6
problematiche più “calde” relative a temi quali la tutela, la gestione, la 
valorizzazione, la “privatizzazione” e la “vendita” del patrimonio culturale. Oltre 
alla questione riguardante i tagli dei finanziamenti ai musei, con tutte le 
conseguenze disastrose che ciò comporterebbe per le nostre istituzioni museali.  
Nel terzo capitolo sono riportate alcune esperienze italiane di gestione museale, 
tra le quali figurano i primi esperimenti di applicazione della Ronchey (la Galleria 
Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Polo museale fiorentino, il Sistema dei 
Musei Capitolini) e altri casi di innovazione nella gestione museale, quali la 
Galleria Doria Pamphilj di Roma e Palazzo Reale di Milano, a cui è dedicata 
un’analisi più dettagliata. Dopo aver tracciato brevemente la storia di Palazzo 
Reale, si riportano le riflessioni del Responsabile del Servizio Mostre, il Dottor 
Domenico Piraina, relative alla collaborazione pubblico – privato nella 
prestazione di servizi museali. Nello stesso capitolo, di seguito, si riporta anche il 
parere di due rappresentanti dell’Associazione Civita, il Dottor Rossetti e la 
Dott.ssa Morelli, allo scopo di confrontare il punto di vista dell’istituzione 
pubblica concedente la gestione dei servizi museali con quello del privato 
concessionario di tali servizi. L’ultima parte del terzo capitolo è dedicata 
all’analisi dei risultati economici dei servizi aggiuntivi di Palazzo Reale, 
attraverso lo studio di alcune grandi mostre d’arte, selezionate appositamente.  
Nel quarto e ultimo capitolo si è tentato di stilare un bilancio - provvisorio, si 
intende - della Ronchey, a partire dal Primo Rapporto Nomisma sull’Applicazione 
della Legge, benché dal 1999 (anno di pubblicazione del Rapporto) ad oggi siano 
cambiate molte cose. Dopo aver tratteggiato il giro d’affari dei servizi museali, si 
è proceduto riportando in sintesi il contenuto del Rapporto Nomisma, con le quote 
di mercato dei servizi museali, i ricavi per il Ministero, le prospettive future 
delineate dal Rapporto. Infine, si sono delineati i limiti ancora irrisolti mostrati 
dalla legge Ronchey in questi anni di applicazione, limiti che ostacolano una 
piena partecipazione dei privati alla gestione dei servizi museali. Quindi sono 
state avanzate alcune proposte per tentare di superare tali ostacoli, o almeno per 
entrare nella logica che essi esistono e non possono/devono essere ignorati.  
 
 7
 
 
 
 
Cap. 1 Il quadro normativo   
 8
1.1 Dalla legge Ronchey al Testo Unico  
    Cominciamo la nostra trattazione riportando in breve la storia delle 
principali norme legislative emanate dal 1993 al 2001, che hanno fatto da cornice 
all’evoluzione delle pratiche di erogazione dei servizi museali al pubblico.  
 
1.1.1 L’ “era pre – Ronchey” 
Alcuni lettori potrebbero pensare che prima della legge Ronchey  nel nostro 
Paese non fosse possibile usufruire di servizi commerciali all’interno dei musei 
statali. In realtà non è così. La possibilità di bere un caffè presso il bar del museo, 
o di acquistare un catalogo presso la libreria, esisteva già prima dell’approvazione 
della legge 4/1993, seppure con modalità diverse. A questo proposito Pier 
Giovanni Guzzo ricorda come a Pompei “fino alla metà degli anni Settanta 
funzionava la Cassa di Mutuo Soccorso: si alimentava con la vendita di cartoline 
ai visitatori e con una quota della tassa di concessione del ristorante impiantatosi 
dalla fine della guerra nelle Terme del Foro. La Cassa, oltre che interventi di 
assistenza a favore di singoli impiegati, dispensava quote a tutto il personale della 
Soprintendenza. Si trattava di una sorta ‘di partecipazione agli utili’: sebbene il 
capitale che li procurava, cioè il Museo e gli scavi, non fosse di proprietà di 
coloro che li percepivano”
1
 
