente al 
settore europeo verranno prese in considerazione strategie competitive messe in 
atto dalle aerolinee, evidenziando caso per caso le differenze e le peculiarità 
rispetto alla realtà statunitense. 
Nel terzo capitolo di questo lavoro si affronta poi l’analisi dello stato del 
settore del trasporto aereo nel periodo post-11 Settembre 2001. Nonostante misure 
drastiche che hanno tentato di arginare la durissima crisi in cui è sprofondato tutto 
il settore, la situazione resta sempre gravemente depressa. Le difficoltà iniziarono 
ancor prima dell’11 Settembre, per gli effetti della recessione che già aveva 
paralizzato il traffico aereo. Poi il dirottamento e l’attacco alle Twin Towers ed al 
Pentagono si rivelarono una mazzata senza precedenti, con la creazione di enormi 
problemi e grossi costi (costi delle assicurazioni e delle misure di sicurezza su 
tutti). Nel 2003, il caro-petrolio e la stagnazione dell’economia mondiale hanno 
continuato ad indebolire il settore. Il colpo finale è arrivato con la guerra in Iraq e, 
ciliegina sulla torta, l’epidemia SARS che ha colpito Hong Kong e la Cina, un 
mercato nel quale si è registrata una forte crescita economica negli ultimi anni, e 
sta dilagando nel resto del mondo attraverso un contagio che in certi casi avviene 
tra i passeggeri sugli aerei: è the perfect economic storm, l’uragano del secolo, 
quello che si è abbattuto sulle compagnie aeree.   
Nel quarto capitolo infine si prende in esame il fenomeno delle aerolinee 
low cost che stanno erodendo sempre più il predominio delle major sviluppandosi 
 negli ultimi anni con ratei di crescita superiori alla media. E’ importante notare 
come la crescita di queste compagnie stia avvenendo in un momento molto 
delicato del trasporto aereo internazionale, a dimostrazione del fatto che non è 
inevitabile subire la crisi, c’è chi la usa come opportunità e ruba quote di mercato 
ai concorrenti meno efficienti. 
L’oggetto del quinto capitolo è invece il sistema delle alleanze fra aerolinee 
che esse hanno avviato per far fronte all’impossibilità di allargare ulteriormente il 
proprio bacino di traffico e di abbassare i costi derivanti dalla gestione del 
servizio. La natura di tali accordi ha subito negli anni una ridefinizione: si 
evidenzierà come da un momento iniziale di accentuata tendenza allo scambio di 
partecipazioni, i vettori hanno sperimentato alleanze di tipo one-to-one, che si 
sono poi allargate fino ad includere più aerolinee delle aree europea e statunitense. 
Tale evoluzione si è mossa nella direzione della creazione di poche alleanze 
globali tra vettori di tutti i continenti, cui è affidato il compito di affrontare la 
pianificazione della capacità, dell’approccio al mercato e dello sviluppo 
coordinato degli hub. Le compagnie, quindi, pianificano i loro network in modo 
integrato. Questa fase più evoluta delle alleanze consente di contenere i costi, 
ottimizzare l’impiego della flotta e evitare la perdita di flussi di traffico verso altri 
vettori non compresi nell’alleanza. 
 
 
 
 
 
 
 RINGRAZIAMENTI 
 
Il lavoro ha preso avvio con una rassegna della letteratura sia nazionale che 
internazionale riguardante il settore del trasporto aereo e le compagnie aeree in 
generale. Molte delle informazioni hanno richiesto una successiva rielaborazione 
a causa dei continui e rapidi cambiamenti del mercato. Una fonte molto utile per 
la ricerca si è rivelata essere internet sia perché ricco di dati aggiornati, sia perché 
tramite i siti di alcune associazioni di settore è stato possibile raccogliere 
informazioni recenti e dettagliate anche di tipo economico-finanziario sui vettori e 
sulla situazione generale del trasporto aereo. 
Desidero precisare che la realizzazione dell’intero lavoro di tesi è stata 
possibile solo attraverso una profonda conoscenza del settore maturata “sul 
campo” presso l’Area Marketing e Analisi di Mercato di Alenia Aeronautica: 
fondamentali, infatti, si sono dimostrate le consultazioni e rielaborazioni delle 
informazioni presenti nella banca dati del gruppo. Una sentita gratitudine è rivolta 
agli ingg. Carmelo Latella e Aldo Gastaldon, e l’intero gruppo dell’Area 
Marketing e Analisi di Mercato di Alenia Aeronautica di Pomigliano d’Arco per 
la collaborazione fornitami nel periodo di permanenza Dicembre 2002/Maggio 
2003. Alla loro disponibilità è dovuta la possibilità di aver reperito gran parte 
delle fonti e delle informazioni che hanno consentito la stesura di questo lavoro. 
Inoltre ringrazio in modo particolare il prof. Emilio Esposito per la premura 
e scrupolosità con le quali mi ha condotto, sostenendomi e appassionandomi, al 
risultato della mia ricerca; per la stima dimostratami e l’entusiasmo trasmessomi 
consentendomi di sviluppare con serenità e spirito critico gli argomenti del mio 
studio. Per aver reso questo, un vivace e stimolante percorso. 
CAPITOLO I 
 
