4 
Presentazione 
 
Il presente lavoro intende riflettere sui concetti di “formazione” e “progetto di 
vita”, in riferimento ai servizi per i disabili adulti, presenti a Cesena, città nella 
quale vivo. 
Nell'attuale fase storica, ricca di profondi e sconvolgenti cambiamenti epocali, la 
formazione è riconosciuta dalla Comunità Europea come uno strumento strategico 
in grado di favorire la crescita e l'affermazione di ogni singolo cittadino e 
contenere il rischio, sempre latente, dell'esclusione dalla vita sociale e produttiva 
delle fasce piø svantaggiate della popolazione. 
Nel tempo, nella coscienza collettiva è andata maturando l'idea che l'integrazione 
sociale del disabile sia un diritto per i disabili, e un compito che investe la società, 
la quale è chiamata ad offrire i supporti necessari per la realizzazione 
dell'uguaglianza delle opportunità, in ogni arco e contesto dell'esistenza. Nello 
specifico, la formazione, quale processo finalizzato all'acquisizione, alla 
promozione, alla diffusione e all'aggiornamento del sapere e delle competenze è 
chiamata ad accompagnare, orientare e proiettare il soggetto disabile verso il 
futuro personale, lavorativo e sociale, affinchØ egli possa partecipare alla 
costruzione del proprio progetto di vita. Quest'ultimo deve essere attuabile sin 
dalla nascita, per mettere ogni individuo nelle condizioni di conoscere se stesso, 
valorizzare le proprie potenzialità, abilità e competenze, definire le proprie 
aspirazioni e partecipare attivamente per raggiungerle.  
Nell'introduzione a questo lavoro, si analizzano le caratteristiche salienti della 
società di oggi, attraverso alcune espressioni come società post-industriale, società 
complessa, società post-moderna, società liquida. 
Nel primo capitolo, si focalizza l'attenzione su alcuni studi inerenti al tema della 
formazione, concentrando l'analisi sulla sua definizione, sui luoghi della 
formazione, sulla “formazione per tutta la vita”, sulla dimensione europea, sullo 
scenario legislativo e sulla relazione che intercorre tra formazione e disabilità. 
Il secondo capitolo incomincia con un'intervista al Dirigente dei Servizi Sociali 
del Comune di Cesena, al fine di individuare i bisogni della comunità in tema di 
soggetti disabili e delle loro famiglie e, nel contempo, le misure e gli interventi di 
sostegno adottati dall'Amministrazione Locale. Si procede poi analizzando il 
concetto di “progetto di vita”, il quale può realizzarsi solo nell'ottica di un lavoro
5 
in rete, in cui servizi, famiglia e territorio mettono in atto delle azioni condivise, 
per creare spazi di accoglienza e di inclusione, affinchØ il disabile possa accedere 
e realizzarsi nelle diverse aree della vita adulta: formazione, lavoro, residenzialità, 
tempo libero, affettività e sessualità. Per ognuna di queste dimensioni vengono 
messi in luce alcuni concetti teorici, e presentati alcuni servizi e alcune 
progettualità, realizzati nella realtà cesenate, la quale si rivela ricca di opportunità. 
In questa sede, l'analisi è stata condotta sui servizi maggiori e consolidati nel 
territorio. La descrizione dei diversi percorsi è stata possibile attraverso la 
documentazione interna, fornita dai vari centri, e i colloqui con responsabili ed 
operatori.  
Il terzo capitolo è dedicato alle testimonianze, le quali sono state ricavate 
attraverso interviste strutturate e poste a coloro che quotidianamente gestiscono 
servizi ed operano, per includere la persona disabile nella società. Sono inserite 
anche le testimonianze di alcuni disabili e genitori, le cui voci consentono di 
comprendere che, se una persona è adeguatamente supportata e valorizzata, può 
divenire la protagonista della propria esistenza e condurre una vita dignitosa.
6 
Introduzione 
 
