INTRODUZIONE 
In questa tesi l’intenzione è quella di analizzare e approfondire i benefici che la pratica di discipline 
come il nuoto e il ciclismo, praticati in combinazione ad allenamenti di corsa di endurance, possono 
apportare a quest’ultima, sia a livello di performance, sia a livello di prevenzione da eventuali 
infortuni che molto spesso colpiscono il podista.  
La composizione dell’elaborato ha comportato l’analisi di diversi e molteplici aspetti riguardanti 
tale tematica, ma allo stesso tempo ancora molti elementi meriterebbero un ulteriore 
approfondimento.  
Andremo nello specifico ad affrontare dapprima la disciplina della corsa, analizzandone le 
peculiarità biomeccaniche e fisiologiche che la contraddistinguono. Si affronterà quindi il modello 
prestazionale della corsa, di base bifasica, composto da una fase principale e da una fase finale-
preparatoria: la prima caratterizzata da azioni di apertura degli angoli alle articolazioni interessate 
con conseguente spostamento verso l’avanti del centro di massa e la seconda, suddivisa in quattro 
istanti, dalla chiusura degli angoli stessi. 
Si apre poi il secondo capitolo dedicato agli effetti benefici che l’allenamento combinato, inteso 
come l’allenamento simultaneo di due o piò sport (Hickson, 1980), di nuoto, ciclismo e corsa può 
apportare a quest’ultima. Il primo argomento affrontato riguardo tale tematica tratta il trasferimento 
degli effetti dell’allenamento sui livelli di VO2 max tra le tre discipline. Per prima viene presa in 
analisi la disciplina del ciclismo, in cui diversi studi riportano eguali miglioramenti a livello di 
performance cardiovascolare a fronte di allenamenti di corsa e ciclismo (Pollock et al. 1975) 
(Tanaka et al. 1987) (Moroz e Houston, 1987). Altri studi hanno inoltre riportato significativi 
miglioramenti in termini di performance cardiovascolare (Pechar et al. 1974)(Pierce et al. 1990), a 
supporto dell’ipotesi del trasferimento degli effetti dell’allenamento sui livelli di VO2 max dal 
ciclismo alla corsa. Passando poi alla disciplina del nuoto, fonti hanno riportato che, in soggetti non 
allenati, i livelli di VO2 max ottenuti durante un allenamento di nuoto corrispondano 
approssimativamente al 75-80% di quelli ottenuti durante una corsa (Holmer, 1972), mentre in 
soggetti allenati i valori raggiungono addirittura il 95% (Magel et al. 1967). Uno studio successivo 
ha inoltre suggerito un aumento di circa il 10% dei livelli di VO2 max nella corsa a fronte di un 
allenamento intenso di nuoto (Houston et al. 1981), smentito però da uno studio condotto da Magel 
et al. (1975) in cui è emerso che l’allenamento ha prodotto un aumento significativo dei livelli di 
VO2 max durante il nuoto, ma non durante la corsa, suggerendo che il trasferimento degli effetti 
dell’allenamento sui livelli di VO2 max non sia favorito dal nuoto alla corsa. Al contrario, è stato  
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dimostrato che l’allenamento di corsa produce invece adattamenti a livello cardiovascolare che 
possono essere trasferiti al nuoto (McArdle et al. 1978). Si è poi considerata l’ipotesi che sia 
l’allenamento di braccia che di gambe riduceva la frequenza cardiaca (FC) a riposo e durante 
l’esecuzione dell’esercizio utilizzando muscoli allenati e non (Clausen et al. 1973). Va però ribadito 
che il trasferimento dell’allenamento all’arto non allenato dipende probabilmente dal livello iniziale 
di fitness del soggetto, in quanto tale fenomeno si è riscontrato solamente in individui sedentari. 
Prendendo in considerazione solo l’esecuzione di esercizi per mezzo degli arti superiori, si è 
comunque riscontrato un miglioramento significativo sia della funzione circolatoria a livello 
centrale sia a livello periferico, oltre che a piccoli  aumenti della gittata cardiaca e dei livelli di VO2 
max durante una successiva esecuzione di un esercizio con gli arti inferiori (Loftin et al. 1988). 
In seguito, si è osservato come l’allenamento di ciclismo applicato ad una preparazione podistica va  
a compensare quei deficit a livello muscolare che si riscontrano nel solo allenamento di corsa grazie 
alla stimolazione complementare del muscolo sia in contrazione eccentrica che in contrazione 
concentrica (Horowitz, 2014). Difatti, i muscoli coinvolti nelle due attività sono pressoché gli stessi, 
ma varia il tipo di contrazione e la sollecitazione tra i vari distretti muscolari (Bijker et al. 2002): il 
ciclismo è caratterizzato da fasi più lunghe di contrazione muscolare concentrica (azioni di 
accorciamento che il muscolo compie durante la contrazione), la corsa è invece caratterizzata 
principalmente da contrazioni di tipo eccentrico (azioni di allungamento del muscolo) (Franchi et 
al. 2017).  
