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Introduzione 
 
Dove troviamo oggi il vecchio mestiere dello speziale? Quelle persone a cui ci si 
rivolgeva per avere consigli, le uniche che potevano preparare rimedi contro le 
malattie, oggi ricoprono lo stesso ruolo di un tempo? 
Oggi esistono i farmacisti e non tutti sono “speziali” o come dovremmo dire oggi 
preparatori. 
Il farmacista, garante della salute pubblica, negli anni ha rivolto la sua attenzione a 
nuovi aspetti della professione trascurandone il più caratterizzante: quello 
dell’allestimento di medicinali. Nonostante cambiando i tempi sia cambiato anche 
l’approccio alla professione, molti farmacisti stanno riscoprendo l’antica arte del 
preparare. 
Il farmacista, infatti, è l’unica figura professionale legittimata non solo alla 
dispensazione, ma anche all’allestimento di medicinali. 
In ogni farmacia, già dal 1934 secondo il TULS (Testo Unico delle Leggi Sanitarie), è 
obbligatoria la presenza di un laboratorio. Nel laboratorio della Farmacia devono 
essere presenti, secondo la Tabella 6 della F.U. XII, alcune attrezzature obbligatorie, 
per l’allestimento e il successivo controllo di qualità delle preparazioni allestite. 
In farmacia si possono allestire preparati magistrali e preparati officinali. La loro 
definizione trae origine dal DM 18 novembre 2003: 
- per formule magistrali si intendono i medicinali preparati in farmacia in base ad una 
prescrizione medica destinata ad un determinato paziente(…) 
- per formule officinali si intendono medicinali preparati in base alle indicazioni di una 
Farmacopea dell’ Unione Europea e destinati ad essere forniti direttamente ai pazienti 
che si servono in tale farmacia.  
 
Il farmacista preparatore, per tutto ciò che riguarda il laboratorio, in base a quanto 
enunciato dal DM 22/06/2005, può seguire quanto dettato dal DM 18 novembre 2003, 
oppure operare secondo le Norme di Buona Preparazione riportate nella F.U. XII 
entrate in vigore dal 15 gennaio 2004.
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L’allestimento di medicinali in farmacia ha numerosi vantaggi, quali la preparazione di: 
o dosaggi personalizzati: le industrie farmaceutiche non sempre prevedono dosaggi 
rivolti a patologie pediatriche o a patologie specifiche, come quelle neoplastiche e 
degenerative; 
o medicinali veterinari: la medicina veterinaria spesso usa farmaci destinati all’uomo 
che  le industrie farmaceutiche non commercializzano in dosaggi adatti agli animali; 
o  medicinali orfani: sono quei farmaci che, per diversi motivi, le industrie 
farmaceutiche non hanno alcun interesse a produrre; 
o fitoterapici. 
 
Su quest’ ultimo punto, questa tesi si propone di fare, per quanto possibile,  un’attenta 
analisi sull’argomento fitoterapia nel suo insieme dando una visione chiara sulle 
normative vigenti riguardo le preparazioni contenenti droghe vegetali e indicazioni utili 
circa l’impiego e gli aspetti tecnologici delle preparazioni galeniche contenenti piante 
usate comunemente a scopo terapeutico. 
 
 
Fitoterapia nella storia (3) 
 