Tracciare un identikit della società odierna non è impresa facile, nemmeno per i 
piø scaltri sociologi. Su una cosa, però, sussiste un certo consenso da parte di tutti, 
e cioè su quelli che sono i “segnali” piø facilmente riconoscibili di essa, vale a 
dire la frammentazione, il policentrismo dei valori, l'individualismo, l'incessante 
innovazione nella produzione e negli stili di vita. Perciò, non possiamo 
prescindere dall'esigenza di indagare, sia pure in via provvisoria e precaria, le 
trasformazioni che si sono verificate e i caratteri salienti dell'attuale fase storica, 
ricca di profondi e sconvolgenti cambiamenti epocali, in cui ognuno di noi avverte 
di essere coinvolto in un vero e proprio processo di mutazione, che è ad un tempo 
economico, sociale, storico ed antropologico.  
 É difficile trovare e definire una categoria in grado di comprendere nel suo 
concetto i fenomeni piø rilevanti del mondo contemporaneo, almeno di quello piø 
sviluppato; le espressioni ricorrenti di Società Post-Industriale, Società 
Complessa, Società Post-Moderna, Società Liquida, ormai entrate nel linguaggio 
della quotidianità, cercano di ricostruire la genesi e il significato della 
trasformazione in atto.  
 Si tratta, comunque, di espressioni che, pur nella relativa impossibilità di 
darci una completa fenomenologia della società contemporanea, tendono a ridurne 
il margine di oscurità, in quanto hanno il merito di offrirci dei profili, che 
permettono di gettare uno sguardo meno precario su fenomeni socio-culturali, che 
sono di grande importanza per prendere le decisioni necessarie nei vari contesti di 
vita. Tutto questo potrà consentire l'acquisizione di una piø lucida consapevolezza 
del ruolo-chiave svolto dalla formazione: attrezzare l'uomo di strumenti che gli 
permettano di affrontare con successo le opportunità e le sfide della società del 
terzo millennio. 
 
Il termine società post-industriale può essere considerato il primo tentativo di 
comprendere e di descrivere la percezione immediata di un profondo mutamento, 
in atto nel mondo industriale avanzato. Sorta in ambito sociologico nella seconda 
metà degli anni '60 ad opera di A. Touraine, tale percezione/definizione richiama 
l'attenzione sugli elementi di discontinuità radicali rispetto alla fase storica 
industriale classica. Secondo Touraine, il principio fondamentale della società
7 
post-industriale è mettere il presente al servizio del futuro
1
, diversamente dalla 
società industriale, che metteva il lavoro al servizio del capitale. Touraine ed altri 
sociologi, alla fine degli anni Sessanta, mettevano poi l'accento sui seguenti 
fattori, decisivi del mutamento in corso: la ricerca scientifica, la conoscenza 
teorica, la pianificazione dell'innovazione sociale, la produzione intellettuale. 
Correlati a questi, i fenomeni evidenziati erano, sul piano economico, la crescita 
del settore terziario; su quello politico, la lotta per il controllo delle nuove 
tecnologie; e su quello socio-culturale, l'emergenza di valori centrati sull'individuo 
(inteso come risorsa) e sul tempo libero. 
 I primi studi sul post-industriale segnalarono poi il carattere qualitativo 
della svolta in atto, precisato ulteriormente dalla piø recente letteratura 
sociologica, che ha sottolineato: 
- gli effetti sociali delle nuove tecnologie (microelettronica, telematica, 
robotica, ecc.), che segnano la nuova società dell'informazione, definita 
convenzionalmente anche col termine di società della conoscenza; 
- il diverso rapporto tra tempo del lavoro e tempo libero dal lavoro, 
attraverso la compenetrazione di attività produttivo/riproduttive e attività 
di fruizione culturale; 
- la graduale mutazione antropologica, legata ai nuovi valori post-
materialistici, nonchØ in quella che Cesareo definisce come policentrismo 
esistenziale
2
; un’espressione con la quale si fa riferimento alla 
compresenza di molteplici dimensioni del vivere sociale. L'uomo occupa 
contemporaneamente, in diversi ambiti di vita, numerose posizioni sociali, 
conciliabili tra loro e modificabili nel tempo.  
 