La tematica successiva tratta i miglioramenti nella performance di corsa indotti dalla frequenza, o 
cadenza di pedalata, ovvero il numero di rivoluzioni realizzate in un minuto (Fonda e Sarabon, 
2010). Viene proposta l’ipotesi secondo la quale la cadenza della pedalata può influenzare la 
frequenza del passo di corsa e di conseguenza modificarne la velocità, confermata poi dai dati 
emersi da diversi studi in cui si è riscontrato che mantenere una cadenza elevata durante una 
sessione di ciclismo può apportare miglioramenti sulla cadenza durante una sessione di corsa 
successiva (Gottshall e Palmer, 2002) (Gaesser e Brooks, 1975) (Cavanagh e Williams, 1982) 
(Vercruyssen et al. 2005).  
L’attenzione si focalizza poi sul ruolo che l’allenamento combinato di nuoto, ciclismo e corsa 
svolge nella cura e prevenzione dei rischi legati alla corsa di endurance. Dopo una breve 
introduzione sui principali infortuni legati alla pratica della corsa, vengono analizzati i benefici 
legati alla pratica del ciclismo: essendo uno sport senza contatto, i carichi di lavoro sulle 
articolazioni sono quasi completamente estranei al loro peso, suggerendo l’importante ruolo che la 
disciplina può ricoprire nelle prime fasi della riabilitazione post-chirurgica e post-traumatica, oltre 
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che ad un valido mezzo per “alleggerire” le gambe riducendo lo stress articolare e muscolare 
causato dagli intensi allenamenti di corsa e allo stesso tempo per mantenere il livello di fitness 
durante la fase di recupero, periodo che segue la preparazione e lo svolgimento delle gare target di 
un atleta e caratterizzato da un allenamento ridotto (Houston, 1987) (Mikesell e Dudley, 1984)
(White et al. 2003). Viene inoltre suggerito come il ciclismo può essere utilizzato come mezzo di 
allenamento per diversificare il lavoro evitando di sovraccaricare il corridore a livello tendineo e 
permettendogli di svolgere allenamenti di maggiore durata (Horowitz, 2014). Si tratta poi di come 
la pratica del ciclismo conferisce giovamento anche a livello del m. quadricipite, muscolo stimolato 
in maniera maggiore rispetto a quanto accade durante una performance di corsa (Horowitz, 2014): il 
potenziamento dello stesso sembra difatti limitare il rischio di contrarre infortuni quali la tendinite 
rotulea (Roels et al. 1978) (Horowitz, 2014).  
Per quanto riguarda il nuoto, viene dimostrato come anch’esso giochi un ruolo importante nella cura 
e la prevenzione dei rischi legati alla corsa di endurance: non comportando impatti alle 
articolazioni, tale disciplina può portare beneficio all’atleta permettendogli di proseguire 
l’allenamento senza sovraccaricare ulteriormente le strutture e mantenendo allo stesso tempo il 
livello di fitness cardiorespiratoria raggiunto (Tanaka, 2009) (Holmer, 1972). Essendo inoltre 
un’attività completa, la pratica natatoria può andare a compensare i deficit a livello muscolare che 
possono scaturire dalla pratica della sola disciplina di corsa (Toussaint, 1990), oltre che portare 
benefici in termini di allungamento muscolare e flessibilità articolare, ovvero la massima capacità di 
muovere un’ articolazione attraverso una gamma di movimenti o il “range of motion” (ROM) che si 
riscontra in una data articolazione o in un gruppo di articolazioni (Corbin, 1984) (Hines, 2008). 
Seguono infine le conclusioni in cui, da un’analisi generale, risulta evidente come la pratica 
combinata di ciclismo rappresenti per il podista un mezzo sia in termini di miglioramento della 
performance sia di prevenzione e recupero dagli infortuni, mentre il nuoto giochi un ruolo più 
decisivo nella prevenzione e riabilitazione. Viene inoltre ribadito che gli allenamenti combinati tra 
le tre attività sono utili al miglioramento della capacità aerobica e la tenuta muscolare sulle lunghe 
distanze, senza però favorire l'apprendimento tecnico specifico di ogni singola disciplina (Tanaka, 
1994): secondo il principio di specificità, difatti, l’allenamento all'esercizio dovrebbe simulare, il 
più fedelmente possibile, le condizioni di uno specifico sport per suscitare i maggiori adattamenti 
fisiologici possibili (McCafferty et al. 1977). La pratica di nuoto e bici dovrebbe quindi essere solo 
un complemento alla corsa in quanto non potranno mai sostituire totalmente quest’ultima in 
maniera efficace. L’elaborato si conclude con l’elenco delle fonti bibliografiche utilizzate per la 
stesura della tesi.  
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