 
EVOLUZIONE STORICA NEL SETTORE DEL TRASPORTO 
AEREO STATUNITENSE: L’IMPATTO DELLA 
DEREGULATION 
 
 
L’oggetto di questo capitolo è l’esame dell’evoluzione del settore del 
trasporto aereo negli Stati Uniti d’America analizzando in particolare ciò che ha 
comportato la deregolamentazione del settore. 
Il capitolo è organizzato in cinque paragrafi più un paragrafo conclusivo. 
Il primo paragrafo descrive la situazione del settore negli anni Venti e 
Trenta, cioè gli anni corrispondenti ad un regime di libero mercato, terminato nel 
1938 con l’introduzione della regolamentazione del settore. 
Nel secondo paragrafo si considerano gli anni fra il 1938 e il 1978, ovvero 
l’arco di tempo corrispondente al regime regolamentato che si conclude con il 
passaggio alla deregulation.  
Il terzo paragrafo analizza le dirette conseguenze della deregolamentazione 
del comparto: la concentrazione nel settore e l’avvento dei vettori a basso costo 
(low cost carrier). 
L’analisi delle strategie di mercato messe in pratica dalle aerolinee 
statunitensi all’indomani della deregulation è l’oggetto del quarto paragrafo, nel 
quale si affronta lo sviluppo dei sistemi hub & spokes e l’introduzione dei 
programmi frequent flyer e dei sistemi di prenotazione computerizzata. 
 Nel quinto paragrafo si affronta invece l’analisi delle conseguenze della 
deregolamentazione considerando l’evoluzione a partire dal 1968 del numero di 
aerolinee e di velivoli  presenti nell’area nordamericana. 
 