La società complessa: un altro importante carattere della società contemporanea è 
la perdita dell'unità e delle certezze, che caratterizzavano invece la società 
moderna, che aveva prodotto la rivoluzione industriale. La società in cui viviamo 
si presenta con caratteristiche di complessità non sempre facili da decifrare. Di 
certo essa si evolve e modifica i suoi assetti con un ritmo frenetico rispetto al 
passato; e tale dinamismo è  dovuto agli sviluppi della scienza e delle tecnologie. 
                                                 
1
 A. Touraine (1970), La società post-industriale, Bologna, Il Mulino, p. 1. 
2
 V. Cesareo (1989), La società flessibile, Milano, Franco Angeli, p. 25.
8 
 Il concetto di complessità deriva dalla cibernetica, e da questa si è esteso 
poi a tutte le scienze naturali fino alla sociologia. I teorici della società complessa 
si distinguono per il risalto che danno ai nuovi problemi del rapporto tra individui 
e sistema sociale, e in particolare ai giochi sociali di differenziazione e di 
integrazione, di dipendenza e di autonomia. Per comprendere le dinamiche di 
azione di un sistema complesso, occorre abbandonare sia la prospettiva del 
riduzionismo (cioè della comprensione del tutto a partire dalla qualità delle parti) 
sia la prospettiva olistica (studiare le parti per comprendere il tutto) ed abbracciare 
il principio dell'organizzazione ricorsiva, messo in luce da E. Morin. Secondo tale 
principio, per cercare di comprendere un fenomeno, si va dalle parti al tutto e dal 
tutto alle parti
3
.  
 Nell'analisi dei diversi sistemi sociali, infatti, le diverse organizzazioni 
possono essere interpretate come sistemi complessi che, per sopravvivere e 
svilupparsi, sono continuamente alla ricerca di nuovi modi di interpretare gli 
eventi della realtà esterna e, in conseguenza dei feed-back alle proprie azioni, si 
autorganizzano, manifestando proprietà emergenti, in modo da rendere 
l'interazione con l'ambiente la piø favorevole possibile. Ne consegue che la 
flessibilità e l'adattabilità sono caratteri essenziali, per la sopravvivenza delle 
organizzazioni. 
 E’ necessario, inoltre, distinguere il termine complessità da quello di 
complicazione: un sistema, per quanto possa essere complicato, è comunque 
prevedibile, a condizione che si conoscano a fondo tutti gli elementi che lo 
compongono e tutte le relazioni che collegano tali elementi; viceversa, un sistema 
complesso non è prevedibile, perchØ esso è in grado di adattarsi autonomamente, 
cioè di autorganizzarsi. La complessità, infatti, non è equilibrio stabile e non è 
caos: è una terza condizione, in cui il sistema è creativo, come se manifestasse un 
comportamento intelligente di adattamento alle sollecitazioni ambientali. Un 
sistema complesso appare come se avesse la possibilità di evolvere 
autonomamente, di adattarsi, di migliorare. La complessità è una situazione di 
transizione, in bilico tra il rigido deterministico e l'anarchia del caos
4
.  
                                                 
3
 E. Morin (1991), Le vie delle complessità, in Bocchi, Ceruti, La sfida della complessità, 
Milano, Feltrinelli, p. 120.  
4
 C. S. Bertuglia- F. Vaio (2003), Non linearità, caos, complessità, Torino, Ballati/Boringhieri, 
p. 30.
9 
La complessità è, dunque, in una condizione intermedia tra ordine e disordine; e il 
nostro pensiero tenta di mettere ordine, di fare chiarezza nella realtà, cerca di 
respingere il disordine, di allontanare l'incerto, per selezionare gli elementi di 
ordine e di certezza e liberarsi dell'ambiguità. 
 A questo proposito, per comprendere il problema della complessità, 
bisogna considerare ciò che Morin chiama il paradigma della semplificazione. 
Tale paradigma, proprio della conoscenza scientifica tradizionale, mette ordine 
nell'universo contro il disordine esistente: tutto viene smontato e ricondotto alla 
semplicità; ma di fronte al volto della nostra attuale società, occorre abbandonare 
questo atteggiamento di dominio e di controllo sulla realtà, per porsi in un 
rapporto di negoziazione con il reale. 
  Uno degli assiomi della complessità è, infatti, l'impossibilità della 
conoscenza completa, ossia dell'onniscienza. Se la conoscenza semplificante, 
tipica del paradigma tradizionale, ignorava il problema dei limiti perchØ pensava 
di riflettere la natura stessa delle cose, la conoscenza complessa ha bisogno di 
conoscere continuamente, perchØ riconosce dentro di sØ la presenza dell'incertezza 
e dell'ignoranza. Essa deve sapere che ogni punto di vista ha in sØ il punto cieco
5
, 
e che ogni cultura si “acceca” per il suo etnocentrismo e per la credenza nel valore 
universale dei suoi mezzi di conoscenza. 
 L'uomo di oggi ha bisogno di un pensiero che sappia riconoscere l'errore, 
la fragilità della verità, la multidimensionalità del reale, l'estrema complessità 
delle cose umane. Occorre, pertanto, abbandonare il pensiero tradizionale, basato 
su categorie di astrazione universale, che trascurano il singolare ed il locale, e 
abituarsi a connettere caos e disordine. Così, si passa dal paradigma della 
semplificazione al paradigma della complessità, per cui si procederà ad una messa 
in crisi dei concetti chiusi e chiari: non è piø possibile delimitare i confini della 
scienza ed operare demarcazioni nette tra soggetto e oggetto, tra organismo e 
ambiente. Da questa analisi discende, secondo Morin, un primo principio di 
complessità, definibile come ologrammatico, per il quale ogni tipo di 
organizzazione complessa (biologica, fisica, sociale, politica, economica...) 
contiene in ogni sua parte le informazioni dell'insieme al quale appartiene. Dal 
principio ologrammatico discende poi quello dell'organizzazione ricorsiva, 
secondo cui esiste un rapporto di con-causalità tra produttore/prodotto, 
                                                 
