7
della sopraffazione, della prevaricazione del forte sul
debole.
Nella prima parte della tesi viene riportato lo studio teorico
del bullismo come segnale aggressivo; la seconda parte è
dedicata all’analisi dei dati ottenuti dalla somministrazione
di un questionario (DIPC-R), nell’adattamento italiano della
versione originaria della Dott.ssa Jane L. Ireland, ai detenuti
di due istituti penitenziari, la casa circondariale maschile di
Secondigliano e la casa circondariale femminile di Pozzuoli.
Dallo studio di tale contesto sociale spero si possa ottenere
una conoscenza maggiore della situazione carceraria e che si
possa intervenire nel miglior modo possibile adottando
strategie di intervento per rafforzare il recupero nella società
dei detenuti.
8
CAPITOLO PRIMO
DEFINIZIONE DI BULLISMO
Il termine bullismo è la traduzione italiana dell'inglese
“bullying” ed è utilizzato per designare un insieme di
comportamenti in cui qualcuno ripetutamente fa o dice cose
per avere potere su un'altra persona o dominarla. Il termine
originario “bullying” include sia i comportamenti del
"persecutore" che quelli della “vittima” ponendo al centro
dell'attenzione la relazione nel suo insieme. Spesso non gli
si dà molta importanza perché lo si confonde con i normali
conflitti, mentre il bullismo è caratterizzato da alcuni fattori:
• Intenzione di fare del male e mancanza di
compassione : il “persecutore” trova piacere
nell'insultare, nel picchiare o nel cercare di dominare
la “vittima” e continua anche quando è evidente che
la vittima sta molto male ed è angosciata.
• Intensità e durata: il bullismo continua per un lungo
periodo di tempo ed la quantità di prepotenze fa
diminuire la stima di sé da parte della vittima.
• Potere del “bullo”: il bullo ha maggior potere della
vittima a causa dell'età, della forza, della grandezza o
del genere (ad es. maschio più forte della femmina).
• Vulnerabilità della vittima: la vittima è più sensibile
alle prese in giro, non sa o non può difendersi
adeguatamente ed ha delle caratteristiche fisiche o
9
psicologiche che la rendono più incline alla
vittimizzazione.
• Mancanza di sostegno: la vittima si sente isolata ed
esposta, spesso ha molta paura di riferire gli episodi
di bullismo perché teme rappresaglie e vendette.
• Conseguenze: il danno per l'autostima della vittima si
mantiene nel tempo e alcune vittime diventano a loro
volta aggressori.
Il bullismo si manifesta in tre forme principali:
Bullismo diretto
(attacchi
relativamente
aperti nei confronti
della vittima)
=>
=>
fisico:
verbale:
colpire con pugni o
calci, sottrarre o
rovinare oggetti di
proprietà, ecc.
deridere, insultare,
prendere ripetutamente
in giro, sottolineare
aspetti razziali, ecc.
Bullismo
indiretto
(isolamento sociale
e intenzionale
esclusione dal
gruppo)
=> indiretto:
diffondere pettegolezzi
fastidiosi o storie
offensive, escludere dai
gruppi di aggregazione,
ecc.
10
Il bullismo non è un problema solo per la vittima, è un
problema anche per chi vi assiste, per il clima di tensione e
di insicurezza che si instaura. Se i comportamenti prepotenti
vengono lasciati continuare possono avere un effetto molto
negativo sulla vittima.
11
ORIGINI DEL BULLISMO
Il termine bullismo è un’italianizzazione del termine inglese
“bullying” creato a sua volta su modello del termine
“mobbing” (to mob=assalire, aggredire tumultuosamente in
massa). Il termine, usato in primo luogo da K. Lorenz
(1989), sta ad indicare il comportamento di aggressione del
branco nei confronti di un animale isolato, una sorta di
coalizione di alcuni animali della stessa specie verso un
membro del gruppo, attaccandolo, isolandolo, escludendolo
dalla comunità e portandolo talvolta alla morte. Il bullismo è
un “fenomeno” poiché ha una natura sociale, si sviluppa
cioè in un gruppo, scolastico, lavorativo o ricreativo che sia.
Infatti, secondo gli psicologi sociali, i ruoli sociali sono
modelli di comportamento attesi dai membri del gruppo,
insieme di aspettative definite socialmente, a cui gli
individui tendono a conformarsi. Il bullismo, infatti, nasce e
prospera sull’interazione dinamica tra bulli, vittime e
spettatori (ragazzi e adulti): è come se i partecipanti
entrassero in un circolo vizioso di ruoli e comportamenti
che impedisce loro di scorgere la via per risolvere
pacificamente le conflittualità che fanno parte della vita. Il
problema delle prepotenze è sicuramente di origine antica,
ma solo recentemente ha ricevuto una particolare attenzione
diventando oggetto di studio. L’autore, in ambito
internazionale, che più a lungo ha studiato il bullismo è
stato Dan Olweus (1986).