Fin dai tempi più remoti l’uomo, grazie alla sua capacità di osservazione, ha associato 
alle piante che raccoglieva una capacità curativa. Da millenni vengono usate piante a 
scopo terapeutico: il Papavero “Papaver somniferum” è stato utilizzato per la prima 
volta presso i Sumeri, mentre gli Egizi sapevano distillare oli essenziali da piante 
aromatiche; la Digitale “Digitalis lanata” era già conosciuta presso i Greci e i Romani , 
così come l’Aglio “Allium sativum”, la Salvia “Salvia officinalis” e  l’Assenzio “Artemisia 
absinthium” .  
Innumerevoli sono i personaggi legati alla storia della fitoterapia: Ippocrate, medico 
greco, vissuto tra il V e IV secolo a.C. le cui opere  sono raccolte nel Corpus 
Hippocraticum; Dioscoride Pedanio (I sec d.C.) che fu medico militare sotto 
l’imperatore Claudio e autore di un’opera in cinque libri “De materia medica”, che 
descrive l’uso terapeutico di molte sostanze vegetali, animali e minerali; Galeno
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anch’esso medico greco del II secolo d.C. la cui opera principale l’ “Ars medica” è stata 
il testo di riferimento e di studio per i medici fino al XVII secolo . 
Nell’antichità era ben chiaro che dalla natura potessero nascere piante con capacità 
benefiche come piante dannose per l’uomo. Celebre è la morte di Socrate provocata 
con la Cicuta, oppure di Madame Bovary suicidatasi con una dose di Assenzio. La 
sapienza popolare poneva un’attenzione corretta all’utilizzo delle piante, chi non le 
conosceva non ne faceva uso, la paura che potessero essere dannose ne limitava 
l’utilizzo, mentre oggi si sottovalutano i rischi e si arriva all’abuso. La credenza nel 
valore magico delle piante, ben radicata nel Medio Evo, è già testimoniata nel mondo 
antico. L’uso non solo terapeutico, ma magico di piante, foglie, frutti e radici era molto 
diffuso. La figura della donna che, come Elena, Circe e Medea conosce la proprietà 
magiche delle piante e sa preparare filtri, veleni o medicamenti, era molto comune. 
Sono molti anche i miti che narrano la metamorfosi in alberi o piante di vari personaggi 
dando testimonianza di credenze e rituali connessi alle piante. Per secoli alla valenza 
terapeutica delle piante è mescolata la superstizione, l’influenza della magia, l’influsso 
degli astri, la pratica religiosa e il misticismo. Dall’epoca romana e per molti secoli la 
Teriaca (miscela di droghe vegetali come Valeriana, Oppio, Cannella, Maggiorana, 
Calamo, Zafferano, Mirra, Iperico e Miele uniti a carne di vipera che era l’ingrediente 
fondamentale) è stata considerata la panacea contro tutti i mali, dotato anche di virtù 
magiche. La Teriaca veniva utilizzata come antidoto contro i veleni, contro la tosse, per 
i dolori anginosi, per le infiammazioni dello stomaco, contro la lebbra e la peste ed era 
preparata miscelando gli ingredienti ed il pane secco per raggiungere una consistenza 
adatta a farne una pasta per compresse. La posologia variava a seconda della malattia, 
dell’età e del grado di debilitazione del paziente. 
Gli speziali preparavano questo antidoto secondo un rituale che comprendeva anche 
l’osservazione degli astri. Nell’età moderna fino al secondo dopo guerra gli speziali, 
eliminata la componente magica, ma dietro prescrizione medica preparavano il 
Laudano, medicamento a base di Oppio, Zafferano, Cannella, Garofano ed alcool che 
veniva usato come analgesico, negli stati febbrili e nel dolore di origine addominale.  
Un impiego più razionale delle droghe vegetali prese avvio nel XVII secolo, di pari passo 
con le prime conoscenze di chimica: si passa così dall’alchimia alla chimica e poi alla 
chimica farmaceutica. L'Alchimia è un'antica pratica protoscientifica che combina
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elementi di chimica, fisica, astrologia, arte, semiotica, metallurgia, medicina, 
misticismo e religione. Con essa gli alchimisti tentarono di creare la panacea 
universale, un rimedio che avrebbe dovuto curare tutte le malattie e prolungare 
indefinitamente la vita. L'alchimia può essere considerata come il precursore della 
moderna chimica, prima dell’elaborazione del metodo scientifico. 
Fino al XVII secolo l'alchimia era considerata una scienza in Europa; per esempio, Isaac 
Newton impiegò molto più tempo allo studio dell'alchimia piuttosto che a quello 
dell'ottica o della fisica, per le quali è famoso.  
L’origine del pensiero razionale con l’Illuminismo, che tutto si proponeva di spiegare, 
ha cambiato il modo di approcciarsi alla terapia medica. La rivoluzione industriale ha 
esercitato il suo influsso anche sulla pratica medica e sui suoi rimedi. Dal XVIII secolo in 
avanti la chimica ha fatto enormi progressi, fino ad arrivare, il secolo scorso, all’ 
estrazione da droghe vegetali di molecole biologicamente attive come gli alcaloidi ed 
alla scoperta degli antibiotici. Sulla scia delle scoperte scientifiche in ambito 
farmacologico e medico, la mentalità popolare, per un certo periodo, si è discostata 
dal curarsi con rimedi di origine naturale. Tuttavia, mentre nei laboratori chimici si 
continuava a sintetizzare sostanze, la mentalità comune intorno agli anni ’70, in 
seguito ad un movimento ideologico e culturale, seguiva un ritorno alle origini inteso 
come ritorno alla natura, alla campagna e alle antiche tradizioni popolari: ecco 
ritornare l’interesse verso la fitoterapia, anche se in modo errato. 
Ai giorni nostri il rinnovato interesse per tutto ciò che è naturale, e quindi anche per la 
fitoterapia, si è imposto in modo sbagliato nel pensiero comune, associando al termine 
di naturale quello di innocuo.  
Il medico, il farmacista, ma anche il cittadino devono sapere che la pianta medicinale in 
quanto tale va considerata farmaco a tutti gli effetti, quindi con benefici e rischi. 
Il termine fitoterapia è stato introdotto nel Novecento dal medico francese Henry 
Leclerc (1870-1955), ma deriva dal greco “φuτòν” che significa pianta, albero, vegetale, 
ma anche creatura ed essere e, dal verbo “φέω”  generare.
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La fitoterapia oggi 
 
