2
reato e nell’estraneità del favoreggiatore al compimento 
dello stesso. 
La disciplina dettata dal legislatore del 1930, con gli articoli 
378 e 379 c. p., è sempre stata oggetto di grande attenzione 
da parte della dottrina e, sostanzialmente, sino ad oggi, non 
ha subito rilevanti modifiche.  
Un notevole ausilio per l’ermeneutica della nebulosa, per 
certi aspetti, disciplina in esame e per la risoluzione delle 
numerose e spinose questioni da essa scaturenti, quali ad 
esempio quelle  relative alla tipologia delle condotte 
rilevanti, all’ammissibilità della condotta omissiva, alle 
figure dei soggetti attivi, ai rapporti tra favoreggiamento 
reale, ricettazione e riciclaggio, proviene dalla 
giurisprudenza, in particolar modo, da quella più recente, 
che si è soffermata attentamente su taluni aspetti 
problematici cercando, in via generale, di non creare dubbi 
 3
circa la compatibilità delle disposizioni stesse con i principi 
garantistici affermati dalla Costituzione .  
La ricerca di una rappresentazione sistematica ed esauriente 
delle molteplici problematiche che traggono origine dalle 
fattispecie di reato in esame, muovendo dai rapporti tra 
favoreggiamento e concorso di persone nel reato, conduce 
necessariamente ad affrontare anche il legame con i reati 
associativi e, specialmente, con il concorso esterno, nonchè 
la  distinzione tra il favoreggiamento e l’assistenza agli 
associati. 
L’intento di tale lavoro è stato, pertanto,  quello di fornire un 
quadro complessivo e articolato del processo di sviluppo 
della storia del reato di favoreggiamento nel quale trovi 
posto anche una analisi critica dei temi sui quali la dottrina 
e, di riflesso, la giurisprudenza ha avuto modo di soffermarsi 
attentamente.        
 4
CAPITOLO     I 
CENNI STORICI SUL REATO DI FAVOREGGIAMENTO. 
 
SOMMARIO 
1. Il favoreggiamento nel diritto romano e nel Medioevo: dalla complicità per 
posterius all’auxilium post delictum. – 2. Dalle prime codificazioni italiane al codice 
ZANARDELLI: il processo di autonomizzazione. - 3. La disciplina del codice penale 
del 1930. 
 
 
 
I.1. IL FAVOREGGIAMENTO NEL DIRITTO ROMANO E 
NEL MEDIOEVO: DALLA COMPLICITA’ PER POSTERIUS 
ALL’AUXILIUM POST DELICTUM 
Le condotte riconducibili ai reati di favoreggiamento 
personale e reale trovarono per lungo tempo collocazione nel 
quadro del concorso di persone nel reato e solo nelle 
legislazioni moderne, negata la configurabilità del concorso 
 5
post delictum, il favoreggiamento guadagnò piena 
autonomia dando luogo ad ipotesi di reato a sé stanti
1
. 
Secondo autorevole dottrina, giuristi e legislatori della 
romanità e dell’età di mezzo ebbero del favoreggiamento 
una nozione embrionale e confusionaria tale da considerarlo 
un caso di complicità, che essi chiamarono complicità per 
posterius. 
Altro Autore riferisce come il fatto dei favoreggiatori, 
individuati in alcuni frammenti con il termine receptores, 
fosse considerato un reato specifico, distinto dal concorso al 
reato cui si riferiva, e lesivo dell’interesse della retta 
amministrazione della giustizia
2
. Il vincolo di parentela 
diminuiva la responsabilità del favoreggiatore. Particolare 
rilievo veniva attribuito all’aiuto prestato al bandito; 
                                                          
1
 Cfr. Schaffstein, Die allegmeinen Lehren vom Veebrechen in ihrer Entwicklung durch die Wissenschaft 
des gemeinen Strafrechts, Berlino, 1936, pag. 176 ss. 
2
 Cfr. Manzini, Trattato di Diritto Penale, V, 1957, II, pag. 906. 
 6
esemplare, in proposito, un passo di Paolo: «Qui eum, cui 
aqua et igni interdictum est, receperit, celaverit, tenuerit»
3
. 
La dottrina meno recente è stata, peraltro, divisa circa la 
sussistenza di un collegamento tra l’attuale figura dei 
favoreggiatori e quella dei fautores del diritto romano. Da un 
lato il Mori sosteneva la continuità e la sostanziale 
uguaglianza delle due figure, continuità interrotta dalla 
tripartizione dell’auxilium, inteso come specie del concorso 
di persone nel reato, a seconda che fosse prestato ante 
delictum, in delicto, post delictum; dall’altro il Carrara che, 
per contro, sosteneva l’infondatezza delle tesi del Mori, 
considerato che alla base di essa non vi fossero fonti 
legislative e dottrinarie, ma una semplice somiglianza di 
nomi che di per sé nulla poteva dimostrare in quanto «i nomi 
delle cose, nell’evoluzione delle lingue, vengono a 
significare concetti del tutto diversi e talvolta perfino 
                                                          