I.1. Gli anni della pre-regolamentazione 
L'inizio dello sviluppo dell'aviazione civile commerciale negli Stati Uniti 
d'America può farsi risalire ai primi anni Venti, quando lo US Post Office (l'Ente 
Poste statunitense) stipulò contratti con alcune società di trasporto aereo, che in 
quegli anni andavano nascendo soprattutto come strumento di supporto alle 
attività delle produzioni agricole. L'obiettivo del Post Office era di servirsi 
dell'aeroplano come mezzo per poter così allargare la propria rete di operazioni: fu 
in conseguenza di ciò che nel giro di una decade si giunse alla nascita delle prime 
grandi società aeree (alcune delle quali, come l'AMERICAN AIRLINES o la DELTA 
AIR LINES, ancora oggi esistenti). Esse, iniziando le attività come dei veri e propri 
corrieri fra le zone più distanti dell'Unione, diedero qualche anno dopo 
timidamente il via anche al trasporto di merci e passeggeri; fatto reso inizialmente 
possibile grazie all'azione del Post Office stesso che, per incentivare lo sviluppo 
del settore in tale direzione, decise di utilizzare i contratti postali, che di fatto 
erano dei veri e propri sussidi federali, per compensare le perdite originate dal 
servizio passeggeri. Perdite dovute da un lato alla scarsa familiarità dei cittadini 
con il mezzo aereo, dall'altro alle elevatissime tariffe comminate dalle compagnie, 
che lo rendevano in pratica disponibile solamente ad un'élite della popolazione 
nazionale. 
A metà degli anni Trenta cominciò a prendere forma l'idea che il settore del 
trasporto aereo necessitasse di una regolamentazione, volta a prevenire 
 concorrenza sfrenata e guerre di prezzo predatorie che avrebbero inevitabilmente 
condotto ad una fragilità finanziaria delle imprese operanti in quel contesto, 
creando instabilità e sfiducia da parte degli investitori, che avrebbero così stornato 
i capitali necessari all'avvio di nuove attività. Tali timori da parte dell'autorità 
governativa trovavano in effetti giustificazione in quanto si era verificato qualche 
anno prima in altri rami del settore trasporti (quelli su rotaia e su strada), 
nell'ambito dei quali avevano avuto luogo numerosi dissesti societari. In realtà vi 
erano anche altre e più profonde motivazioni alla base di una così pressante 
richiesta di norme regolamentative: se da una parte infatti era diffusa l'avversione 
sviluppatasi contro il libero mercato a valle degli sconvolgimenti creatisi durante 
la Grande Depressione, dall'altra il Governo intendeva controllare la crescita di un 
settore che si preparava a svolgere un ruolo strategico sia nel campo industriale 
che, soprattutto, nel campo della Difesa. 
L'intervento governativo arrivò nel 1938, con la promulgazione del Civil 
Aeronautics Act (C.A.A.). Tale legge, oltre a disciplinare il settore in questione, 
sanciva la costituzione di un'agenzia federale che, nata col nome di Civil 
Aeronautics Agency, dopo una riorganizzazione assunse nel 1940 il nome 
definitivo di Civil Aeronautics Board (C.A.B.). Compito istituzionale di tale 
agenzia era garantire l'applicazione delle disposizioni dettate dal CAA, e cioè la 
promozione dello sviluppo dell'aviazione e l'amministrazione dei sussidi erogati 
dal governo federale al settore per i servizi di posta aerea, e quindi il controllo e la 
regolamentazione del settore del trasporto aereo statunitense. 
 
 I.2. Dalla regolamentazione all'Airline Deregulation Act 
A partire dal '38 e fino ai primi anni Settanta il Civil Aeronautics Board 
operò in piena sintonia con lo spirito che aveva portato alla emanazione del CAA. 
Innanzitutto assegnò le concessioni per lo sfruttamento delle rotte alle sedici 
aerolinee già presenti prima del 1938 (concessioni che vennero definite 
Grandfather Rights), proibendo ad esse nel contempo di espandere la propria rete 
(network) di destinazioni, a meno che non fossero state in grado di provare il 
beneficio sociale che poteva derivare dall'introduzione di quelle rotte che essi 
volevano iniziare a servire e a patto che ciò non fosse stato causa di danno 
economico per gli altri operatori concorrenti. 
Almeno ufficialmente, l'operato del CAB era volto a perseguire il principio 
del pubblico interesse e ciò fu realizzato attraverso una politica assolutamente 
ostile a qualunque forma di competizione. In un contesto siffatto trova piena 
giustificazione l'azione di sostegno che tale ente esercitò nei confronti delle 
aerolinee finanziariamente più deboli, al fine di garantire a qualunque attore 
operante nel comparto ritorni economici soddisfacenti. Tuttavia, parallelamente, 
tale modo di procedere condusse alla formazione di enormi posizioni di rendita, 
laddove erano invece presenti condizioni economiche più solide, legate perlopiù al 
possesso delle rotte più redditizie.  
L'azione del CAB si esplicò a partire dalla fine degli anni Cinquanta anche 
in ambito tariffario: muovendosi ancora una volta lungo direttrici contrarie allo 
spirito del libero mercato, uno stretto controllo fu esercitato sulla variabile prezzo. 
Tenendo conto del fatto che, a partire dalla fine del conflitto mondiale, le 
aerolinee avevano avuto la possibilità di introdurre progressivamente nelle flotte 
nuovi modelli di aeromobili e tecnologie più avanzate, in grado di ridurre 
 notevolmente i costi operativi dei vettori stessi (l'avvento dei velivoli a getto 
aveva da solo contribuito ad abbattere i costi operativi dei velivoli del 35%
1
), il 
CAB impose di mantenere le tariffe pressoché invariate per circa un ventennio, 
salvo che per i previsti aumenti dovuti al tasso annuo di inflazione. In tal modo, 
grazie ad una crescita consistente del reddito pro capite registratasi in quegli anni, 
l'aereo divenne accessibile ad una sempre più larga fascia di popolazione, al punto 
da divenire per gli americani il veicolo di trasporto per eccellenza, indispensabile 
per gli spostamenti all'interno del Paese. 
Paradossalmente però il CAB, pur inibendo la competizione sui prezzi, 
incoraggiava quella sui programmi di volo: in altre parole le compagnie aeree, non 
potendo agire sulla riduzione delle tariffe, cercavano di sottrarre passeggeri ai 
vettori rivali offrendo più voli (il CAB non poneva infatti rigidi vincoli di capacità 
ad un vettore in possesso di regolare autorizzazione per l'esercizio di una certa 
rotta), più aerei, più “frivolezze” (frills), come ad esempio pasti da gourmet serviti 
a bordo. Secondo alcuni questo conduceva ad un aumento non controllato dei 
prezzi, poiché gli aumenti di profitto dovuti ad un eventuale incremento delle 
tariffe venivano dissipati dalle aerolinee per aumentare il numero di voli o dei 
servizi offerti al passeggero. Peraltro, dal momento che non erano poi presenti 
vaste economie di scala, compagnie minori, come la NORTHWEST e la 
CONTINENTAL, operavano con utili vicini a quelli di giganti come la TWA. Ciò 
nonostante i profitti tendevano nel complesso ad essere scarsi: “tra il 1960 ed il 
1975 essi raggiunsero il livello massimo del 10% solo in cinque dei quindici anni 
considerati”
2
. 
                                                 
