INTRODUZIONE
Che cos’è il bullismo
Il termine Italiano “bullismo” deriva dal termine inglese “bullying”. All’inizio
degli anni Settanta, in Scandinavia, si è cominciato a studiare il fenomeno
sistematicamente. Uno dei primi ad interessarsene è stato Dan Olweus.
Olweus (1986, pagg. 11-14) precisò che “uno studente è oggetto di azioni di
bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto,
ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da
parte di uno o più compagni; intendendo per azione offensiva quell’azione
attraverso la quale una persona infligge intenzionalmente o arreca un danno
o un disagio ad un’altra”. Le azioni offensive possono essere verbali,
possono essere commesse ricorrendo all’uso della forza fisica, o possono
anche essere commesse senza l’uso delle parole e del contatto fisico
(smorfie, esclusione ecc.).
Vittime del bullismo possono essere singoli individui o gruppi di individui. In
esso la relazione fra gli individui è dotata di asimmetria, cioè chi subisce
l’azione offensiva si trova in una condizione di inferiorità rispetto a chi la
esercita. E’ possibile distinguere il bullismo diretto (attacco diretto nei
confronti della vittima) e quello indiretto (isolamento sociale o esclusione dal
gruppo), solitamente meno visibile ma altrettanto importante. La personalità
del bullo non può essere concepita come qualcosa di statico, ma come una
struttura in continua trasformazione sotto la spinta delle influenze
ambientali. Olweus ribadisce il fatto che la fascia più coinvolta nel fenomeno
sembra poter essere quella degli adolescenti (anche se i pareri di altri
studiosi come Bandini e Gatti (1974, pag. 67) appaiono contrastanti con tale
ipotesi). E’ necessario quindi, individuare quelli che sono i principali
problemi e le principali crisi che un adolescente affronta nel suo percorso
verso l’età adulta.
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Alcuni esempi di bullismo
Alcuni casi di bullismo citati da Dan Olweus (1993, pagg. 9-10)
consentiranno di comprendere meglio le caratteristiche del fenomeno.
Johnny aveva solo tredici anni quando i suoi compagni di classe
cominciarono a tormentarlo. Gli rubavano i soldi, lo costringevano ad
ingoiare erbacce, gli facevano bere latte mischiato con detersivo, lo
picchiavano nel bagno, gli legavano una corda al collo e lo portavano in giro
come se fosse un cane. Quando questi ragazzi che lo perseguitavano
furono interrogati sul perché delle loro prepotenze su un ragazzino tranquillo
come Johnny, essi risposero che lo facevano semplicemente perché la cosa
era divertente.
Sarah una ragazzina di dieci anni, veniva regolarmente molestata da due
compagne perché non voleva unirsi alle loro monellerie. Queste ultime, per
tutta risposta, la minacciavano dandole pugni, la insultavano e facevano di
tutto per farla emarginare dal resto della classe. La povera ragazzina
affermò: <<Amavo la scuola, ma adesso la odio>>.
Linda aveva dodici anni e veniva emarginata all’interno della classe perché
si diceva in giro fosse “troppo snob”. Era diventata amica di un’altra
ragazzina del gruppo con la quale trascorreva parecchio tempo. Il leader dei
bulli cercò di distruggere questa amicizia riuscendo a lasciare la ragazzina
isolata. Un’altra ragazzina convinse Linda ad organizzare un party a casa
sua e poi fece in modo che nessuno vi andasse. Il risultato fu che
l’autostima di Linda venne distrutta definitivamente e completamente.
Philip si suicidò dopo essere stato sistematicamente preso in giro e umiliato
davanti a tutti da tre compagni di classe. Gli avevano rubato gli appunti il
giorno prima dell’esame, che fu costretto a sostenere ugualmente con esito
negativo. Pur di non raccontare tutto ai suoi genitori preferì morire. Tornato
da scuola si appese con una fune alla porta della sua camera.
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Henry era un ragazzo di tredici anni che faceva la prima media. Un tipo
molto tranquillo. Per anni fu molestato da due compagni di classe che lo
umiliavano e lo mettevano continuamente in imbarazzo. Così la vita
quotidiana del ragazzo era piena di episodi spiacevoli e umilianti. I suoi libri
venivano buttati sul pavimento, le sue matite venivano rotte e gli venivano
lanciati contro oggetti. In classe veniva spesso chiamato col soprannome “il
verme”. Henry non rispondeva solitamente alle molestie, mentre
l’insegnante faceva finta di non vederle girandosi da un altra parte. Poi
venne costretto ad entrare sotto la doccia con i vestiti addosso e a dare dei
soldi ai compagni e rubare per loro al supermercato.