12
Fin dalle sue prime ricerche, condotte negli anni settanta in
Norvegia, lo studioso ha iniziato a delineare il fenomeno.
I primi studi del fenomeno, che risalgono agli inizi degli
anni ‘80, evidenziarono proprio questo aspetto osservando
concretamente come il mobbing sul lavoro corrispondesse
ad altre manifestazioni del gruppo quali per esempio il
“bullismo” fra gli studenti e il “nonnismo” nella vita
militare.
Verso la fine degli anni Ottanta il fenomeno è stato preso in
considerazione dall’opinione pubblica e dagli studiosi di
diverse nazioni tra cui Giappone, Gran Bretagna, Paesi
Bassi, Australia, Canada, Stati Uniti e Italia.
13
IL BULLO: QUANDO L'AFFERMAZIONE DI Sé
NUOCE ALL'ALTRO
Nonostante non si trovi nei dizionari storici, “bullo” e' una
parola antica che risale al Rinascimento.
Tommaso Garzoni, erudito nato a Bagnacavallo, la usò in
una sua opera, “La piazza universale di tutte le professioni
del mondo” pubblicata a Venezia nel 1585. In quest’ opera,
il termine bullo era affiancato a «bravazzi, spadaccini e
sgherri di piazza».
Il primo a registrare questo termine in un dizionario e'
Alfredo Panzini: lo definisce voce romanesca che sta per
“smargiasso, bravaccio, teppista”.
Il significato della parola dunque si associa all'inizio ad
un'idea di violenza organizzata e ad un concetto di
isolamento ed estraneità, di prevaricazione e di prepotenza.
Poi nel Novecento il significato si attenua: indica per lo più
soltanto un giovane arrogante.
Non solo. Nel secolo scorso si trova in letteratura, con
Pasolini, persino un vezzeggiativo: bulletto di provincia.
La definizione di bullo in Italia ha un'accezione che
stempera la gravità della violenza e sopraffazione che vuole
denunciare. Il bullo, nel senso comune, e' il gradasso, quello
che si da' delle arie, ma che non necessariamente prevarica
gli altri, anzi spesso il termine “bullo, bulletto” ha
un'accezione positiva, di affettuosa presa in giro. E' però
necessario mettere da parte questo significato per
14
comprendere il problema: il bullo e' un ragazzo o una
ragazza che compie degli atti di prepotenza verso un proprio
pari sfruttando il fatto di essergli in qualche modo superiore,
queste prepotenze non sono occasionali, ma si ripetono nel
tempo, configurandosi come una vera e propria
persecuzione.
Caratteristiche del bullismo:
Fare il bullo significa dominare i più deboli con
atteggiamenti aggressivi e prepotenti, sottoporre a continue
angherie e soprusi i soggetti fisicamente e caratterialmente
più indifesi.
Citiamo la definizione di Dan Olweus : “un soggetto e'
oggetto di azioni di bullismo, ovvero e' prevaricato o
vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel
corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da
parte di uno o di più persone”. (Olweus, 1986).
Il bullo:
Ci sono diverse tipologie di bullo:
• bullo dominante, le cui caratteristiche sono:
aggressività generalizzata verso tutti, impulsività e
scarsa empatia verso gli altri, questi vantano la loro
15
superiorità, vera o presunta, si arrabbiano facilmente
e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione,
hanno un atteggiamento positivo verso la violenza,
poiché e' ritenuta uno strumento positivo per
raggiungere i propri obiettivi.
La loro prepotenza non e' dovuta ad insicurezza e
scarsa autostima, al contrario si tratta di soggetti
sicuri di sé, con elevate abilità sociali, capaci di
istigare gli altri.
Hanno buone doti psicologiche utilizzate però al fine
di manipolare la situazione a proprio vantaggio, con
forte bisogno di dominare gli altri.
Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole e
nel tollerare contrarietà e frustrazioni.
Tentano, a volte, di trarre vantaggio anche utilizzando
l'inganno.
Il bullo, sempre alla ricerca di emozioni forti,
estreme, deumanizza la vittima al fine di giustificare
le sue forme di aggressività e di violenza e stabilisce
con gli altri rapporti interpersonali improntati quasi
sempre sulla prevaricazione.
Attraverso una ricerca focalizzata sulla capacità dei
soggetti coinvolti in episodi di bullismo (bulli e
vittime) di riconoscere le emozioni altrui, si e'
constatato che la condizione di entrambi appare legata
a difficoltà nel riconoscimento delle emozioni.
Per i bulli, si riscontra una generale immaturità nel
riconoscere le emozioni, soprattutto la felicità.