Oggi la mancanza di informazioni e peggio l’errata informazione portano ad una 
concezione inesatta di fitoterapia e ad un suo utilizzo scorretto e possibilmente 
dannoso.  
Navigando su Internet un comune cittadino può incappare in siti che trattano di piante 
medicinali dal modo corretto ai modi più curiosi, insoliti, addirittura stravaganti. Si 
possono trovare dai rimedi contro la sfortuna, alle pozioni d’amore fino al modulo di 
prenotazione per una “visita medica” con un naturopata. Si propongono, a questo 
proposito, di seguito alcuni esempi di un uso scorretto dei fitoterapici. Anni fa una 
signora scrisse alla rivista “Fortune” dicendo che da una dozzina d’anni nessuno nella 
sua famiglia si era preso un raffreddore o un’influenza perché tutti mangiavano aglio e 
cipolla freschi con regolarità. Alla lettera risposero cinque lettori sostenendo che aglio 
e cipolla facevano il loro dovere solo impedendo il contatto umano, tenendo così 
lontani i membri della famiglia da persone già infette (1). 
Alcune piante sono di sicuro efficaci in alcune malattie o condizioni, ma per gran parte 
di esse mancano prove sicure riguardo ad efficacia e tossicità. Inoltre per molte piante 
che offrono effetti potenzialmente positivi, vi sono comunque numerosi rischi. 
Un caso ben più grave di quello appena riportato è quello di una signora di 72 anni, 
ipertesa, in terapia farmacologica da oltre dieci anni che senza controllo medico ha 
sostituito uno dei due farmaci che stava assumendo con un prodotto a base di Aglio, 
Biancospino e Olivo. Senza alcuna prescrizione del medico curante è stato commesso 
un grave errore di sostituzione e la paziente dopo dieci giorni, colpita da una crisi 
ipertensiva, è deceduta (1). Questo episodio non smentisce certo la possibile validità 
farmacologica delle piante presenti nel prodotto, conferma invece la necessità di un 
controllo clinico costante, per ogni malato, che assuma tali rimedi. Per fornire un 
ulteriore esempio: un giovane paziente con epatopatia aspecifica si stava curando da 
circa tre anni con una miscela di tre tinture madri. Non trovando alcun giovamento, si 
sottopose ad una biopsia epatica e scoprì di avere la cirrosi. Fino a quel momento 
pertanto il paziente si era certamente curato con erbe, ma in realtà il trattamento era 
stato molto pericoloso per lui perché erano tutte veicolate in alcool (2).
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Particolare attenzione merita il discorso sull’automedicazione, come per i farmaci di 
sintesi, anche per  le piante medicinali è valido il principio che il paziente, non avendo 
le basi mediche per stabilire una corretta terapia, deve seguire i consigli del medico e 
del farmacista. Può accadere infatti che il paziente usi farmaci o rimedi naturali non 
idonei, in dose sbagliata, per un periodo insufficiente o eccessivo, oppure ancora in 
associazione non corretta con farmaci di sintesi. Queste associazioni possono 
provocare sia interazioni dannose sia utili sinergismi: è sempre il medico a dover fare 
questa valutazione. 
C’è molta confusione nel definire correttamente la fitoterapia, il che comporta una 
concezione ed un utilizzo errato della stessa. 
 La fitoterapia spesso è ricondotta a: 
○  Medicina Alternativa 
○  Medicina Non Convenzionale  
○  Medicina Dolce 
○  Medicina Complementare 
○  Medicina Tradizionale 
Di seguito vengono riportate grazie a due dizionari scelti arbitrariamente (4) (5), i 
significati dei termini alternativo, dolce, convenzionale, complementare, tradizionale: 
 