Nell’ “era pre – Ronchey” la concessione degli spazi commerciali all’interno 
dei musei dello Stato era regolata dalla Direzione Generale del Ministero delle 
Finanze, che fissava e riscuoteva un corrispettivo che andava a confluire nelle 
casse dello Stato (a Pompei il ristorante – punto vendita nelle Terme del Foro 
della città antica, a Roma la caffetteria di Castel Sant’Angelo).  
L’allora Ministero per i Beni Culturali e Ambientali non esercitava alcun 
diritto sulle attività commerciali, né aveva facoltà di intervenire sulla qualità dei 
prodotti offerti in tali spazi commerciali. Un mutamento radicale a questa 
situazione venne impresso nel 1987 dalla convenzione stipulata tra il Ministero 
per i Beni Culturali e Ambientali e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per la 
                                                 
1
 P.G. Guzzo, Esperienze a Pompei, “Bollettino di Italia Nostra”, 384, Giugno 2002, citato in 
Rosanna Cappelli, Politiche e poietiche dell’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 27 
 9
gestione di spazi commerciali per la vendita di guide, cartoline e altri prodotti 
editoriali presso i musei e le aree archeologiche di proprietà dello Stato
2
. Tale 
convenzione prevedeva che l’Istituto mettesse a frutto la sua consolidata 
esperienza in materia di beni culturali attraverso la realizzazione di prodotti 
editoriali didattici e divulgativi. Tale collaborazione si concretizzò, a un anno 
dalla stipula del contratto, nella pubblicazione di una nuova collana di Itinerari, 
sulla scia della storica collana degli Itinerari dei musei, gallerie e monumenti 
d’Italia, comprendente oltre cento titoli. Nonostante la ventata di novità introdotta 
dalla convenzione, il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali non beneficiava 
di maggiori entrate e rimaneva di fatto escluso dalle attività svolte.   
A causa del difficile rapporto tra i due Ministeri (quello delle Finanze e quello 
per i Beni Culturali e Ambientali), i primi punti vendita all’intero dei musei statali 
furono inaugurati solo nel 1990, a tre anni dalla convenzione, con un notevole 
ritardo rispetto alle previsioni. Nello stesso anno, in occasione della VI settimana 
per i beni culturali, fu approvato il Documento Finale della prima Conferenza 
nazionale dei Musei. All’art. 6, il documento anticipava la possibilità di affidare a 
soggetti privati “i servizi di supporto quali la biglietteria, il guardaroba, i punti 
vendita e di ristoro, compiti di promozione di iniziative culturali di volta in volta 
individuati e, in prospettiva, anche le funzioni di custodia e di guardiania, 
valorizzando le forze del volontariato attraverso apposite forme di 
convenzionamento”
3
.  
                                                 
2
 F. Fontecedro, I punti vendita e le pubblicazioni dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in 
“Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Notiziario dell’Ufficio Studi”, VIII, 42-43, 1993, pp. 
63-64, citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002 
3
 Citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 48  
 10
1.1.2  La legge Ronchey 
Il quadro sopra delineato muta radicalmente a partire dal 14 Novembre 1992, 
quando il Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Alberto Ronchey, insediatosi 
da appena quattro mesi, propone il Decreto Legge n. 433, dal titolo “Misure 
urgenti per il funzionamento dei musei statali. Disposizioni in materia di 
biblioteche statali e di archivi dello Stato” (corsivo dell’autrice), convertito poi 
nella legge 14 gennaio 1993, n. 4, ormai famosa come legge Ronchey, dal nome 
del suo artefice. Il fatto stesso che le misure proposte siano definite “urgenti”, la 
dice lunga circa lo stato in cui versavano le istituzioni museali del nostro Paese in 
quel momento. Esse soffrivano di due gravi mancanze
4
: in primo luogo 
l’incapacità di sostenersi con le proprie forze, con la conseguente necessità di 
dipendere dai contributi dell’Amministrazione Pubblica; in secondo luogo 
l’assoluta inadeguatezza delle strutture, prive di quei servizi ritenuti ormai 
essenziali (cataloghi, guide, riproduzioni delle opere d’arte, ristorazione, ecc.). Ad 
aggravare questa situazione contribuivano i ridotti orari di apertura e le lunghe 
chiusure estive, proprio nei periodi di maggiore affluenza turistica, che 
penalizzavano fortemente l’immagine del nostro Paese a livello internazionale.  
Non era più possibile procrastinare un rinnovamento delle nostre istituzioni 
museali in direzione di un arricchimento della gamma di servizi offerti al 
visitatore, nonché di un prolungamento degli orari di apertura, anche per stare al 
passo con gli altri Paesi dell’Europa e del Nord America.  
La legge Ronchey, tra le altre cose, restituisce pieno potere al Ministero per i 
Beni Culturali e Ambientali in materia di concessione degli spazi commerciali  
all’interno dei musei statali. La portata rivoluzionaria del provvedimento risiede 
sostanzialmente in due elementi: per la prima volta, a livello legislativo, il 
visitatore viene considerato come  soggetto avente diritto a godere di un servizio 
che non si limiti alla sola fruizione delle collezioni. L’altra grande novità consiste 
nell’esternalizzazione della gestione dei servizi museali, affidati per la prima volta 
                                                 