Un pomeriggio, dopo essere stato costretto a stendersi sul piatto
dell’orinatoio a scuola, Henry tornò a casa, trovò un tubetto di sonniferi e
ingoiò il contenuto.
I genitori del ragazzo lo trovarono disteso sul divano in stato di incoscienza
e trovarono una lettera nella quale egli aveva scritto di voler morire poiché si
sentiva inutile e non riusciva più a sopportare le umiliazioni a scuola. Non
immaginavano potesse arrivare a tanto anche se avevano capito dai suoi
frequenti dolori di stomaco la mattina che non si trovasse molto bene a
scuola. Henry non aveva detto nulla ai suoi genitori per non preoccuparli e
perché aveva paura che così facendo le molestie che subiva sarebbero
aumentate. Uno dei bulli che tormentava Henry era Roger. Un ragazzo
descritto dagli insegnanti come duro e aggressivo. Attaccava spesso gli altri
ragazzi ed era provocatorio e disubbidiente con gli adulti. Quando gli
insegnanti lo richiamavano per il suo comportamento lui riusciva sempre a
cavarsela facendo ricadere la colpa sugli altri. La madre, segretaria in
un’importante azienda, e il padre, venditore di automobili, non sembravano
interessarsi molto alle continue lamentele che venivano loro rivolte per via
del figlio.
Il rapporto tra i due genitori era piuttosto burrascoso. Nessuno dei due
genitori si era mai curato abbastanza del bambino perché impegnanti con la
loro carriera professionale. Egli rimaneva spesso solo e così cominciò a
sviluppare un modello di comportamento dominante e aggressivo. Alle
elementari i suoi voti erano nella norma, mentre alla media il suo
rendimento cominciò a calare notevolmente. Iniziò a frequentare ragazzi più
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grandi che spesso si ubriacavano e lo coinvolsero in azioni di piccola
criminalità. A diciassette anni fu sorpreso a rubare birra e sigarette in un
supermercato e un anno dopo finì in prigione per aggressione aggravata
(aveva maltrattato un ragazzo in discoteca distruggendogli un rene.).
A ventitre anni Roger era stato in prigione 4 volte, era padre di due bambini
entrambi nati fuori dal matrimonio e conviventi con le rispettive madri.
Dopo la scuola aveva tentato di fare diversi lavori, ma non riuscì a resistere
a lungo a nessuno di essi.
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1. L’ADOLESCENZA
1.1. Alcuni studi su adolescenza e bullismo
Parlando di bullismo, non si può non parlare di adolescenza. La fascia d’età
adolescenziale è una delle più coinvolte nel fenomeno. Il bullismo viene
denominato “wanton” da Merton (1970, pag. 30) (studioso del
comportamento vandalico) che lo definisce come: “quell’atto che avviene
solo come conseguenza di un’attività basata sul gioco e sullo scherzo dei
più giovani”. Bovet (1951, pag. 55) ha messo in luce come l’insicurezza
giovanile possa orientare verso gesti vandalici. Essa porta angoscia e
l’angoscia crea uno stato di tensione. Per trovare una sorta di distensione
l’individuo manifesta un comportamento aggressivo e questo
comportamento genera a sua volta una reazione. Tale reazione è data da
un sentimento di colpevolezza che genera nuovamente angoscia. Secondo
Bovet, questo circolo vizioso è uno degli aspetti fondamentali del bullismo.
Il problema dei giovani rappresenta un aspetto della crisi della “società di
massa”. Nella società in cui viviamo il passaggio dall’adolescenza alla
maturità avviene attraverso un processo molto lento. Si assiste quindi ad un
rigonfiamento e ad un’espansione numerica della gioventù. Il giovane di
oggi rimane in uno status marginale nonostante aspiri fortemente ad
integrarsi. L’adolescenza può essere considerata come un’età costruita. Vi
sono alcune società (ad esempio i paesi del terzo mondo) dove essa non
esiste: i bambini vengono presto inseriti nel mondo degli adulti mediante
l’introduzione al lavoro. Nei paesi occidentali il giovane viene escluso dal
mercato del lavoro, non ha certezze riguardo al futuro, e non può assumere
il ruolo dell’adulto. E’ un soggetto con problemi di autoaffermazione e
manifesta un atteggiamento ambivalente nei confronti della società. Alcuni
giovani cercano di esprimere il loro valore mettendo in atto comportamenti
esibizionistici, altri attraverso l’aggregazione a bande e gang tentano di
affermare la propria mascolinità e maturità. Questi soggetti interpretano le
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