5
 E. Morin (1989), Per uscire dal XX secolo, Bergamo, Lubrina, p.269.
10 
causa/effetto, uno/molteplice, non piø, pertanto, distinguibili sia empiricamente 
sia concettualmente. 
In conclusione, nella società complessa due sono gli aspetti identificabili: 
1. UN ASPETTO NEGATIVO, rappresentato dalla componente 
dell'incertezza nel processo cognitivo; e ciò proprio quando la coscienza 
culturale del nostro tempo si era illusa di poter approdare ad una certezza 
assoluta, assicurata dalla scienza; 
2. UN ASPETTO POSITIVO, che consiste nel decollo di un pensiero 
multidimensionale, che va ad opporsi ad un pensiero formalizzato e 
quantificatore, il cui demerito risiede nell'aver ritenuto arbitrariamente che 
tutto ciò che non fosse sottoponibile a pure operazioni di formalizzazione 
non esistesse. 
 
Un altro paradigma imprescindibile, per una miglior decifrazione del nostro 
tempo, è la caratterizzazione della società odierna come società dell'incertezza. Lo 
studioso Prigogine
6 
riconosce nell'incertezza la cifra stessa della nostra 
contemporaneità. 
 Il riconoscimento dell'incertezza implica la rinuncia ad una 
ricomposizione, in un'idea unitaria, della pluralità della realtà sociale, l'abbandono 
di un senso complessivo dell'agire individuale e comunitario, l'accettazione del 
pluralismo delle condizioni e delle possibilità di vita.  
 Nello scenario della società complessa, sempre piø strutturalmente 
differenziata, l'incremento delle opportunità culturali e sociali si collega con una 
perdita dei punti di riferimento culturali, religiosi e morali forti e precisi, di cui, 
invece, disponevano le generazioni passate. Così, l'uomo oggi si trova in difficoltà 
nel mettere in atto quei meccanismi di identificazione o di contrapposizione, che 
nei decenni passati assicuravano la formazione/maturazione di un Io-forte o di una 
identità stabile. Questo declino delle identità forti non è necessariamente un fatto 
negativo, ma deve essere considerato come un altro tipo di vita, quello della 
società complessa, appunto. 
 L'identità instabile e la tendenza a riconoscersi come personalità multipla, 
che esplora numerose e diverse possibilità di vita, sono tutti effetti della società 
complessa, ma anche un modo di vivere la complessità stessa e di difendersi dallo 
                                                 
6
 Cfr. I. Prigogine (1998), L'età dell'incertezza, in Telèma, autunno.
11 
smarrimento che essa può provocare. Contro un tale pericolo, ma anche in 
consonanza con le dinamiche piø profonde della società complessa, il soggetto è 
portato a coltivare la propria diversità; a portare l'attenzione sulle esigenze 
immediate del proprio io, dei propri bisogni e dei propri desideri; è portato ad 
espandere la propria dimensione estetica nel senso delle emozioni e dei piaceri 
che se ne può ricavare; ed è spinto ad alimentare il bisogno/desiderio di fusione 
con gli altri (con-fusione), attraverso una comunicazione in grado di usare 
creativamente i numerosi linguaggi e i media. Per questa confusione, significativa 
è la metafora proposta da Bauman
7
. Lo studioso, per indicare il tratto 
caratterizzante dell'odierna società complessa, parla di modernità liquida. In fisica 
la fluidità è lo stato della materia in cui le molecole non sono reciprocamente 
fissate, ma libere di scorrere le une sulle altre; e come tutto ciò che è fluido è, per 
definizione, privo di una forma statica, così la società odierna è sempre in via di 
conformazione, liquida appunto; e la fluidità diviene così un nuovo paradigma per 
leggerla e interpretarla. 
 