3
 Paolo, 5, 26, 3.   
 7
contraddittori»
4
. Lo stesso Carrara rilevava come, nella 
legge III del codice sugli Appelli di Giustiniano, chi avesse 
proposto l’appello dopo la scadenza del termine previsto 
veniva indicato come «tardo fautore dell’appello»; ciò a 
dimostrazione del fatto che il termine fautor venisse 
utilizzato per un concetto niente affatto criminoso e ben 
lontano dall’attuale concetto tecnico giuridico proprio del 
favoreggiatore. 
I romani non arrivarono a distinguere il favoreggiamento 
dalla complicità; tale opinione è largamente confortata dai 
testi classici, che, tanto per la ricettazione, intesa nel senso 
di favore prestato a delitto compiuto, sia della cosa furtiva, 
sia del reo, considerano sempre il ricettatore come complice 
dell’autore del delitto principale e lo puniscono con la stessa 
pena. L’assunzione di tale ottica consente di affermare che il 
diritto romano non conobbe che un concetto embrionale e 
                                                          
4
 Carrara, Studi sul favoreggiamento, in Opuscoli di diritto criminale, vol. VII., pag. 39.  
 8
privo di attuazioni consequenziali della distinzione fra la 
complicità e l’attuale favoreggiamento, in quanto ne furono 
accomunati causa ed effetti e in quanto furono distinti 
limitatamente, come si può distinguere la specie dal genere, 
ma non si prospettò mai l’idea di considerare la specie -  
favoreggiamento quale appartenente a un genere che non 
fosse la complicità.  
Il diritto barbarico puniva il favoreggiamento nei casi in 
cui si riteneva leso un pubblico interesse
5
.  
Nel diritto statutario italiano il favoreggiatore, 
generalmente, era punito con la stessa pena del favoreggiato, 
segno evidente della confusione tra favoreggiamento e 
concorso nel reato. Nel Tractatus varii di Bossius, giurista 
del XVI sec., è riportata la norma del decreto del ducato di 
Milano che puniva, parimenti, con l’esilio od una pena 
                                                          
5
Chidilberto, 593, II, pact. c. 3: «Qui furtum vult celare et occulte sine iudice compositionem acceperit, 
latroni similis est».  
 
 9
pecuniaria, colui il quale avesse prestato l’auxilium post 
homicidium, e colui che l’avesse prestato prima
6
.  
E’ presente tuttavia in diversi statuti la repressione del 
favoreggiamento come reato a sé stante; le leggi si 
preoccupavano specialmente del favoreggiamento dei 
banditi che infestavano le campagne e contro i quali era 
quasi sempre inefficace l’azione dell’Autorità, per causa, 
appunto, dei favoreggiatori. Per esempio la Parte del 
Consiglio dei Dieci di Venezia del 29 aprile 1637 decretava 
la medesima pena dovuta ai «principali delinquenti» per 
coloro i quali «daranno sponda, accompagneranno, daranno 
ricetto in casa o in barca o altrove, o in qualunque modo 
porteranno aiuto o favore a chi avesse recentemente 
ammazzato o ferito alcuno, così con arme da taglio, come 
con arme da fuoco». 
                                                          
6
 Bossius, Tractatus varii, Venetiis, 1584, pag. 135: «Decretum nostrum etiam punit illos, qui praestant 
auxilium post homicidium, et punit pari modo sicut praestantes auxilium ante, vera practica est in hac 
parte… ut poena sit exilii vel pecuniaria. Sic iudicavit Senatus in causa Balsani, etc.». 
 10
Se il fatto era commesso a favore di un prossimo 
congiunto, generalmente si ammetteva, quanto meno, una 
diminuzione di pena
7
. 
I criminalisti italiani considerarono il favoreggiamento 
quale un aiuto prestato al delinquente, classificandolo 
nell’ultima delle tre categorie di auxilium, quella post 
delictum. 
Alcuni, come ad esempio Alberto da Gandino, lo 
identificarono con la complicità; altri, tra i quali Bartolo e 
Angelo Aretino, lo ritennero un fatto assolutamente 
autonomo, in altre parole un auxilium praestitum non ad 
committendum, sed ad evadendum, punibile con minore 
pena
8
. 
Quando il favoreggiamento era punibile, in assenza di una 
pena speciale stabilita dalla legge, si applicava quella della 
complicità, ma, come affermato da Ghirlandus, «hi qui 
                                                          
7
 A. De Isernia, Comm. ad constitutiones utriusque Siciliae,Venetiis, 1590, pag. 10. 
 11
praestiterunt auxilium et favorem malefactori post 
commissum crimen[..] mitius puniuntur quam illi qui delicto 
homicidio interfuerunt»
9
. 
 