Alternativa 
Sost. Condizione o facoltà per cui si può o si deve scegliere tra due soluzioni. 
Condizione relativa al sussistere di due possibilità o di reazioni opposte.                    
Agg.  (…) in contrapposizione a tutto quanto viene imposto dal sistema di unità 
dominante. 
Convenzionale 
Sost. Che segue passivamente una consuetudine o una tradizione. Ufficialmente 
accettata e tollerata, priva di originalità, naturalezza, efficienza spirituale.  
Dolce 
Sost. Uno dei 4 sapori fondamentali, che ha il sapore dello zucchero e del miele. Che 
desta sentimenti di gioiosa serenità, che rallegra e conforta lo spirito.
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Complementare 
Sost. Di qualsiasi parte più o meno essenziale, ma necessaria dal punto di vista   
qualitativo, quantitativo, strutturale o del funzionamento. Di oggetti o fenomeni 
che assumono un valore, un significato, o si rivelano in qualsiasi modo utili, per il 
fatto di trovarsi connessi, accostati, inseriti l’uno nell’altro.  
Tradizionale 
Sost. Il tramandare notizie, memorie, consuetudini da una generazione all’altra 
attraverso l’esempio o informazioni, testimonianze e ammaestramenti orali e 
scritti. 
Agg. Conforme alla tradizione. 
 
Un cittadino, quindi, può essere erroneamente portato a pensare che la fitoterapia sia 
un tipo di medicina innocua o di un gradino inferiore alla “medicina scientifica” per il 
significato che termini come dolce o tradizionale possono esprimere nel linguaggio 
comune. Si è dimostrato come questi termini siano inappropriati e fuorvianti se 
associati alla fitoterapia e come si possa andare incontro anche a delle vere e proprie 
truffe. 
 