La società post-moderna: la modernità si è posta storicamente come tempo nuovo, 
che spezzava i legami col passato, proponendo valori nuovi, quali l'autonomia del 
soggetto, la libertà, il dominio sulla natura, l'emancipazione degli uomini. 
Protagonisti indiscussi sono stati il progresso e la ragione, ma proprio questi 
avrebbero determinato il fallimento stesso della modernità. Il progresso, in 
particolare, in quanto incessante acquisizione di conoscenze e applicazioni 
tecniche, avrebbe mostrato un lato imprevedibile: la perenne innovazione svaluta 
la stessa novità; e il passato, identificato con ciò che è tecnologicamente superato 
ed arretrato, non mostra piø alcun interesse ai fini del presente, mentre il futuro 
viene bruciato non appena è stato conquistato.  
 L'espressione post-moderno, invece, indica una condizione esistenziale e 
culturale che, abbandonata la modernità incominciata con la rivoluzione 
scientifico-filosofica del XIX secolo, non è piø sensibile ai valori del progresso e 
dell'emancipazione universale degli uomini.  
 Secondo Lyotard
8
, che fin dagli anni Settanta ne è stato uno degli interpreti 
piø significativi in ambito filosofico, nel mondo post-moderno si assiste ad una 
trasformazione radicale dell'intera cultura: il sapere muta il proprio statuto, 
                                                 
7
 Cfr. Z. Bauman (2000), Modernità liquida, Bari, Laterza. 
8
 Cfr. J. F. Lyotard (1981), La condizione post moderna, Milano, Feltrinelli.
12 
diventa la nuova vera forza produttiva e, in quanto merce-informazione, 
necessaria alla produzione, si rivela come la posta piø importante nella 
competizione mondiale per il potere. 
 Come si può vedere, l'interpretazione post-modernistica della 
contemporaneità pone l'accento soprattutto sul mutamento dei paradigmi culturali 
e psicologici degli attori sociali. La sensazione dell'uomo di questi ultimi decenni 
è di non appartenere piø a nessun luogo e di non aver piø nulla di stabile nella 
vita: non esiste alcuna utopia da realizzare, alcun progetto politico da costruire, 
nessuna comunità o pratica da rifondare.   
 La dimensione estetico-percettiva ha preso il sopravvento: essa ha 
generato soggetti che vivono un presente senza memoria del passato e senza alcun 
futuro da costruire. Ora, vivere un presente così assoluto significa concentrarsi sui 
bisogni e desideri, sulla ricerca del piacere; significa volere una vita fluida, dai 
legami fondati su interessi comuni, ma reversibili. 
 La fiducia illimitata, l'ottimismo nei confronti delle possibilità della 
scienza e della tecnologia appaiono soltanto uno sbiadito ricordo: dopo 
Auschwitz, Hiroshima e Chernobyl, è impossibile continuare a coltivare il mito 
del  progresso, illudendosi che la tecnologia possa restare sotto il controllo 
dell'uomo.  
 Nella società post-moderna, sono saltati, uno dopo l'altro, i presupposti del 
sapere scientifico quali: l'oggettività (a causa dell'interferenza dell'osservatore); la 
neutralità (a causa degli interessi del soggetto); la scomposizione del reale (a 
causa del carattere irriducibile della complessità).  
 Vivere nel post-moderno significa, quindi, saper coesistere con situazioni 
di disordine, di caducità e instabilità, nell'oscillazione e nel meticciato. A causa 
delle nuove tecnologie dell'informazione, il sapere ha perso l'aura e si trova a 
disposizione di tutti, al supermercato o in edicola, insieme con le saponette o gli 
omogeneizzati, i rotocalchi o le bevande. 
 Infine si può dire che il passaggio d'epoca dal moderno al post-moderno, 
riguarda non solo il mondo delle abitudini di vita e degli atteggiamenti sociali, ma 
le forme stesse del pensare. Da un pensiero prevalentemente analitico, logico e 
dimostrativo, tipico della modernità, stiamo passando ad un pensiero 
prevalentemente sistemico, narrativo, analogico, a rete, per interconnessioni. Un 
pensiero che, come ricorda Morin, deve abbandonare il principio della linearità,
13 
secondo cui tutto deve essere smontato e ricondotto alla semplicità, per un 
pensiero complesso, che impara a convivere con il caos e l'imprevedibilità della 
società contemporanea.     
 Infine, la società di oggi è anche stata definita come società del rischio
9
 