                                                                                                                                                                             
8
 Per la dottrina penale italiana del tempo intermedio, anche: Gretner, Begunstigung und Hehlerei, 
Munchen, 1879, pt. spec., pp. 5 - 68. 
9
 P. Ghirlandus, De poenis omnifar. coitus illiciti, nella Raccolta dello Ziletti, Venezia, 1580, pag. 457. 
 12
I.2. DALLE PRIME CODIFICAZIONI ITALIANE AL CODICE 
ZANARDELLI - IL PROCESSO DI AUTONOMIZZAZIONE 
Sin dagli inizi dell’800 le legislazioni   furono orientate 
verso l’autonomia del favoreggiamento rispetto al concorso 
di persone nel reato. I legislatori moderni, difatti, si resero 
conto che un ausilio prestato dopo il delitto mal si inquadra 
nel concorso di persone, proprio perché, come affermato dal 
Pagliaro, «non è dato concorrere alla realizzazione di 
qualcosa che è stato già realizzato»
10
. 
 Il codice penale napoleonico del 1810 prevedeva, per la 
verità, soltanto la «occultazione di rei»
11
, ed a tale modello 
si mantenne fedele l’art. 285 del codice penale del Regno di 
Sardegna del 1859. 
Il termine «favoreggiamento» compare per la prima volta 
nell’art. 60 del codice penale toscano del 1853
12
. Tale 
                                                          
10
 Pagliaro, Favoreggiamento (diritto penale), in Enciclopedia del Diritto, vol. XVII, Milano, 1968, pag. 
36. 
11
 Stabiliva l’art. 248 del Codice dei delitti e delle pene del Regno d’Italia del 1810: «Quelli che hanno 
occultato o fatto occultare delle persone che essi sapevano aver commesso dei crimini importanti pena 
afflittiva, saranno puniti con detenzione di tre mesi almeno, e di due anni al più». 
12
 Cfr. Manzini, Trattato di diritto penale italiano, V, Torino, 1982, pag. 976. 
 13
disposizione è divisa in due parti; nella prima la fattispecie 
del favoreggiamento era individuata nel caso in cui un 
soggetto, «dopo il fatto, senza concerto anteriore al 
medesimo e senza contribuire a portarlo a conseguenze 
ulteriori, scientemente aiuta il delinquente ad assicurare il 
criminoso profitto o a eludere le investigazioni della 
giustizia»; nella seconda parte la pena per il delitto di 
favoreggiamento veniva fissata «con la carcere fino a due 
anni, o, nei casi più leggeri, con una multa fino a cento lire, 
ma né l’una, né l’altra pena» poteva «eccedere il terzo di 
quella, che si debba decretare al delitto favoreggiato». 
Il codice penale toscano segna, riguardo al delitto di 
favoreggiamento, un’innovazione fondamentale, da cui 
hanno preso le mosse il pensiero e le legislazioni successive, 
consistente nell’averne fatto per la prima volta una figura di 
reato autonomo, distinto dalla complicità. Ciò nonostante, la 
sistematica di tale codificazione, ed in particolar modo la 
 14
collocazione della norma riguardante il favoreggiamento 
nella parte generale del codice, subito dopo la disciplina del 
concorso di persone nel reato, ha indotto parte della dottrina 
a considerare comunque non radicale la separazione di tale 
reato dai casi di concorso. Per contro, altri, come Salvadore, 
hanno sostenuto che il legislatore toscano abbia operato una 
scelta sistematica della disciplina del favoreggiamento 
ininfluente dal punto di vista sostanziale; scelta fondata  
meramente sul peso dei precedenti storici del reato di 
favoreggiamento, per cui esso era sempre stato considerato 
come un caso di complicità posteriore
13
. 
 Tale orientamento è, tra l’altro, confermato dal fatto che, 
nel codice Zanardelli prima e nel codice Rocco poi, una 
definizione di contenuto quasi identico a quella del codice 
toscano non abbia impedito di porre il favoreggiamento fra i 
delitti contro l’amministrazione della giustizia. 
                                                          
13
  Cfr. Salvadore P., Di alcune questioni sul delitto di favoreggiamento, in Rivista Penale, 1929, pag. 523.