1
 Cfr. VALDANI E., JARACH D., Compagnie Aeree & Deregulation, Milano, E.G.E.A., 1997, 
p.13. 
2
 Cfr. MANSFIELD E., Microeconomia, Bologna, Il Mulino, 1988, p.367. 
 Alla luce di quanto si è andato delineando, non riesce difficile comprendere 
allora le motivazioni alla base della tendenza alla concentrazione che si registrò 
nel settore nell'arco di un trentennio, al punto che nel 1970 erano rimaste in 
attività solo undici delle sedici aerolinee originarie. 
Nella prima metà degli anni Settanta però qualcosa mutò nello scenario 
economico: dal 1972 al 1975 si verificò un periodo di forte recessione, che non 
interessò solamente gli Stati Uniti, e gli aumenti del costo di combustibile e 
manodopera furono tali che il CAB si vide costretto a concedere aumenti alle 
tariffe. Conseguentemente, per compensare il danno che sarebbe derivato alla 
popolazione in seguito a tale azione, venne attuato un cambiamento di rotta 
complessivo nella politica regolamentativa esercitata dal CAB stesso: aprendo uno 
spiraglio nella direzione di un regime maggiormente concorrenziale, fu concessa 
l'entrata nel comparto a nuovi operatori e si dispose l'assegnazione anche ad altri 
vettori di quelle rotte già precedentemente servite, senza la necessità del vincolo 
della pubblica utilità
3
, consentendo inoltre alle aerolinee di operare consistenti 
sconti tariffari. 
Appare evidente quale notevole sconvolgimento ciò comportò all'interno del 
settore: le compagnie che fino a quel momento avevano goduto dello sfruttamento 
                                                 