4
 Cfr. M. Trimarchi, Offerta culturale e domanda di informazione nel quadro dell’economia 
immateriale, in Museo contro museo. Le strategie, gli strumenti, i risultati, Giunti, Firenze, 2001 
 
 11
ad imprenditori privati. Proprio l’ingresso dei privati nella gestione museale 
costituiva la novità più grande e al tempo stesso il grande tabù, in un Paese in cui 
da sempre la tutela passiva del patrimonio culturale aveva prevalso sulla 
valorizzazione.  
Per comprendere il clima di forte resistenza che seguì l’emanazione della 
norma, basti pensare che fu addirittura necessario acquisire i pareri positivi 
dell’Avvocatura Generale e del Consiglio di Stato, e la prima gara per 
l’affidamento dei servizi fu oggetto di esame da parte di un tribunale 
amministrativo, in seguito a un ricorso avanzato dall’Istituto Poligrafico e Zecca 
dello Stato. Lo scenario dei musei italiani, immutato da oltre un secolo, veniva 
modificato consentendo per la prima volta l’ingresso dei privati nella gestione dei 
servizi museali, accanto all’Amministrazione Pubblica. Si gettavano così le basi 
per un cambiamento profondo e radicale, sebbene lento e sofferto, che avrebbe 
presto generato nuovi bisogni e ulteriori provvedimenti.  
Ma vediamo più nel dettaglio l’obiettivo primario e il contenuto della legge. 
Scopo del provvedimento era appunto migliorare l’offerta di servizi museali, così 
da rendere la visita al museo un’esperienza polivalente, che non si limitasse alla 
sola fruizione delle collezioni, ma fosse arricchita dalla possibilità di usufruire di 
servizi molteplici: dalla caffetteria, al ristorante, al bookshop. La legge comprende 
tre blocchi di disposizioni relativi rispettivamente a: custodia e orari di apertura 
dei musei, servizi aggiuntivi, regime dei beni affidati al Ministero, ossia 
appartenenti al demanio storico - artistico. In questa sede ci concentreremo in 
particolare sul tema dei servizi aggiuntivi. Ma vediamo brevemente come si 
articolano i tre blocchi della legge.  
Per quanto riguarda la custodia, l’art. 1 prevede la possibilità di utilizzare 
sistemi audiovisivi di sicurezza che operino in via continuativa. Sempre per 
garantire la custodia delle collezioni, nonché per prolungare l’orario di apertura, 
l’art. 2 prevede il ricorso a personale del Ministero in soprannumero e a quello in 
mobilità di altre amministrazioni dello Stato, mentre l’art. 3 prevede il 
prolungamento degli orari, la razionalizzazione delle risorse umane, la possibilità 
 12
di stipulare convenzioni con associazioni culturali e di volontariato e contratti a 
tempo determinato. 
All’art. 4 è prevista l’istituzione dei cosiddetti servizi aggiuntivi, ossia tutti 
quei servizi offerti al pubblico a pagamento, presso i musei, le biblioteche e gli 
archivi di proprietà dello Stato. Tali servizi comprendono la vendita di prodotti 
editoriali (cataloghi, guide, monografie, ecc.) e di riproduzioni di beni culturali, 
nonché di oggetti vari legati alle collezioni museali (merchandising); i servizi di 
caffetteria e ristorazione; il servizio di guardaroba
5
. Lo stesso articolo fissa quindi 
alcuni principi fondamentali: gli indirizzi, i criteri e le modalità per la gestione dei 
suddetti servizi sono determinati dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali 
tramite uno specifico Regolamento di attuazione (comma 2); la gestione di tali 
servizi è affidata in concessione dai capi di istituto a soggetti privati e ad enti 
pubblici economici, anche costituenti società o cooperative, e a seguito di una 
licitazione privata, con almeno tre offerte valide (comma 3); i canoni di 
concessione riscossi devono essere riassegnati al Ministero e destinati, in misura 
non inferiore al 50% del totale alle Soprintendenze; la determinazione del canone 
è fissata dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (comma 5, 5 bis e 5 ter)
6
. 
Tale norma intende incentivare i musei che offrono servizi aggiuntivi, ma allo 
stesso tempo rendere partecipi della ripartizione anche gli altri musei.  
La disciplina dei servizi aggiuntivi rappresenta senza dubbio l’elemento di 
maggiore interesse della legge Ronchey. Con questo provvedimento i musei si 
aprono al mondo dell’imprenditoria, con conseguenze positive in termini di 
aumento della domanda (in seguito all’arricchimento dell’offerta museale) e di un 
ritorno economico, sebbene le aspettative di reddito siano state sovrastimate.  
                                                 
