Gli specchi di Menzogna e sortilegio 
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1.1.1. Struttura del mémoire  
 «La littérature est chose inépuisable, pour la raison suffisante qu’un seul livre l’est.  
Le livre n’est pas une entité close: c’est une relation,  
c’est un centre d’innombrables relations.» 
Borges 
Il ragionamento seguito nella redazione di questo lavoro può articolarsi nei tempi 
seguenti: 
Dopo una breve introduzione all’opera della Morante e più particolarmente a Menzogna 
e sortilegio ci siamo globalmente soffermati sull’aspetto intratestuale del romanzo 
proponendo, in diversi piani di analisi, una lettura di Menzogna e sortilegio che ha 
cercato di individuare i rimandi interni, il riflesso dell’opera nel proprio specchio, i 
riverberi dovuti alla sua struttura. 
Il nostro intento è stato quello di mettere in luce più particolarmente i due aspetti evocati 
dal titolo stesso del romanzo, perseguendo piste di lettura non necessariamente già 
esplorate, fermo restando che le due tematiche affrontate si intersecano in modo 
continuo dilatandosi dunque a vicenda. 
I due termini del dittico, infatti, rinviano più o meno esplicitamente all’atto di creazione in 
generale e alla scrittura in particolare, in quanto finzione (la menzogna) atta a creare 
l’illusione di un’altra realtà (diversa dalla tangibilità dei nostri referenti quotidiani) nella 
quale il lettore può credere o addirittura identificarsi (il sortilegio). 
Questa doppia prospettiva inerente ad ogni processo artistico ci è sembrata 
particolarmente interessante da interrogare per il carattere critico, o perlomeno di 
distanziamento che essa implica. 
L’impostazione scelta in questo lavoro ci ha dunque permesso di mettere in evidenza la 
costruzione apparente ma anche meno appariscente del romanzo, fortemente marcato, 
come vedremo, in modo più o meno allusivo dalla presenza e coerenza della Morante 
stessa. 
 
 
Gli specchi di Menzogna e sortilegio 
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1.1.2. Presentazione generale dell’opera della Morante 
 «Solo inserendo l’autore in un panorama  
lo si capisce e lo si spiega.»  
Umberto Eco 
Ci sembra importante, in un primo tempo, cercare di situare il titolo qui preso in 
considerazione all’interno dell’opera morantiana. Gli altri scritti ci permettono infatti di 
iscriverlo in un movimento preciso di maturazione e di ricerca dell’autrice che, dando o 
meno alla pubblicazione questi testi li ha sanzionati con la propria approvazione. 
I dati biografici della Morante ci interessano poco e saranno menzionati unicamente se 
necessario nell’alone dell’analisi
2
. Faremo invece una rapida carrellata sull’insieme degli 
scritti, che ci permetterà di portare uno sguardo sulla sua produzione fornendoci, tra 
l’altro, un’indicazione sul ritmo narrativo della scrittrice. 
Il gioco segreto, uscito nel 1941 (Garzanti), è la sua prima pubblicazione e raccoglie una 
serie di racconti giovanili che l’autrice rivedrà in seguito riconsegnandoli al pubblico sotto 
il titolo Lo scialle andaluso nel 1963 (Einaudi). Vi si trovano già molti dei temi che 
verranno poi ulteriormente esplorati dalla Morante, a cominciare da quello della teatralità 
della vita, il gioco segreto eponimo. Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina 
(1942, Einaudi) costituisce un’altro tipo di lavoro, classificato nella letteratura per 
ragazzi, ma indicativo del mondo favoleggiante e avventuroso dell’immaginario 
morantiano che riapparirà con maggiore o minore intensità in tutti i suoi testi. 
Menzogna e sortilegio (1948, Einaudi) è la prima opera narrativa di largo respiro della 
sua produzione. Redatto tra il 1944 e il 1948, non porta tracce apparenti del contesto 
socio-politico di quegli anni, «sembra nato fuori dalla Storia, nato e ideato nella più 
completa ignoranza della tragedia che si era appena compiuta e ancora si consumava 
nel nostro paese»
3
. La scrittrice riceverà, ex aequo con Palazzeschi, il premio Viareggio 
per questo romanzo. 