Altri termini legati alla fitoterapia sono: 
o Gemmoterapia: metodica terapeutica basata sulla somministrazione di tessuti 
freschi vegetali allo stato embrionale, come gemme o giovani germogli i cui principi 
attivi sono estratti con un solvente appropriato. La gemmoterapia nasce 
sviluppando l’intuizione di Paracelso: “Vi sono forze diverse nelle gemme, nelle 
foglie, nei bocci, nei frutti acerbi e nei frutti maturi […] quindi si deve rivolgere la 
propria attenzione dal primo germoglio sopravvenuto all’ultimo […] “. 
Ad esempio dal Ribes nigrum (Ribes), otteniamo un gemmoderivato ricco di acido 
ascorbico, che possiede una marcata azione antinfiammatoria. La gemmoterapia 
utilizza come preparati principali i macerati glicerici, ottenuti da tessuti vegetali 
embrionali, che secondo l’intuizione del Prof. Georges Netien dell’Università di 
Lione, contengono costituenti particolarmente attivi, che con l’accrescimento della 
pianta perdono le loro caratteristiche stimolanti.  I macerati glicerici sono ottenuti 
da gemme, giovani getti, radichette ripulite ed essiccate, fatte macerare in una
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miscela di glicerina e alcool per 3 settimane e poi commercializzati dopo averli 
diluiti con una miscela di glicerina, alcool e acqua (10). 
o Oligoterapia: terapia basata sull’utilizzo di oligoelementi, ovvero elementi presenti 
in tracce negli organismi viventi e indispensabili alla vita e alla crescita di animali e 
vegetali. A piccolissime concentrazioni si comportano come catalizzatori 
indispensabili al normale svolgimento dei processi biologici. Partecipano alla 
costituzione di enzimi e coenzimi, di ormoni e vitamine; agiscono sul sistema 
immunitario e contrastano fenomeni di ossidazione e invecchiamento inibendo la 
formazione di radicali liberi. Tra gli oligoelementi figurano rame, zinco, ferro, 
manganese, iodio e tanti altri. Un esempio di pianta contenente oligoelementi è il 
Fucus vesciculosus (Fucus), alga ricca di iodio usata come coadiuvante nelle cure 
dimagranti e nei casi di ipofunzionalità tiroidea.  
 
Gemmoterapia  e oligoterapia non trovano alcuna documentazione in ambito 
legislativo e per questo possono essere oggetto di ulteriore e maggiore confusione 
oltre che di pericolosità nel loro utilizzo. 
 