5
 All’art. 4 della legge si legge: “Presso gli istituti di cui all’art. 3 sono istituiti i seguenti servizi 
aggiuntivi, offerti al pubblico a pagamento: servizio editoriale e di vendita riguardante la 
riproduzione di beni culturali e la realizzazione di cataloghi e altro materiale informativo; servizi 
riguardanti i beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito nell’ambito del 
prestito bibliotecario; servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba e di vendita di altri beni 
correlati all’informazione museale”, citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, 
Milano, 2002, pag. 47 
6
 Citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 48 
 13
A questo proposito Antonio Paolucci7, Soprintendente del Polo museale 
fiorentino, sostiene che si deve sfatare la leggenda relativa alla “fruttuosità dei 
musei”. Secondo Paolucci, infatti, i provvedimenti attuati attraverso la legge 
Ronchey non possono risolvere la situazione di endemica non autosufficienza dei 
musei, ad eccezione di alcuni casi più unici che rari (come il Louvre, in cui i 
ricavi da servizi aggiuntivi rappresentano il 18% delle entrate del museo, contro 
una media che non supera il 15%)
8
.  
Al parere di Paolucci si aggiunge la voce di Luca Zan
9
, il quale sottolinea come 
con l’espressione “managerializzazione” della gestione museale,  non si debba 
certo intendere un improbabile obiettivo di autosufficienza economica, bensì la  
responsabilizzazione economica e la conseguente accoutability, ossia il dovere del 
manager museale di dare una rendicontazione trasparente e puntuale delle spese 
del museo.  
                                                 