Bisognerà aspettare il 1957 per scoprire L’isola di Arturo (Einaudi), grande successo di 
pubblico e anche questo premiato (Strega). Vi si partecipa in maniera fortemente 
empatica alle vicende al contempo drammatiche e buffe o talvolta addirittura grottesche 
di un adolescente cresciuto in totale libertà su un’isola-utero dalla quale finirà 
coll’estrarsi fatalmente in modo doloroso. 
                                            
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 Strano però notare che per Sgorlon Elsa Morante è nata nel 1912, e per Pupino nel 1918. A meno che si 
tratti di un errore! 
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 Cesare GARBOLI, Introduzione a Menzogna e sortilegio, Torino, Einaudi, 1948, 1994, pag. VI 
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La raccolta di poesie, Alibi (1958, Longanesi) passerà quasi inosservata alla sua uscita 
di stampa, per diverse ragioni legate al dibattito culturale di quegli anni
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, ma forse anche 
per il carattere cosí ossessivamente personale e rappresentativo di un universo 
morantiano che non è ancora stato sufficientemente esplorato o afferrato dalla critica. I 
componimenti hanno un andamento prosastico e i personaggi che vi si incontrano un 
impeto adolescente prossimo all’esaltazione. Vi ritroviamo tre poesie comprese in 
Menzogna e sortilegio «che formano il paratesto [...] del grande romanzo»
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: Alla favola, 
Ai personaggi, e Canto per il gatto Alvaro. L’impronta stilistica generale è del resto 
quella del romanzo, e l’amore che imperversa nelle poesie è lo stesso sentimento 
morboso e patologico che rode le sue figure. 
Il mondo salvato dai ragazzini e altri poemi (1968, Einaudi) costituisce una svolta nella 
produzione morantiana. Opera originale, difficile da classificare in un genere definito 
(contiene brani poetici, canzoni, un testo teatrale...) si inserisce nell’ambito pacifista e 
contestatario degli anni 70: i fanciulli, gli innocenti, i semplici sono gli F. P. (Felici Pochi) 
che, opposti agli I. M. (Infelici Molti), rappresentano la speranza del mondo. La Storia, 
(1974, Einaudi) continuerà in questa contestazione socio-politica denunciando, 
attraverso il fatale destino di Ida Ramundo, maestrina per metà ebrea durante la 
Seconda guerra mondiale, lo «scandalo che dura da diecimila anni»
6
. 
Aracoeli (1982, Einaudi) torna, con l’uso della prima persona, ad un livello più intimistico. 
La struttura spazio-temporale - in genere cronologica nelle altre opere - qui stravolta 
obbliga il lettore ad effettuare un lavoro di sintesi memoriale più importante. Seguiamo 
infatti Manuele che compie, come Elisa in Menzogna e sortilegio, un viaggio a ritroso nel 
tempo sulle tracce della madre, Aracoeli, instaurando così tra il primo e l’ultimo romanzo 
vari parallelismi. 
Rimangono da segnalare due opere postume non narrative, ma significative dal punto di 
vista dell’analisi. Pro o contro la bomba atomica
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, raccoglie diversi interventi della 
scrittrice (1965) su un piano teorico, offrendoci spunti sulla direzione generale seguita 
dalla poetica morantiana. Infine, Diario 1938
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, inizialmente intitolato Lettere ad Antonio, 
raggruppa le annotazioni personali della Morante dal gennaio al luglio 1938, 
particolarmente nell’ambito dei sogni. 