3
 In effetti fin ad allora il CAB aveva concesso l'esercizio di una tratta ad un nuovo 
operatore solamente qualora quest'ultimo avesse dimostrato che ve ne fosse effettiva esigenza da 
parte delle comunità interessate o nel caso si trattasse di rotte particolarmente trafficate, che 
richiedevano pertanto un incremento dell'offerta (in linea col principio del pubblico interesse). 
Era l'aerolinea in prima persona a dover verificare che tali condizioni sussistevano e solo a 
quel punto partiva un procedimento d'indagine che, protraendosi attraverso lungaggini 
burocratiche, normalmente aveva esito negativo per il vettore richiedente. Ciò sia che si trattasse di 
un nuovo potenziale operatore, al quale ovviamente ne veniva preferito uno già esistente, sia nel 
caso di un vettore nazionale, giustificando ciò con i danni economici e finanziari che coloro che già 
servivano tale rotta avrebbero dovuto subire. 
L'unico strumento, relativamente economico ma sicuramente immediato, posseduto da 
un'aerolinea per modificare la propria rete di destinazioni, era l'acquisizione di un concorrente in 
procinto di uscire dal settore. 
 esclusivo di determinate tratte furono obbligate, ormai in regime di semi-
concorrenza, ad abbassare i loro prezzi, portando finalmente alla pubblica 
attenzione una situazione che da anni si perpetrava a danno degli utenti: la 
formazione di tariffe fino ad allora solo artificiosamente elevate, grazie a 
situazioni obiettivamente monopolistiche favorite dalla politica del CAB
4
. Alcune 
aerolinee arrivarono a tagliare i prezzi anche del 45% (la AMERICAN AIRLINES fu 
la prima ad offrire tariffe super-risparmio, del 30% minori di quelle turistiche, 
sulle tratte New York-San Francisco e New York-Los Angeles) e in talune 
situazioni il traffico registrò incrementi addirittura superiori al 60%
5
. 
Complessivamente in quegli anni il prezzo dei biglietti crebbe ad un ritmo 
considerevolmente inferiore rispetto all'indice generale dei prezzi al consumo, ed 
anzi le tariffe aeree fra il 1977 e il 1978 diminuirono, sebbene i prezzi al consumo 
in quel biennio fossero aumentati del 7%
6
. Di fatto l'allentamento dei freni da 
parte del CAB aveva comportato una diminuzione delle tariffe, un aumento del 
numero di voli, un incremento dei profitti delle compagnie aeree molto più alto 
che negli anni precedenti. 
In tale situazione venne dunque a maturare l'idea che i tempi per un ritorno 
al regime precedente al 1938 fossero ormai giunti; l'esigenza di rivedere la 
normativa vigente era ormai improcrastinabile. Fu in un siffatto contesto che il 
Governo emanò nell'aprile del 1978 l'Airline Deregulation Act (A.D.A.), un atto di 
                                                 
4
 Secondo il General Accounting Office (un'agenzia governativa), le tariffe sarebbero potute 
essere dal 20 al 50% più basse in assenza di regolamentazione. Questa conclusione era basata sul 
confronto fra i prezzi relativi alle tratte Los Angeles-San Francisco e Washington-Boston: la 
distanza coperta dai voli era la stessa, ma la tariffa relativa al secondo caso (regolamentata dal 
CAB), era circa il doppio dell'altra (non regolamentata perché interna al solo Stato della 
California). 
5
 Cfr. VALDANI, JARACH, Op. cit., p.6. 
6
 Cfr. MANSFIELD , Op. cit., p.370. 
 deregolamentazione che avrebbe segnato, nel bene e nel male, una tappa storica 
nel settore del trasporto aereo statunitense. Esso fu approvato dal Senato degli 
Stati Uniti e ratificato dall'allora presidente Jimmy Carter nell'ottobre del 1978. 
Tale atto consentiva ufficialmente, a tutti coloro che avessero posseduto i 
necessari requisiti tecnici, l'entrata, pressoché libera, nel settore e la facoltà di 
decidere deliberatamente quali tratte servire. Veniva disposta fra l'altro 
l'abolizione del CAB in tappe successive: il potere di regolamentare le rotte fu 
eliminato nel 1981, quello di regolamentare le tariffe alla fine del 1982; il tutto si 
sarebbe concluso il 1° gennaio del 1985, data in cui le residue competenze di tale 
organo sarebbero state trasferite al Department of Transportation (D.O.T.). In tal 
modo venivano pienamente consacrati i principi da cui l'azione legislativa era 
ispirata: i criteri, cioè, del libero mercato e della concorrenza senza vincolo 
alcuno, avendo gli interventi federali, secondo un'idea che era andata prendendo 
corpo fin dai primi anni Settanta, solamente contribuito a incrementare 
l'inefficienza dell'intero sistema, in quanto l'attenzione delle aerolinee si era 
distolta da un efficace contenimento dei costi operativi, il cui eccessivo 
ammontare gravava in larga parte sulle spalle dei consumatori mediante un 
sistema tariffario drogato. 
È appena il caso di far notare come a farsi portavoce del pubblico interesse 
fossero adesso i sostenitori della deregulation, in linea con quella che era stata la 
politica del CAB, affermando che un contesto di libera competizione avrebbe 
necessariamente obbligato le aerolinee a razionalizzare i propri costi di gestione, a 
tutto vantaggio dei cittadini, che avrebbero così goduto di una riduzione delle 
tariffe, fra l'altro mediante una ridistribuzione dell'offerta e una riorganizzazione 
della rete operativa dei vettori. L'ADA difatti regolarizzava la tendenza ormai già 
 intrapresa dal CAB di consentire alle aerolinee di servire rotte già sfruttate da altri 
operatori e di abbandonare quelle tratte che non fossero state ritenute 
sufficientemente redditizie: da quel momento ciò diveniva possibile senza previa 
richiesta ad una autorità competente. 
Invero però non mancarono da più parti accese critiche nei confronti della 
deregolamentazione. Innanzitutto contrari furono le grandi aerolinee nazionali già 
esistenti, i cosiddetti megacarrier, salvo la UNITED AIRLINES
7
, che com'è ovvio 
temevano di perdere l'enorme posizione di rendita acquisita nel corso degli ultimi 
quarant'anni. In particolare quei vettori finanziariamente più deboli, che 
maggiormente avevano beneficiato del regime protezionistico e che più in 
concreto di altri rischiavano penose conseguenze finanziarie. Tale timore non si 
rivelò di fatto infondato, come si vedrà nel caso di gloriose aerolinee nazionali, 
come la EASTERN AIRLINES o PAN AM, travolte dalle sanguinarie guerre di prezzo 
(fare wars) scoppiate all'indomani della deregolamentazione e condotte alla 
bancarotta. 
Ovviamente contrari furono anche i Sindacati, nel timore che le aerolinee 
avrebbero introdotto nel proprio organico lavoratori non sindacalizzati, il che 
avrebbe inevitabilmente comportato un abbassamento delle retribuzioni e delle 
prestazioni lavorative, e quindi un elevato grado di precarietà nella conservazione 
dei posti di lavoro, cosa puntualmente confermata dall'ondata di licenziamenti che 
si verificò negli anni a venire. Infine ostili si mostrarono banche e istituzioni 
finanziarie, a causa di motivazioni correlate all'aumento del rischio legato alla 
                                                 