7
 Cfr. Luca Zan, (a cura di), Conservazione e innovazione nei musei italiani. Management e 
processi di cambiamento, Etas, Milano, 1999 
8
 Ibidem  
9
 Ibidem  
 14
1.1.3  L’articolo 47 quater della legge 85/1995 e i Regolamenti di 
applicazione della legge Ronchey 
Circa un anno dopo l’approvazione della legge Ronchey è stato emanato il 
Regolamento di attuazione dei servizi aggiuntivi istituiti dall’art. 4 della legge, 
con decreto ministeriale n. 171 del 31 Gennaio 1994. Il Regolamento fissa i criteri 
e le modalità per l’affidamento dei servizi, fornisce indicazioni circa la 
concessione in uso dei beni culturali e anticipa l’elaborazione di un Tariffario, 
pubblicato in seguito con decreto ministeriale dell’8 Aprile 1994. Tra le altre cose, 
il provvedimento prevede la possibilità di far eseguire calchi delle opere d’arte per 
creare oggetti da vendere presso i bookshop attivati nei musei. Quest’ultimo punto 
ha suscitato non poche polemiche tra studiosi ed editori. Secondo alcuni il ritardo 
con cui sono stati attivati i servizi aggiuntivi (circa tre anni dopo l’approvazione 
della legge) è da attribuirsi alla complessità delle norme e procedure illustrate nel 
Regolamento. Secondo altri, tra cui Rosanna Cappelli, ciò si deve invece alla 
“resistenza passiva messa in atto dai soprintendenti, alimentata, nei casi migliori,  
da un assoluto disinteresse per la materia, nei casi peggiori, da una pervicace 
diffidenza verso ogni forma di esternalizzazione che contemplasse, tra le sue 
ragioni, la crescita della redditività economica dei beni”
10
. D’altra parte, il 
provvedimento prevedeva per i soprintendenti la facoltà, e non l’obbligo, di 
attivare tali servizi.  
Un’ulteriore conferma di questa forte resistenza al cambiamento è la reazione 
suscitata dall’articolo 47 quater del D. lg. del 23 Febbraio 1995, n. 41, convertito 
nella legge del 22 Marzo 1995. n. 85. Scopo del provvedimento era incrementare 
le entrate derivanti dai servizi aggiuntivi in un momento di crisi economica 
nazionale, allargando la gamma di soggetti erogatori dei servizi anche a 
organizzazioni non profit quali fondazioni culturali e bancarie, ed estendendo la 
disciplina anche ad attività quali la vigilanza e la pulizia dei locali espositivi, 
l’accoglienza, la guida e l’assistenza didattica, la biglietteria, la gestione di 
                                                 