                                            
4
 Cesare GARBOLI nella sua Prefazione all’edizione Garzanti del 1990, pagg. 7-8 
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 Ivi, pag. 12  
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 Sottotitolo dell’opera 
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 In Opere, 2 voll. a cura di Carlo CECCHI e Cesare GARBOLI, Mondadori, Milano, 1990. Stando a 
PALANDRI («Alcune notazioni in margine a Pro o contro la bomba atomica», in Vent’anni dopo «La 
Storia» omaggio a Elsa Morante, a cura di Concetta D’ANGELI, Giacomo MAGRINI, in «Studi 
novecenteschi», Giardini editori, Pisa, XXI, 47-48, giugno-dicembre 1994, pagg. 79-90) Elsa Morante non 
volle pubblicarli!  
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 A cura di A. ANDREINI, Einaudi, Torino, 1989 
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Evocando la produzione morantiana, variegata e tutto sommato abbastanza limitata 
(una decina di libri in quarant’anni) abbiamo voluto sottolineare i lunghi tempi di 
elaborazione narrativa della scrittrice. 
La lettura attenta di queste opere ci svela infatti una sorprendente e impressionante 
coerenza della produzione morantiana, l’esplorazione minuziosa delle possibilità 
stilistiche del materiale linguistico e la padronanza dell’autrice nei suoi confronti. È 
indubbio che un intero lavoro potrebbe occuparci nella ricerca di questi nessi, e non 
mancheranno certo le occasioni di riferirvisi puntualmente in questa sede. Per il 
momento, cominceremo con l’inoltrarci più precisamente nella trama di Menzogna e 
sortilegio, lanciandoci sulle tracce della solitaria narratrice Elisa. 
 
 
Gli specchi di Menzogna e sortilegio 
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1.1.3. Riassunto
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Non ci pare qui inutile offrire al lettore un riassunto di Menzogna e sortilegio. Il testo, 
infatti, è talmente denso e importante (quantitativamente parlando l’edizione Einaudi 
tascabili del 1994, alla quale si riferiranno i rinvii di questo lavoro, conta 728 pagine) che 
ci sembra opportuno poter disporre di un riassunto globale da tenere a mente, anche se 
ciò non ci esonererà, chiaramente, dall’esplicitare le situazioni particolari lungo il 
percorso della nostra analisi. 
La vicenda del romanzo coinvolge tre generazioni e si situa in Sicilia in un tempo storico 
vago che si può, attraverso vari indizi sparsi nel testo, collocare tra la fine del 
diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo.  
Dopo la morte di Rosaria, la madre addottiva, Elisa, venticinquenne, vive totalmente 
sola, come una reclusa. Questo suo stato è anche il pretesto del suo racconto poiché ci 
narra - quasi esclusivamente alla prima persona - gli eventi che l’hanno condotta a tale 
condizione. Orfana di ambo i genitori, ci racconta gli avvenimenti, vissuti o in qualche 
modo tramandati dalla sua immaginazione, che hanno provocato la rovina della sua 
famiglia. Infatti, Elisa è a conoscenza di molti dei fatti di cui si fa demiurgo solo 
attraverso le testimonianze vaghe e parziali dei suoi familiari. Molti dei particolari, dei 
sentimenti dei suoi protagonisti, le vengono, a dir suo, trasmessi dagli interessati stessi, 
come se lei fosse una sorta di medium capace di percepire la voce dei morti: 
«Riconosco infatti, nell’insistente bisbiglio che ascolto, le loro molteplici voci, e questo 
libro m’è dettato, in realtà, da essi.» (pag. 29)
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L’evolversi della vicenda è cronologicamente alquanto lineare. Dalla descrizione della 
situazione presente, la narratrice giustifica la necessità della sua scrittura e ci 
accompagna poi nell’universo intrigante delle generazioni precedenti e delle loro varie 
costellazioni sentimentali. Scopriamo cosí la nonna materna Cesira, ambiziosa e delusa 
maestrina che, accecata dalla sua aspirazione patrizia si trova intrappolata in un 
matrimonio rovinoso con un nobiluomo decaduto, Teodoro Massia di Corullo. Da questa 