7
 A quei tempi era il primo vettore nazionale, con una quota di mercato pari a circa il 22%, 
ed era interessata ovviamente all'acquisizione di nuove rotte, possibilità fino ad allora negata da 
parte del CAB. Cfr. VALDANI e JARACH, Op.Cit., p.8. 
 restituzione dei prestiti erogati, connesso ad un inesorabile incremento di 
turbolenza nel comparto. 
 
I.3. Le conseguenze della deregulation 
L'Airline Deregulation Act segnò l'inizio di una serie di sconvolgimenti 
settoriali per il trasporto aereo statunitense, tenuto conto che da quel momento in 
poi la concorrenza fra gli operatori del settore poteva esprimersi mediante un'arma 
in più: il prezzo. La gestione di tale variabile competitiva, come già 
precedentemente visto, era stata per quarant'anni nelle mani del Civil Aeronautic 
Board, che aveva di fatto impedito qualsiasi tipo di price competition. Le 
compagnie aeree, incoraggiate dall'ente stesso, si erano viste allora costrette a 
ricorrere ad altri strumenti di competizione, come la differenziazione del servizio 
a bordo degli aeromobili e l'aumento delle frequenze sulle rotte assegnate. Tali 
tecniche in realtà avevano avuto un impatto alquanto limitato presso il grande 
pubblico, fatta eccezione per coloro che usufruivano della business class, cioè 
uomini d'affari sensibili alla qualità del servizio, ma non certo al prezzo del 
biglietto, pagato loro dalle relative aziende. Di fatto le tariffe risultavano ancora 
decisamente care per il resto degli utenti, soprattutto perché fissate in base alla 
redditività complessiva del settore, piuttosto che tenendo conto dei singoli contesti 
all'interno dei quali le aerolinee si trovavano ad operare, prescindendo perciò 
totalmente dal rapporto prezzo/costi dell'ambiente circostante. 
Peraltro la politica del CAB aveva finito spesso col danneggiare le stesse 
compagnie, costrette a comminare in certi casi tariffe ben al di sotto inferiori ai 
costi, ad esempio su rotte a breve raggio poco redditizie che servivano comunità 
piuttosto isolate; a ciò ovviamente, per arginare le perdite, le aerolinee