10
 Citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 49 
 15
raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche, le mostre e altre attività 
promozionali.  
Le novità introdotte dal provvedimento erano tali da rendere necessario un 
secondo Regolamento di attuazione, con Decreto Ministeriale del 24 Marzo 1997, 
n. 139, firmato dal Ministro Veltroni. Il nuovo Regolamento stabilisce che 
l’affidamento ai privati dei servizi aggiuntivi deve avvenire solo se tali servizi non 
possono essere erogati attraverso le risorse umane e finanziarie della Pubblica 
Amministrazione o qualora l’affidamento ai privati risulti conveniente in termini 
economici per l’amministrazione (art. 2, comma 1); si ritengono finanziariamente 
convenienti le attività e i servizi che, da soli o in abbinamento ad altri, producono 
un aumento dei proventi o una diminuzione dei costi per l’amministrazione (art. 2, 
comma 2). Questo secondo Regolamento si può interpretare come il risultato delle 
critiche mosse all’eccessiva liberalizzazione avviata dall’articolo 47 quater, che  a 
detta di alcuni avrebbe portato a uno svilimento del valore culturale ed educativo 
dei servizi museali.  
Il nuovo Regolamento aggiorna le tipologie di servizi erogati: un servizio di 
vendita di cataloghi e sussidi catalografici, audiovisivi, informatici, di ogni altro 
materiale informativo, di riproduzioni di beni culturali; un servizio di prestito 
bibliotecario e di fornitura di riproduzioni relativamente ai beni librari e 
archivistici; la gestione di raccolte discografiche, diapoteche e biblioteche 
museali; la gestione dei bookshop e l’uso commerciale delle rispoduzioni delle 
opere d’arte; i servizi di accoglienza, informazione, guida e assistenza didattica; i 
servizi di caffetteria, ristorazione, guardaroba; i servizi di pulizia, vigilanza, 
gestione dei biglietti; l’organizzazione di mostre e di attività promozionali. Il 
Regolamento prevede inoltre la possibilità di attivare i servizi in più istituti 
periferici o in istituti periferici collegati a musei degli enti locali (che possono 
trovarsi anche al di fuori del territorio regionale di competenza). In questo caso i 
servizi devono essere individuati dalla Direzione Generale del Ministero (art. 3). 
In diversi casi si è verificato il coinvolgimento di più Soprintendenze (Torino, 
Milano, Napoli) per l’affidamento di alcuni servizi, mentre in un caso soltanto è 
stato coinvolto anche un ente locale (il polo dell’EUR a Roma, comprendente 
 16
musei statali e comunali), ma questa esperienza è fallita prematuramente a causa 
delle difficoltà economiche del concessionario. Nel nuovo Regolamento le attività 
di indirizzo e coordinamento rimangono di competenza dell’ufficio del Gabinetto 
del Ministero dedicato ai servizi aggiuntivi. Anche le procedure per l’affidamento 
rimangono immutate: esso avviene tramite licitazione privata secondo il criterio 
dell’offerta più vantaggiosa per l’Amministrazione Pubblica. Solo nel caso di gara 
deserta e previa gara informale, è consentita l’aggiudicazione a trattativa privata 
(art. 4, comma 4 e 5). Per i servizi resi a titolo gratuito è previsto l’affidamento a 
soggetti non profit.  
 17
1.1.4 La legge istitutiva del biglietto d’ingresso ai musei (Legge 25 
Marzo 1997, n. 78) 
Un’ulteriore tappa del percorso innovativo avviato dalla Ronchey è stata 
segnata dalla soppressione della tassa d’ingresso per l’accesso a monumenti, 
musei, gallerie e scavi archeologici, ad opera di Walter Veltroni, con la Legge 25 
Marzo 1997, n. 78.  
La tassa d’ingresso era stata introdotta nel 1885 da Ruggero Bonghi, in verità 
noto per provvedimenti ben più significativi quali l’istituzione della “Direzione 
centrale degli scavi e musei del Regno”, la creazione della “Giunta di archeologia 
e belle arti” e, infine, la riorganizzazione della struttura scientifica e 
amministrativa preposta alla tutela del patrimonio. Alla tassa d’ingresso faceva 
già riferimento la legge 2554 del 1875, un provvedimento innovativo per l’epoca, 
dato che prevedeva già alcune categorie di pubblico esenti, l’ingresso gratuito in 
alcuni giorni della settimana, abbonamenti annuali o mensili riservati ai residenti, 
anche “cumulativi”
11
.  
La legge 25 Marzo 1997, n. 78, introducendo il biglietto di ingresso (a 
beneficio del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali), la prevendita e quindi 
la programmazione delle visite, ha permesso finalmente di risolvere il problema 
delle code all’ingresso dei musei più frequentati o nei periodo di maggiore 
afflusso. Con l’abolizione della tassa d’ingresso i proventi dalla vendita dei 
biglietti sono stati finalmente restituiti al Ministero competente, mentre prima 
erano a beneficio del Ministero delle Finanze.  
Il Regolamento di attuazione della legge (Decreto Ministeriale dell’11 
dicembre 1997, n. 507) stabilisce le norme per la distribuzione e vendita dei 
biglietti dei musei e delle aree archeologiche statali. Tale Regolamento è di poco 
posteriore alla legge 8 ottobre 1997, n. 352 che conferisce autonomia scientifica, 
organizzativa e finanziaria alla Soprintendenza archeologica di Pompei. I due 
provvedimenti sono in evidente contraddizione tra loro. Infatti, la legge istitutiva 
del biglietto di ingresso affida alla Direzione Generale del Ministero il controllo 
                                                 
11
 Cfr. D. Jalla, Il Museo contemporaneo, UTET, Torino, 2000, citato in R. Cappelli, Politiche e 
poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 83  
 18
totale (corsivo dell’autrice) sui biglietti, compresa la determinazione della tariffa, 
attraverso un comitato composto da tre soprintendenti per i beni artistici e storici, 
due soprintendenti per i beni archeologici, un soprintendente per i beni ambientali 
e architettonici. Il provvedimento stabilisce inoltre le diverse tipologie di biglietto 
(unico, cumulativo, integrato); l’affidamento in concessione a soggetti pubblici o 
privati con convenzione del direttore generale dell’ufficio centrale BAAAS o con 
convenzione del capo di istituto; la percentuale massima di spettanza del 
concessionario per la gestione del servizio; l’obbligo per il concessionario di 
versare gli introiti entro cinque giorni dalla riscossione; la possibilità di utilizzare i 
biglietti come veicolo pubblicitario; infine, le categorie che hanno diritto 
all’ingresso ridotto o gratuito.