perchØ  l'uomo vive sotto la minaccia incombente e onnipresente della guerra e dei 
terrorismi, con la prospettiva aberrante della distruzione dell'ecosistema.  
 In questa società, un altro motivo che genera insicurezza e comporta il 
rischio è dato dall'irrompere in Occidente di profonde differenze culturali e 
antropologiche, provenienti dal Sud e dall'Oriente del mondo, che pone questioni 
di notevole impatto sul piano politico, sociale, culturale e religioso. Il 
rimescolamento dei popoli, delle culture, delle civiltà, delle concezioni di vita 
costringe ciascuno a cercare nuovi equilibri, in cui far convivere l'elemento 
autoctono con quello allogeno.  
 Ciò nonostante, queste sfide della post-modernità sono anche 
entusiasmanti, perchØ aprono scenari inediti. Come tutte le epoche, anche la post-
modernità è un insieme di sfide e di opportunità. L'io globale post-moderno deve 
diventare un uomo che accetta queste sfide e che cerca di dare delle risposte di 
senso, al contempo coerenti e flessibili, perchØ le sfide, oggi come ieri, sono i 
luoghi dove l'umanità costruisce il suo futuro. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                 
9
 Cfr. U. Beck (1989), La società del rischio. Verso la seconda modernità, Roma, Carocci.
14 
Capitolo 1 
Alcuni studi sul tema della formazione 
 
 
 
 
1.1  Il concetto di formazione: definizioni e precisazioni 
 
Il termine “formazione” deriva dal latino forma, che a sua volta ha origine dal 
greco morphØ, i cui significati letterali sono “forma”, figura”, “persona”, 
“bellezza”
10
.  
 Queste due etimologie sono emblematiche, per cogliere l'essenza del concetto di 
formazione. Come scrive Giuditta Alessandrini: Formazione deriva 
dall'etimologia classica latina (forma) e greca (morfØ): la prima ha un'estensione 
di significato che postula il richiamo ad attività specifiche di formazione, la 
seconda implica soprattutto un modo d'essere
11
. I due strati semantici rinviano da 
un lato all'atto sistematico di apprendimento di un sapere e di un saper fare, 
necessario a svolgere un ruolo o uno status sociale, dall'altro a tutto ciò che 
influisce a livello, soprattutto soggettivo, sul modo di essere dell'individuo.  
 Piero Bertolini sottolinea che l'uso attuale del termine supera l'antica 
contrapposizione tra istruzione ed educazione, di cui fino a poco tempo fa nella 
letteratura pedagogica e nel linguaggio comune era un sinonimo, per coniugare 
insieme la dimensione esistenziale dell'educazione e la sua dimensione tecnica e 
quindi piø consapevole e voluta
12
. Dunque il concetto di “formazione” racchiude 
in sØ elementi educativi ed elementi tecnico-funzionali.  
 Questo oscillare tra una interpretazione di ordine generale, vicina a quella 
di educazione, ed una di ordine piø specifico e tecnicistico, vicina a quella di 
istruzione, ha dato luogo a non poche ambiguità e ad usi diversi del termine.  
 Carlo Nanni individua alcune aree di significato, sintetizzate in: 
- formazione come attività plasmatrice; 
- formazione come processo integrativo dello sviluppo personale; 
                                                 
10
 AA.VV. (2005), Dizionario etimologico, Trento, Legoprint. 
11
 G. Alessandrini (2003), Pedagogia sociale, Roma, Carocci, p. 47.  
12
 Cfr., P. Bertolini (1996), Dizionario di pedagogia e scienze dell'educazione, Bologna, 
Zanichelli, p. 213.