 
Il fitocomplesso 
 
Ad oggi lo studio delle piante ha ancora molti argomenti in via di discussione. Per 
molte piante delle quali è nota, studiata e verificata l’attività farmacologica non è 
possibile identificare una molecola inequivocabilmente responsabile della sua azione. 
In molti casi è stato dimostrato che l’insieme delle sostanze di cui è ricca la droga ha 
un’attività superiore a quella dei vari costituenti considerati singolarmente.  
Fitocomplesso è il termine che viene usato per definire l’insieme di tutte quelle 
sostanze, farmacologicamente attive e non, che caratterizzano la pianta medicinale 
stessa o la droga e rappresenta quindi la sua composizione chimica, dalla quale 
derivano le proprietà farmacologiche e tossicologiche (10). Il fitocomplesso è costituito 
da principi attivi primari responsabili dell’attività farmacologica e da molecole 
secondarie che non è corretto definire principi inattivi. Queste sostanze che non hanno 
un ruolo primario nell’azione farmacologica della pianta, concorrono in qualche modo
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all’azione stessa; è possibile affermare infatti che proprio questa composizione molto 
varia del fitocomplesso può avere dei vantaggi rispetto alla singola molecola attiva. I 
vantaggi sono: 
- sinergismo (nel fitocomplesso del Carciofo l’attività coleretica-colagoga non è 
dovuta al solo acido caffeico ma anche ai polifenoli) 
-  riduzione della tossicità (i tannini presenti nel fitocomplesso dell’Ipecacuana 
riducono gli effetti irritanti dell’emetina) 
A costituire ancora il fitocomplesso troviamo le sostanze di sostegno, che costituiscono 
la struttura della droga stessa (se usiamo le radici, la lignina che costituisce il legno è 
una sostanza di sostegno).  
Per molte droghe non si è ancora in grado di analizzare i singoli componenti del 
fitocomplesso perché spesso manca un metodo di analisi appropriato. L’impiego di 
molte piante è ancora oggi basato sull’uso tradizionale, senza essere ancora giunti alla 
verifica scientifica. Gli studi farmacologici e clinici possono invece confermare, 
modificare o smentire le conoscenze tramandate nei secoli circa l’uso di una pianta, 
fino a volte a stravolgere le nostre conoscenze. 
Per alcune piante la verifica scientifica ha portato a prove di efficacia e sicurezza e 
all’immissione in commercio di farmaci costituiti da sostanze di origine vegetale, come 
la bromelina, la morfina, l’atropina e la silimarina. Dalle radici dell’Ephedra si ricavano 
l’efedrina e la pseudoefedrina classificati come simpaticomimetici indiretti, 
strutturalmente simili all’adrenalina; l’efedrina è utilizzata nelle affezioni del tratto 
respiratorio superiore, con proprietà vasocostrittrici della mucosa nasale. Sono anche 
presenti a pieno titolo nella categoria “farmaco” l’Hiperycum perforatum (Iperico), 
l’Aesculus hippocastanum (Ippocastano), e la Centella asiatica (Centella). 
Affidate all’uso empirico, invece, troviamo: l’Harpagophytum procumbens, meglio 
conosciuto come Artiglio del diavolo, di cui non è stata ancora accertata alcuna attività 
farmacologia, sebbene da tempo sia usato come antiinfiammatorio. Altrettanto 
comune è utilizzare l’infuso di foglie Malva (Malva sylvestris) come antiinfiammatorio 
per gengiviti o gastriti, piuttosto che un decotto di radici di Gramigna (Agropyrum 
repens) e di Uva ursina (Arctostaphylos uva ursi) contro la cistite. 
Nell’uso comune non esistono differenze nell’utilizzo di queste piante, tuttavia le 
discrepanze esistono in ambito scientifico. È importante valutare l’intensità dell’effetto
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legata alle dosi impiegate, ad esempio. L’estratto secco di Valeriana (Valeriana 
officinalis) alla dose di 200-400 mg assunti durante la giornata hanno effetto sedativo, 
se invece si vuole indurre il sonno è necessaria una dose dai 450 ai 900 mg, la sera 
prima di coricarsi (12). Infine si può concludere ammettendo che oggi conosciamo 
alcuni costituenti delle piante medicinali e la loro attività, abbiamo cioè alcune tessere 
del mosaico, ma molte ancora ne mancano. 
 
 
Aspetti normativi 
 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce le piante medicinali come il 
sistema curativo più antico. 
L’OMS da tempo si è pronunciata sull’uso terapeutico delle piante medicinali in quanto 
parte integrante dell’arsenale terapeutico del medico, sollecitandone lo studio 
chimico, farmacologico e clinico e apprezzando particolarmente le medicine 
tradizionali, che sono per una gran parte della popolazione mondiale l’unica forma di 
terapia. Da oltre vent’anni l’OMS si sta impegnando allo scopo di stabilire linee guida 
per la metodologia di ricerca delle medicine definite convenzionali e non. 
L’OMS afferma anche che le pratiche di medicina tradizionale di un popolo devono 
essere rispettate, ma al tempo stesso verificate, al fine di valutarne la sicurezza e 
l’efficacia (6). 
Anche nella medicina tradizionale italiana si fa tuttora riferimento a concetti 
tipicamente sconosciuti alla medicina scientifica: del resto seppur raramente viene 
ancora utilizzata la Teriaca, il cui uso è totalmente privo di qualunque razionalità con 
evidenti rischi per la salute. Il parlamento europeo e quello italiano si sono pronunciati 
per dare una terminologia univoca alle cure comunemente denominate alternative 
nelle quali rientra anche la fitoterapia.