fallace unione nasce Anna, la madre della narratrice, anch’essa posseduta da una 
ombrosa passione per tutto quello che luccica e convinta che il rango a cui le dà diritto il 
suo sangue le sia ingiustamente negato. Ma la miseria, materiale e morale, è tutta la 
sua eredità e quando, dopo essere stata usata come un giocattolo dal ricco e brillante 
cugino Edoardo Cerentano, si ritrova in un baratro senza speranza, accetta di sposare 
Francesco De Salvi, che l’aveva abbagliata con un falso titolo di barone. Anche questo 
matrimonio si risolverà in maniera pietosa, con la morte dei coniugi. Elisa, unica 
                                            
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 «Résumer le contenu d’un roman n’est pas faire un ‘Reader’s Digest’. Il s’agit bien plutôt de commenter 
une œuvre ou de donner à d’autres la possibilité de le faire sans défaillance de mémoire. Le résumé 
s’insère donc dans une situation commentative plus vaste dont il est un élément.» Harald WEINRICH, Le 
temps, Paris, Seuil, 1964, 1973, pag. 42 
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 Si tratta, naturalmente, di una necessità strutturale (sia pur orientata sul paranormale) poiché il 
narratore omodiegetico può parlare di sé e di ciò che ha visto, dovendo indicare come ha saputo ciò di cui 
non può essere a conoscenza. 
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superstite di questo dramma della follia, sarà accolta da Rosaria, prostituta e amante di 
Francesco (prima e durante il matrimonio di lui). Dopo la morte di quest’ultima Elisa 
decide di narrare per iscritto gli intrighi e le vicende che hanno portato alla rovina la sua 
famiglia, ascoltando i propri morti e sperando di liberarsene: «Ecco perché ubbidisco 
alle lor voci, e scrivo: chi sa che col loro aiuto io non possa, finalmente, uscire da questa 
camera.» (pag. 29) 
Il libro si può suddividere in due parti distinte: la prima si estende per più di 400 pagine 
ed è costituita da quello che la Morante definisce «un favoloso e remoto antefatto 
trasmesso da un coro di voci defunte alla medianica relatrice, la testimone Elisa»
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. 
La seconda comprende le due ultime sezioni («Inverno» e «Il Postale») che ci narrano 
fatti vissuti in prima persona dalla narratrice. È in questa parte che la menzogna 
raggiunge la propria acme, nelle finte lettere del cugino che Anna scrive a se stessa 
dopo la morte di Edoardo. Questa falsa corrispondenza, che assume un carattere sacro 
in un rituale di follia tra Concetta, la madre di Edoardo, e Anna, finirà col trascinare 
definitivamente quest’ultima e Francesco nell’epilogo mortale del loro matrimonio. 
È forse difficile e riduttivo poter trarre da pochi paragrafi riassuntivi il succo di un testo 
complesso come Menzogna e sortilegio. Alcune spie fanno tuttavia apparire in filigrana 
la tessitura tematica del romanzo. Imbastita su una genealogia ciclica nella sua infelicità 
(lo schema ripetitivo proposto dai matrimoni rovinosi di due generazioni successive), la 
narrazione si snoda infatti col ricorso sistematico e disperato da parte di quasi tutti i 
personaggi alla menzogna, che viene cosí eretta a credo assoluto contro le delusioni 
inflitte dalla realtà. 
Dalla adozione di uno stile che potremmo definire in un primo tempo e genericamente 
carico, aggettivante e fitto, smanioso di esaurire entro i propri termini tutte le possibilità 
espressive delle vicende narrate, risulta un senso di claustrofobia dal quale neanche 
l’epilogo riesce, a parer nostro, a liberare la narratrice e tantomeno il lettore, come 
cercheremo di vedere oltre. 
Nel lavoro che ci accingiamo a proporvi, esploreremo vari aspetti di questo complicato 
edificio letterario, seguendo alcune piste che tenteremo di esplicitare adeguatamente. 
                                            
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 Citata da Cesare GARBOLI a pag. VIII dell’Introduzione, Menzogna e sortilegio, op. cit.